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Guerra cibernetica

L’Albania denuncia un cyber-attacco iraniano: interrotte le relazioni con Teheran, chiusa l’ambasciata

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Per il primo ministro Edi Rama vi sono «prove inconfutabili» del coinvolgimento della Repubblica islamica in un’azione avvenuta a luglio. Nel mirino i servizi pubblici, i registri dello Stato, e i dati dei membri di un gruppo iraniano in esilio. Prima di abbandonare l’ambasciata dati alle fiamme diversi documenti. 

 

 

L’Albania ha interrotto le relazioni diplomatiche con Teheran e ordinato a diplomatici e dipendenti della rappresentanza iraniana di lasciare l’ambasciata, accusandola di aver orchestrato un massiccio cyber-attacco contro il Paese.

 

Il primo ministro albanese Edi Rama ha presentato i risultati di un’inchiesta, in base alla quale emergerebbero «prove inconfutabili» secondo cui la Repubblica islamica ha «ingaggiato quattro gruppi» per sferrare una offensiva cibernetica il 15 luglio scorso. In risposta alla decisione, nelle prime ore della mattinata odierna alcuni membri dell’ambasciata iraniana hanno incendiato diversi documenti, prima di abbandonare l’edificio.

 

Una fonte, rilanciata dalla Reuters, afferma di aver visto un uomo gettare documenti in un barile arrugginito e appiccare il fuoco, con le fiamme a rischiarare i tre piani dell’edificio.

 

In un raro e inusuale video-messaggio diffuso ieri, il capo del governo albanese ha detto di aver ordinato a diplomatici e dipendenti di lasciare il Paese entro 24 ore.

 

Secondo Edi Rama gli attacchi informatici di luglio hanno «minacciato di paralizzare i servizi pubblici, cancellare i sistemi digitali e hackerare i registri dello Stato, rubare le comunicazioni elettroniche intranet dell’esecutivo e seminare caos e insicurezza».

 

Fra quanti puntano il dito contro Teheran vi sono anche gli Stati Uniti, stretto alleato dell’Albania, che annunciano in queste ore «ulteriori iniziative per rendere l’Iran responsabile per azioni e minacce alla sicurezza di un alleato USA» (e membro della NATO).

 

Di contro, i vertici della Repubblica islamica criticano la decisione di Tirana di chiudere i canali diplomatici e definiscono come «proclami senza alcun fondamento» le accuse lanciate da Albania e corroborate da Stati Uniti.

 

Dal 2014 i rapporti fra i due Paesi sono all’insegna della tensione. All’origine dello scontro la decisione di Tirana – dietro richiesta USA – di accogliere circa 3mila membri del gruppo di opposizione in esilio Mujahideen-e-Khalq (l’Esercito di liberazione nazionale dell’Iran), stanziati in un centro nei pressi di Durazzo. In precedenza i militanti avevano base in Iraq e una discreta presenza in Francia.

 

A distanza di alcuni giorni dall’attacco informatico, media albanesi hanno riferito che gli hacker avrebbero pubblicato dati personali dei membri del gruppo, conservati all’interno degli archivi dei computer statali. Fra i dati sensibili diffusi vi sono i numeri personali di telefono, le tessere sanitarie e della previdenza con tanto di nomi e fotografie.

 

Questa mattina attorno alla rappresentanza diplomatica della Repubblica islamica, situata a soli 200 metri dagli uffici del primo ministro albanese, regnava un clima di calma apparente. Ciononostante, un’autovettura nera con targa diplomatica e finestrini oscurati è stata vista entrare e uscire mentre un agente di polizia sorvegliava l’ingresso.

 

Analisti affermano che dietro la decisione di attaccare da parte di Teheran vi sarebbe il fatto che Tirana non solo ospita, ma autorizza – e sostiene – attacchi e attività ostili del gruppo contro l’Iran.

 

Gli Stati Uniti hanno rimosso la designazione di gruppo terrorista del MEK nel 2012, in seguito a una pressane attività di lobbying.

 

Negli ultimi anni alcuni esponenti repubblicani, fra i quali ex funzionari dell’amministrazione Bush e Trump hanno abbracciato apertamente il gruppo di opposizione e le sue attività contro la Repubblica islamica.

 

 

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

 

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Guerra cibernetica

Il blackout di Amazon mette offline importanti siti web

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Un guasto ad Amazon Web Services (AWS) ha provocato disagi generalizzati a siti web e servizi online, colpendo piattaforme che includono streaming, servizi bancari, comunicazioni e media.

 

Il problema, verificatosi lunedì, ha coinvolto diverse grandi aziende, tra cui la piattaforma di Amazon, la piattaforma di intrattenimento in streaming Disney+, Lloyds Bank, l’app di trasporto Lyft, il New York Times, il forum Reddit e il celeberrimo (dopo la pandemia) servizio di teleconferenze Zoom.

 

AWS ha comunicato di aver rilevato «un incremento dei tassi di errore e delle latenze» su vari servizi, sottolineando di essere al lavoro «su più fronti paralleli per accelerare il ripristino». L’azienda ha successivamente riportato «progressi significativi» e promesso ulteriori aggiornamenti.

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Il fornitore di servizi cloud ha individuato l’origine del problema in una specifica parte della sua infrastruttura che serve la costa orientale degli Stati Uniti, senza però chiarire immediatamente le cause.

 

Un’interruzione simile su vasta scala si era verificata a luglio 2024, quando un aggiornamento software dell’azienda di sicurezza informatica CrowdStrike aveva causato crash globali dei sistemi Microsoft Windows.

 

Elon Musk si è vantato del fatto che la sua piattaforma social, X, è invece resistita al blackouto. «X funziona» ha twittato laconicamente ed ironicamente il miliardario, che con Jeff Bezos di Amazon ha una rivalità anche sul lato di industria spaziale.

 


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La scorsa primavera a subire un’interruzione delle comunicazioni, un mese dopo aver visto un enorme blackout elettrico, fu il Regno di Spagna.

 

Un collasso delle grandi piattaforme internet di Meta si registrò nel marzo 2024, con alcuni che dettero la colpa ai miliziani Houthi che avrebbero tagliato i cavi del Mar Rosso.

 

Come riportato da Renovatio 21, già tre anni fa si era registrato un aumento delle interruzioni dell’internet in tutto il globo.

 

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Cina

La Cina accusa gli Stati Uniti di un grave attacco informatico

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La Cina ha accusato la National Security Agency (NSA) degli Stati Uniti di aver condotto un «significativo» attacco informatico protrattosi per anni contro l’ente cinese incaricato di gestire l’orario nazionale ufficiale.   In un comunicato diffuso domenica sul suo account social ufficiale, il Ministero della Sicurezza dello Stato (MSS) ha dichiarato di aver acquisito «prove inconfutabili» dell’infiltrazione della NSA nel National Time Service Center. L’operazione segreta sarebbe iniziata nel marzo 2022, con l’obiettivo di sottrarre segreti di Stato e compiere atti di sabotaggio informatico.   Il centro rappresenta l’autorità ufficiale cinese per l’orario, fornendo e trasmettendo l’ora di Pechino a settori cruciali come finanza, energia, trasporti e difesa. Secondo l’MSS, un’interruzione di questa infrastruttura fondamentale avrebbe potuto provocare «instabilità diffusa» nei mercati finanziari, nella logistica e nell’approvvigionamento energetico.

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L’MSS ha riferito che la NSA avrebbe inizialmente sfruttato una vulnerabilità (exploit) nei telefoni cellulari di fabbricazione straniera utilizzati da alcuni membri del personale del centro, accedendo così a dati sensibili.   Nell’aprile 2023, l’agenzia avrebbe iniziato a utilizzare password rubate per penetrare nei sistemi informatici della struttura, un’operazione che avrebbe raggiunto il culmine tra agosto 2023 e giugno 2024.   Il ministero ha dichiarato che gli intrusi hanno impiegato 42 diversi strumenti informatici nella loro operazione segreta, utilizzando server privati virtuali con sede negli Stati Uniti, in Europa e in Asia per nascondere la loro provenienza.   L’MSS ha accusato gli Stati Uniti di «perseguire in modo aggressivo l’egemonia informatica» e di «violare ripetutamente le norme internazionali che regolano il cyberspazio».   Le agenzie di intelligence americane «hanno agito in modo sconsiderato, conducendo incessantemente attacchi informatici contro la Cina, il Sud-est asiatico, l’Europa e il Sud America», ha aggiunto il ministero.   Negli ultimi anni, Pechino e Washington si sono scambiate accuse reciproche di violazioni e operazioni di hacking segrete. Queste tensioni si inseriscono in un più ampio contesto di scontro tra le due potenze, che include anche una guerra commerciale.   All’inizio di gennaio, il Washington Post aveva riportato che, il mese precedente, hacker cinesi avrebbero preso di mira l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del dipartimento del Tesoro statunitense. All’epoca, Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese, aveva definito tali accuse «infondate».   Come riportato, ad inizio anno le agenzie federali USA accusarono hacker del Dragone di aver colpito almeno 70 Paesi. Due anni fa era stata la Nuova Zelanda ad accusare hackerri di Pechino di aver penetrato il sistema informatico del Parlamento di Wellington.

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Le attività dell’hacking internazionale da parte di gruppi cinesi hanno negli ultimi anni raggiunto le cronache varie volte. A maggio 2021 si è saputo che la Cina ha spiato per anni i progetti di un jet militare USA, grazie a operazioni informatiche mirate.   Come riportato da Renovatio 21, a ottobre 2023 si è scoperto che hackers cinesi hanno rubato dati da un’azienda biotech americana, colpendo il settore della ricerca.   A febbraio 2022, allo scoppio del conflitto ucraino, Microsoft ha rilevato un malware «wiper» diretto a Kiev, con sospetti di coinvolgimento cinese.   Come riportato da Renovatio 21, a gennaio 2023 un attacco cibernetico cinese ha colpito università sudcoreane. Due anni fa vi fu inoltre un attacco cibernetico a Guam, isola del Pacifico che ospita una grande base USA. Analisti dissero che poteva essere un test per il vero obbiettivo, cioè lo scontro con Taiwan.

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Guerra cibernetica

Aeroporti nordamericani hackerati con messaggi pro-Hamas

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Messaggi che elogiavano Hamas e attaccavano alti funzionari americani e israeliani sono stati trasmessi tramite sistemi di diffusione sonora e visualizzati su schermi digitali in tre aeroporti canadesi e uno statunitense lo scorso martedì. Lo ha riportato la stampa locale.

 

Le autorità hanno avviato indagini su quello che appare come un attacco informatico coordinato.

 

L’attacco hacker avrebbe colpito i display informativi e i sistemi audio di due aeroporti nella Columbia Britannica, l’aeroporto internazionale di Windsor in Ontario e l’aeroporto internazionale di Harrisburg in Pennsylvania.

 

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Le immagini dei display aeroportuali, diffuse dai notiziari locali, mostravano il messaggio «Israele ha perso la guerra, Hamas ha vinto con onore», insieme a una dichiarazione offensiva contro il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Sullo schermo è apparsa anche la firma digitale «Hackerato da Mutarrif Siberislam». Le trasmissioni audio includevano, secondo quanto riferito, slogan pro-palestinesi come «Palestina libera» e insulti rivolti sia a Trump che al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

 

Le autorità dell’aeroporto di Kelowna hanno confermato l’incidente, spiegando che una terza parte aveva avuto accesso sia agli schermi informativi sui voli sia al sistema di diffusione sonora. Un portavoce dell’aeroporto internazionale di Victoria ha precisato che solo il sistema audio dell’aeroporto era stato compromesso.

 

Transport Canada ha dichiarato di essere a conoscenza degli attacchi, incluso un ulteriore incidente all’aeroporto internazionale di Windsor.

 

Le autorità di Harrisburg hanno confermato che l’episodio è sotto indagine da parte di funzionari locali, statali e federali.

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa il sistema dell’aviazione canadese fu oggetto di un misterioso attacco hacker che lo paralizzò totalmente, poco dopo che uno stop fosse dato agli aerei delle Filippine e un «problema tecnico» (questa la versione ufficiale) mettesse a terra tutti gli aerei USA, evento che non ha avuto precedenti se non nelle ore dopo l’attentato dell’11 settembre 2001. In quel caso, alcuni ipotizzarono un attacco di hacking di tipo ransomware, con riscatto pagato in bitcoin, il cui valore, in quelle ore, di fatto aumentò.

 

Come riportato da Renovatio 21, un attacco hacker ha colpito il mese scorso anche grandi aeroporti europei.

 

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Immagine screenshot da Twitter

 

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