Cina
Terzo vescovo ordinato in Cina con l’accordo del Vaticano
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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Mons. Pietro Wu Yishun, 59 anni, approvato da papa Francesco per la prefettura apostolica di Shaowu, dove non c’era più stato un vescovo dall’espulsione negli anni Cinquanta del Salvatoriano mons. König. Il rito – che chiude il trittico di cerimonie preannunciate per questi giorni – è stato presieduto del vescovo di Pechino mons. Li Shan.
A Nanping nella chiesa dedicata alla Natività di Maria nel distretto di Jianyang, nella provincia del Fujian, si è svolta la terza delle tre ordinazioni episcopali ai sensi dell’Accordo tra la Santa Sede e Pechino per la nomina dei vescovi, che erano state annunciate per questi giorni.
Padre Pietro Wu Yishun, sacerdote di 59 anni, è stato ordinato vescovo della prefettura apostolica di Shaowu (Minbei), dove quello tra parentesi è il nome che nella geografia di Pechino sta a indicare la zona settentrionale del Fujian. Questa terza cerimonia segue quelle tenutosi a Zhengzhou nell’Henan il 25 gennaio e a Weifang nello Shandong il 29 gennaio, dopo i più di due anni di blocco nel periodo a cavallo del secondo rinnovo dell’Accordo.
La nuova ordinazione è particolarmente rilevante anche per la provincia interessata, quella del Fujian, che è una di quelle dove storicamente in Cina si concentra in maniera più significativa la presenza delle comunità cattoliche.
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A presiedere l’ordinazione episcopale di oggi è stato il vescovo di Pechino mons. Giuseppe Li Shan, insieme agli altri vescovi del Fujian mons. Vincenzo Zhan Silu, vescovo di Mindong e mons. Giuseppe Cai Bingrui, vescovo di Xiamen e a mons. Francesco Saverio Jin Yangke, vescovo di Ningbo nella provincia di Zhejiang.
A differenza di quanto accaduto qualche giorno con l’erezione della diocesi della nuova diocesi di Waifeng, nel comunicato in cui la Santa Sede ha dato notizia dell’ordinazione si dice che mons. Wu Yishun diventa vescovo di quella che resta una prefettura apostolica, associando solo la nuova denominazione di Minbei – data dalle autorità cinesi a questa Chiesa locale – a quello di Shaowu con cui fu istituita nel 1938 e affidata ai missionari Salvatoriani.
Va segnalato che questa circoscrizione ecclesiastica non aveva più avuto un vescovo da quando negli anni Cinquanta l’allora prefetto mons. Maximilian König fu costretto a lasciare la Cina come tutti gli altri missionari (sarebbe poi morto in esilio nel 1964). E padre Wu Yishun, originario della diocesi di Xiamen, è il sacerdote a cui già dal 1999 gli organismi ecclesiali «ufficiali» controllati dal Partito avevano affidato la responsabilità di quella che per loro è la «diocesi di Minbei».
Secondo quanto riferisce il sito chinacathiolic.cn l’elezione a vescovo sarebbe avvenuta il 18 gennaio 2022. La Santa Sede data invece l’approvazione della nomina da parte di papa Francesco al 16 dicembre 2023.
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Immagine da AsiaNews
Cina
Pechino dà più autonomia fiscale agli enti locali in piena crisi finanziaria
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Cina
Test di gravidanza obbligatori nelle aziende cinesi
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Più di una dozzina di aziende in Cina sono state citate in giudizio per aver presumibilmente obbligato le candidate a sottoporsi a test di gravidanza, un’azione illegale secondo la legge cinese, ha riferito lunedì il Procuratorate Daily, un organo di informazione ufficiale del Paese.
Secondo il rapporto, la procura distrettuale di Tongzhou a Nantong, nella provincia orientale di Jiangsu, ha avviato un’indagine sulla questione a gennaio, dopo aver ricevuto la segnalazione da un gruppo locale di volontari dell’assistenza pubblica.
Dopo aver esaminato i registri di due importanti ospedali pubblici e di un centro di esami medici, gli investigatori hanno scoperto che 168 donne in cerca di lavoro presso 16 diverse aziende avevano effettuato test di gravidanza come parte dei loro controlli sanitari pre-assunzione. Hanno anche affermato che i registri di reclutamento e assicurazione del personale delle aziende indicavano che alle donne era stato chiesto di effettuare questi test, sebbene nella maggior parte dei casi le richieste non facessero parte dei requisiti ufficialmente documentati, ma fossero fornite verbalmente durante i colloqui di lavoro.
Il motivo addotto dai potenziali datori di lavoro per questa pratica e la loro riluttanza ad assumere donne incinte era l’indennità di maternità eccessivamente elevata che avrebbero dovuto versare dopo che la nuova dipendente avesse iniziato il congedo di maternità.
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L’indagine ha rivelato che almeno una donna che è stata trovata incinta al momento del controllo sanitario non è stata assunta. In seguito all’indagine, i procuratori hanno intentato una causa ufficiale contro le aziende, affermando che la pratica «aveva violato i diritti delle donne alle pari opportunità di lavoro».
Il rapporto non ha nominato nessuna delle aziende citate in giudizio, né ha detto se qualcuna di loro abbia affrontato misure punitive per le proprie azioni. Secondo la legge cinese, le aziende che violano le normative sulla parità di genere possono essere multate fino a 50.000 yuan (6.330 euro circa).
Il rapporto ha tuttavia rilevato che a quattro delle 16 aziende indagate era stato ordinato ufficialmente di rettificare le violazioni, mentre alle tre istituzioni mediche collegate al caso era stato «raccomandato» di rifiutarsi di includere test di gravidanza negli esami sanitari pre-assunzione quando richiesto dai potenziali datori di lavoro.
La donna che non era stata assunta dopo essere risultata positiva alla gravidanza ha poi ottenuto il lavoro e le è stato offerto un compenso.
La legge cinese proibisce ai datori di lavoro di includere test di gravidanza nei controlli fisici pre-assunzione, insieme ad altre forme di discriminazione di genere, come chiedere alle candidate donne informazioni sul loro stato civile o sui piani di avere figli.
Tuttavia, secondo una ricerca condotta lo scorso anno dall’Inspection Squad for Workplace Gender Discrimination watchdog, i candidati uomini hanno ancora un vantaggio sulle donne in alcuni ambiti, compresi i lavori governativi.
La ricerca ha scoperto che su quasi 40.000 lavori nel servizio civile nazionale, 10.981 erano contrassegnati come riservati agli uomini rispetto ai 7.550 riservati alle donne.
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Cina
L’internet cinese e l’attentato a Trump
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