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Geopolitica

Purga di Trump contro i funzionari filoisraeliani. Stato Ebraico «preoccupato» anche per l’ascesa di influencer «pericolosi» come Tucker Carlson

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L’amministrazione Trump sta licenziando in continuazione funzionari filo-israeliani dal suo team per la sicurezza nazionale, facendo temere che ce ne saranno altri. Lo riporta la stessa stampa israeliana.

 

Tale sviluppo rafforza un crescente cambiamento nell’opinione pubblica mondiale e statunitense nei confronti del governo di Netanyahu.

 

«Il direttore senior del NSC per il Medio Oriente e il Nord Africa Eric Trager e il direttore del NSC per Israele e l’Iran Merav Ceren erano tra coloro che sono stati cacciati via venerdì 23 maggio», ha affermato il Times of Israel il 25 maggio, aggiungendo che entrambi erano stati nominati dall’ex consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz.

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Presunto «lealista di Trump», il Waltz è stato descritto dal giornale israeliano Ha’aretz come il «canale secondario di Netanyahu per modellare la politica USA-Iran», è stato licenziato, sembra, per la troppa prossimità con lo Stato Ebraico e i suoi vertici e per aver esortato Trump ad attaccare l’Iran, in conformità con la volontà di Netanyahu.

 

In un rapporto pubblicato solo in ebraico, il quotidiano israeliano Ynet ha aggiunto ieri che anche il vice di Steve Witkoff, Morgan Ortagus, sarà sostituito.

 

Ortagus, «orgogliosamente convertito» all’ebraismo, afferma Ynet, «è considerato uno dei più accaniti sostenitori di Israele nell’amministrazione».

 

YNet aggiunge che la rimozione di importanti sostenitori del principio «Israele prima di tutto» ha alimentato «preoccupazione in Israele per i cambiamenti all’interno del governo degli Stati Uniti», aggiungendo che «i funzionari israeliani in contatto con gli Stati Uniti stimano che i tre siano stati spostati in base al programma “America First” del presidente Trump».

 

Sebbene Ynet affermi che le mosse sono state fatte da Marco Rubio, lui stesso un noto sostenitore di Israele, sostiene che «Rubio non ha cambiato la sua posizione; è molto filo-israeliano ma non è impegnato nel programma israeliano».

 

La stampa israeliana riporta che l’amministrazione Trump continua a sostenere Israele, ma non le politiche dell’attuale governo.

 

«Sul retroscena» dei licenziamenti, aggiunge Ynet, ci sono «…controversie tra [Trump] e Netanyahu su un attacco all’Iran e sulla guerra a Gaza».

 

Ynet ha pubblicato un precedente rapporto in cui si dimostrava che Netanyahu aveva ammesso di «non aver previsto correttamente la direzione intrapresa dagli Stati Uniti in relazione a Israele e al Medio Oriente», e di essere rimasto «deluso» dal fatto che il suo inviato Ron Dermer non fosse riuscito a modellare la politica statunitense su linee favorevoli a Netanyahu «La verità è che Dermer ha perso l’orientamento», ha concluso Ynet.

 

Netanyahu si dichiarerebbe «profondamente turbato dai cambiamenti» intervenuti nel personale e nelle politiche dell’amministrazione Trump e punta il dito contro gli influenti commentatori che sostengono l’America First.

 

 

Secondo alcuni funzionari governativi, ha scritto Ynet, Netanyahu è profondamente turbato dall’impatto che hanno su Trump «persone come il presentatore conservatore Tucker Carlson».

 

«Opinionisti filo-israeliani come Ben Shapiro hanno recentemente tentato di etichettare qualsiasi critico di Israele non di sinistra come «Woke Right», cercando di inquadrare la mancanza di entusiasmo per il genocidio come una sorta di malattia progressista contagiosa» scrive LifeSite. La stessa testata Ynet aveva pubblicato un articolo sull’argomento, accusando di nuovo Candace Owens e Tucker nel dicembre 2024.

 

«Il ruolo di Israele nella politica americana è a rischio» a causa di questi influencer tossici, suggeriva la testata israeliana. «Si tratta di persone pericolose che hanno ripercussioni sul presidente Trump», avevano dichiarato alti funzionari israeliani a Ynet. «Stanno alimentando i sospetti su Israele e sussurrando all’orecchio di Trump che Israele vuole trascinare gli Stati Uniti in guerra».

 

Come noto, Tucker Carlson durante la prima amministrazione Trump fermò un attacco americano di rappresaglia contro l’Iran (che aveva abbattuto un drone) tramite una telefonata al presidente, che richiamò i caccia che erano a pochi minuti dall’obiettivo. La vicenda fece infuriare il falco neocon John Bolton, che voleva la guerra contro Teheran a tutti i costi. Bolton – che tre anni fa ha candidamente ammesso di aver pianificato colpi di Stato all’estero (solo all’estero?) –fu licenziato e da allora è diventato acerrimo nemico politico di Trump.

 

«Oggi non c’è dubbio che qualcosa non funziona nelle relazioni Netanyahu-Trump. Qualcosa non va» ha detto l’ufficio del Primo Ministro israeliano a Ynet.

 

Come riportato da Renovatio 21, a gennaio Netanyahu ha annullato il viaggio per la cerimonia di insediamento di Trump. Prima dell’insediamento l’inviato di Trump Steve Witkoff, in Israele per chiedere la tregua, aveva avuto con Netanyahu un incontro riportato come «molto teso».

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Come riportato da Renovatio 21, in passato Trump aveva attaccato Netanyahu arrivando a chiederne la sostituzione e ad ipotizzare tagli agli aiuti ad Israele.

 

Nel contesto di questi commenti aveva rivelato anche dettagli sull’assassinio del generale dei servizi iraniani Qassem Soleimani, suggerendo che fu indotto ad ordinarne la morte dagli israeliani, che poi però si tirarono indietro.

Come riportato da Renovatio 21, un livello grottesco del rapporto tra Netanyahu e Trump è stato raggiunto a febbraio quando il primo ha fatto dono a quest’ultimo n cercapersone come quelli fatti esplodere in Libano. Più che un dono diplomatico, a qualcuno può essere sembrata una minaccia vera e propria.

 

Gli inviti alla moderazione ad Israele e gli attacchi diretti a Netanyahu possono costare a Trump una grossa parte dell’elettorato evangelico USA, portato su posizioni sioniste negli scorsi decenni da una teologia apocalittica che intende accelerare la venuta dell’anticristo e quindi il ritorno di Gesù Cristo.

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Geopolitica

Trump: Iran e Israele hanno concordato il cessate il fuoco

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Iran e Israele hanno concordato di porre fine alle ostilità, ha affermato ore fa il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. L’annuncio è arrivato poche ore dopo che l’Iran ha lanciato missili contro una base militare statunitense in Qatar, in risposta agli attacchi americani ai suoi impianti nucleari.   «È stato pienamente concordato tra Israele e Iran che ci sarà un CESSATE IL FUOCO completo e totale (tra circa 6 ore da adesso, quando Israele e Iran avranno concluso e completato le loro missioni finali in corso!), della durata di 12 ore, dopodiché la guerra sarà considerata FINITA!» ha scritto Trump sulla sua piattaforma Truth Social.   «Ufficialmente, l’Iran darà inizio al CESSATE IL FUOCO e, alla dodicesima ora, Israele darà inizio al CESSATE IL FUOCO e, alla ventiquattresima ora, il mondo saluterà ufficialmente la FINE DELLA GUERRA DEI 12 GIORNI. Durante ogni CESSATE IL FUOCO, l’altra parte manterrà PACIFICA e RISPETTOSA», ha aggiunto il presidente degli Stati Uniti d’America.

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«Partendo dal presupposto che tutto funzioni come dovrebbe, e così sarà, vorrei congratularmi con entrambi i Paesi, Israele e Iran, per aver avuto la resistenza, il coraggio e l’intelligenza per porre fine a quella che dovrebbe essere chiamata “LA GUERRA DEI 12 GIORNI», ha scritto Trump.   Né Teheran né lo Stato Ebraico hanno reagito all’annuncio. Notizie non confermate sui social media affermavano che Israele avesse continuato a colpire obiettivi a Teheran dopo il post di Trump.   Un funzionario iraniano ha dichiarato alla CNN che Teheran non ha ricevuto alcuna proposta di cessate il fuoco e considererebbe le dichiarazioni di Trump come «un inganno».   «Proprio in questo momento, il nemico sta commettendo un’aggressione contro l’Iran, e l’Iran è sul punto di intensificare i suoi attacchi di rappresaglia, senza prestare ascolto alle bugie dei suoi nemici», ha affermato il funzionario.   Reuters, tuttavia, ha citato un alto funzionario iraniano che ha confermato che Teheran ha accettato il cessate il fuoco.   Il 22 giugno, i bombardieri B-2 statunitensi hanno colpito tre siti nucleari iraniani, tra cui gli impianti di arricchimento dell’uranio di Natanz e Fordow. Il giorno seguente, l’Iran ha lanciato missili contro la base aerea statunitense di Al Udeid in Qatar.   Renovatio 21 ha riportato l’analisi secondo cui l’attacco americano, e il contrattacco iraniano, siano parte di un «teatrino» politico-militare incruento che Teheran e la Casa Bianca potrebbero aver trattato segretamente.

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Geopolitica

Putin incontra il ministro degli Esteri di Teheran e dice: «nessuna giustificazione per un attacco all’Iran»

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Le ostilità di Israele e degli Stati Uniti contro l’Iran sono infondate e ingiustificate, ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin al ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi.

 

Il principale diplomatico iraniano, atterrato a Mosca e incontrato il presidente russo lunedì, aveva affermato in precedenza che la visita era necessaria per «consultazioni più strette, precise e serie» con la Russia, in seguito agli attacchi statunitensi contro gli impianti nucleari iraniani.

 

Durante l’incontro al Cremlino, Putin ha descritto gli attacchi all’Iran come «un’aggressione immotivata», per la quale “non può esserci alcuna giustificazione.

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Le azioni di Israele e degli Stati Uniti sono «illegittime» e violano le norme internazionali, ha aggiunto.

 

Il presidente russo ha dichiarato di essere lieto di vedere Araghchi a Mosca, affermando che la sua visita consentirà alla Russia e all’Iran «di discutere queste questioni urgenti e di pensare insieme a una via d’uscita dalla situazione attuale».

 

Araghchi concorda con la valutazione di Putin, affermando che «la Russia oggi è dalla parte giusta della storia e del diritto internazionale».

 

Colpendo obiettivi in ​​Israele, l’Iran difende legittimamente la propria sovranità, ha sottolineato il diplomatico.

 

Israele e gli Stati Uniti hanno giustificato i loro attacchi all’Iran sostenendo che Teheran era sul punto di ottenere un’arma nucleare.

 

Le autorità iraniane hanno ripetutamente ribadito di non essere al lavoro su una bomba atomica, pur difendendo il loro diritto a perseguire un programma nucleare pacifico.

 

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

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Geopolitica

La pazza teoria: Trump e Khamenei sono d’accordo?

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Una vertiginosa speculazione corre in queste ore in rete, e oltre: il presidente americano Trump e l’ayatollah Khamenei avrebbero, in sostanza, una sorta di accordo.   Per cui, corollario di questa pazza teoria, quello che staremmo vedendo non sarebbe altro che quello che il gergo politico americano chiama kabuki, che possiamo tradurre con «teatrino». E per soprammercato, dicono gli osservatori, non sarebbe nemmeno la prima volta che ciò accade tra Trump e Teheran.   La speculazione su questo paradossale scenario parte infatti dall’uccisione da parte degli Stati Uniti del leader militare iraniano Qasem Soleimani nel 2020 e dall’attacco di risposta dell’Iran, che secondo il presidente Trump è stato essenzialmente un atto di guerra.   In un’intervista rilasciata alla Fox News nel 2020, Trump aveva affermato che il regime iraniano aveva fatto sapere agli Stati Uniti che avrebbero colpito una determinata area «al di fuori del perimetro» per far sembrare che stessero reagendo all’attacco di Soleimani, quando in realtà era tutto uno spettacolo.   «Ci hanno fatto sapere: “non muovetevi. Vi dovremo colpire psicologicamente”. Sapevamo che non avrebbero colpito all’interno del forte e i media stavano dicendo, e ora lo rivelo», aveva dichiarato Trump all’epoca, spiegando che l’Iran stava semplicemente cercando di «mostrare forza» ai soggetti più intransigenti al suo interno, puntando intenzionalmente i missili dove non avrebbero danneggiato le truppe statunitensi e implorando Trump: «per favore, non attaccateci. Non vi colpiremo».  

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Come noto, gli attacchi USA non hanno prodotto vittime, e sembrerebbe pure non vi siano vere fughe di radiazioni.   A portare avanti la teoria dell’accordo sostanziale Washington-Teheran è un commentatore molto noto sul social X, Lord Bebo.   Tenendo conto della dichiarazione di Trump del 2020, Lord Bebo ha scritto un riassunto come possibile spiegazione i raid di sabato:  
  • 1) Gli impianti nucleari iraniani sono stati evacuati e le attrezzature sono state spostate con giorni di anticipo.
 
  • 2) Gli Stati Uniti hanno annunciato pubblicamente e reso visibili i prossimi attacchi. Abbiamo visto tutti i bombardieri muoversi sul posto e la copertura mediatica che prevedeva l’attacco.
 
  • 3) Gli Stati Uniti hanno quindi colpito un impianto nucleare iraniano vuoto, poiché gli iraniani lo sapevano e lo avevano evacuato.
 
  • 4) I satelliti statunitensi hanno mostrato l’evacuazione delle strutture da parte degli iraniani, quindi gli americani sapevano che le strutture erano vuote e non operative.
 
  • 5) Gli Stati Uniti e l’Iran avevano tenuto dei colloqui segreti in Oman pochi giorni prima, ma nessuno sa cosa fosse stato concordato.
 
  • 6) Trump ha sostanzialmente spiegato che un accordo del genere era già stato concluso in precedenza.
 
  • 7) L’unica conclusione logica è che l’Iran e gli Stati Uniti abbiano stretto un accordo segreto per porre fine alla guerra. – Gli Stati Uniti colpiscono le strutture vuote – L’Iran reagirà ma mancherà il bersaglio.

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«Basta aspettare la risposta dell’Iran. Non le parole, ma la reazione fisica» scrive il Bebo. «Se non è troppo dura con le vittime, ma sembra grande… ho ragione. P.S.: È un’osservazione geopolitica che ho fatto. Potrei sbagliarmi. La gente deve capire che i governi non ci dicono la verità il più delle volte e che non tutto è come sembra. Le autorità hanno bisogno del consenso, quindi ti fanno degli spettacoli».   «Non arrabbiatevi. Consideratelo solo come un possibile scenario. Non sono qui per ripetere i discorsi dei media tradizionali di nessun paese, qui hai la sfumata posizione intermedia che ritengo giusta».   L’idea potrebbe trovare qualche conferma in notizie che escono dall’area.   Una fonte politica iraniana di alto rango avrebbe dichiarato all’agenzia di stampa della Penisola Arabica Amwaj Media che il team di Trump «avrebbe dato preavviso dei bombardamenti di siti nucleari e ha insistito sul fatto che fossero intesi come «un caso isolato».   Vi sarebbero insomma segnali del fatto che Trump voglia ripetere quanto accaduto nel gennaio 2020 con l’uccisione di Soleimani e la simbolica rappresaglia iraniana   Così si spiegherebbe lo strano, roboante videomessaggio delle scorse ore, che sembrava una dichiarazione di un conflitto finito piuttosto che di una guerra cominciata. In questo senso andrebbero pure letti i riferimenti continui ad Israele, sul quale pure Trump, in un inedito per un presidente USA, aveva invocato la protezione di Dio prima che addirittura per gli Stati Uniti.   Proprio Israele potrebbe essere l’oggetto di tutto il kabuki. Si tratta di una manovra per, nel medio termine, sbarazzarsi di Netanyahu, che continuerà a domandare istericamente altri attacchi ficcandosi in un vicolo cieco?   È noto come, nemmeno tanto dietro le quinte, Bibi non goda della simpatia di Trump. Probabilmente, il premier dello Stato Giudaico ha esaurito il credito anche presso altre capitali: è possibile pensare che anche Mosca sia un po’ stanca del personaggio, divenuto ancora più problematico da quando si è attorniato dalla gang messianca sionista (definizione del giornale israeliano Haaretz) che governa con lui e di cui lui oramai fa parte.   E Netanyahu, dicono in vari, è obbligato alla guerra (alle guerre) per altri motivi, non nobilissimi: lo aspettano, qualora perdesse l’incarico di premier, alcuni processi: questa è quantomeno la percezione che hanno molti suoi oppositori, che prima del 7 ottobre 2023, ricorderete, riempivano le città israeliane con oceaniche manifestazioni di protesta.   A questo punto tutto è possibile: sorprende vedere un politico della Florida (cioè, uno degli Stati dove l’elettorato ebreo conta di più), saltare sopra la pazza idea dello scontro solo simbolico con Teheran: Matt Gaetz, che forse ha qualche sassolino nella scarpa da quando lo hanno silurato come ministro della Giustizia USA (Attorney General), va oltre e in queste ore arriva a parlare di un Medio Oriente senza atomiche… comprese quelle di Israele.

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Avete letto bene: il giovane ex deputato floridiano chiede la fine del programma nucleare militare (segreto, illegale) dello Stato degli ebrei.   Ciò potrebbe rappresentare qualcosa di enorme: la castrazione atomica di Israele, una prospettiva semplicemente inimmaginabile. Toccare l’atomo dello Stato Ebraico può avere conseguenze incredibili. Alcuni sostengono che i Kennedy siano morti proprio per questo, perché si opponevano all’Israele nucleare.   Tuttavia, si tratta certamente, come per ogni progetto di disarmo atomico, di una prospettiva di pace. E Trump, ha detto varie volte, vuole che la pace sia il suo vero lascito.   C’è da credergli? C’è da pensare che stia davvero operando, nell’iperaruranio del dealmaker, con mosse di tale sofisticazione?   Adesso non possiamo dirlo.  

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