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Macron dice che l’arresto di Durov «non è una decisione politica». Il commento di Snowden: «ha preso ostaggi»

Il presidente francese Emmanuel Macron ha negato qualsiasi movente politico dietro l’arresto, avvenuto sabato a Parigi, del fondatore e CEO di Telegram, Pavel Durov.
Scrivendo su X lunedì, Macron ha insistito sul fatto che l’arresto di Durov «non è in alcun modo una decisione politica» e ha avuto luogo nell’ambito di «un’indagine giudiziaria in corso» in cui i giudici alla fine decideranno il destino dell’imprenditore.
«La Francia è più che altro legata alla libertà di espressione e di comunicazione, all’innovazione e allo spirito imprenditoriale», ha scritto Macron, aggiungendo che «in uno Stato di diritto, sui social network come nella vita reale, le libertà si esercitano all’interno di un quadro stabilito dalla legge per proteggere i cittadini e rispettare i loro diritti fondamentali».
«Spetta alla giustizia, in completa indipendenza, garantire il rispetto della legge», ha affermato il presidente.
I have seen false information regarding France following the arrest of Pavel Durov.
France is deeply committed to freedom of expression and communication, to innovation, and to the spirit of entrepreneurship. It will remain so.
In a state governed by the rule of law,…
— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) August 26, 2024
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Il 39enne russo, che possiede anche la cittadinanza francese, degli Emirati Arabi Uniti e di Saint Kitts e Nevis, è stato arrestato dalle autorità francesi dopo che il suo jet privato era atterrato a Parigi il 24 agosto, dopo essere partito dall’Azerbaijan.
Non sono ancora totalmente confermate le accuse precise che potrebbero essere mosse all’imprenditore tecnologico, ma i media suggeriscono che il suo mandato d’arresto sia stato emesso dall’OFMIN francese, un’agenzia incaricata di combattere la violenza contro i minori, per avviare un’indagine su presunte frodi, traffico di droga, cyberbullismo, criminalità organizzata e promozione del terrorismo.
Secondo i media francesi, la detenzione di Durov è probabilmente legata a presunte denunce contro Telegram, in particolare per il suo rifiuto di moderare i contenuti sulla piattaforma e di impedirne l’utilizzo da parte di criminali. Il periodo di detenzione per l’interrogatorio iniziale è limitato a 96 ore in Francia; tuttavia, può essere esteso a 144 ore per reati gravi come il traffico di droga e il terrorismo. Durante la fase di detenzione, il giudice deve sporgere denuncia e rinviare in custodia cautelare, oppure rilasciare il detenuto.
Reuters ha inoltre riferito, citando fonti anonime, che un’unità della gendarmeria per la sicurezza informatica e la polizia nazionale antifrode stanno conducendo le indagini.
Le parole di Macron sono state pesantemente sbeffeggiate in rete, con commenti sul fatto che ogni cosa che dice va letta, orwellianamente, al contrario.
Telegram, da parte sua, ha insistito sul fatto che l’azienda è pienamente conforme alle leggi dell’UE e alle politiche di moderazione dei contenuti e ha definito «assurdo» affermare che Durov fosse responsabile dell’uso improprio della piattaforma da parte di malintenzionati.
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Anche Edward Snowden è entrato nella discussione, dicendo che la detenzione del fondatore e CEO mette a repentaglio i diritti umani fondamentali di parola. Il celeberrimo dissidente dei servizi americani ha aggiunto di essere «profondamente rattristato» dalla mossa del presidente francese Emmanuel Macron.
«L’arresto di Durov è un attacco ai diritti umani fondamentali di parola e di associazione» ha scritto sui social lo Snowden. «Sono sorpreso e profondamente rattristato dal fatto che Macron sia sceso al punto di prendere ostaggi per ottenere accesso alle comunicazioni private», ha affermato, sottolineando che la mossa «abbassa non solo la Francia, ma il mondo».
Telegram, che ha circa 1 miliardo di utenti attivi al mese, è stato creato da Durov e suo fratello nel 2013 in Russia. L’imprenditore ha lasciato la Russia a metà degli anni 2010 e si è stabilito a Dubai. Ha ottenuto la cittadinanza francese nel 2021.
Commentando l’arresto di Durov, Telegram ha affermato che la piattaforma «rispetta le leggi dell’UE, incluso il Digital Services Act: la sua moderazione rientra negli standard del settore», aggiungendo che le affermazioni secondo cui una piattaforma o il suo proprietario siano responsabili degli abusi commessi dagli utenti sono «assurde».
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
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Internet
Metriche pubblicitarie di e-commerce artificialmente gonfiate, afferma un ex dipendente Meta

Meta, la società madre di Facebook e Instagram, è stata accusata di aver gonfiato artificialmente le metriche delle prestazioni del suo prodotto pubblicitario per l’e-commerce, Shops Ads , secondo una denuncia presentata mercoledì da un informatore presso un tribunale del lavoro in Gran Bretagna. Lo riporta il sito ADWEEK.
La denuncia, presentata da Samujjal Purkayastha, ex product manager del team pubblicitario di Meta Shops, sostiene che l’azienda ha tratto in inganno gli inserzionisti sovrastimando il ritorno sulla spesa pubblicitaria (ROAS), facendo apparire la sua nuova offerta pubblicitaria più efficace rispetto ai prodotti della concorrenza, riporta ADWEEK.
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Secondo quanto depositato presso il London Central Employment Tribunal, Meta avrebbe incrementato i numeri delle performance degli annunci Shops: conteggio delle spese di spedizione e delle tasse come parte del fatturato totale; sovvenzionare le offerte nelle aste pubblicitarie per garantire un posizionamento più prominente; applicare sconti non dichiarati per dare l’impressione di risultati più forti; revisioni interne condotte all’inizio del 2024 hanno rivelato che il ROAS degli annunci di Shops era stato gonfiato tra il 17% e il 19%, secondo la denuncia.
Gli altri prodotti pubblicitari di Meta, così come quelli di concorrenti come Google, calcolano il ROAS utilizzando dati netti, escluse spese di spedizione e tasse. Senza le commissioni aggiuntive, sostiene la denuncia, gli annunci di Shops non hanno ottenuto risultati migliori rispetto ai prodotti pubblicitari tradizionali di Meta.
«Questo è stato significativo», si legge nel reclamo. «Oltre al fatto che la metrica di performance del ROAS era sovrastimata di quasi un quinto, significava che, anziché aver superato il nostro obiettivo primario, il team di Shops Ads lo aveva di fatto mancato una volta che il dato era stato ridotto per tenere conto dell’inflazione artificiale».
Il documento collega queste presunte pratiche a un più ampio sforzo interno a Meta per riprendersi dagli effetti della funzionalità App Tracking Transparency (ATT) di Apple, lanciata nel 2021.
La politica di Apple limitava l’accesso ai dati degli utenti iOS, un pilastro dell’attività pubblicitaria di Meta. L’ex CFO di Meta, David Wehner, ha avvertito durante una conference call sui risultati finanziari del 2021 che la modifica potrebbe costare all’azienda «nell’ordine dei 10 miliardi di dollari».
Incoraggiando gli inserzionisti a utilizzare gli annunci Shops, che mantengono le transazioni all’interno delle app di Meta, l’azienda potrebbe raccogliere più dati di acquisto proprietari e ridurre la sua dipendenza dalle autorizzazioni di tracciamento di Apple.
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Secondo il Purkayastha, Meta ha iniziato a sovvenzionare gli annunci di Shops nelle aste, a volte fino al 100%, garantendone la visualizzazione più frequente rispetto ad altri formati pubblicitari. Ciò ha aumentato la visibilità, incrementato artificialmente le conversioni e fatto apparire gli annunci di Shops come un investimento più solido.
Purkayastha è entrato a far parte di Meta nel 2020 come parte del team di ricerca applicata sull’intelligenza artificiale di Facebook, prima di essere riassegnato al team Shops Ads nel marzo 2022. È rimasto in azienda fino al 19 febbraio 2025.
Nella denuncia si afferma che Purkayastha ha ripetutamente sollevato preoccupazioni durante gli incontri con i dirigenti tra il 2022 e il 2024, mettendo in dubbio l’accuratezza dei risultati riportati dagli annunci di Shops. Afferma che l’azienda ha continuato a utilizzare la metodologia contestata nonostante le obiezioni interne.
Il reclamo sottolinea anche che gli strumenti di tracciamento di Meta fanno parte della sua strategia per mantenere le prestazioni pubblicitarie dopo le modifiche alla privacy di Apple.
Aggregated Event Measurement (AEM1), introdotto nell’aprile 2021, ha utilizzato l’apprendimento automatico per stimare le conversioni, rispettando al contempo gli utenti che avevano scelto di non essere monitorati.
AEM2, lanciato poco dopo, avrebbe collegato l’attività in-app alla navigazione e agli acquisti su siti di terze parti utilizzando identificatori personali come nomi, e-mail, numeri di telefono e indirizzi IP.
«Nella denuncia, Purkayastha ha affermato di credere che AEM2 abbia aggirato le restrizioni imposte dal framework sulla privacy di Apple, sebbene abbia mitigato gran parte della perdita di dati derivante dalle modifiche alla privacy» scrive ADWEEK.
Secondo la denuncia, il Purkayastha è stato licenziato da Meta nel febbraio 2025. La sua denuncia al tribunale del lavoro fa parte di una richiesta di provvedimento provvisorio, che chiede il ripristino della sua precedente posizione.
«Sebbene le conseguenze legali siano ancora da definire, queste rivelazioni mettono nuovamente in discussione l’affidabilità dei dati forniti da Meta ai suoi inserzionisti» commente Hdblog.
Non sono le prime accuse rivolte a Meta-Facebook da ex dipendenti.
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Quattro anni il Wall Street Journal cominciò a pubblicare sconvolgenti rivelazioni sulla piattaforma social. In sintesi, scriveva il WSJ «Facebook Inc. sa, nei minimi dettagli, che le sue piattaforme sono piene di difetti che causano danni, spesso in modi che solo l’azienda comprende appieno. Questa è la conclusione centrale (…), basata su una revisione dei documenti interni di Facebook, inclusi rapporti di ricerca, discussioni online dei dipendenti e bozze di presentazioni per il senior management».
Secondo il reportage, Facebook esentava gli utenti di alto profilo da alcune regole, ignorava una ricerca su Instagram (social del gruppo Meta) che mostrava i rischi per la salute mentale degli adolescenti, sapeva che il suo algoritmo premia l’indignazione, era stato lento nell’impedire ai cartelli della droga e ai trafficanti di esseri umani di utilizzare la sua piattaforma.
Due anni fa il WSJ tornò con un reportage in cui affermava che «Meta sta lottando per allontanare pedofili da Facebook e Instagram».
Nel 2023 un ex data-scientist di Facebook, in contenzioso legale con l’azienda, aveva sostenuto che Facebook può scaricare segretamente la batteria dello smartphono degli utenti.
Tre anni fa un ex dipendente aveva detto che il CEO Marco Zuckerberg aveva brandito una katana, cioè una spada samurai, perché irato con dei programmatori.
Come riportato da Renovatio 21, lo Zuckerbergo un mese fa ha dichiarato che Facebook non è più incentrato sulla connessione con gli amici.
Secondo alcuni il prossimo aggiornamento di Instagram eroderà ulteriormente la privacy degli utenti.
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Immagine di Yuri Samoilov via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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