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Concerto dei Metallica saltato per COVID. Tornano di divieti di assembramento?

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Il notorio gruppo musicale Metallica ha annullato un concerto lo scorso fine settimana dopo che il cantante della band è risultato positivo al COVID-19.

 

Sabato scorso, il gruppo ha informato il pubblico che la seconda notte del loro concerto di due giorni a Glendale, in Arizona, nel loro ultimo tour di successo avrebbe dovuto essere rinviato a causa del fatto che il vocalist e chitarrista James Hetfield, 60 anni, aveva contratto il virus.

 

«Siamo molto dispiaciuti di riferire che la data prevista per domani per l’M72 allo State Farm Stadium è stata posticipata a sabato 9 settembre 2023, poiché, sfortunatamente, il COVID ha raggiunto James», afferma un messaggio della band pubblicato su X, accanto a una foto della mano tatuata dell’Hetfield vicino a un test COVID risultato positivo.

 

 

«Siamo estremamente delusi e ci rammarichiamo per ogni inconveniente che ciò vi ha causato; non vediamo l’ora di tornare per completare l’M72 No Repeat Weekend a Glendale sabato prossimo», ha aggiunto la band.

 

La cancellazione di un concerto importante riporta la mente all’era dei lockdown, quando vigevano «divieti di assembramento» (ricordate?) che colpivano, oltre alla musica, anche lo sport (partite senza pubblico), lo spettacolo (teatri e cinema chiusi), l’istruzione (bambini tenuti a casa per mesi) perfino la religione (serrata delle chiese, con complicità vaticana) e, altrettanto importante, le proteste in strada.

 

Secondo voci che circolano con insistenza negli USA, l’amministrazione Biden avrebbe in programma di riportare le restrizioni pandemiche sfruttando il clamore per le nuove varianti.

 

All’idea ha reagito con forza anche lo stesso ex presidente Trump, che in un videomessaggio della settimana scorsa ha tuonato contro lockdown, mascherine e obblighi vaccinali: «non obbediremo», ha dichiarato con veemenza il candidato repubblicano alla prossima presidenza USA.

 

Durante l’orrendo biennio pandemico abbiamo imparato, tra le altre cose, il conformismo vuoto e codardo dell’intero arco dei musicisti rock. Con qualche piccola eccezione, tutti gli esponenti della «musica ribelle» si sono piegati ai diktat pandemici, talvolta divenendo pure persecutori dei fan o pure membri degli stessi gruppi qualora non vaccinati.

 

Poi capitano vicende come quella dei Foo Fighters, poco memorabile ma popolare band residuata parassiticamente dai Nirvana, che aveva inaugurato la tendenza a far entrare solo i vaccinati ai concerti (dove poi, ad ogni modo, si ammalavano tutti). Accadde poi, purtroppo, che il batterista del gruppo morì, d’improvviso, in tour.

 

Riguardo ai Metallica, va ricordato che un ex membro del gruppo, con cui ancora vi è tensione se non astio estremo, ha adottato riguardo la pandemia un atteggiamento del tutto opposto: Dave Mustaine, un tempo chitarrista dei Metallica (c’è la sua firma nei pezzi più belli, come l’inarrivabile canzone strumentale «Orion») e poi anima del progetto Megadeth, durante un concerto si scagliò con forza contro mascherine e tirannia sanitaria.

 

«In questo momento, quello che sta succedendo è la tirannia. E la tirannia non è solo nel governo. La tirannia in questo momento è nelle scuole e la tirannia è nel settore medico»

 

 

«Abbiamo il potere, specialmente noi fan dell’heavy metal, abbiamo il potere di cambiare le cose»

 

È notizia della settimana scorsa che Mustaine avrebbe preso casa in Italia, di dove di preciso non si sa, ma si capisce che il ragazzo, a differenza dei colleghi, è raziocinante e votato al bene.

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Immagine di Kreepin Deth via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

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Gli ultimi attimi di Polina Menshikh. Immagine della tragedia dell’attrice uccisa sul palco a Donetsk

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Un video ripreso con il cellulare ha catturato gli ultimi momenti di vita dell’attrice russa Polina Menshikh, che stava cantando davanti ad un pubblico di soldati russi.

 

In quello che un comandante russo ha descritto come «attacco di vendetta», missili ucraini hanno colpito il luogo. Lo schermo del video va a nero, lasciando immaginare cosa sia accaduto.

 

Domenica scorsa, i soldati dell’810ª Brigata di fanteria di marina russa riempivano un teatro presso la Casa della Cultura nel villaggio di Kumachovo in quella che in precedenza era l’oblast’ (provincia) di Donetsk in Ucraina, ma che la Russia ora chiama Repubblica popolare di Donetsk. L’evento consisteva in una combinazione di cerimonia di premiazione e concerto per celebrare la Giornata russa delle forze missilistiche e dell’artiglieria.

 

Il video dell’evento che circola sui social media mostra la russa 40enne attrice russa che canta e suona la chitarra. Poi, d’un tratto, il teatro trema per un’esplosione, i detriti cadono dal soffitto e il video diventa improvvisamente nero mentre si sentono i marines urlare.

 

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«Hanno distrutto le auto dei volontari con un razzo HIMARS e con il secondo il camerino con gli artisti e il palco», ha detto un militare ai media russi, affermando che gli ucraini hanno utilizzato una tattica del «doppio tocco», prima attaccando il luogo dell’incidente e poi colpendo le squadre di soccorso accorse sulla scena.

 

La Menshikh, che era anche regista e coreografa, è stata portata in ospedale dove è morta. Secondo i rapporti, il luogo dell’evento è stato colpito dai missili lanciati dall’M142 HIMARS (High Mobility Artillery Rocket System) fornito all’Ucraina dagli Stati Uniti.

 

Via Telegram, Robert Brovdi, che comanda un’unità di ricognizione aerea ucraina conosciuta come «Uccelli di Magyar», ha detto che lo sbarramento è stato effettuato come atto di vendetta per conto della 128ª Brigata d’assalto di montagna. Un attacco russo durante una cerimonia di premiazione in coincidenza con la Giornata delle forze di artiglieria ucraine ha ucciso 20 soldati di quell’unità il 3 novembre.

 

«Le forze armate ucraine hanno rapidamente determinato il luogo della celebrazione dei russi e si sono congratulate calorosamente con loro», ha scritto l’esercito ucraino in una dichiarazione pubblicata su Telegram riportata dal New York Post. L’Ucraina ha affermato che sarebbero morti circa 20 marines russi; Mosca non ha rilasciato alcun conteggio delle vittime.

 

La Menshikh, 40 anni, era a capo dello studio Lege Artis. «È con grande dolore che vi informiamo che Polina Menshikh, la regista de “L’ultima prova» (Lege Artis), è morta ieri durante uno spettacolo nel Donbass a causa di un bombardamento» ha affermato il Portal Theatre Studio in una nota. «L’ultima prova» è un’opera rock basata sulla serie fantasy Dragonlance. Lo spettacolo del 9 dicembre sarà dedicato alla memoria di Menshikh, ha detto Portal.

 

«Polina era consapevole del pericolo. Era una persona meravigliosa, molto fragile, leggera e quasi senza peso, ma con un cuore così grande e coraggioso» ha detto il giornalista russo Aleksandr Kots.

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Il premio Oscar Susan Sarandon licenziata per i suoi commenti su Israele

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L’attrice di Hollywood Susan Sarandon è stata licenziata dalla sua agenzia di talenti dopo aver criticato Israele durante una manifestazione pro-Palestina lo scorso fine settimana, ha confermato un portavoce dell’agenzia.   La star hollywoodiana, nota per classici come il Rocky Horror Picture Show e Thelma e Louise, è stata criticata anche per aver condiviso post sui social media da parte del co-fondatore dei Pink Floyd Roger Waters, un noto critico della guerra di Israele a Gaza.   In una dichiarazione di martedì, la United Talent Agency (UTA) ha detto al sito Deadline che non avrebbe più lavorato con l’attrice premio Oscar dopo che aveva parlato a una protesta pro-Palestina a Nuova York. In particolare, la Sarandon ha attirato critiche per aver affermato: «ci sono molte persone che hanno paura di essere ebree in questo momento, e stanno avendo un assaggio di cosa vuol dire essere musulmano in questo Paese».     «Le persone si pongono domande, le persone si alzano in piedi, le persone si istruiscono, le persone si stanno allontanando dal lavaggio del cervello iniziato quando erano bambini», ha detto ai partecipanti alla manifestazione, ringraziando «la comunità ebraica che è venuta fuori per sostenerci».
La Sarandon ha poi condiviso un messaggio pro-Palestina di Roger Waters, che ha spesso condannato le politiche israeliane nei confronti dei palestinesi nel corso degli anni. Sebbene i critici abbiano etichettato il musicista come antisemita, egli ha ripetutamente respinto l’accusa.     La decisione della UTA di separarsi da Sarandon è l’ultima polemica legata alla guerra in corso tra Israele e Hamas nel mondo dello spettacolo. Il mese scorso, un alto funzionario dell’agenzia di talenti CAA, Maha Dakhil, si è dimesso dopo aver insinuato che Israele stesse commettendo un «genocidio» in un post sui social media. Successivamente, tuttavia, ha cancellato il messaggio dal suo account, dicendo che aveva «commesso un errore».

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Subito dopo l’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre, che ha ucciso circa 1.200 persone e preso più di 200 ostaggi, la CAA aveva rilasciato una dichiarazione in cui dichiarava di «stare dalla parte del popolo di Israele» e condannava «orribili atti di terrorismo».   Secondo le riviste di settore Variety e Hollywood Reporter, anche l’attrice Melissa Barrera, che era stata scelta per il ruolo principale nel film horror di prossima uscita Scream VI, è stata licenziata dalla produzione a causa dell’attività pro-Palestina sui social media. Secondo quanto riferito, l’attrice aveva postato: «anch’io vengo da un Paese colonizzato», condividendo l’emoji della bandiera messicana, aggiungendo «La Palestina sarà libera».   Come riportato da Renovatio 21, un destino simile è capitato negli scorsi giorni alle sorelle Hadid, modelle di fama internazionale che sono note sostenitrici della Palestina, terra di origine del padre. Secondo fonti turche e israeliane, il marchio del lusso Dior avrebbe sostituito Bella Hadid con una modella israeliana. Gigi Hadid invece è incappata sui social in una minacciosa risposta di un account ufficiale dello Stato di Israele che le ha detto «ti vediamo».   La Sarandon, che ha avuto una figlia – anche lei ora attrice – dal regista italiano Franco Amurri, è stata per decenni la compagna di Tim Robbins, altro attore premio Oscar «impegnato» che è stato praticamente tra gli unici a cambiare idea su pandemia e obblighi vaccinali, vedendo il popolo manifestare contro il lockdown a Londra.     Come riportato da Renovatio 21, Robbins aveva raccontato la sua presa di coscienza durante il podcast di Russel Brand, un’altra figura ora sotto attacco dopo che testate giornalistiche hanno fatto emergere accuse di carattere sessuali risalenti a lustri fa.   «Demonizzare i non vaccinati è incredibilmente pericoloso» disse a inizio anno Robbins. «Ci siamo trasformati in persone tribalizzate, arrabbiate e vendicative. Non penso che sia qualcosa di sostenibile per la Terra… iniziare a demonizzare qualcuno che non è d’accordo con le nostre particolari politiche sanitarie e trasformarli in mostri. Trasformali in paria. Dire che non meritano un letto d’ospedale».

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Immagine di Derrick Rossignol via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Vincitrice ucraina dell’Eurovision inserita nella lista dei ricercati dalla Russia

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La pop star ucraina Jamala, vincitrice dell’Eurovision Song Contest nel 2016, era stata inserita nella lista dei ricercati in Russia, secondo un database del Ministero degli Interni del Paese.

 

Jamala, al secolo Susana Alimivna Dzhamaladinova, è stata effettivamente inserita nella lista a metà ottobre, ma l’agenzia statale TASS e diversi altri organi di informazione russi hanno riportato lo sviluppo solo domenica.

 

La 40enne è ricercata in Russia per un reato penale, secondo la banca dati, ma non vengono forniti ulteriori dettagli. Una fonte delle forze dell’ordine ha detto alla TASS che Jamala potrebbe essere apparsa sulla lista dei ricercati con l’accusa di aver diffuso informazioni false sull’esercito russo.

 

Una legge che vieta la diffusione di falsità sulle forze armate russe è stata aggiunta al codice penale del Paese poco dopo l’inizio dell’operazione militare in Ucraina nel febbraio 2022. Coloro che vengono trovati in violazione rischiano una pena massima fino a 15 anni di prigione.

 

Il canale Telegram Shot ha affermato che la cantante è ricercata per dichiarazioni sugli eventi del marzo 2022 nella città ucraina di Bucha, dove Kiev ha accusato le forze russe di massacrare civili. Mosca, tuttavia, ha negato tali accuse, affermando che le presunte prove dei crimini sono state fabbricate come parte degli sforzi per far deragliare il processo di pace tra Russia e Ucraina.

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Jamala figura in un elenco pubblicato dal quotidiano Izvestia nell’aprile 2022 di artisti ucraini a cui è stato vietato l’ingresso in Russia.

 

Jamala, di origine tartara di Crimea, è stata critica nei confronti della riunificazione della Crimea con la Russia nel 2014. La canzone 1944, con cui si è assicurata la vittoria dell’Eurovision, era dedicata alla Sürgünlik, ossia la deportazione dei tartari dalla Crimea all’Asia centrale da parte dell’Unione Sovietica durante la guerra sotto il governo di Giuseppe Stalin. A seguito della dislocazione dei tatari, anche lei è nata nel Kirghizistan sovietico nel 1983. Il padre era un direttore di orchestra tataro, mentre la madre è una pianista armena del Nagorno Karabkh; la famiglia si ritrasferì in Crimea poco prima dell’indipendenza ucraina.

 

Ammettiamo di non capire bene cosa c’entri sound da musica nera, con evidente calco delle vocalità delle cantanti di colore americane, con la tragedia della deportazione sovietica dei tatari. Tuttavia, sappiamo che Eurovision ha una cifra politica persino maggiore di quella di Sanremo.

 

 

La ragazza ha studiato da soprano a Sinferopoli e al conservatorio di Kiev. Ha sposato un concittadino tataro presso il Centro di Cultura islamica di Kiev, con cui ha due figli.

 

La musicista, che ha condannato l’operazione militare russa, sarebbe fuggita dall’Ucraina dopo lo scoppio del conflitto. Secondo quanto riportato dalla stampa, sarebbe andata prima in Turchia per poi trasferirsi in Polonia, o forse in Romania – i resoconti divergono. Recentemente si è esibita in Europa e negli Stati Uniti e ha affermato che i proventi di quei concerti verranno inviati alle organizzazioni umanitarie ucraine.

 

Non si tratterebbe della prima voce del pop ucraino coinvolta nel conflitto.

 

Come riportato da Renovatio 21, vi è stato, accaduto al Gay Pride di Monaco di Baviera della scorsa estate, il caso di Melovin, che, tra il tripudio delle bandiere con l’arcobaleno LGBT, ha cantato inneggiando all’iniziatore del nazionalismo integrale ucraino Stepan Bandera, collaboratore di Hitler, recandosi pure sulla sua tomba.

 

 

 

«Batko Nash – Bandera / Ukraina Mati / My za Ukrainu budem voyuvat» dice la canzone cantata sul palco omotransessualista monacense, con il folto pubblico arcobalenato a far da coro. «Il nostro padre è Bandera / La nostra madre è l’Ucraina / Noi per l’Ucraina combatteremo».

 

A certuni, con evidenza, l’apologia degli anni bui è consentita. Ad altri, no. È il caso della cantante-pornostar Melanie Mueller, finita nei guai per supposto saluto nazista durante un incontro con il pubblico, introducendo l’ulteriore cortocircuito di senso di un’estrema destra a luci rosse.

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Immagine di Albin Olsson via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

 

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