Persecuzioni
Cristiano assolto da accuse di blasfemia dopo 24 anni nel braccio della morte
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La Corte Suprema ha concluso il calvario di Anwar Kenneth, 72 anni. Condannato nel 2002, soffriva di evidenti disturbi mentali. All’inizio del 2025 l’avvocato Rana Abdul Hameed ha presentato appello, con il sostegno dell’ong Jubilee Campaign. Jannsen: «Subito riforma legislativa completa». Il caso era stato sollevato anche al Parlamento europeo nell’ambito del confronto sui diritti umani in corso tra l’UE e Islamabad.
Il 25 giugno la Corte Suprema del Pakistan ha assolto Anwar Kenneth, cristiano 72enne, dopo 24 anni nel braccio della morte a causa di una controversa condanna per blasfemia. Ex dipendente del governo con evidenti disturbi mentali, Kenneth è stato arrestato nel 2001 dopo aver presumibilmente scritto lettere interpretate come blasfeme nei confronti di Maometto e del Corano.
Una giuria di tre giudici ha stabilito che con evidenze di instabilità mentale non si può ritenere qualcuno penalmente responsabile di reati legati alla blasfemia.
Nel 2002 Anwar Kenneth era stato condannato a morte in base alla sezione 295-C del Codice penale pakistano e multato di cinque milioni di rupie. Nonostante i chiari segni di disturbi e una dichiarazione di colpevolezza forzata, l’Alta Corte di Lahore aveva confermato la sentenza nel 2014.
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Il suo ultimo appello era stato presentato all’inizio di quest’anno dall’avvocato della Corte Suprema Rana Abdul Hameed, con il supporto legale fornito da Jubilee Campaign Netherlands e Jubilee Campaign USA, organizzazioni che promuovono i diritti umani e la libertà religiosa delle minoranze etniche e religiose in tutto il mondo.
«Finalmente è stata fatta giustizia per Anwar Kenneth, un povero cristiano che ha sopportato quasi una vita di sofferenze inimmaginabili dietro le sbarre», ha dichiarato Joseph Janssen, attivista per i diritti delle minoranze e responsabile dell’advocacy di Jubilee Campaign Netherlands. «Ma questa assoluzione, attesa da tempo, non è solo un sollievo per Kenneth», ha continuato Janssen, impegnato in tanti casi di false accuse di blasfemia verso i cristiani. «Rappresenta un faro di speranza per tutti coloro che sono ingiustamente imprigionati a causa della loro fede».
L’avvocato Rana Abdul Hameed ha descritto la sentenza che ha scagionato Anwar Kenneth come una severa critica contro il sistema di leggi pakistane sulla blasfemia. «Questo caso espone l’abuso sistematico consentito da una legislazione vaga e troppo ampia», ha spiegato. Infatti, per decenni queste leggi sono state usate per perseguitare le minoranze religiose, mettere a tacere il dissenso e regolare conti personali. «Il fatto che ci siano voluti 24 anni per correggere un errore giudiziario così grave riflette difetti profondamente radicati nel quadro giuridico del Pakistan».
Jubilee Campaign ha lodato la dedizione dell’avvocato Rana Abdul Hameed, la cui difesa legale è stata fondamentale per ottenere l’assoluzione di Kenneth. Ha inoltre riconosciuto gli sforzi costanti dei suoi team di advocacy, il cui lavoro ha portato il caso di Kenneth alla visibilità internazionale e ha stimolato il sostegno globale.
«Le leggi pakistane sulla blasfemia sono incompatibili con gli standard internazionali sui diritti umani”, ha dichiarato Janssen. “Violano il giusto processo, mancano di tutele legali e vengono abitualmente usate come armi contro le minoranze e gli individui affetti da malattie mentali. Serve una riforma legislativa completa, altrimenti casi come questo continueranno».
Jubilee Campaign esorta, quindi, le autorità pakistane a condurre una revisione completa e trasparente della legislazione sulla blasfemia, in linea con gli obblighi previsti dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR).
«Chiediamo alla comunità internazionale di essere al fianco di coloro che ancora soffrono ingiustamente a causa di queste leggi e di continuare a fare pressione per una riforma significativa», ha aggiunto Janssen.
L’assoluzione di Kenneth fa seguito ad anni di sostenute campagne internazionali, tra cui ripetuti interventi dei relatori speciali delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o di credo, sulle minoranze e sulle esecuzioni extragiudiziali.
In comunicazioni formali, gli esperti dell’ONU hanno condannato le leggi pakistane sulla blasfemia perché violano gli standard legali internazionali, tra cui il diritto a un processo equo e la protezione dalla detenzione arbitraria. Hanno esortato il Pakistan ad abrogare o emendare la sezione 295 del Codice penale per prevenire ulteriori abusi.
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L’europarlamentare Charlie Weimers aveva sollevato il caso di Kenneth anche in occasione dell’evento del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite del marzo scorso. Weimers ha descritto le leggi pakistane sulla blasfemia come «armi di terrore contro le minoranze religiose» e ha sottolineato la prolungata detenzione di Kenneth nonostante evidenti problemi di salute mentale. Aveva in quell’occasione invitato le nazioni europee a porre attenzione al problema, e a rispondere con un’azione coordinata e di principio.
L’Unione Europea ha costantemente sollecitato il Pakistan ad allineare le proprie leggi interne agli standard internazionali sui diritti umani, in particolare nell’ambito delle condizioni del suo regime speciale di Sistema di Preferenze Generalizzate Plus (SPG+).
I funzionari dell’UE hanno avvertito che il continuo abuso della legislazione sulla blasfemia potrebbe mettere a rischio i privilegi commerciali e la posizione del Pakistan anche a livello globale. Il caso di Anwar Kenneth è ora considerato un test decisivo nel confronto sul tema dei diritti umani in corso tra l’UE e il Pakistan.
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Immagine di Uroojmirza71 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Persecuzioni
La Turchia espelle i cristiani perché minacciano la sicurezza nazionale
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Persecuzioni
Ultras rumeni espongono lo striscione «Difendiamo i cristiani nigeriani» durante le qualificazioni ai Mondiali
In un gesto significativo per attirare l’attenzione globale sulla persecuzione dei cristiani in Nigeria, i tifosi della nazionale di calcio rumena hanno esposto un grande striscione con la scritta «DIFENDETE I CRISTIANI NIGERIANI» durante una partita di qualificazione alla Coppa del Mondo a Bucarest.
Questa dimostrazione di solidarietà si inserisce nel contesto dei continui e brutali attacchi, spesso mortali, compiuti da gruppi terroristici islamici contro le comunità cristiane nel Paese africano.
‘Defend Nigerian Christians’
Fans of the Romanian national football team unfurled a banner before their Worlld Cup Qualifier pic.twitter.com/asTnmvuV1l
— Catholic Arena (@CatholicArena) October 15, 2025
La persecuzione anticristiana in Nigeria si è aggravata dopo il 1999, quando 12 stati del Nord hanno adottato la sharia. L’ascesa di Boko Haram nel 2009 ha segnato un’ulteriore escalation, con il gruppo noto per il rapimento di centinaia di studentesse nel 2014, di cui 87 risultano ancora disperse.
Recentemente, attacchi nel Paese hanno incluso rapimenti e omicidi di sacerdoti e seminaristi cattolici. A luglio, la diocesi di Auchi, nello Stato di Edo, ha riferito che uomini armati hanno attaccato il Seminario Minore dell’Immacolata Concezione, uccidendo una guardia e rapendo tre seminaristi.
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Come riportato da Renovatio 21, rapporto pubblicato quest’estate dalla Commissione statunitense per la libertà religiosa internazionale (USCIRF) ha evidenziato numerosi attacchi sponsorizzati dallo Stato contro i cristiani in Nigeria.
La situazione è deteriorata al punto che il rapporto 2025 della Lista Rossa di Global Christian Relief (GCR) ha indicato la Nigeria come uno dei luoghi più pericolosi per i cristiani. Nella primavera del 2023, la Società Internazionale per le Libertà Civili e lo Stato di Diritto ha riferito che oltre 50.000 persone sono state uccise nel Paese per la loro fede cristiana dal 2009.
Nel suo rapporto del 2025, l’USCIRF ha esortato il governo statunitense a designare la Nigeria come «paese di particolare preoccupazione», esprimendo delusione per la lentezza, e a volte apparente riluttanza, del governo nigeriano nel rispondere a questa violenza, creando un clima di impunità per gli aggressori.
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Immagine di TUBS via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported; immagine modificata
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Spagna, l’islamo-sinistra non riesce a imprigionare un prete
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