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Immigrazione

Rivolta etnica a Milano. Partita in Italia l’anarco-tirannia delle No-go zone?

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A Milano è scoppiata una rivolta etnica, ma praticamente nessuno la vuole chiamare così. Né iniziare a pensare che il punto di non ritorno della banlieue francese è finalmene arrivato – e con esso, le no-go zone immigrate all’interno delle nostre città.

 

Si tratta di un dato di rilevanza storica non solo per la «capitale morale», ma per l’Italia tutta. Milano, si dice, anticipa ciò che succede nel resto del Paese: era l’idea dei socialisti craxiani, gruppone di intelligenze che riuscì ad espugnare Roma, per poi essere sterminato da un’operazione giudiziaria che veniva – si mormora, a bassissima voce, ancora – da un tentacolo atlantico.

 

E quindi: ecco che Corvetto, quartiere non così periferico (vi arriva la Metro a poche fermate dal Duomo, vi erano fino a qualche anno fa begli appartamenti per professionisti e famiglie) compaiono roghi e barricate, fuochi d’artificio sparati contro la polizia, autobus dell’ATM vandalizzati.

 

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In verità, la stampa non lo può dire, almeno non nei titoli – per il solito effetto della Carta di Roma, il testo deontologico imposto ai giornalisti che prevede limiti di cronaca riguardo alle cose degli immigrati), nei primi articoli usciti bisognava leggere fra le righe: la protesta è praticamente composta da ragazzi nordafricani di secondo o financo terza generazione.

 

Lo ha detto, gliene va dato atto, l’inviato del popolare TG satirico, che, dopo aver ripreso violenze e bagarre, ragazzini maghrebini che minacciano una signora italiana (tu averle detto, chiaro, «tu razzista»), ha trovato le parole adeguate per definire la situazione: «la città è in mano a questi maranza».

 

 

A chiunque non sia vittima di forme terminali di prosciutto oftalmico, pare evidente che si deve chiamare il fenomeno con un nome preciso: rivolta etnica.

 

A Corvetto c’è stata, cioè, una minoranza ospite nel Paese (minoranza, per il momento), che si è rivoltata contro lo Stato ospitante.

 

Non è nemmeno la prima volta che succede. La prima rivolta etnica italiana, si dice, è stata quella di via Paolo Sarpi nel 2007: i cinesi che abitano la zona, costituendo una maggioranza sugli italiani al punto che si parla di una Chinatown, insorsero dopo che la pulizia multò una commerciante cinese. 300 immigrati del Dragone affrontarono la polizia, componendo un corteo dove sventolavano le rosse bandiere della Repubblica Popolare – tanto per capire quanto gli immigrati cinesi siano profughi del regime comunista pechinese, e a chi va senza dubbio la loro lealtà…

 

Tuttavia, allora si aveva a che fare con i cinesi, non con i minorenni nordafricani. Da qualche parte, si trovò la quadra. Le voci che si captavano tra i milanesi dicevano che si trattava di una qualche forma di trattativa della comunità sinica con il potere milanese, di mezzo c’era forse un trasferimento, qualcosa del genere. Fatto sta che non accadde più nulla.

 

Stavolta, a Corvetto, è diverso. Non c’è l’intelligenza classica orientale, dietro alla vampata di violenza anti-Stato dell’altro giorno: c’è la barbarie verticale delle generazioni immigrate, criminali e nichiliste (nichiliste fino a che non troveranno l’imam pagato dagli Stati del Golfo che li radicalizzerà), che chiunque sia passato per una città – grande, media piccola – riconosce bene.

 

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Lo sappiamo perché il caos milanese ha seguito il ruolino di marcia – identico fino ad essere quasi sospetto – di quanto visto l’anno passato nelle banlieue francesi (e, per contagio successivo, svizzere, e belghe): un ragazzo muore durante un inseguimento dalla polizia, parte una protesta violenta di nordafricani et similia che di fatto si impadroniscono di intere porzioni della metropoli. Non sappiamo se, come in Francia, anche da noi siano volati subito gli «Allahu Akbar» e pure le mitragliate in aria con i Kalashnikov, che certi video circolanti della rivolta francese sembravano ritrarre. Non sappiamo nemmeno quanto tempo ci vorrà prima che accada: non troppo, ipotizziamo

 

No, la grammatica profonda del fenomeno non cambia: masse di immigrati, pure giovani – quindi, in teoria, più facilmente integrati, integrabili, integrandi – rifiutano completamente l’ordine nazionale italiano, e producono una violenza, un caos, con un significato solo: questa zona è nostra, qui ci sono le nostre leggi.

 

Comprendiamo la differenza abissale rispetto ad altri fenomeni come le mafie, che non attaccano praticamente mai (certo, che le eccezioni storiche che sappiamo) le forze dell’ordine, perché i mafiosi vogliono vivere, e prosperare, parallelamente al sistema, nello stesso suo territorio.

 

Nelle banlieue francesi ed ora italiane non c’è nulla di tutto questo: c’è la rivendicazione del possesso del territorio proprio contro lo Stato nazionale, che persino deve essere punito per i suoi atti.

 

Di fatto, quello che vediamo è l’embrione di una definitiva no-go zone milanese. Alcuni dicono che San Siro sia praticamente già così, e di fatto abbiamo visto embrioni di una «zona autonoma» immigrata (cioè, islamica) anche a capodanno, quando c’era stata una sorta di rivolta (tra festa e guerriglia, non vi è ad un certo punto molta differenza, vediamo) che aveva decisamente impegnato la polizia. Altri cominciano a parlare della situazione in Stazione Centrale.

 

Lo stesso, ricorderanno i lettori di Renovatio 21, era accaduto con i mondiali, dove confusione e vandalismo scoppiavano nelle nostre città sia che il Marocco perdesse sia che vincesse.

 


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E ancora, chi ci segue sa quanto abbiano sottolineato la vicenda di Peschiera del Garda, quando due anni fa migliaia di ragazzini immigrati misero in pratica quella che era de facto un’invasione della cittadina con il programma di escludere l’Italia da essa: le immagini dei celerini in inferiorità numerica che caricano i ragazzini immigrati che scappano sghignazzando (mentre altri da tutte le parti riprendono la scena) dà idea del fatto che Peschiera era divenuta una vera TAZ, una di quelle zone temporaneamente autonome teorizzate dai guru di anarchici e Black Block degli anni Novanta.

 

«Comanda l’Africa» era lo slogan del il raduno.

 

 

Non solo la città venne espropriata: anche il sistema ferroviario, intasato dall’orda, fu conquistato, financo espropriato su base razziale.

 

Ecco la storia delle ragazzine italiane che denunciano di essere state molestate in un vagone dove, pare di capire, gli italiani non potevano più stare. Ha detto ai giornali il padre di una delle sventurate: «si sono sentite in trappola, braccate, senza l’aiuto di nessuno». I ragazzi del treno «le toccavano, dicendo: “Donne bianche voi non potete stare qui… siete delle privilegiate”».

 

«Le donne bianche non salgono» mentre «ci toccavano dappertutto». Alla molestia sessuale si aggiunge (forse, in modo rivelatore) un vero e proprio razzismo – il neorazzismo antibianco, anti-italiano, anti-europeo – ma chissà se mai i giornali lo hanno chiamato così. Ad ogni modo: inchiesta archiviata perché le telecamere del treno, purtroppo, in quel momento non funzionavano.

 

La no-go zone, con lo Stato italiano che lascia crescere la tracotanza delle masse para-islamiche, è probabilmente una delle fasi necessarie per l’instaurazione definitiva dell’anarco-tirannia: lo Stato moderno continuerà a tassarci, a sorvegliarci, a reprimerci (ricordate il COVID? Ricordate il green pass? Ricordate quelle proteste, proprio a Milano?) lasciando tranquille le basi di chi ruba, rapina, stupra. Perché se pensiamo alla nostra sopravvivenza, in una città divenuta vera giungla, pensiamo meno a cosa il potere che ci spreme e ci umilia, ogni giorno di più.

 

Divide et impera. Il conte Calergi lo aveva intuito, e predicato, apertis verbis: il meticciato serve per il controllo del continente, perché il meticcio, più passionale, sarà più facilmente manipolabile. Gli si butta lì un reality show, un paio di jeans alla moda, la musica trap, lo smartphone colorato, la libertà di rubacchiare qualcosa, di drogarsi, ed ecco che poi farà quello che vuole il vertice della piramide. Ordo ab chao.

 

Ecco l’europeo del futuro. Ecco perché lo stanno creando, gommone dopo gommone, sotto i nostri occhi.

 

Che non vi sia nessuna forza sociale in grado di opporsi attivamente a questo processo, è la vera tragedia del nostro tempo.

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Tuttavia, prima ancora, dovremmo forse rivolgerci ad una forza spirituale per fermare questa catastrofe. A Milano, essa ha un nome: Ambrogio.

 

Il Santo di Milano, cosa fece per risolvere la diatriba con gli ariani che si erano insediati in città? Secondo l’iconografia medievale, prese il flagello, minacciò gli eretici fino a far sì che abbandonassero per sempre la città. Ambrogio, sedici secoli fa, non tollerava le no-go zone.

 

Questo è l’esempio che Milano ha già – da un millennio e mezzo. Questo è il Santo protettore di Milano che va invocato, che va pregato perché la città sia salvata dalla sua distruzione.

 

Senza tradizione ambrosiana, Milano è perduta. Senza Ambrogio, sarà l’inferno.

 

Roberto Dal Bosco

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Immigrazione

Il teorico della Grande Sostituzione bandito dalla Gran Bretagna. Dove però i mullah jihadisti stanno tranquilli

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Il governo britannico ha impedito al filosofo francese Renaud Camus, noto per la sua teoria della «Grande Sostituzione» migratoria, di entrare nel Regno Unito.   Il Camus avrebbe dovuto parlare su suolo britannico a una conferenza questa settimana, quando il suo visto è stato revocato dal governo di Londra, che in un’e-mail a Camus ha affermato che la sua presenza nel Regno «non era considerata favorevole al bene pubblico».   Il Camus è noto internazionalmente da lustri per il conio del termine «Grande Sostituzione», che descrive la sistematica sostituzione delle popolazioni occidentali con immigrati non occidentali. A differenza di vari commentatori, tra cui Renovatio 21, il Camus – che è un omosessuale proveniente dalla cerchia degli intellò parigini à la Roland Barthes – non ha mai affermato che la Grande Sostituzione sia un processo guidato da un singolo gruppo di persone.

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Camus attribuisce invece la causa della Grande Sostituzione alla diffusione di un atteggiamento da parte degli Stati che priva i singoli cittadini delle nazioni occidentali della loro identità unica e li fa apparire come unità identiche e intercambiabili con altre persone in tutto il mondo. Il Camus attribuisce lo sviluppo di questa idea al declino della religione, della democrazia, dell’industrializzazione e dell’intrattenimento di massa, tra gli altri fattori.   «Mi ha in un certo senso divertito» ha commentato il Camus in merito alla decisione del Ministero dell’Interno di impedirgli l’ingresso nel Regno Unito durante un’intervista di venerdì del canale britannico GB News. «Mi piace molto l’Inghilterra e, naturalmente, nella mia idea l’Inghilterra è il Paese della libertà di parola per eccellenza. È semplicemente divertente essere bandito per aver detto ciò che mi piace dire alla conferenza in Inghilterra».   «Probabilmente mi hanno bandito perché pensavano che fossi un avversario di ciò che sta accadendo in questo Paese, e lo sono decisamente» ha aggiunto il Camuso. «Penso che ciò che sta accadendo in Inghilterra, così come ciò che sta accadendo in Francia o in qualsiasi altro paese occidentale, sia un crimine».   «Sono molto in disaccordo con tutti questi governi e non mi sorprende che mi considerino un avversario, lo sono decisamente» ha concluso il filosofo.   Vauban Books, l’editore indipendente delle opere di Camus in inglese, ha affermato: «La decisione di escludere Renaud Camus dal Regno Unito è solo un’ulteriore conferma che quel Paese ha abbandonato i principi più basilari della democrazia liberale».   La situazione della libertà di parola nel Regno Unito ha ricevuto una rinnovata attenzione dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni dell’anno scorso, con il nuovo presidente, e in particolare il suo vicepresidente J.D. Vance, che hanno reso la promozione della libertà di parola un pilastro della politica estera degli Stati Uniti nei confronti dell’Europa.   Alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di Baviera di febbraio, il vicepresidente Vance ha dichiarato ai politici europei che la minaccia più grande per l’Europa non risiede all’esterno dei suoi confini, da avversari come Cina e Russia, ma all’interno. Ha accusato i leader europei di essersi allontanati dai valori fondamentali che hanno reso grande la civiltà europea.   Durante la campagna elettorale, Vance aveva anche ipotizzato che l’America avrebbe ritirato il suo sostegno all’Europa se i suoi leader avessero continuato a censurare i giganti dei social media statunitensi, in particolare Twitter.  
    Il ministero dell’Interno britannico ha rifiutato di commentare la decisione di impedire a Camus di entrare nel Regno Unito. Curioso che nel Paese, invece, vivano e predichino in tranquillità mullah e imam jihadisti, che hanno fatto di alcune zone delle città britanniche, come Finsbury a Londra, delle No-Go Zone dove vige la shari’a ed è predicato l’odio contro gli infedeli, che di fatto li ospitano.   Chi al contrario dello scrittore francese ritiene che il processo di sostituzione etnica non sia la risultanza di fenomeni organici ma l’attuarsi di un programma preciso (anche vecchio di secoli) crede nel cosiddetto Piano Kalergi, dal nome del conte che propugnò il meticciato dell’Europa per renderne la popolazione più manovrabile. Il Kalergi è tuttora considerato come un nume tutelare dell’Europa moderna, come ha fatto capire di recente il democristiano Rocco Buttiglione.   Il concetto di sostituzione etnica è stato disconosciuto dalla sedicente destra attualmente al governo in Italia, con un ministro, già genero del presidente del consiglio, a dichiarare di non aver mai sentito parlare del conte Kalergi.   Il Camus prima del lancio della teoria del Grand Remplacement, era noto per la sua vita intellettuale fatta di incontri con artisti e scrittori (lo scrittore surrealista Louis Aragon, il semiologo Roland Barthes, la romanziera Marguerite Duras, il regista teatrale Bob Wilson, il pittore espressionista astratto Robert Rauschenberg, il pittore Cy Twombly, il duo artistico Gilbert & George, nonché Andy Warhol: tutti, in pratica legati al tema dell’omosessualità) così come per i suoi diari dove racconta di rapporti invertiti avuti con uomini – per lo più mai più riveduti – in vari Paesi, tra cui l’Italia, dove il Camus era stato borsista dell’Accademia di Francia di Villa Medici a Roma.   Il Journal romain («Diario romano») fu pubblicato nel 1987: facendo uscire a cadenza annuale i suoi giornali intimi, il Camus finì accusato per alcune frasi del diario 1994 di antisemitismo. Vari intellettuali suoi colleghi, tra cui Alain Finkielkraut, si schierarono in sua difesa.   Nel 2010 Camus salì alle cronache per la formulazione del concetto di Grand Remplacement, la Grande Sostituzione secondo cui è in corso la colonizzazione e riconfigurazione etnica della Francia da parte di masse afroislamiche immigrate. «La Grande Sostituzione è molto semplice. Ora c’è un popolo, e nello spazio di una generazione ce ne sarà un altro» ha sintetizzato lo scrittore. Tali posizioni gli fruttarono nel 2014 una condanna, con multa da 4000 euro, per incitamento all’odio razziale.   Il Camus vive in un castello della zona del Midi e ad inizio anni Duemila aveva fondato il Parti dell’In-nocence («Partito dell’In-nocenza») che sosteneva la coalizione dietro a Marine Le Pen nel 2012. Nel 2022 sostiene invece la candidatura dello scrittore anti-immigrati Eric Zemmour.   La Grande Sostituzione da concetto utilizzato per screditare i conservatori e additarli come «complottisti» è oramai una realtà ammessa dalla stessa sinistra-establishment.   Come riportato da Renovatio 21, un mese fa è stato calcolato che la sinistra tedesca sarebbe al 70% se avessero votato solo i musulmani. Medesimo fenomeno osservato in Isvezia, dove, su 10 milioni di abitanti, gli immigranti che possono votare sono oramai oltre un milione.

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La questione della «Grande sostituzione elettorale» è stata discussa recentemente anche negli Stati Uniti, con la stampa che ha ammesso come l’amministrazione Biden abbia accelerato l’immigrazione per «rimodellare l’elettorato».   Il francese non è l’unico a parlare dell’urto distruttivo della migrazione di massa.   Un notissimo collega di Camus, il romanziere Michel Hoellebecq, due anni fa ha dichiarato che «la grande sostituzione è un fatto. L’Europa sarà spazzata via dall’immigrazione». L’autore francese aveva già dato un affresco estremamente dettagliato e futuribile dell’islamizzazione della Francia e dell’Occidente nel suo libro Soumission, in italiano Sottomissione, dove immaginava una Francia completamente sottomessa all’Islam nel giro di pochi anni.  
Come riportato da Renovatio 21, un sondaggio del 2022 rivelava che due terzi dei cittadini francesi teme la Grande Sostituzione.
Renovatio 21 crede che, più che la Grande Sostituzione, sia ora da esaminare un effetto più concreto del processo in corso, ossia l’avvio della società occidentale verso l’anarco-tirannia.
 

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Immagine di Renaud Camus via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic  
 
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Immigrazione

Gli USA potrebbero sequestrare i beni dei migranti illegali. Perché non lo facciamo in Italia?

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Il governo degli Stati Uniti sta valutando la possibilità di confiscare i beni degli immigrati clandestini che non pagano le multe per aver oltrepassato la scadenza dell’ordine di espulsione. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando documenti dalla stessa esaminati.

 

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha avviato una stretta contro l’immigrazione illegale da quando è entrato in carica a gennaio.

 

Il Dipartimento della Sicurezza Interna ha annunciato la scorsa settimana che i migranti che rimangono nel Paese dopo aver ricevuto un ordine definitivo di espulsione saranno soggetti a una multa di 998 dollari al giorno.

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Se non pagano, i loro beni potrebbero essere sequestrati, ha scritto la Reuters martedì. L’agenzia ha anche citato un alto funzionario non identificato che ha affermato che il governo ha in programma di applicare le sanzioni retroattivamente per un massimo di cinque anni, portando potenzialmente a multe di oltre 1 milione di dollari.

 

Non ci sono leggi federali che proibiscono agli immigrati clandestini di acquistare proprietà negli Stati Uniti. Possono acquistare case o auto in contanti, ed esistono opzioni di finanziamento. Tuttavia, alcuni stati, come Texas e Florida, richiedono la prova della presenza legale per la registrazione del veicolo o per ottenere una patente di guida.

 

Secondo le e-mail esaminate da Reuters, la Casa Bianca ha sollecitato l’US Customs and Border Protection a gestire le sanzioni, i sequestri di proprietà e la vendita dei beni dei migranti che non pagano.

 

Il piano è rivolto alle circa 1,4 milioni di persone a cui un giudice dell’immigrazione ha intimato di lasciare il Paese, ha osservato l’agenzia.

 

Le multe si basano su una legge del 1996 che è stata applicata per la prima volta durante il primo mandato di Trump nel 2018. Reuters ha citato i verbali del tribunale che mostrano che almeno quattro migranti hanno ricevuto multe di circa 60.000 all’epoca dollari.

 

L’ex presidente Joe Biden ha smesso di emettere multe e ha revocato le norme quando è entrato in carica nel 2021.

 

Durante la sua campagna elettorale dell’anno scorso, Trump ha criticato Biden per il suo approccio nei confronti degli stranieri residenti illegalmente nel Paese, attribuendo a questo la responsabilità dell’escalation dei flussi migratori al confine tra Stati Uniti e Messico.

 

Si tratta dell’ennesima iniziativa concreta dell’amministrazione Trump da quando ha dichiarato un’emergenza nazionale, consentendo, tra le altre cose, lo spiegamento delle forze armate per proteggere il confine e ottenendo la quasi cessazione del flusso migratorio nel Paese.

 

 

Non è possibile capacitarsi, a questo punto, di come Trump non divenga un esempio per le destre europee, in ispecie quella italiana, che è al governo con un partito sedicente nazionalista e sovranista, sotto la cui supervisione, tuttavia, il numero di immigrati è aumentato invece che diminuire.

 

Invece che vedere i beni degli immigrati – ottenuti per assistenzialismo o per crimine: perché non è chiaro quanti dei milioni di clandestini nel nostro Paese possano e vogliano lavorare – confiscati per il bene comune, il cittadino italiano è costretto a testimoniare la cornucopia di proprietà esibite dagli immigrati illegali.

 

Al contribuente italiano l’immigrato schiaffa in faccia il telefonino di ultima generazione, il vestito di moda, le cuffiette tecnologiche, il monopattino elettrico, e, in casi di odore evidentemente criminale, l’auto di lusso, l’orologio costosissimo, come da immaginario della musica trap et similia.

 

Tutto ciò è pagato dal contribuente, o tollerato dalle forze dell’ordine incapaci di reprimere il crimine immigrato, già organizzato in bande ci violenza ferale come la mafia nigeriana.

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Il mistero è come la cittadinanza si sia assuefatta ad una simile ingiustizia, che è patente e volare.

 

Il comportamento del primo ministro Meloni, che sembra preferire l’Europa della Von der Leyen – la gabbia della nazione italiana, pensavano sino a non troppi anni fa le destre – allo slancio mondiale di Trump, lo lasciamo giudicare ai lettori.

 

Nel frattempo, godetevi gli africani «richiedenti asilo» che, oltre che al vitto e alloggio nel condominio che ha distrutto il valore immobiliare della vostra casa, ostentano oscenamente tutte le cose che gli avete comprato con le vostre tasse – e con la vostra tolleranza.

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Immigrazione

La minaccia crescente del terrorismo immigrato in Francia

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Un attacco terroristico è stato sventato all’inizio di questa settimana nel Nord della Francia, che ha coinvolto un diciannovenne che sosteneva di agire per conto dell’ISIS. Lo ha riportato The European Conservative.   Negli ultimi mesi sono stati sventati non meno di sei attacchi. Per il ministro dell’Interno, il vero pericolo oggi non è più un attacco esterno, ma le azioni di una frangia di giovani francesi radicalizzati.   Morad M. è stato arrestato dalla polizia in un centro sociale di Dunkerque la mattina di mercoledì 2 aprile, in seguito a una soffiata. Il giovane, cittadino francese e disoccupato, era noto per il traffico di droga.  
 

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Gli investigatori hanno trovato una lettera di fedeltà allo Stato Islamico a casa sua, dove ammetteva di voler commettere un attentato con una cintura esplosiva nella città di Dunkerque, prendendo di mira le terrazze dei caffè e i luoghi frequentati dalla comunità ebraica, per fare «come il Bataclan». Ha affermato di essere motivato «dalla situazione della Francia». I responsabili del centro dove viveva da tre anni erano stati allertati dalla sua progressiva radicalizzazione. Altri due uomini che conosceva sono stati arrestati con lui; uno di loro è stato incarcerato per «associazione a delinquere con terroristi».   Parlando ai media in seguito a questo caso, il ministro dell’Interno Bruno Retailleau ha espresso la sua preoccupazione per la portata della minaccia terroristica che la Francia si trova ad affrontare oggi. L’80% delle indagini condotte dalla Procura Nazionale Antiterrorismo riguarda attacchi jihadisti.   La minaccia è duplice: «c’è sempre la minaccia esogena, che viene dall’esterno, in particolare dallo Stato Islamico. La minaccia più reale, più pressante, è quella interna, con un numero sempre maggiore di giovani».   L’estrema giovane età di questi aspiranti terroristi è motivo di preoccupazione ai piani alti. Nel 70% dei casi sventati, i presunti autori avevano meno di 21 anni. L’età dei coinvolti è una dimostrazione lampante dell’incapacità del sistema educativo nazionale di prevenire la radicalizzazione degli adolescenti. Questi giovani, spesso senza futuro e provenienti da famiglie disgregate, si radicalizzano online, sulla base di contenuti generati dall’intelligenza artificiale da agenti dello Stato Islamico.   Un mese fa, un minorenne di 17 anni è stato arrestato e incarcerato per un progetto simile nella regione di Vesoul, nella Francia orientale. Avrebbe pianificato di usare un coltello per attaccare una chiesa, una sinagoga o un’ambasciata o un consolato americano o israeliano. Ha anche affermato di essere un membro dell’ISIS.   Dagli attentati di Tolosa del 2012, i servizi segreti francesi hanno sventato 86 attentati.

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