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Basi della CIA in Ucraina da dieci anni: il New York Times ammette che Putin aveva ragione

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In un articolo-bomba che di fatto ridefinisce la narrazione sull’intervento russo in Ucraina, la scorsa domenica il New York Times ha pubblicato quella che appare come un’ammissione esplosiva quanto secondo cui l’intelligence statunitense non solo è stata determinante nel processo decisionale in Ucraina in tempo di guerra, ma ha anche creato e finanziato centri di spionaggio di comando e controllo ad alta tecnologia, operando anni e anni prima all’invasione russa del 24 febbraio di due anni fa.

 

Le rivelazioni contenute nel lungo pezzo di inchiesta confermano anche ciò di cui il presidente russo Vladimir Putin ha da sempre accusato Washington.

 

Tra le più scioccanti rivelazioni c’è che il programma è stato istituito dieci anni fa e abbraccia tre diversi presidenti americani. Il prestigioso quotidiano neoeboraceno afferma che il programma della CIA per modernizzare i servizi di Intelligence dell’Ucraina ha «trasformato» l’ex stato sovietico nel «più importante partner di Intelligence di Washington contro il Cremlino».

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Ciò include che l’agenzia ha addestrato ed equipaggiato segretamente agenti dell’Intelligence ucraina fin da subito dopo gli eventi del colpo di stato di Maidan del 2014, oltre a costruire una rete di 12 basi segrete lungo il confine russo – un lavoro, scrive il giornale iniziato otto anni fa. Tali basi dei servizi segreti, da cui possono essere intercettate le comunicazioni dei comandanti russi e monitorati i satelliti spia russi, verrebbero utilizzate per lanciare e monitorare attacchi transfrontalieri di droni e missili sul territorio russo.

 

Tale particolare è particolarmente allarmante per la sicurezza globale: se la CIA è in gran parte responsabile dell’efficacia della recente ondata di attacchi che hanno incluso colpi diretti di droni su punti chiave come raffinerie di petrolio e infrastrutture energetiche, siamo avanzati verso la Terza Guerra Mondiale.

 

L’inchiesta contiene una descrizione sorprendentemente dettagliata di uno dei centri di comando sotterranei «segreti» istituiti dalla CIA vicino al confine russo… luogo ovviamente sconosciuto:

 

«Non lontano, un passaggio discreto scende a un bunker sotterraneo dove squadre di soldati ucraini seguono i satelliti spia russi e origliano le conversazioni tra i comandanti russi. Su uno schermo, una linea rossa seguiva il percorso di un drone esplosivo che attraversava le difese aeree russe da un punto dell’Ucraina centrale fino a un obiettivo nella città russa di Rostov» scrive l’articolo.

 

«Il bunker sotterraneo, costruito per sostituire il centro di comando distrutto nei mesi successivi all’invasione russa, è un centro nevralgico segreto dell’esercito ucraino».

 

«C’è anche un altro segreto: la base è quasi interamente finanziata e in parte attrezzata dalla CIA» precisa il New York Times.

 

Secondo quanto riportato, la CIA istituito un programma di formazione per gli agenti ucraini d’élite nei due anni dal colpo di stato in Ucraina del 2014.

 

«Intorno al 2016, la CIA ha iniziato ad addestrare un commando ucraino d’élite – noto come Unità 2245 – che ha catturato droni e apparecchiature di comunicazione russi in modo che i tecnici della CIA potessero decodificarli e violare i sistemi di crittografia di Mosca. (Un ufficiale dell’unità era Kyrylo Budanov, ora generale a capo dell’intelligence militare ucraina). E la CIA ha anche contribuito ad addestrare una nuova generazione di spie ucraine che operavano in Russia, in tutta Europa, a Cuba e in altri luoghi dove i russi hanno una grande presenza».

 

La rete di Intelligence statunitense in Ucraina sarebbe in realtà più estesa di quanto quasi tutte le precedenti speculazioni mediatiche avessero previsto. L’Ucraina sarebbe quindi divenuta un enorme «centro di raccolta di informazioni» per Washington e, di riflesso, per la NATO.

 

«In più di 200 interviste, attuali ed ex funzionari in Ucraina, Stati Uniti ed Europa hanno descritto una partnership che è quasi naufragata a causa della sfiducia reciproca prima di espandersi costantemente, trasformando l’Ucraina in un centro di raccolta di Intelligence che ha intercettato più comunicazioni russe della stazione CIA in Ucraina».

 

«Ora queste reti di Intelligence sono più importanti che mai, poiché la Russia è all’offensiva e l’Ucraina è sempre più dipendente dal sabotaggio e dagli attacchi missilistici a lungo raggio che richiedono spie ben oltre le linee nemiche. E sono sempre più a rischio: se i repubblicani al Congresso interrompessero i finanziamenti militari a Kiev, la CIA potrebbe essere costretta a ridimensionarli».

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Come nota Zerohedge, l’articolo del Times sostanzialmente conferma che Vladimir Putin avesse ragiona ad incolpare ripetutamente gli Stati Uniti e la NATO per aver espanso le proprie infrastrutture militari e di Intelligence in Ucraina. Non solo questo è andato avanti esattamente negli ultimi dieci anni, come si ammette ora, ma è stato presentato dal Cremlino come una delle cause principali dell’operazione militare russa del 24 febbraio 2022. Putin e i suoi funzionari, a quel tempo, sostenevano che la NATO stava militarizzando l’Ucraina. Il NYT sembra ora ammettere che in realtà era proprio così.

 

«Putin ha a lungo accusato le agenzie di Intelligence occidentali di manipolare Kiev e di seminare sentimenti anti-russi in Ucraina» confessa il maggiore quotidiano mondiale.

 

«Verso la fine del 2021, secondo un alto funzionario europeo, Putin stava valutando se lanciare la sua invasione su vasta scala quando ha incontrato il capo di uno dei principali servizi di spionaggio russi, il quale gli ha detto che la CIA, insieme all’MI6 britannico, controllavano l’Ucraina e la trasformavano in una testa di ponte per le operazioni contro Mosca».

 

«I funzionari statunitensi erano spesso riluttanti a impegnarsi pienamente, temendo che non ci si potesse fidare dei funzionari ucraini e temendo di provocare il Cremlino. Eppure una ristretta cerchia di funzionari dell’Intelligence ucraina corteggiò assiduamente la CIA e gradualmente si rese vitale per gli americani».

 

Il pezzo fa indirettamente riferimento a questo periodo molto critico che ha portato l’Ucraina e la Russia sulla loro tragica rotta di collisione, raccontando episodi molto precisi.

 

«Con l’escalation della violenza, un aereo governativo statunitense senza contrassegni atterrò in un aeroporto di Kiev con a bordo John Brennan, allora direttore della CIA (…) la CIA era interessata a sviluppare una relazione, ma solo a un ritmo con cui l’agenzia era a suo agio, secondo funzionari statunitensi e ucraini Per la CIA, la domanda sconosciuta era quanto tempo sarebbero rimasti Nalyvaichenko [il capo dello spionaggio ucraino post-Maidan, ndr] e il governo filo-occidentale. La CIA era già stata bruciata in Ucraina».

 

«Il risultato è stato un delicato atto di equilibrio. La CIA avrebbe dovuto rafforzare le agenzie di Intelligence ucraine senza provocare i russi. Le linee rosse non sono mai state chiaramente chiare, il che ha creato una tensione persistente nella partnership».

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Il denaro e la tecnologia avanzata forniti dalla CIA hanno consentito agli ucraini di effettuare operazioni di intercettazione ben oltre le proprie possibilità. Nel frattempo, squadre di commando d’élite venivano addestrate dalla CIA nelle città europee come parte di un programma chiamato «Operazione Goldfish». Il rapporto del NYT scrive che gli ucraini siano ora in grado di hackerare le reti militari russe.

 

«Nel bunker, Dvoretskiy [un alto comandante dell’Intelligence ucraina che sarebbe la fonte del pezzo del NYT, ndr] indicò apparecchiature di comunicazione e grandi server informatici, alcuni dei quali finanziati dalla CIA. Ha detto che le sue squadre stavano usando la base per hackerare le reti di comunicazione sicure dell’esercito russo. “Questa è la cosa che penetra nei satelliti e decodifica le conversazioni segrete”, ha detto Dvoretskiy a un giornalista del Times durante un tour, aggiungendo che stavano hackerando anche i satelliti spia della Cina e della Bielorussia».

 

«La CIA ha iniziato a inviare attrezzature nel 2016, dopo l’incontro cruciale a Scattergood, ha detto Dvoretskiy, fornendo radio e dispositivi crittografati per intercettare le comunicazioni segrete del nemico».

 

Uno dei punti più significativi dell’articolo è la descrizione dell’entità del programma della CIA sotto l’amministrazione Trump. Il New York Times suggerisce che la reale portata potrebbe addirittura essere stata nascosta a Trump. I falchi antirussi nella sua amministrazione avrebbero fatto tranquillamente il «lavoro sporco», è scritto.

 

«L’elezione di Trump nel novembre 2016 ha messo in tensione gli ucraini e i loro partner della CIA».

 

«Trump ha elogiato Putin e ha respinto il ruolo della Russia nell’interferenza elettorale. Era sospettoso dell’Ucraina e in seguito ha cercato di fare pressione sul suo presidente, Volodymyr Zelenskyj, affinché indagasse sul suo rivale democratico, Biden, provocando il primo impeachment di Trump».

 

«Qualunque cosa Trump abbia detto e fatto, la sua amministrazione spesso è andata nella direzione opposta. Questo perché Trump aveva messo i falchi russi in posizioni chiave, tra cui Mike Pompeo come direttore della CIA e John Bolton come consigliere per la sicurezza nazionale (…) Hanno visitato Kiev per sottolineare il loro pieno sostegno alla partnership segreta, che si è estesa fino a includere programmi di formazione più specializzati e la costruzione di ulteriori basi segrete».

 

Si tratta di una quantità di materiale difficile da digerire in fretta.

 

«Aggiornamento della narrativa ufficiale: l’idea che la CIA sia stata profondamente coinvolta in Ucraina per oltre un decennio conducendo una guerra segreta contro la Russia non è più una teoria del complotto» ha scritto su X l’investitore David Sacks, acuto osservatore degli eventi mondiali.

 

C’è da capire il perché di questo update del quadro narrativo del conflitto – le rivelazioni possono essere solamente pilotate dalla volontà della CIA e dell’amministrazione Biden, visto che si parla di centinaia di fonti.

 

Che messaggio stanno trasmettendo? Che la Russia non deve avanzare, perché assieme ai russi combattono già attivamente gli americani, quantomeno per la parte dei servizi segreti?

 

Oppure è un segnale che vogliono sbaraccare tutto ed arrivare quanto prima ad un negoziato di pace? (In questo senso, secondo alcuni, andrebbero anche le sorprendenti dichiarazioni del capo dell’Intelligence militare ucraina Kyrilo Budanov, che ha detto che Navalnij è morto di cause naturali)

 

Oppure, ancora, è una dichiarazione di guerra, come a dire che la maschera è caduta?

 

Difficile dirlo, sempre considerando che tra sette mesi gli USA andranno al voto con un presidente in demenza senile ritenuto non candidabile da molta parte dei suoi stessi elettori. Una «guerra calda» con la Russia, aveva osservato Tucker Carlson ancora mesi fa, sarebbe il metodo con cui il Deep State, il Partito Democratico e il complesso militare-industriale può sperare di rimanere in sella, mentre l’ondata di Trump, che ha travolto la candidata repubblicana dell’establishment Niki Hailey persino nella Carolina del Sud dove era stata governatrice, pare ogni giorno più inarrestabile.

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L’Ucraina necessita di un cessate il fuoco entro il 2025: parla il capo dello spionaggio di Kiev

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Entro la fine dell’anno deve essere raggiunto un cessate il fuoco tra Russia e Ucraina, ha affermato il capo dell’intelligence militare ucraina, Kirill Budanov, in un’intervista a Bloomberg pubblicata venerdì.   Ha rilasciato queste dichiarazioni mentre le truppe ucraine perdevano costantemente terreno lungo diverse sezioni della linea del fronte, e dopo che l’incursione del 2024 nella regione russa di Kursk si era conclusa con un costoso fallimento. L’esercito ucraino ha anche faticato ad attrarre nuove reclute.   Il Budanov ha dichiarato a Bloomberg che «un cessate il fuoco deve essere raggiunto il prima possibile e ben prima della fine dell’anno».   «È realistico farlo? Sì. È difficile? No», ha detto. «Ci vogliono almeno tre parti: Ucraina, Russia e Stati Uniti. E arriveremo a questa posizione».

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Mosca ha respinto la proposta di una tregua immediata e incondizionata, sostenendo che Kiev e i suoi sostenitori occidentali devono prima accettare diverse richieste, tra cui il ritiro delle truppe dal territorio russo rivendicato dall’Ucraina, la fine della campagna di mobilitazione dell’Ucraina e la sospensione degli aiuti militari stranieri.   Il presidente russo Vladimir Putin ha anche accusato l’Ucraina di voler interrompere i combattimenti per riarmarsi e riorganizzare le proprie forze. Il Cremlino ha avvertito che non accetterà la presenza di truppe NATO in Ucraina, anche se schierate sotto le mentite spoglie di forze di peacekeeping.   Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha dichiarato questa settimana che le parti stanno lavorando per organizzare un terzo round di colloqui diretti in Turchia. Il presidente ucraino Vladimir Zelens’kyj ha dichiarato giovedì, durante un vertice a Roma, che i due Paesi devono prima completare gli scambi di prigionieri concordati a Istanbul il 2 giugno.

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Perché il caso Epstein non andrà mai da nessuna parte

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In un discorso divenuto virale del podcast dell’ex Navy Seal e operativo CIA Shawn Ryan, il giornalista d’inchiesta americano Nick Bryant racconta che il caso di Jeffrey Epstein è stato insabbiato dal governo federale e non andrà mai avanti perché ciò distruggerebbe l’intero sistema operativo.

 

«Epstein aveva telecamere in tutte le sue case. Era decisamente un artista del ricatto», osserva Bryant. «Il governo vuole assicurarsi che questo non venga a galla. Gran parte del nostro sistema politico si basa sul ricatto», aggiunge.

 

«Se quell’angolo oscuro e maligno dell’Intelligence usasse il ricatto contro i nostri politici e altre persone, se usasse i bambini, ciò farebbe infuriare il popolo americano», incalza ulteriormente Bryant. «Per quell’angolo oscuro dell’Intelligence, questa è Omaha Beach. Non cederanno di un millimetro» continua il giornalista con un paragona alla spiaggia sulla costa francese famosa per il suo ruolo nello sbarco in Normandia della Seconda Guerra Mondiale.

 


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«Se si considerano tutte le vittime, tutti i carnefici e tutti i mediatori coinvolti nella rete di Epstein… nessuno è stato incriminato tranne Ghislaine Maxwell», spiega il giornalista.

 

«Ciò dimostra davvero che il nostro governo, purtroppo, vuole porre fine a tutto questo», aggiunge il reporter. «Perché il nostro governo favorisce il traffico di bambini se non per proteggere persone molto potenti e un processo politico?» si chiede il Bryant. «È l’unico modo in cui ha senso», conclude.

 

Martedì il presidente Trump e il Procuratore generale Pam Bondi hanno risposto in modo molto conciso alla domanda di un giornalista sul caso Epstein, con Trump che si è mostrato chiaramente irritato dal fatto che la questione venisse ancora sollevata.

 

Trump in campagna elettorale aveva ampiamente promesso di garantire trasparenza sul caso, ma, notano gli osservatori, il suo dipartimento di Giustizia sta erigendo un vero e proprio muro, spingendo molti dei suoi sostenitori a definirlo inaccettabile.

 

Nel frattempo la base MAGA è fratturata, con voci rilevanti come quella di Tucker Carlson che si dichiara sconvolto e disgustato dall’insabbiamento da parte di Trump e Pam Bondi.

 

 

 

 

Il nome di Israele viene fatto sempre più spesso: secondo alcuni, la mancata di pubblicazione di file riguardanti Epstein (e, alcuni aggiungono, pure su JFK) sarebbe dovuta al fatto che guasterebbe del tutto i rapporti con lo Stato Ebraico, che sarebbe coinvolto nel sistema creato da Epstein – cosa che molti ritengono possibile viste le tante visite che ha Epstein ha fatto Ehud Barak, ex premier laburista israeliano già capo dei servizi segreti militari israeliani.

 

Il Barak avrebbe inoltre fatto investire milioni di dollari di Epstein in startup tecnologiche israeliane.

 

La questione dello spionaggio israeliano relativo ad Epstein emerge anche anche da un altro ingrediente della storia, la «dama» di Epstein Ghislaine Maxwell, il cui padre – il magnate dell’editoria britanniche Robert Maxwell, nato in Boemia con il nome Jan Ludvik Hyman Binyamin Hoch – è considerato come una probabile spia di segreti atomici per conto dello Stato degli ebrei. Al suo funerale erano presenti i vertici dei servizi israeliani e dello Stato stesso.

 

Maxwell scomparve misteriosamente nell’Atlantico una notte, mentre era a bordo del suo panfilo, chiamato Lady Ghislaine. Ghislaine è l’unica persona in galera per i crimini del caso Epstein, accusata di traffico sessuale, ma non si sa verso chi. Quando era latitante, fu fotografata nel dehors di un caffè di Los Angeles mentre leggeva un libro sulle spie della CIA morte. Poi sparì, sino alla cattura. Ora, in carcere, si dice abbia ritrovato la «fede ebraica del defunto padre».

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I servizi segreti britannici hanno infiltrato l’agenzia atomica ONU

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Un agente dei servizi segreti britannici si sarebbe infiltrato presso l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) per coordinare le sanzioni occidentali contro l’Iran. Lo riporta la testata investigativa americana The Grayzone. La notizia circola nel circuito di informazione russo ma è introvabile presso testate occidentali.   Il sito di informazione statunitense ha citato documenti trapelati che descrivono un agente dell’MI6 e il suo ruolo all’interno dell’organismo di controllo delle Nazioni Unite.   Il curriculum dell’agente sarebbe emerso da una serie di documenti riservati trapelati, che dettagliavano le operazioni di Torchlight, un’organizzazione di intelligence britannica. L’individuo sarebbe stato coinvolto persino nella copertura del ruolo dell’intelligence britannica nella morte della principessa Diana (!) e accusato dalle autorità greche di aver orchestrato il rapimento e la tortura di immigrati pakistani ad Atene.

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Secondo quanto riportato dal suo curriculum, l’uomo avrebbe anche «guidato grandi team interagenzia per identificare e contrastare la diffusione della tecnologia delle armi nucleari, chimiche e biologiche», anche attraverso «il supporto all’AIEA e all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW)».   L’agente avrebbe avuto un ruolo chiave nell’organizzare le sanzioni contro l’Iran, secondo quanto riportato, «costruendo relazioni altamente efficaci e di reciproco sostegno tra il governo e con i principali colleghi statunitensi, europei, mediorientali ed estremo-orientali per la strategia» tra il 2010 e il 2012. Si attribuisce inoltre il merito di aver reso possibile «l’importante successo diplomatico dell’accordo sul nucleare e sulle sanzioni iraniano».   Durante il periodo in cui l’agente ha operato presso il Centro Antiproliferazione del Ministero degli Esteri britannico, si sarebbe verificato un aumento significativo delle sanzioni occidentali e delle operazioni segrete contro gli scienziati iraniani. In quel tempo, gli omicidi e i sabotaggi israeliani si intensificarono, mentre Stati Uniti e Unione Europea applicavano dure sanzioni economiche.   L’Iran ha a lungo accusato l’AIEA di collaborare con i suoi avversari, sostenendo che l’agenzia abbia fornito a Israele informazioni sensibili, come l’identità di scienziati nucleari e dettagli su infrastrutture strategiche, colpite il mese scorso da attacchi aerei israeliani e americani.   Il 12 giugno, l’AIEA ha accusato l’Iran di aver violato il Trattato di non proliferazione nucleare, senza però fornire prove concrete di un programma di armamento nucleare. Il giorno successivo, Israele ha condotto attacchi contro scienziati nucleari iraniani e impianti di arricchimento dell’uranio. L’Iran ha respinto le accuse e ha risposto agli attacchi.   Il 22 giugno, gli Stati Uniti hanno partecipato all’operazione israeliana. Il conflitto, durato 12 giorni, si è concluso la settimana scorsa con un cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti, finora rispettato.   In risposta, Teheran ha interrotto la collaborazione con l’AIEA, vietando l’ingresso nel Paese al Direttore Generale Rafael Grossi e decidendo di sospendere il monitoraggio regolare dei suoi siti nucleari. Il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Esmail Baghaei, ha criticato Grossi per aver pubblicato un «rapporto fazioso», utilizzato da Israele come pretesto per il suo attacco «illegale».   Particolare la parte che parla della morte della principessa Diana. The Grayzone riporta un articolo del 2001 che sosteneva che l’uomo sarebbe «arrivato a Parigi settimane prima del fatale incidente automobilistico della principessa Diana in città il 31 agosto 1997, e fu successivamente accusato di aver condotto “operazioni di informazione” per deviare le diffuse speculazioni pubbliche sul fatto che l’Intelligence britannica fosse responsabile della sua morte».   Il mistero della morte di Lady Diana, che un tempo tanto appassionava il pubblico mondiale, è oramai una realtà totalmente dimenticata, nonostante le continue rivelazioni uscite negli anni.   A quel tempo era legittimo parlare di «complotti»: bisogna ricordare comi perfino in certa stampa mainstream, di dubbi ve ne fossero pochi: la morte di Diana fu innescata dal suo matrimonio programmato con il jetsetter musulmano Dodi al-Fayed, figlio di un controverso ricco imprenditore egiziano attivo a Londra e di Samira Khasoggi, sorella di Adnan Khashoggi, trafficante d’armi saudita e playboy internazionale (con prede ambitissime come Farrah Fawcett, Raquel Welch, Brooke Shields e Lory Del Santo) che fu per un certo periodo considerato l’uomo più ricco del mondo.

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Secondo alcuni Kashoggi gestiva nel suo yacht (poi comprato da Donald Trump…) un sistema di ricatto internazionale, con belle signorine che incontravano i potenti della Terra – in pratica il modello Esptein, una costante del mondo dell’Intelligence. Dodi era quindi cugino di primo grado di Jamal Khashoggi, l’editorialista del Washington Post che secondo la CIA fu squartato al consolato saudita di Istanbul su ordine del principe di Riyadh Mohammed bin Salman, il celebre amico di Matteo Renzi.   La famiglia Khashoggi, prima di cadere in disgrazia con l’ascesa di MbS, era stata praticamente tra le più potenti in Arabia Saudita, con rapporti eccellenti, grazie ai traffici di zio Adnan, con elementi dello Stato profondo americano (fu coinvolto nello scandalo Iran-Contra) e con mezzo mondo – per esempio con le Filippine del presidente Ferdinand Marcos.   Diana, quindi, in casa non si stava portando solo un boyfriend islamico, ma un pezzo di finanza e di geopolitica enorme, con accenti wahabiti e statunitensi.   Ma questa è una storia passata. Altre attività, magari portate avanti dagli stessi soggetti, ora impegnano il mondo delle ombre tra Albione e il resto del pianeta.

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Immagine di IAEA Imagebank via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic  
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