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Il re maori chiede di riconoscere le balene come persone: finalmente potremo querelarle?

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Il sovrano del popolo indigeno neozelandese maori, re Tuheitia Potatau te Wherowhero VII ha firmato una «Dichiarazione per l’Oceano» che chiede che alle balene venga concessa la personalità giuridica come parte di un piano per proteggerle. Lo riporta l’AFP.

 

Secondo quanto riferito, la dichiarazione riconosce i pachidermici mammiferi acquatici come persone giuridiche con il diritto intrinseco alla libertà di movimento, al comportamento naturale e all’espressione delle loro culture uniche. La dichiarazione è stata fatta con l’intento di aiutare le balene a recuperare la loro popolazione impoverita.

 

«Il suono del canto dei nostri antenati è diventato più debole e il suo habitat è in pericolo, motivo per cui dobbiamo agire ora», ha detto re Tuheitia Potatau te Wherowhero VII.

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Gli ha fatto eco l’alto capo dei viaggi Tou Ariki, che ha detto: «non possiamo più chiudere un occhio. Le balene svolgono un ruolo vitale nella salute del nostro intero ecosistema oceanico… Dobbiamo agire con urgenza per proteggere queste magnifiche creature prima che sia troppo tardi».

 

Le balene hanno tradizionalmente avuto un significato culturale per i maori come esseri soprannaturali e come messaggeri di crescita spirituale. Alcune tribù vedono i mammiferi come i discendenti di Tangaroa, il dio dell’oceano. Un brutto film del 2022 La ragazza delle balene, forte di milioni di dollari di finanziamento pubblico da parte dello Stato neozelandese nonché della colonna sonora composta dalla voce dei Dead Can Dance Lisa Gerrard, racconta di questo culto del cetaceo sito presso le tribù degli antipodi. La pellicola indigenista e balenista ricevette critiche positive immeritate e fece incetta di Festival e di premi.

 

La mossa per garantire la personalità delle balene proposta dal re tribale non ha dei precedenti. Nel 2017, sempre la Nuova Zelanda – terra di Jacinda Ardern e di lockdown mostruosi quasi quanto quelli australiani, canadesi e cinesi – ha approvato una legge innovativa che garantisce lo status di persona al fiume Whanganui e al vulcano Monte Taranaki, entrambi importanti per il popolo Maori.

 

Non è chiaro se, ora che sono persone, il fiume ed il vulcano paghino le tasse, o se possano essere trascinati in tribunale in caso di disastri da essi combinati.

 

I maori sono il secondo gruppo etnico più grande della Nuova Zelanda e attualmente costituiscono circa il 17% della popolazione totale del paese, ovvero circa 900.000 persone.

 

Nella serie documentaria Netflix Unnatural Selection – dove compare anche l’oggi deputato PD Andrea Crisanti, che mostra il suo programma di alterazione genetica delle zanzare – è visibile un capo maori che, con estrema saggezza, oppone il suo rifiuto più totale ai programmi di gene drive – ossia di modifica genetica ambientale – proposti da enti USA sulla sua terra. Il capo maori riconosceva che, essendoci dietro il più grande esercito del pianeta (il gene drive è una tecnologia portata avanti dalla DARPA, il braccio ricerca e sviluppo del Pentagono), «Dio solo sa» cosa può succedere.

 

Questa profonda capacità di giudizio del maori ci sembra lontana rispetto dalla proposta di umanizzazione dei bestioni marini.

 

Renovatio 21 ancora una volta ci tiene a ricordare le malefatte cetacee che ogni giorno si consumano in tutto il mondo.

 

Settimane fa in Australia un surfista – o meglio, un praticante di wingfoiling – è stato brutalmente assaltato da una balenottera che, non paga di averlo buttato in acqua schiacciandolo col suo mastodontico peso, lo ha pure trascinato negli abissi dell’Oceano.

 

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Altri casi, finiti in filmati che vi abbiamo mostrato, fanno vedere balene che con pachidermiche spanciate a seguito di guizzi fuor d’acqua distruggono imbarcazioni – con persone a bordo.

 

 

È di poche settimane fa la scoperta di balenotteri gay e stupratori con le loro abitudini agghiaccianti. E vogliamo qui ricordare, che va considerata, riguardo l’acredine del cetaceo verso l’uomo, la teoria secondo cui gli antichi avvistamenti di mostri marini non sarebbero da ricondurre ad altro se non i peni eretti delle balene, che a questo punto immaginiamo vengano oscenamente esposti alla vista degli umani come gesto di sfida.

 

Renovatio 21 si è occupata varie volte della banda di orche debosciate che incrocia presso Gibilterra, che ha scatenato qualcosa come un attacco al giorno, con l’invereconda teppa cetacea a minacciare anche le spiagge spagnuole.

 

Pochi giorni fa a Mossel Bay, in Sud Africa, un’orca assassina ha sbranato dinanzi ad un pubblico umano uno squalo bianco, che è invece davvero una specie protetta dal CITES. La creatura, dopo aver assassinato il pescecane, ne avrebbe consumato pubblicamente il fegato.

 

E quindi, se il re maoro avrà successo e le balene verranno riconosciute come persone, potremo finalmente querelarle e vederle punite?

 

Quousque tandem abutere, balænina, patientia nostra?

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Immagine di Arran Bee via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Gorilla vaccinato muore improvvisamente per attacco cardiaco

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Un gorilla di pianura occidentale è morto di infarto durante il fine settimana allo zoo di Saint Louis, Stato americano del Missouri. Lo zoo aveva recentemente somministrato vaccini COVID-19 a molti dei suoi animali.   Secondo quanto riferito, il primate di nome «Little Joe» (cioè «Giuseppino») che aveva 26 anni, era in cura per una malattia cardiaca quando ha avuto un infarto ed è morto nel sonno domenica.   L’annuncio è stato dato dalla stessa struttura zoologica nel suo profilo Instagram.  
 
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«È con incredibile tristezza che condividiamo la notizia che il gorilla di pianura occidentale Little Joe, che era in cura per una malattia cardiaca, è morto di infarto durante la notte del 4 maggio», ha scritto, offrendo un ritratto della bestia, il giardino zoologico missouriano sul popolare social media basato sulle fotografie.   «Sulla base del monitoraggio video, sembra che sia morto nel sonno». Un malore, non diverso da quello di tante persone secondo le cronache recenti, ha colpito lo scimmione nottetempo, cagionandone il triste decesso.   La morte del gorilla Little Joe arriva quando lo zoo di St. Louis nel settembre 2021 ha lanciato un ambizioso sforzo di «cura preventiva» somministrando vaccini COVID-19 alla sua popolazione di grandi scimmie e ad altre specie di primati.   La campagna anti-COVID per le bestie in gabbia era stata spiegata dallo stesso direttore della struttura in un video ancora visibile su YouTubo.     «Il 29 settembre 2021, lo scimpanzé maschio adulto “Jimiyu” è stato il primo animale del nostro zoo ad essere vaccinato contro il COVID-19», spiegava all’epoca lo zoo sul proprio sito web. «Nei prossimi mesi, prevediamo di somministrare il vaccino COVID-19 a due dosi in un lancio graduale a quasi 100 primati, grandi felini, lontre di fiume, cani dipinti e volpi dalle orecchie di pipistrello, che portano tutti un potenziale rischio di essere infettati da SARS-CoV-2, il virus che causa la malattia COVID-19» assicurava il direttore del giardino zoologico.   Lo zoo di San Luigi aveva inoltre spiegato che il produttore del vaccino veterinario Zoetis aveva «donato 11.000 dosi di vaccino COVID-19 a dozzine di zoo, incluso lo zoo di Saint Louis, e organizzazioni animaliste in tutta la nazione».   «L’uso sperimentale di questo vaccino COVID-19 di Zoetis è autorizzato dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti e dal veterinario dello stato del Missouri», aveva aggiunto lo zoo.

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Come riportato da Renovatio 21, a fine 2020 diversi gorilla dello zoo safari di San Diego erano risultati positivi al coronavirus, manifestando – riferivano le cronache – perfino alcuni sintomi della malattia.   Non si tratta solo dei gorillazzi: il tampone COVID non lasciava scampo nemmeno ai grandi felini. Ad aprile 2020 una tigre malese di quattro anni di nome Nadia era risultata positiva allo zoo del Bronx a New York e, poco dopo, anche altre tre tigri e tre leoni allo zoo erano risultate positive. Bashir, una tigre malese di 11 anni allo zoo di Knoxville nel Tennessee, era risultata positiva al coronavirus in ottobre ed era entrata in quarantena con le tigri malesi Arya, 6 anni, e Tanvir, 11 anni, che mostravano anche tosse lieve, letargia e una diminuzione dell’appetito. Il mese prima, NeeCee, un leopardo delle nevi di cinque anni allo zoo di Louisville nel Kentucky, era risultato positivo.   Il dramma si fece totale quando, sempre a cavallo tra fine 2020 e inizio 2021, una tigre e due leoni avrebbero preso il COVID in giardino zoologico in Svezia. La sfortunata tigre scandinava positiva al tampone, una femmina di età avanzata (a 17 anni un felino giovane non è) fu quindi vittima di una specialità di certi Paesi del Nord, cioè l’eutanasia. Gli svedesi ci tennero a far sapere che la povera bestia aveva gravi sintomi respiratori e pure neurologici, senza spiegare quali – soprattutto i resoconti dicono che la tigre era di «età avanzata» e aveva «scarse possibilità di guarigione».   Il paradosso è che ci siamo a lungo lamentati dell’eutanasia che rende gli uomini degli animali da abbattere a piacimento, purtuttavia assistemmo allora al fatto che era ben avviato anche il contrario: l’umanizzazione dell’animale, «anziano» e «malato incurabile» pur di procedere con la puntura della morte, sotto l’imperativo terrorista COVID.   SCB. Sono cose belle.   Ad ogni modo, qualche lettore ci ricordi di aggiungere il gorilla Peppino nella lista dei malori della 19ª settimana 2024. Grazie.

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Immagine di Rachel via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic  
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Trafficante di droga latitante catturato mentre passeggiava con un delfino morto

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La polizia russa ha arrestato un sospettato di traffico di droga di 40 anni, dopo che è stato visto dalle telecamere a circuito chiuso mentre trasportava con disinvoltura quello che è stato descritto come un «delfino morto» nella località di Sochi sul Mar Nero.

 

Un bizzarro video che circola online mostra l’uomo, che era su una lista di ricercati, mentre trasporta il cetaceo defunto nel suo appartamento.

 

La polizia locale ha detto giovedì che dopo aver esaminato il filmato, ha identificato l’uomo come un fuggitivo della regione di Mosca, ricercato con l’accusa di traffico di droga.

 

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La polizia russa ha descritto l’animale come un «delfino morto», anche se i filmati suggeriscono che in realtà si trattasse di una focena, una piccola specie di balena imparentata più con i beluga e i narvali che con i delfini.

 

L’animale era già morto quando il sospettato lo ha trovato sulla spiaggia, ha osservato la polizia, senza spiegare perché avesse deciso di portarlo con sé.

 

Il sospettato è stato preso in custodia nella sua residenza nella cittadina balneare di Adler, appena a sud di Sochi. Tra breve sarà consegnato alle autorità della regione di Mosca per affrontare l’accusa di traffico di droga in quantità eccezionalmente elevate. Se ritenuto colpevole, rischia tra i 15 e i 20 anni dietro le sbarre.

 

Come riportato da Renovatio 21, il traffico di droga e le grandi creature marine si sono incrociati in un’altra storia di questi tempi, quella degli squali strafatti di cocaina a causa dei carichi criminali finiti in mare.

 

È noto che cetacei sono stati addestrati per fini militari, al punto che vi è un beluga in Norvegia sospettato di essere una spia russa. È possibile che le organizzazioni criminali utilizzino i mammiferi marini per i loro loschi piani?

 

Ci chiediamo quindi: che anche la focena morta del Mar Nero fosse direttamente coinvolta in uno schema di narcotraffico?

 

Dopo le nefandezze viste in questi ultimi mesi da parte di orche, delfini e balenotteri, niente ci potrebbe ancora stupire.

 

Anzi diciamo pure che non vi sarebbe nessuna sorpresa a scoprire che la bestia marina era in realtà il vero capo del traffico criminale.

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Immagine screenshot da Twitter

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Scoperto in India un serpente lungo quanto uno scuolabus. Probabilmente pure molto meno letale

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Gli scienziati dell’Istituto indiano di tecnologia Roorkee, in India, hanno pubblicato un articolo sulla rivista Scientific Reports per discutere della loro scoperta del Vasuki Indicus, una nuova specie di serpente gigante, vissuto circa 47 milioni di anni fa nello Stato indiano del Gujarat.   I resti del gargantuesco serpentone sono stati trovati nella miniera di carbone di Panandhro, nella regione di Kutch. Il suo nome è stato scelto in riferimento al luogo del ritrovamento e alla leggendaria creatura simile a un serpente associata alla divinità induista Shiva.   I ricercatori hanno osservato 27 vertebre, per lo più in buono stato di conservazione e alcune delle quali ancora articolate, che sembrano essere state raccolte da un individuo adulto. I pezzi ossei hanno dimensioni comprese tra 37,5 e 62,7 millimetri in lunghezza e tra 62,4 e 111,4 millimetri in larghezza, indicando un corpo ampio e cilindrico.   Sulla base di queste misurazioni, gli scienziati hanno ipotizzato che l’esemplare di Vasuki Indicus di cui facevano parte potesse raggiungere una lunghezza compresa tra 10,9 e 15,2 metri.   «Il team, guidato da Debajit Datta e Sunil Bajpai, ha scoperto i resti fossili della specie, che poteva raggiungere una lunghezza stimata tra gli 11 e i 15 metri, praticamente quanto uno scuolabus» scrive La Stampa.   Tuttavia non è dato sapere quanto letale per l’uomo potrebbe essere stato il rettilone. Sappiamo invece perfettamente quando posso ferire, di questi tempi, il suo termine di paragone, lo scuolabus.   «Autista dello scuolabus ha un malore e muore a Chiavari: aveva appena concluso il giro con i bambini»: Il Messaggero di due settimane fa.   «Incidente a Cittadella: autista di scuolabus ha un malore e va a sbattere contro una corriera». Il Resto del Carlino, 25 gennaio 2023.   La Spezia, maggio 2022: «Malore improvviso per l’autista dello scuolabus, mezzo fa un volo di venti metri». Lo riporta La Città della Spezia.   «Padova, autista di scuolabus muore alla guida». Automoto, ottobre 2023.   Corridonia, provincia di Macerata: «Malore fatale in strada, arrivano i soccorsi e uno scuolabus resta bloccato sui binari mentre arriva il treno». Il Resto del Carlino, il mese scorso.   Ottobre 2023: «Autista di scuolabus ha un malore alla guida: Jessica muore a 15 anni schiacciata dal mezzo». Lo riporta il Corriere Adriatico.   Stati Uniti, aprile 2023: «L’autista dello scuolabus ha un malore: studente di 13 anni prende il controllo del mezzo».   Roma, dicembre 2022: «Scuolabus fuori strada a Roma, paura per 41 bambini: Malore dell’autista». Lo riporta IlSussidiario.net.   Renovatio 21 ha riportato tanti altri casi.   «I ricercatori ipotizzano inoltre che il predatore preistorico cacciasse in modo lento, come le anaconde» scrivono gli scienziati scopritori del serpentazzo indico.   Abbiamo imparato invece che il suo termine di paragone, lo scuolabus, miete vittime all’improvviso.   «Malori improvvisi» del conducente, che rischiano di tirare giù con loro le vite di diecine di bimbi trasportati.   E quindi: cosa è più pericoloso? Il boa preistorico di 15 metri o mandare il proprio figlio a scuola?

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