Geopolitica
La Germania dichiara guerra alla Russia. Ancora

La Germania dichiara guerra alla Russia.
È quello che si dovrebbe desumere se si dovesse dare credito alle parole del ministro degli Esteri di Berlino, la giovane verde Annalena Baerbock.
Il capo della diplomazia tedesca, dopo averci estasiato facendoci ascoltare un politico ecologista spingere per la consegna di carrarmati in una zona di conflitto, ha pronunziato queste esatte parole.
«Noi stiamo combattendo una guerra contro la Russia, non fra noi» ha dichiarato solennemente il ministro per spronare i partner europei a «fare di più» per l’Ucraina in una seduta all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa.
Außenfeministerin #Baerbock erklärt #Russland den #Krieg: pic.twitter.com/acDZc0dlpC
— Dr. David Lütke (@DrLuetke) January 25, 2023
In inglese, lingua con cui il governo Scholz spesso si rivolge perfino ai tedeschi: «we are fighting a war against Russia, not against each other».
Tuttavia, consultato il comunicato ufficiale del ministero della Baerbock, tale espressione non risulta. Epperò c’è il video, che sta facendo il giro del mondo.
Das Fr. #Baerbock nicht die hellste Kerze auf der Torte ist, sollte mittlerweile jeder mitbekommen haben.
Wenn deshalb unabsichtlich Kriegserklärungen gegen andere Länder wie zb #Russland ausgesprochen werden, kann das nicht toleriert werden. pic.twitter.com/iGu6N2x6Bu— swalth (@swalths) January 26, 2023
L’enormità di una simile dichiarazione è piuttosto sconvolgente, ma bellamente ignorata dai media occidentali.
Si tratterebbe della seconda volta che la Germania dichiara guerra alla Russia in meno di un secolo. Come stanno ricordando in molti, l’ultima volta che Berlino ha mandato i carrarmati in Ucraina non è andata benissimo.
Si sa, tuttavia, che i tedeschi, oltre a perdere le guerre e spesso le finali dei mondiali, talvolta smarriscono anche il senso dello humor, e quindi una certa saggezza.
Come riportato da Renovatio 21, la Baerbock è nota per aver dichiarato che avrebbe continuato a sostenere l’Ucraina anche, in caso, contro il volere del suo elettorato.
Per conto di chi, allora, porterebbe avanti la guerra alla Russia questa Baerbock? Beh, qui si possono fare delle ipotesi. Sulla laurea tedesca di Annalena non c’è chiarezza (c’è una tesi sui disastri naturali lasciata là a Berlino), tuttavia si ha certezza del fatto che ha completato un «master» di un anno alla London School of Economics, un titolo messo in evidenza nel curriculum.
Stabilita nel 1895 della Fabian Society – un gruppo di persone che preconizzava la fusione di socialismo e oligarchia – la London School of Economics ha una serie di ex alunni notissimi: un primo ministro finlandese, tre presidenti ghanesi, due premier greci, il primo ministro di Gibilterra, della Giamaica, di Singapore, del Nepal, delle Isole Kiribati, tre primi ministri del Giappone, due premier polacchi, un presidente della Guyana, dell’India, un presidente un presidente delle Mauritius, di Panama, del Perù, di Taiwan (ora in carica).
E ancora, il re della Malesia, Jomo Kenyatta (presidente del Kenya «decolonizzato»), Saif Gheddafi, figlio di Muhammar, il premier italiano, e presidente della Commissione Europea, Romano Prodi: un Research Fee student tra il 1962 e il 1963.
Si è laureato alla LSE, studiando la filosofia di Karl Popper, anche George Soros, che riceverà a sua volta in presenza del professor Prodi una laurea ad honorem in Economia all’Università di Bologna nel 1995: era del resto solo l’uomo che distrusse la lira nel mega-attacco speculativo del 1992.
In tutto sono 55 capi di Stato, presenti o passati, 18 premi Nobel, 8 premi Pulitzer.
Il lettore, insomma, può farsi un’idea da dove peschi le sue idee e i suoi impulsi belligeranti la giovane Baerbock.
Sul fatto che potremmo essere arrivati al punto in cui non dobbiamo più prendere sul serio quello che dicono i ministri degli Esteri Europei, e in Italia ne sappiamo qualcosa, quello è un altro discorso.
Geopolitica
Trump si chiede «che diavolo» ci facesse Zelens’kyj in Sudafrica

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha espresso sorpresa per la visita di Volodymyr Zelens’kyj in Sudafrica durante un incontro con il suo omologo sudafricano Cyril Ramaphosa alla Casa Bianca mercoledì.
Trump ha dichiarato di aver telefonato a Zelens’kyj durante la sua visita di aprile e di avergli chiesto «che diavolo» stesse facendo in Sudafrica. Ramaphosa ha spiegato che il Sudafrica aveva condiviso alcune «lezioni» sulla costruzione della pace con il leader ucraino. «Questo è ciò che ci ha insegnato Nelson Mandela: se volete raggiungere la pace nel Paese, fatelo incondizionatamente, sedetevi e parlate», ha detto il presidente sudafricano, sfruttando l’icona internnazionale dell’ex terrorista filosovietico assurto al ruolo di «santo» intoccabile del mondialismo.
La visita di Zelens’kyj a Pretoria ha scatenato ampie critiche da parte dei commentatori politici e degli attivisti sudafricani a causa del suo atteggiamento sprezzante nei confronti dell’iniziativa di pace del 2023 guidata da Ramaphosa.
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I due presidenti hanno anche discusso delle preoccupazioni degli Stati Uniti riguardo alle presunte violenze contro gli afrikaner bianchi e alle politiche di riforma agraria del governo sudafricano. Trump avrebbe chiesto chiarimenti sul genocidio della minoranza bianca, di fatto umiliando il vertice dello Stato sudafricano mostrandogli un video che raccoglieva prove del massacro in atto.
Nel video mostrato alla Casa Bianca erano visibili i comizi razzisti con incitamenti al genocidio («Kill the boer! Kill the farmer!»: un canto che la Corte Suprema sudafricana non ritiene essere incitamento all’odio) del leader del partito para-comunista EFF (scissosi dall’ANC di Mandela) Julius Malema, nonché le immagini strazianti della fila infinita di croci per i boeri ammazzati.
“This is a very serious situation. If we had a real press, it would be exposed. When it gets exposed, it’ll get fixed. But people don’t talk about it. And I’ll tell you who is talking about it, thousands of people that are fleeing South Africa right now.” –President Trump 🇺🇸 pic.twitter.com/Cu3Or9Mar0
— The White House (@WhiteHouse) May 21, 2025
Curiosamente, sarebbe da ricordare che è proprio il Sudafrica che ha portato le carte all’Aia per dichiarare Israele perpetratore di genocidio.
Ramaphosa ha respinto le accuse, ribadendo i valori democratici del Sudafrica e respingendo l’idea che la terra venisse confiscata illegalmente. «No, no, no, no», ha risposto quando gli è stato chiesto della confisca delle terre. «Nessuno può prendere la terra», ha aggiunto.
Come riportato da Renovatio 21, vari gruppi boeri da anni ritengono di essere oggetti di una vera persecuzione se non di una pulizia etnica, con abbondanza disperante episodi di crimine, torture e violenza efferata di ogni sorta.
Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il partito dell’ex presidente sudafricano Jacob Zuma MK ha presentato una denuncia per tradimento contro un gruppo della minoranza afrikaner.
L’amministrazione Trump aveva negli ultimi tempi sospeso gli aiuti al Sudafrica. La scorsa settimana, dopo tanti annunci, gli USA hanno accolto un primo gruppo di rifugiati boeri. Sul «genocidio bianco» in atto non ha dubbi Elon Musk, che ha recentemente anche sostenuto che il suo servizio Internet satellitare Starlink non può funzionare in Sudafrica perché «non è nero».
La delegazione sudafricana era in visita per presentare un quadro rivisto per il commercio e gli investimenti, volto a rafforzare la cooperazione economica bilaterale. Parks Tau, Ministro del Commercio, dell’Industria e della Concorrenza del Sudafrica, ha confermato che la proposta è stata presentata durante i colloqui con il Rappresentante Commerciale degli Stati Uniti.
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Tau ha affermato che il commercio è al centro della nuova proposta. «Abbiamo anche discusso di dazi doganali e tariffe con la parte americana», ha osservato. Ha sottolineato che quasi il 77% delle merci statunitensi importate in Sudafrica entra in esenzione doganale, mentre una quota analoga delle esportazioni sudafricane, principalmente materie prime, beneficia anch’essa di esenzioni fiscali. Tau ha aggiunto che il Sudafrica ha evidenziato la crescente carenza di gas e ha manifestato interesse per l’importazione di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti, un’iniziativa accolta positivamente sia dall’ambasciatore statunitense che dai rappresentanti della Casa Bianca. “È uno dei settori su cui daremo seguito», ha affermato.
Mentre lasciava la Casa Bianca, il presidente Ramaphosa ha detto ai giornalisti che i colloqui erano andati «molto bene».
In questi anni, ad ogni modo, abbiamo assistito al collasso del Sudafrica da ogni punto vista, dai disordini civili con caos e razzie ai blackout – dove si innesta la storia oscura di un possibile tentato assassinio nei confronti del capo della società elettrica nazionale.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
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Geopolitica
Israele spara contro la delegazioni di diplomatici stranieri

Soldati israeliani hanno sparato nei pressi di un gruppo di diplomatici stranieri in visita al campo profughi di Jenin, nella Cisgiordania occupata, spingendo i rappresentanti di oltre 20 paesi e i giornalisti al seguito a cercare riparo, secondo i video ripresi dalla scena.
Il tour, organizzato dall’Autorità Nazionale Palestinese, coinvolgeva delegati provenienti da decine di paesi, tra cui Regno Unito, Canada, Francia, Italia, Spagna, Cina, Giappone, Messico, Egitto e altri. Non sono stati segnalati feriti, ma le riprese video hanno mostrato i diplomatici fuggire in preda al panico mentre si scatenavano gli spari intorno alle 14:00 ora locale.
Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno affermato che la delegazione aveva deviato dal percorso precedentemente approvato ed era entrata in un’area non autorizzata, da loro descritta come una «zona di combattimento attiva».
Israeli forces opened fire towards an EU delegation on an approved visit to #Jenin in the #WestBank earlier today.
The IDF said they were approaching an area they weren’t allowed to be, so “warning shots” were fired AT EUROPEAN DIPLOMATS. pic.twitter.com/0Y6SHxk73N
— Charles Lister (@Charles_Lister) May 21, 2025
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«Secondo una prima indagine, la delegazione ha deviato dal percorso approvato ed è entrata in un’area non autorizzata. I soldati dell’IDF che operavano nella zona hanno sparato colpi di avvertimento per allontanarli», ha dichiarato l’IDF, esprimendo rammarico per il «disagio causato».
Israeli occupation soldiers open fire on a diplomatic delegation during their visit to Jenin refugee camp. pic.twitter.com/yI3MAyXyZZ
— Eye on Palestine (@EyeonPalestine) May 21, 2025
Il ministero degli Esteri dell’Autorità Nazionale Palestinese ha descritto la sparatoria come una violazione del diritto internazionale, affermando che la delegazione era in missione ufficiale per valutare la situazione umanitaria nel contesto delle crescenti critiche internazionali alle operazioni militari israeliane a Gaza e in Cisgiordania.
The israelis shoot at an int’l delegation visiting Jenin: the targeted group includes EU envoys; but.. but.. aren’t they your allies @EU_Commission pic.twitter.com/eTP3FoCUzz
— Sarah Wilkinson (@swilkinsonbc) May 21, 2025
I leader internazionali hanno prontamente condannato l’incidente. Francia e Italia con il ministro Antonio Tajani hanno convocato gli ambasciatori israeliani per chiedere spiegazioni. Il vice primo ministro irlandese ha definito l’evento «totalmente inaccettabile», mentre il Canada ha chiesto un’indagine approfondita. Anche l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Kaja Kallas, ha definito «inaccettabile» l’atto di sparare vicino ai diplomatici e ha chiesto che si assuma la responsabilità.
Della delegazione, in cui vi erano anche giornalisti, faceva parte il vice console italiano Alessandro Tutino, uscito illeso. Il diplomatico italiano ha parlato subito con il Tajani.
«Ho appena parlato con Alessandro Tutino il vice console d’Italia a Gerusalemme che sta bene e che era fra i diplomatici che sarebbero stati attaccati a colpi di arma da fuoco vicino al campo profughi di Jenin. Chiediamo al governo di Israele di chiarire immediatamente», ha dichiaro su X il ministro degli Esteri. Il vice console sarebbe rientrato a Gerusalemme.
Tajani ha quindi convocato l’ambasciatore israeliano a Roma: «ho appena dato disposizione al Segretario generale del Ministero degli Esteri di convocare l’Ambasciatore di Israele a Roma per avere chiarimenti ufficiali su quanto accaduto a Jenin» ha scritto sui social il Tajani.
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L’incidente, va notato, a poche dalla decisione UE di aprire una revisione dell’accordo di associazione con Israele.
Il ministero degli Esteri egiziano ha affermato che l’incidente «viola tutte le norme diplomatiche», mentre il ministero degli Esteri turco ha «fermamente condannato» gli spari di avvertimento contro i suoi diplomatici.
Il caso dovrebbe riportare alla memoria l’attacco che l’IDF ha portato contro i nostri soldati attivi in Libano con le forze di pace UNIFIL – con Netanyahu che arrivò a minacciare direttamente il corpo ONU di peacekeeping nel Libano meridionale, accusato di «fornire uno scudo umano ai terroristi di Hezbollah»
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