Cina
Il Vaticano ha rinnovato l’accordo con la Cina Comunista. Nuove ondate di sangue di martire in arrivo
Il Vaticano ha rinnovato il suo accordo segreto con il Partito Comunista Cinese (PCC) che consente a quest’ultimo il diritto di selezionare i vescovi cattolici del Paese. Lo riporta il Corriere della Sera.
«Ci siamo, l’intesa è raggiunta e sarà annunciata a fine settimana dalla Santa Sede e dalla Cina: l’accordo “provvisorio” per la nomina dei vescovi sarà prorogato per altri due anni, fino al 22 ottobre 2024» scrive il vaticanista di via Solferino Gian Guido Vecchi.
L’accordo sino-vaticano era stato raggiunto originariamente nel 2018 sotto la forte influenza dell’ex cardinale Ted McCarrick, ora caduto in disgrazia per le accuse di abuso sessuale su ragazzi anche molto giovani. McCarrick, uscì fuori con un cablo di Wikileaks, quando andava a trattare con i cinesi dormiva nel seminario della Chiesa Patriottica una sorta di chiesa-fotocopia usata per controllare la fede cattolica in Cina.
ed è stato rinnovato nell’ottobre 2022. L’accordo è stato prorogato per altri due anni e sarà riconsiderato nel 2024. Il patto è stato ampiamente stroncato come dannoso per i fedeli cattolici del paese. In particolare, oltre a consentire a Pechino di determinare la scelta del vescovo, conferisce anche il riconoscimento vaticano alla chiesa fondata e approvata dal Partito Comunista Cinese, l’Associazione patriottica cattolica cinese.
Secondo quanto riportato la delegazione vaticana ha incontrato i rappresentanti del PCC tra la fine di agosto e l’inizio di settembre a Tianjin, cittadina non lontana dalla capitale, un tempo sede della concessione italiana.
Secondo il Corriere l’accordo è ancora riservato e necessiterrebbe ancora che il vescovo nominato dal papa riceva l’assenso del potere comunista sinico.
Da quando è stato raggiunto l’accordo, il Vaticano ha nominato sei vescovi con il consenso del partito comunista e un pugno di vescovi della Chiesa cinese clandestina si sono uniti alla «chiesa» approvata e controllata dal PCC.
Impossibile non notare come il nuovo accordo arrivi mentre ad Hong Kong va a processo , dopo essere stato arrestato ed incriminato, il suo più noto oppositore, il cardinale Zen, che il papa si è rifiutato di difendere anche durante la conferenza stampa aerea di ritorno dal suo recente viaggio da Astana. Bergoglio ha altresì rifiutato di incontrare il 91enne prelato cinese varie volte in questi ultimi anni.
Renovatio 21 ha ipotizzato che dietro agli osceni accordi tra il Vaticano e il PCC – tradimento dei perseguitati, dei torturati e dei martiri che ancora oggi si hanno nelle terre di Cina – potrebbe esservi un enorme sistema di ricatto reso possibile dall’app per incontri omosessuali Grindr, che fu acquistata ad un certo punto da un gruppo cinese. Donald Trump, allora presidente, chiese alla Repubblica Popolare la restituzione dell’app, considerandola in grado di compromettere gravemente lo Stato Americano: migliaia di funzionari di ogni dipartimento e di ogni livello divenivano improvvisamente ricattabili. La Cina, incredibilmente, acconsentì e diede indietro tutto, ma è piuttosto sciocco pensare che non abbia conservato i preziosi dati contenuti nel sistema.
Ci chiediamo quindi se il rischio paventato da Trump non sia esattamente quello che è successo in Vaticano, dove, a tutti i livelli della gerarchia, gli omosessuali sembrano abbondare, con il vulnus ulteriore di non poter fare «coming out» come potrebbe farlo invece, per finire di essere ricattato, un funzionario civile magari sposato con figli o che oppure non lo ha ancora detto alla mamma.
Certo, ribadiamo: che l’accordo sia uscito proprio da McCarrick, strapotente cardinale americano «sberrettato» da Francesco dopo essere stato da lui difeso – secondo le rivelazioni di Monsignor Carlo Maria Viganò – prima dello scandalo che lo ha travolto, dà a tutta questa storia quel colore particolare, come dire arcobalenato – un colore, che tuttavia sparisce di fronte al rosso del sangue dei fedeli cinesi perseguitati dall’Impero pechinese.
Sanguis martyrum, semen christianorum. Il sangue dei martiri è il seme dei cristiani. Per quanto di questo seme Bergoglio stia operando un tentativo di contraccezione, esso non morirà e darà, nel dolore e nella morte, nella distruzione e nella tortura, i suoi frutti cinesi. Anche questi saranno parte di ciò che arriverà, tra non moltissimo, a spazzare via la gerarchia corrotta e posseduta dal Male.
Cina
In disgrazia l’uomo del vaccino cinese anti-COVID: espulso dall’Assemblea del popolo
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il provvedimento contro Yang Xiamong, il presidente della China National Biotec Group, ha scatenato i commenti dei netizen cinesi su Weibo. Secondo i media ufficiali è accusato di «gravi violazioni della disciplina e della legge». Dall’estate scorsa il settore farmaceutico è uno dei più coinvolti dalla campagna anti-corruzione, con centinaia di funzionari sotto inchiesta.
Il presidente della China National Biotec Group, il gruppo di ricerca che ha scoperto e prodotto il vaccino anti-COVID della Sinopharm utilizzato in Cina, è stato estromesso dall’Assemblea nazionale del popolo, il più importante organo politico della Repubblica popolare che conta 3000 personalità. L’espulsione di Yang Xiaoming, 62 anni, è stata annunciata dai media statali nel fine settimana e motivata con «gravi violazioni della disciplina e della legge», l’espressione utilizzata solitamente per le persone indagate per corruzione in Cina.
Yang era stato il responsabile del team Sinopharm che ha sviluppato il vaccino BBIBP-CorV, il primo approvato e utilizzato massicciamente nel 2021 nella Repubblica popolare cinese per la campagna vaccinale contro il COVID . Con un’efficacia stimata dall’Organizzazione mondiale della sanità al 79% contro l’ospedalizzazione, fu poi diffuso in milioni di dosi anche in altri Paesi del mondo (…)
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Oltre a sviluppare il vaccino anti-COVID di Sinopharm, Yang era anche a capo del progetto cinese sui vaccini nell’ambito del programma 863, che mira a rendere Pechino più indipendente sviluppando tecnologie avanzate interne.
La notizia dell’epurazione di Yang è diventata virale sul social network cinese Weibo, con circa 180 milioni di visualizzazioni che, per diverse ore, l’hanno reso l’argomento più caldo della giornata di ieri. Per molti utenti è stata l’occasione per tornare a parlare della gestione della pandemia, anche se finora non ci sono notizie ufficiali di un legame tra le accuse contro di lui e il vaccino anti-COVID.
In realtà è tutto il settore sanitario cinese a essere da mesi tra i più toccati dalla campagna anticorruzione voluta da Xi Jinping. Vi sono state indagini contro centinaia di rettori e segretari di ospedali, con accuse pesanti di corruzione tra fornitori di farmaci e strutture sanitarie. Un terremoto che – ad agosto – aveva portato anche a un crollo in Borsa dei valori delle azioni del settore farmaceutico, arrivando addirittura a bruciare in un solo giorno un valore di mercato stimato in 27 miliardi di dollari.
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Immagine di LUMUMBA via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Cina
La Cina prepara la sua missione di raccolta di materiali dal lato nascosto della Luna
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Cina
La ristorazione smentisce il PIL cinese in crescita: 459 mila chiusure nel primo trimestre 2024
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Piccoli ristoranti ma anche nuovi ambiziosi brand costretti a gettare la spugna dal calo dei consumi: le cessazioni delle attività sono aumentate del 232% rispetto a dodici mesi fa. Le riaperture dopo la politica Zero Covid si sono scontrate con l’aumento dei prezzi e la minore disponibilità economica delle famiglie.
Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio nazionale di statistica, in Cina nel primo trimestre di quest’anno sono state cancellate o soppresse 459mila imprese di ristorazione, con un aumento di circa il 232% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Di questi ristoranti 180mila hanno chiuso nel solo mese di marzo, quando l’anno scorso furono 140mila nell’intero primo trimestre.
Si tratta di un indicatore «dal basso» che mostra un panorama decisamente diverso rispetto all’ottimismo «ufficiale» sull’economia cinese, che appena pochi giorni fa sbandierava per lo stesso arco di tempo una crescita del Prodotto interno lordo del 5,3%, addirittura superiore agli obiettivi fissati per il 2024.
Al dato sulla chiusura delle imprese della ristorazione ha dedicato un approfondimento Radio Free Asia, che ha raccolto alcune voci di operatori locali secondo cui il mercato dei consumi in Cina non si è affatto ripreso dopo la fine della politica Zero COVID. «Alti costi di affitto, alti costi di manodopera, aumento dei prezzi e diminuzione dei consumi dei clienti», ha riassunto il quadro della situazione un ristoratore di Wuhan. «Ci sono ancora alcune attività di catering che vanno molto bene, ma gli affari dei ristoranti più grandi no». All’inizio di quest’anno anche brand considerati in ascesa nella pasticceria cinese come ad esempio Hutou sono stati costretti a gettare la spugna.
La signora Yao, residente a Jingdezhen, nella provincia di Jiangxi, ha raccontato all’emittente che molti dei suoi amici che gestivano ristoranti hanno chiuso e faticano ad arrivare alla fine del mese: «I residenti non hanno più soldi, è difficile portare avanti qualsiasi attività».
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Immagine di Frank Michel via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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