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Van Morrison denunciato dal ministro della Sanità irlandese per le sue critiche alle misure COVID

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Il ministro nordirlandese Robin Swann è stato colpito dalle critiche di Van Morrison alle sue politiche di contenimento COVID, quindi ora gli sta facendo causa per diffamazione.

 

Gli ultimi commenti sono arrivati dopo che un concerto è stato cancellato all’ultimo minuto. Il ministro Swann non ha trovato giusti i discorsi del Van Morrisone che si opponevano nettamente alla «narrazione ufficiale» e lo accusavano in prima persona.

 

Il Morrison aveva definito lo Swann un «truffatore» e ha ripetutamente affermato che il ministro è «pericoloso».

 

Non è la prima volta: in un concerto del giugno scorso Morrison aveva cantato «Robin Swann è molto pericoloso».

 

In molti vedono la denunzia del membro del governo di Dublino contro il famoso cantante come un ulteriore attacco alla libertà di parola

Secondo la BBC, il musicista 76enne si è opposto alle restrizioni imposte dal governo sugli spettacoli di musica dal vivo. L’avvocato di Morrison, Joe Rice, ha giustamente obiettato «che le parole usate riguardavano una questione di interesse pubblico e costituivano un commento equo».

 

La cosa interessante è che il ministro Swann ha usato la libertà di parola per confutare le accuse, incluso un  editoriale per la rivista Rolling Stone.

 

In molti vedono la denunzia del membro del governo di Dublino contro il famoso cantante come un ulteriore attacco alla libertà di parola.

 

In un numero crescente di Paesi, come in Gran Bretagna e negli USA, si tenta di limitare la libera espressione attraverso le leggi sull’incitamento all’odio e derivati.

 

Persino i rocker che un tempo cantavano di vite spericolate ora magari borbottano di vite «mascherinate». Chi inneggiava allo «spirito libero» è finito sotto la siringa genica. Coloro che che attaccavano il proibizionismo sono diventati consumatori di mRNA.

Tali leggi creano un desiderio insaziabile per una sempre maggiore regolamentazione del linguaggio e creano un senso di potere autoritario nei confronti dei cittadini per mettere a tacere coloro che appaiono disallineati al pensiero unico dominante, soprattutto in questo particolare periodo storico che stiamo vivendo.

 

Da anni seguiamo l’aggravarsi della situazione, e ovviamente l’Italia non fa eccezione in questa spirale negativa di crescente repressione della libertà di espressione del proprio pensiero critico. Renovatio 21 può testimoniarvelo direttamente.

 

Oggi poter criticare liberamente il «regime covidiano», è estremamente pericoloso, in quanto si rischia seriamente di essere bannati dai social nonostante le argomentazioni possono essere di illustri e autorevoli autorevoli.

 

In Italia questo richiamo all’ordine delle rockstar da parte delle istituzioni è praticamente inesistente, in quanto tutti i personaggi più in vista sono perfettamente allineati al pensiero dominate.

Fortunatamente però qualche voce ribelle si fa sentire, come il bluesman inglese Eric Clapton. Un vero uomo che cerca di non chinare il capo a questa ipnosi collettiva che ci ha restituito, finalmente, il vero valore delle star del rock: zero.

 

Persino i rocker che un tempo cantavano di vite spericolate ora magari borbottano di vite «mascherinate». Chi inneggiava allo «spirito libero» è finito sotto la siringa genica. Coloro che che attaccavano il proibizionismo sono diventati consumatori di mRNA.

 

Fortunatamente però qualche voce ribelle si fa sentire, come il bluesman inglese Eric Clapton. Un vero uomo che cerca di non chinare il capo a questa ipnosi collettiva che ci ha restituito, finalmente, il vero valore delle star del rock: zero.

 

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Gli ultimi attimi di Polina Menshikh. Immagine della tragedia dell’attrice uccisa sul palco a Donetsk

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Un video ripreso con il cellulare ha catturato gli ultimi momenti di vita dell’attrice russa Polina Menshikh, che stava cantando davanti ad un pubblico di soldati russi.

 

In quello che un comandante russo ha descritto come «attacco di vendetta», missili ucraini hanno colpito il luogo. Lo schermo del video va a nero, lasciando immaginare cosa sia accaduto.

 

Domenica scorsa, i soldati dell’810ª Brigata di fanteria di marina russa riempivano un teatro presso la Casa della Cultura nel villaggio di Kumachovo in quella che in precedenza era l’oblast’ (provincia) di Donetsk in Ucraina, ma che la Russia ora chiama Repubblica popolare di Donetsk. L’evento consisteva in una combinazione di cerimonia di premiazione e concerto per celebrare la Giornata russa delle forze missilistiche e dell’artiglieria.

 

Il video dell’evento che circola sui social media mostra la russa 40enne attrice russa che canta e suona la chitarra. Poi, d’un tratto, il teatro trema per un’esplosione, i detriti cadono dal soffitto e il video diventa improvvisamente nero mentre si sentono i marines urlare.

 

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«Hanno distrutto le auto dei volontari con un razzo HIMARS e con il secondo il camerino con gli artisti e il palco», ha detto un militare ai media russi, affermando che gli ucraini hanno utilizzato una tattica del «doppio tocco», prima attaccando il luogo dell’incidente e poi colpendo le squadre di soccorso accorse sulla scena.

 

La Menshikh, che era anche regista e coreografa, è stata portata in ospedale dove è morta. Secondo i rapporti, il luogo dell’evento è stato colpito dai missili lanciati dall’M142 HIMARS (High Mobility Artillery Rocket System) fornito all’Ucraina dagli Stati Uniti.

 

Via Telegram, Robert Brovdi, che comanda un’unità di ricognizione aerea ucraina conosciuta come «Uccelli di Magyar», ha detto che lo sbarramento è stato effettuato come atto di vendetta per conto della 128ª Brigata d’assalto di montagna. Un attacco russo durante una cerimonia di premiazione in coincidenza con la Giornata delle forze di artiglieria ucraine ha ucciso 20 soldati di quell’unità il 3 novembre.

 

«Le forze armate ucraine hanno rapidamente determinato il luogo della celebrazione dei russi e si sono congratulate calorosamente con loro», ha scritto l’esercito ucraino in una dichiarazione pubblicata su Telegram riportata dal New York Post. L’Ucraina ha affermato che sarebbero morti circa 20 marines russi; Mosca non ha rilasciato alcun conteggio delle vittime.

 

La Menshikh, 40 anni, era a capo dello studio Lege Artis. «È con grande dolore che vi informiamo che Polina Menshikh, la regista de “L’ultima prova» (Lege Artis), è morta ieri durante uno spettacolo nel Donbass a causa di un bombardamento» ha affermato il Portal Theatre Studio in una nota. «L’ultima prova» è un’opera rock basata sulla serie fantasy Dragonlance. Lo spettacolo del 9 dicembre sarà dedicato alla memoria di Menshikh, ha detto Portal.

 

«Polina era consapevole del pericolo. Era una persona meravigliosa, molto fragile, leggera e quasi senza peso, ma con un cuore così grande e coraggioso» ha detto il giornalista russo Aleksandr Kots.

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Il premio Oscar Susan Sarandon licenziata per i suoi commenti su Israele

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L’attrice di Hollywood Susan Sarandon è stata licenziata dalla sua agenzia di talenti dopo aver criticato Israele durante una manifestazione pro-Palestina lo scorso fine settimana, ha confermato un portavoce dell’agenzia.   La star hollywoodiana, nota per classici come il Rocky Horror Picture Show e Thelma e Louise, è stata criticata anche per aver condiviso post sui social media da parte del co-fondatore dei Pink Floyd Roger Waters, un noto critico della guerra di Israele a Gaza.   In una dichiarazione di martedì, la United Talent Agency (UTA) ha detto al sito Deadline che non avrebbe più lavorato con l’attrice premio Oscar dopo che aveva parlato a una protesta pro-Palestina a Nuova York. In particolare, la Sarandon ha attirato critiche per aver affermato: «ci sono molte persone che hanno paura di essere ebree in questo momento, e stanno avendo un assaggio di cosa vuol dire essere musulmano in questo Paese».     «Le persone si pongono domande, le persone si alzano in piedi, le persone si istruiscono, le persone si stanno allontanando dal lavaggio del cervello iniziato quando erano bambini», ha detto ai partecipanti alla manifestazione, ringraziando «la comunità ebraica che è venuta fuori per sostenerci».
La Sarandon ha poi condiviso un messaggio pro-Palestina di Roger Waters, che ha spesso condannato le politiche israeliane nei confronti dei palestinesi nel corso degli anni. Sebbene i critici abbiano etichettato il musicista come antisemita, egli ha ripetutamente respinto l’accusa.     La decisione della UTA di separarsi da Sarandon è l’ultima polemica legata alla guerra in corso tra Israele e Hamas nel mondo dello spettacolo. Il mese scorso, un alto funzionario dell’agenzia di talenti CAA, Maha Dakhil, si è dimesso dopo aver insinuato che Israele stesse commettendo un «genocidio» in un post sui social media. Successivamente, tuttavia, ha cancellato il messaggio dal suo account, dicendo che aveva «commesso un errore».

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Subito dopo l’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre, che ha ucciso circa 1.200 persone e preso più di 200 ostaggi, la CAA aveva rilasciato una dichiarazione in cui dichiarava di «stare dalla parte del popolo di Israele» e condannava «orribili atti di terrorismo».   Secondo le riviste di settore Variety e Hollywood Reporter, anche l’attrice Melissa Barrera, che era stata scelta per il ruolo principale nel film horror di prossima uscita Scream VI, è stata licenziata dalla produzione a causa dell’attività pro-Palestina sui social media. Secondo quanto riferito, l’attrice aveva postato: «anch’io vengo da un Paese colonizzato», condividendo l’emoji della bandiera messicana, aggiungendo «La Palestina sarà libera».   Come riportato da Renovatio 21, un destino simile è capitato negli scorsi giorni alle sorelle Hadid, modelle di fama internazionale che sono note sostenitrici della Palestina, terra di origine del padre. Secondo fonti turche e israeliane, il marchio del lusso Dior avrebbe sostituito Bella Hadid con una modella israeliana. Gigi Hadid invece è incappata sui social in una minacciosa risposta di un account ufficiale dello Stato di Israele che le ha detto «ti vediamo».   La Sarandon, che ha avuto una figlia – anche lei ora attrice – dal regista italiano Franco Amurri, è stata per decenni la compagna di Tim Robbins, altro attore premio Oscar «impegnato» che è stato praticamente tra gli unici a cambiare idea su pandemia e obblighi vaccinali, vedendo il popolo manifestare contro il lockdown a Londra.     Come riportato da Renovatio 21, Robbins aveva raccontato la sua presa di coscienza durante il podcast di Russel Brand, un’altra figura ora sotto attacco dopo che testate giornalistiche hanno fatto emergere accuse di carattere sessuali risalenti a lustri fa.   «Demonizzare i non vaccinati è incredibilmente pericoloso» disse a inizio anno Robbins. «Ci siamo trasformati in persone tribalizzate, arrabbiate e vendicative. Non penso che sia qualcosa di sostenibile per la Terra… iniziare a demonizzare qualcuno che non è d’accordo con le nostre particolari politiche sanitarie e trasformarli in mostri. Trasformali in paria. Dire che non meritano un letto d’ospedale».

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Immagine di Derrick Rossignol via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Vincitrice ucraina dell’Eurovision inserita nella lista dei ricercati dalla Russia

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La pop star ucraina Jamala, vincitrice dell’Eurovision Song Contest nel 2016, era stata inserita nella lista dei ricercati in Russia, secondo un database del Ministero degli Interni del Paese.

 

Jamala, al secolo Susana Alimivna Dzhamaladinova, è stata effettivamente inserita nella lista a metà ottobre, ma l’agenzia statale TASS e diversi altri organi di informazione russi hanno riportato lo sviluppo solo domenica.

 

La 40enne è ricercata in Russia per un reato penale, secondo la banca dati, ma non vengono forniti ulteriori dettagli. Una fonte delle forze dell’ordine ha detto alla TASS che Jamala potrebbe essere apparsa sulla lista dei ricercati con l’accusa di aver diffuso informazioni false sull’esercito russo.

 

Una legge che vieta la diffusione di falsità sulle forze armate russe è stata aggiunta al codice penale del Paese poco dopo l’inizio dell’operazione militare in Ucraina nel febbraio 2022. Coloro che vengono trovati in violazione rischiano una pena massima fino a 15 anni di prigione.

 

Il canale Telegram Shot ha affermato che la cantante è ricercata per dichiarazioni sugli eventi del marzo 2022 nella città ucraina di Bucha, dove Kiev ha accusato le forze russe di massacrare civili. Mosca, tuttavia, ha negato tali accuse, affermando che le presunte prove dei crimini sono state fabbricate come parte degli sforzi per far deragliare il processo di pace tra Russia e Ucraina.

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Jamala figura in un elenco pubblicato dal quotidiano Izvestia nell’aprile 2022 di artisti ucraini a cui è stato vietato l’ingresso in Russia.

 

Jamala, di origine tartara di Crimea, è stata critica nei confronti della riunificazione della Crimea con la Russia nel 2014. La canzone 1944, con cui si è assicurata la vittoria dell’Eurovision, era dedicata alla Sürgünlik, ossia la deportazione dei tartari dalla Crimea all’Asia centrale da parte dell’Unione Sovietica durante la guerra sotto il governo di Giuseppe Stalin. A seguito della dislocazione dei tatari, anche lei è nata nel Kirghizistan sovietico nel 1983. Il padre era un direttore di orchestra tataro, mentre la madre è una pianista armena del Nagorno Karabkh; la famiglia si ritrasferì in Crimea poco prima dell’indipendenza ucraina.

 

Ammettiamo di non capire bene cosa c’entri sound da musica nera, con evidente calco delle vocalità delle cantanti di colore americane, con la tragedia della deportazione sovietica dei tatari. Tuttavia, sappiamo che Eurovision ha una cifra politica persino maggiore di quella di Sanremo.

 

 

La ragazza ha studiato da soprano a Sinferopoli e al conservatorio di Kiev. Ha sposato un concittadino tataro presso il Centro di Cultura islamica di Kiev, con cui ha due figli.

 

La musicista, che ha condannato l’operazione militare russa, sarebbe fuggita dall’Ucraina dopo lo scoppio del conflitto. Secondo quanto riportato dalla stampa, sarebbe andata prima in Turchia per poi trasferirsi in Polonia, o forse in Romania – i resoconti divergono. Recentemente si è esibita in Europa e negli Stati Uniti e ha affermato che i proventi di quei concerti verranno inviati alle organizzazioni umanitarie ucraine.

 

Non si tratterebbe della prima voce del pop ucraino coinvolta nel conflitto.

 

Come riportato da Renovatio 21, vi è stato, accaduto al Gay Pride di Monaco di Baviera della scorsa estate, il caso di Melovin, che, tra il tripudio delle bandiere con l’arcobaleno LGBT, ha cantato inneggiando all’iniziatore del nazionalismo integrale ucraino Stepan Bandera, collaboratore di Hitler, recandosi pure sulla sua tomba.

 

 

 

«Batko Nash – Bandera / Ukraina Mati / My za Ukrainu budem voyuvat» dice la canzone cantata sul palco omotransessualista monacense, con il folto pubblico arcobalenato a far da coro. «Il nostro padre è Bandera / La nostra madre è l’Ucraina / Noi per l’Ucraina combatteremo».

 

A certuni, con evidenza, l’apologia degli anni bui è consentita. Ad altri, no. È il caso della cantante-pornostar Melanie Mueller, finita nei guai per supposto saluto nazista durante un incontro con il pubblico, introducendo l’ulteriore cortocircuito di senso di un’estrema destra a luci rosse.

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Immagine di Albin Olsson via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

 

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