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Cina

Wuhano ancora in lockdown: bloccati 1 milione di abitanti

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Wuhan, capitale dell’apocalisse pandemica, ha ordinato a un intero distretto con quasi un milione di residenti di chiudere mercoledì per almeno tre giorni per contenere presumibilmente solo quattro nuovi casi di malattia rilevati nell’area martedì. Lo riporta l’agenzia Reuters .

 

Il governo municipale di Wuhano ha annunciato alla fine del 26 luglio che tutti i 900.000 residenti del distretto di Jiangxia avrebbero dovuto osservare un ordine di blocco di 72 ore a partire dal 27 luglio.

 

L’editto lockdownista includeva il divieto di grandi assembramenti, eventi di gruppo e pasti nei ristoranti.

 

L’avviso della città ha anche ordinato la chiusura di tutti i luoghi di intrattenimento pubblico, i mercati degli agricoltori e le piccole cliniche mediche di Jiangxia durante l’arco di tre giorni, insieme alle linee di autobus e circa un milione di residenti di Jiangxia sono stati confinati nelle loro case mercoledì mattina poiché l’editto di blocco prevedeva che tutti i locali «non devono uscire se non necessario», ha riferito Bloomberg. «Ha anche esortato i residenti a non lasciare l’area durante i tre giorni e incoraggiato i viaggiatori a evitare l’ingresso», scrive la Reuters in merito all’avviso di limitazione di movimento di Jiangxia.

 

Il governo di Wuhano aveva iniziato a lavorare per isolare il distretto Jiangxia dal resto della città nella tarda notte di martedì dopo che i funzionari sanitari del distretto avrebbero rilevato due nuovi casi di coronavirus cinese «durante regolari test di controllo» e scoperto altre due infezioni durante il tracciamento dei contatti.

 

Bloomberg descrive i quattro casi di coronavirus cinesi nello Jiangxia il 26 luglio come «asintomatici». Un milione di persone sono quindi rinchiuse in casa per colpa di 4 asintomatici.

 

Non possiamo non realizzare la differenza totale con la politica sanitaria (e la comunicazione) di due anni fa. Ricordate? I cinesi mandarono in rete immagini di un mega-festone in piscina in un parti acquatico a Wuhano. Foto e video, per chi ancora viveva nell’incubo del confinamento pandemico, erano scioccanti, ma assolvevano ad uno specifico compito impartito dalla Cina comunista: dire a tutti che il virus, solo pochi mesi dopo, era già alle spalle.

 

La Reuters poco dopo se ne uscì con un servizio fotografico portentoso sulla nightlife wuhaniana, tra party e vita nottura sfrenata senza l’ombra della mascherina: era, anche quello, un messaggio per gli occidentali – noi ce l’abbiamo fatta, voi no… È il nostro modello di Stato la prossima importazione cinese a cui dovete pensare: controllo e sottomissione dei cittadini, per renderli liberi e felici, e infatti guardate come ballano in disco…

 

Qualcosa di questo processo si è guastato. Sappiamo come si chiama il morbo che ha assalito ora Pechino: si chiama strategia «zero-COVID». Così, a due anni dal primo caso e a poco meno dai megaparty senza mascherina, la Cina comunista ha lanciato la campagna di repressione pandemica più dura mai vista, battendo perfino l’Australia: decine di milioni di persone chiuse in casa a Shanghai come in altre città, campi di quarantena che separano genitori e figli, animali domestici uccisi in strada, botte della polizia, gente che dorme in fabbrica, accenni di rivolta, droni e robocani che pattugliano le strade per scovare i disobbedienti.

 

Non è chiaro cosa abbia spinto Xi Jinping ad adottare la politica «zero-COVID», che gli viene pubblicamente rimproverata anche dal suo nuovo nemico George Soros.

 

Sappiamo, tuttavia, che Xi non ha un potere monolitico, e che deve trattare con la cosiddetta «fazione di Shanghai», che è la fronde del potere pechinese.

 

Ora, rivedere Wuhano in lockdown fa pensare.

 

Soprattutto, dobbiamo sforzarci di ricordare quanto erano diverse le immagini che uscivano a inizio 2020 durante la prima clausura di Wuhano. Rammentate? Gente che stramazzava improvvisamente, strade cosparse di corpi…

 

La giornalista australiana Sharri Markson ha mandato in onda un documentario sull’origine artificiale del coronavirus chiamato «What really happened in Wuhan», cosa è davvero successo a Wuhan.

 

Ebbene, non sappiamo cosa sia successo al laboratorio di Wuhan. Ma non sappiamo nemmeno cosa sia successo nella città di Wuhan in quel gennaio e febbraio 2020. E non sappiamo nemmeno cosa stia succedendo ora.

 

Wuhano città del mistero persistente.

 

 

 

 

Immagine di Doris Antony via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

 

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Cina

Pechino dà più autonomia fiscale agli enti locali in piena crisi finanziaria

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Tra le decisioni adottate del terzo Plenum del Partito tenutosi nei giorni scorsi, il via libera a una «maggiore capacità fiscale autonoma» per far fronte al pesante squilibrio tra entrate e uscite. Su prefetture e contee gravano debiti ingenti che l’esplosione della bolla immobiliare in Cina ha reso ancora più insostenibili. Intanto la Banca centrale ha ritoccato nuovamente al ribasso i tassi per stimolare la crescita al di sotto delle attese.

 

Di fronte all’ammontare del debito delle amministrazioni locali in Cina – che secondi i dati ufficiali (da molti analisti indipendenti ritenuti addirittura sottostimati) ammonta a ben 5.600 miliardi dollari – il Partito Comunista Cinese intende dare più poteri ai governi locali nell’imposizione e nella gestione delle entrate fiscali.

 

È la decisone più significativa che compare tra le risoluzioni adottate dall’atteso terzo Plenum del Comitato centrale del Partito comunista cinese, tenutosi la scorsa settimana e ce aveva al centro proprio il rallentamento della crescita economica cinese che continua anche ormai finita la fase della pandemia.

 

Nelle oltre quaranta pagine del comunicato pubblicato domenica 21 luglio dall’agenzia statale Xinhua – nel quadro di una «chiara divisione delle responsabilità», si dice verrà concessa ai governi locali una maggiore «capacità fiscale autonoma», consentendo loro di aumentare le fonti fiscali e di espandere «in modo appropriato» la loro autorità di gestione in materia di tasse.

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La crisi finanziaria degli enti locali è uno dei problemi principali che gravano oggi sull’economia cinese. Da questi enti dipendono i servizi pubblici ai cittadini, come l’istruzione e la sanità, e dunque le loro difficoltà finanziarie possono portare a tagli che indirettamente riducono la capacità di spesa delle famiglie, rallentando così anche i consumi interni.

 

Da quando Pechino ha avviato le riforme del mercato, oltre quarant’anni fa, la tassazione e le riforme dei rapporti tra centro e territori sono state costantemente uno degli elementi più spinosi.

 

La riforma della ripartizione fiscale del 1994, lanciata dall’allora premier Zhu Rongji, ha alleviato il deficit di entrate del governo centrale, ma è stata accusata di aver causato l’aumento degli oneri per i governi locali. Di conseguenza, le amministrazioni locali si sono rivolte alla vendita all’asta dei diritti di utilizzo dei terreni per ottenere maggiori entrate. Ma l’esplosione della bolla immobiliare in questi ultimi anni gli si è ritorta contro.

 

Secondo i dati ufficiali del ministero delle Finanze, l’anno scorso le entrate fiscali dei governi locali hanno rappresentato il 54% del totale nazionale, a fronte di una spesa che è pari all’86% del totale. Uno squilibrio dovuto al rallentamento economico post-pandemia che ha aumentato le preoccupazioni per i rischi di stabilità finanziaria delle oltre 300 prefetture e delle circa 3.000 contee della Cina, alcune delle quali si trovano impantanate in un debito gravoso.

 

In questo quadro il Plenum del Partito ha deciso di istituire un «meccanismo a lungo termine» per disinnescare il rischio di debito nascosto e un’espansione «ragionevole» del denaro raccolto attraverso obbligazioni speciali emesse dai governi locali. Tra le misure in cantiere figurano anche l’aumento dei trasferimenti generali dal governo centrale alle autorità locali, il passaggio della riscossione dell’imposta sui consumi ai governi locali e il miglioramento della ripartizione delle entrate fiscali condivise, come l’imposta sul valore aggiunto.

 

Nel frattempo oggi la banca centrale cinese ha nuovamente ritoccato oggi due tassi di interesse di riferimento che erano già ai minimi storici per il Paese, nel tentativo di rilanciare la crescita economica che resta al di sotto del 5% indicato come obiettivo.

 

Il tasso prime sui prestiti a un anno, che costituisce il parametro di riferimento per i tassi più vantaggiosi che le banche possono offrire a imprese e famiglie, è stato ridotto dal 3,45% al 3,35%, dopo essere stato abbassato l’ultima volta in agosto.

 

Il tasso a cinque anni, il parametro di riferimento per i prestiti ipotecari, è stato ridotto dal 3,95% al 3,85%, dopo la riduzione di febbraio.

 

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Immagine di edward stojakovic via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
 

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Cina

Test di gravidanza obbligatori nelle aziende cinesi

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Più di una dozzina di aziende in Cina sono state citate in giudizio per aver presumibilmente obbligato le candidate a sottoporsi a test di gravidanza, un’azione illegale secondo la legge cinese, ha riferito lunedì il Procuratorate Daily, un organo di informazione ufficiale del Paese.   Secondo il rapporto, la procura distrettuale di Tongzhou a Nantong, nella provincia orientale di Jiangsu, ha avviato un’indagine sulla questione a gennaio, dopo aver ricevuto la segnalazione da un gruppo locale di volontari dell’assistenza pubblica.   Dopo aver esaminato i registri di due importanti ospedali pubblici e di un centro di esami medici, gli investigatori hanno scoperto che 168 donne in cerca di lavoro presso 16 diverse aziende avevano effettuato test di gravidanza come parte dei loro controlli sanitari pre-assunzione. Hanno anche affermato che i registri di reclutamento e assicurazione del personale delle aziende indicavano che alle donne era stato chiesto di effettuare questi test, sebbene nella maggior parte dei casi le richieste non facessero parte dei requisiti ufficialmente documentati, ma fossero fornite verbalmente durante i colloqui di lavoro.   Il motivo addotto dai potenziali datori di lavoro per questa pratica e la loro riluttanza ad assumere donne incinte era l’indennità di maternità eccessivamente elevata che avrebbero dovuto versare dopo che la nuova dipendente avesse iniziato il congedo di maternità.

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L’indagine ha rivelato che almeno una donna che è stata trovata incinta al momento del controllo sanitario non è stata assunta. In seguito all’indagine, i procuratori hanno intentato una causa ufficiale contro le aziende, affermando che la pratica «aveva violato i diritti delle donne alle pari opportunità di lavoro».   Il rapporto non ha nominato nessuna delle aziende citate in giudizio, né ha detto se qualcuna di loro abbia affrontato misure punitive per le proprie azioni. Secondo la legge cinese, le aziende che violano le normative sulla parità di genere possono essere multate fino a 50.000 yuan (6.330 euro circa).   Il rapporto ha tuttavia rilevato che a quattro delle 16 aziende indagate era stato ordinato ufficialmente di rettificare le violazioni, mentre alle tre istituzioni mediche collegate al caso era stato «raccomandato» di rifiutarsi di includere test di gravidanza negli esami sanitari pre-assunzione quando richiesto dai potenziali datori di lavoro.   La donna che non era stata assunta dopo essere risultata positiva alla gravidanza ha poi ottenuto il lavoro e le è stato offerto un compenso.   La legge cinese proibisce ai datori di lavoro di includere test di gravidanza nei controlli fisici pre-assunzione, insieme ad altre forme di discriminazione di genere, come chiedere alle candidate donne informazioni sul loro stato civile o sui piani di avere figli.   Tuttavia, secondo una ricerca condotta lo scorso anno dall’Inspection Squad for Workplace Gender Discrimination watchdog, i candidati uomini hanno ancora un vantaggio sulle donne in alcuni ambiti, compresi i lavori governativi.   La ricerca ha scoperto che su quasi 40.000 lavori nel servizio civile nazionale, 10.981 erano contrassegnati come riservati agli uomini rispetto ai 7.550 riservati alle donne.

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Cina

L’internet cinese e l’attentato a Trump

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Anche sui social network della Repubblica popolare cinese la notizia e le immagini del tentato omicidio del Tycoon sono diventate subito virali. Magliette con l’iconico scatto col volto insanguinato già in vendita sulle piattaforme di e-commerce. Ma c’è anche chi ironizza sul pugno chiuso, rispolverando il nomignolo «Compagno Janguo» con cui Trump veniva schernito in Cina durante la sua presidenza.

 

La notizia dell’attentato all’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump – avvenuto sabato 13 luglio durante un comizio a Butler, in Pennsylvania – ha scatenato numerose reazioni anche tra i netizen cinesi, diventando presto un trending topic sui social network del Paese di mezzo.

 

Secondo quanto riporta il sito What’s on Weibo, quello del tentato omicidio al Tycoon è stato uno degli argomenti più cercati sull’omonima piattaforma di microblogging nel pomeriggio di domenica. Nel giro di poche ore hashtag come «Hanno sparato a Trump», «Trump dice che un proiettile gli ha perforato l’orecchio destro», «Reporter riprende un proiettile che sfiora l’orecchio di Trump», «Confermata l’identità dell’attentatore di Trump» sono diventati virali su Weibo, ottenendo milioni di visualizzazioni.

 

Leggendo alcuni commenti apparsi, è parere diffuso anche tra gli utenti del più popolare social network cinese che questo drammatico evento giocherà a favore del candidato repubblicano, aumentandone la popolarità e agevolando la sua corsa per le elezioni presidenziali del prossimo novembre.

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A tal proposito, Hu Xijin, noto giornalista e commentatore politico cinese, ha scritto: «credo istintivamente che questo incidente farà guadagnare a Trump molta simpatia, portandolo a un passo dal ritorno alla Casa Bianca».

 

Ripostando un tweet dell’influencer americano Jackson Hinkle che accosta l’immagine di Trump con il pugno chiuso dopo la sparatoria a quella di Joe Biden caduto a terra dalla bicicletta mentre era in vacanza nel Delaware due anni fa, aggiunge: «La traiettoria del proiettile è così chiara, proprio come gli sforzi della campagna [elettorale], che saranno ora lisci come il proiettile che vola».

 

Ricordando le recenti gaffe dell’attuale presidente americano al summit NATO, altri utenti hanno commentato: «la persona più danneggiata dal ferimento di Trump non è Trump stesso, ma il suo avversario, Biden» e ancora: «voterei Trump solo per la rapida reazione e la velocità con cui si è accovacciato. Se fosse stato Biden, probabilmente non sarebbe stato in grado di farlo».

 

Oltre alle dinamiche e alle implicazioni politiche dell’incidente, tra gli utenti cinesi di Weibo c’è molto interesse anche per l’ormai iconica foto scattata dal Premio Pulitzer Evan Vucci, che ritrae Trump con il pugno alzato e il sangue che scorre sul lato destro del volto. Secondo il noto blogger Pingyuan Gongzi Zhao Sheng, la scena del «figlio destinato dell’America che affronta un pericolo mortale, con il volto imbrattato di sangue, con il pugno chiuso, ruggendo: “Combattere! Combattere!” […] corrisponde all’immagine americana più tradizionale dei film di Hollywood. Alla gente non interessa chi sia o chi serva, il presidente deve essere un duro, difficile da sconfiggere, un “barbaro” senza paura, un “uomo d’acciaio”».

 

L’immagine scattata da Vucci ha raggiunto una popolarità tale sul web che alcuni commercianti hanno addirittura pensato di mettere in vendita sulle piattaforme di e-commerce cinesi delle magliette che la ritraggono, a un prezzo compreso tra 20 e 49 yuan (2,5- 6 euro). Essa è stata inoltre fonte di ispirazione per meme che paragonano Trump a un eroe comunista, con le didascalie: «Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!», oppure «Lunga vita al grande e glorioso Partito Comunista Cinese!» e «Il proiettile mi ha perforato l’orecchio, ma riesco ancora a sentire la voce del Partito».

 

Altri utenti cinesi hanno ironizzato sul fatto che Trump sia stato ferito all’orecchio destro proprio come il celebre panda A Bao, morso da un suo simile, quasi a sottolineare ulteriormente la presunta fedeltà del Tycoon alla Cina.

 

Con tono canzonatorio, un commentatore ha scritto: «auguro al Compagno Jianguo una pronta guarigione, che possa continuare a lavorare duramente per la missione finale affidatagli dal Partito». «Compagno Jianguo» (Jianguo tongzhi), letteralmente «compagno edificare il Paese», è l’appellativo con cui il Tycoon è spesso schernito sui social media cinesi, per suggerire che le azioni intraprese durante la sua leadership non avrebbero fatto altro che affossare gli Stati Uniti, accelerando così l’ascesa della Cina.

 

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Immagine da Weibo via AsiaNews.

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