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Necrocultura

Perché le grandi imprese vogliono l’aborto?

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Il caos scaturito dal ribaltamento della sentenza Roe v. Wade da parte della Corte Suprema americana – ossia, la fine dell’era dell’aborto considerato diritto con copertura costituzionale implementabile a livello federale – sta portando a galla moltissime cose.

 

È stato notato come siano cambiato i linguaggi, e le immagini, usati dal fronte abortista: prima si tendeva a cancellare del tutto il fatto biologico, l’aborto nella sua essenza materiale, per eliminare ogni riferimento all’omicidio del bambino. Oggi invece, come vediamo da innumerevoli video finiti in rete, gli abortisti rivendicano apertamente – e con ghigno sprezzante – l’uccisione dei bambini.

 

Gli abortisti stanno attaccando centri di aiuto alla maternità e pure chiese cattoliche durante la Santa Messa – emerge quindi che, a differenza dei genitori di bambini contrari al gender a scuola considerati domestic terrorists dall’FBI, se è per il feticidio, il terrorismo (con tanto di bandiere bruciate) è tollerato dagli USA e dagli arbitri morali della Nazione.

 

Sono saltati fuori idoli conservatori che ora si dicono talmente sconvolti dalla fine dell’aborto che dicono che ora sono disposti a votare democratico: è il caso del fondatore del popolare sito Barstool sports David Portnoy, divenuto per qualche ragione importante per una certa area giovane di Partito Repubblicano e dintorni. (Il ragazzo è già finito in qualche controversia sessuale, forse pure fatta per incastrarlo)

 

Molti nodo stanno venendo al pettine.

 

Ad esempio – tema su cui in tanti anni non abbiamo sentito nulla – il ruolo che le aziende private hanno nella questione dell’aborto.

 

Il giornalista americano Tucker Carlson lo ha spiegato mirabilmente in un monologo visto la settimana scorsa alla TV americana.

 

«Non è semplicemente un attacco esplicito alla legittimità del terzo ramo del governo, la Corte Suprema. Non è solo un attacco al diritto delle persone di autogovernarsi. È qualcosa di più grande di questo. Quello che vedete è un attacco coordinato alla famiglia e ai bambini».

 

«Le persone a queste proteste sono arrabbiate all’idea che i bambini stiano nascendo. Guarda cosa sta succedendo. Non è certo un’esagerazione. Ecco una fotografia s(…)  di questo fine settimana. È stata fatta fuori dalla Corte Suprema. Mostra una madre che umilia i suoi figli in pubblico, il che implica che sono un peso per lei perché sono ancora in vita. Abbiamo visto cose del genere ovunque e proteste a favore dell’aborto spesso sotto gli occhi dei bambini».

 

Carlson ha quindi mostrato un’immagine che anche Renovatio 21 ha pubblicato, quella di una madre abortista con dei bambini e il cartello «non forzate questo su nessuno».

 


 

«Allora, di cosa si tratta, esattamente? Che dire che il pensiero di avere figli rende queste persone così arrabbiate? Da dove viene un atteggiamento del genere?» si chiede il giornalista statunitense.

 

«Ebbene, a quanto pare, quell’atteggiamento viene dallo stesso punto in cui il Partito Democratico ora ottiene tutti i suoi atteggiamenti, direttamente dall’America delle multinazionali».

 

«Corporate America [cioè, l’America della grandi aziende, ndr] ti vuole senza figli e questo è un grande cambiamento. Cento anni fa le grandi aziende costruivano alloggi per le famiglie dei propri dipendenti e poi scuole e biblioteche per educarli. Era una cosa umana da fare, ma all’epoca sembrava anche una cosa di buon senso per gli affari».

 

È vero. Quanti esempi, anche in Italia, di questo tipo: intere industrie, costruite lungo quasi due secoli, dove i «padroni» e, fino a un certo punto, le generazioni di discendenti, conoscevano tutti gli operai e le loro famiglie, dava loro una casetta (una casetta, attenzione: non un appartamento in un alveare) e magari pure un pezzettino di giardino su cui fare l’orto.

 

Tuttavia, quel paradigma è finito.

 

«Se volevi lavoratori su cui poter contare, dovevi prenderti cura di loro e della loro prole, ma nel tempo quell’accordo è diventato costoso».

 

«I dipendenti con famiglie chiedevano salari più alti per mantenere i propri figli e, in molti casi, formavano sindacati per ottenere quegli aumenti. Quindi, il costo del lavoro è aumentato vertiginosamente».

 

«Quindi l’America delle grandi aziende, in risposta a ciò, ha sviluppato un nuovo modello: assumere donne single. In molte grandi aziende, compreso il settore bancario tradizionalmente maschile, le giovani donne ora costituiscono la maggioranza dei nuovi dipendenti e puoi capire perché lo fanno. Lavorano sodo, sono affidabili. Tendono ad essere fedeli alle aziende per cui lavorano».

 

Con una controindicazione: «l’unico aspetto negativo dell’assunzione di giovani donne è che possono rimanere incinte».

 

Esempio concreto:

«Se gestisci il dipartimento delle risorse umane di Citibank, questa è l’ultima cosa che desideri. I figli rendono il tuo piano sanitario più costoso. Peggio ancora, tendono a competere con l’attenzione del dipendente. Rispondere alle e-mail dopo il lavoro sembra meno urgente per la maggior parte delle neomamme che mettere a letto i propri figli».

 

Per cui, logicamente, «questo è un grosso problema per le grandi aziende, quindi hanno tutti gli incentivi per impedire ai loro lavoratori di avere figli».

 

Il baratto esistenziale a cui sono costrette le donne, se visto nella sua essenza, è orrendo, spaventoso.

 

«Non puoi dirlo ad alta voce, ovviamente. Sarebbe troppo ovvio. Dacci gli anni migliori della tua vita e in cambio ti pagheremo quello che è effettivamente un salario di sussistenza in qualunque inferno urbano troppo costoso in cui risiediamo e poi ti prenderemo l’unica cosa che potrebbe dare alla tua esistenza un significato e gioia nella mezza età , che è avere figli».

 

«Questo è l’affare che stiamo offrendo. Questo è l’accordo che stanno offrendo, ma non possono dirlo. Sembrerebbe proprio che questo sia sfruttamento. Uno sfruttamento non peggiore di quello delle ragazze di 14 anni che lavoravano nei campi di cotone».

 

Proprio così: il lavoro femminile diviene l’esatto contrario di ciò che crede di essere – non emancipazione, ma sottomissione. La parità dei sessi ha prodotto nella donna qualcosa di terrificante, una schiavitù biologica che mai la storia umana aveva visto prima.

 

«Quindi, invece di dire questo, che è la verità, l’America delle grandi aziende usa il linguaggio del movimento sociale che ha creato, il femminismo, per trasformare l’intero accordo come una sorta di movimento di liberazione progressista. “Combatti il ​​patriarcato. Abortisci. Non ha nulla a che fare con l’abbassamento del nostro costo del lavoro, lo promettiamo”. Ma ovviamente, ha tutto a che fare con l’abbassamento dei loro costi di manodopera».

 

Carlson ha qui il coraggio non solo di denunciare l’infelice falsità del femminismo, ma pure le sue origini: il femminismo è stato creato dal grande Capitale.

 

Ecco spiegata anche l’ora presente, con le multinazionali che asseriscono non solo il loro favore al figlicidio, ma anche la disponibilità a pagarlo col danaro aziendale.

 

«In tutto il Paese stanno usando questo argomento: l’aborto come liberazione. Molte delle più grandi aziende americane stanno ora pagando dipendenti donne per abortire, per porre fine alle loro gravidanze. Ciò includerebbe Microsoft e Apple, Facebook, Yelp, Netflix, Comcast, Goldman Sachs, Citibank, JP Morgan, Nike, Starbucks, etc.».

 

C’è quindi l’esempio della catena di articoli sportivi Dick’s Sporting Goods, che «offre alle dipendenti  fino a 4.000 dollari se abortiscono. L’azienda offre lo stesso importo alle dipendenti donne che desiderano avere figli?»

 

In pratica, aziende senz’anima hanno deciso che privare i dipendenti di una vita personale – cioè, ad un certo punto, di una famiglia – li rende più produttivi, e più economici.

 

Questo è ciò che è successo in tutto il mondo, ma piuttosto che metterlo in discussione o resistergli, il pubblico progressista, magari dotato pure di un’istruzione universitaria, «annuisce in un vigoroso accordo bovino e poi diventa completamente isterico quando qualcuno suggerisce che forse c’è un altro modo di vivere,» dovere «avere figli potrebbe essere più gratificante come scelta di vita rispetto a fare il pendolare in una baraccopoli con i mezzi pubblici per farsi strada fino ai quadri intermedi della Deutsche Bank».

 

Conosciamo i tanti benefit che lo stile di vita creato dal capitale offre: weekend Ryanair in giro per il mondo, migliaia di ore di Netflix con cui narcotizzarsi, sesso occasionale potenzialmente con chiunque e qualsiasi cosa, il consumo di cultura (concerti, libri che ti fanno sentire intelligente), il miraggio del benessere tra l’Ikea e l’auto a rate, magari qualche droga illegale, o pure qualche droga legale (una bella dose di barbiturici, di benzodiazepime, di SSRI, a chi vogliamo negarla?).

 

Oramai chiunque sa che tutte queste cose nemmeno lontanamente coprono quel vuoto invincibile che entra nelle vite di chi è senza figli.

 

Strumenti di distrazione esistenziale di massa – in realtà, strumenti massivi di sterilizzazione.

 

Questo ci porta alla scelta esistenziale di milioni di persone ipnotizzate dallo Stato delle Multinazionali e dalla sua «etica» artificiale, da cui non è possibile dissentire.

 

Come nota Tucker: «scegliere una famiglia al posto di servire capitalismo globale? È disgustoso, stai zitto».

 

Diciamo che, a questo punto dell’articolo, molte cose dovrebbero essere più chiare – anche qui in Italia.

 

Forse ricorderete le prime pagine dei quotidiani italiani dopo la sentenza della Corte Suprema americana.

 

Il Corriere: «Obama è un attacco alla libertà» «Biden: tragico errore, siamo gli unici al mondo».

 

Il Messaggero (di proprietà del gruppo Caltagirone): «Aborto USA, diritto negato».

 

La Stampa di Torino (cioè, degli Agnelli): «L’America che odia le donne».

 

La Repubblica (sempre degli Agnelli): «Shock in America, l’aborto non è più un diritto».

 

Domani (di Carlo de Bendetti): «Cancellato il diritto all’aborto. Gli USA tornano indietro di 50 anni».

 

La pubblicazione dell’ebreo ora svizzero riassumeva bene, con più coraggio, quello che tutti i giornali stavano cercando di scrivere: la protezione dei non nati come  «regressione» della società moderna. La fine dell’aborto, per le gazzette oramai prive di lettori materiali, è un flagello mai visto.

 

E adesso, chiedetevi: a chi appartengono i grandi giornali italiani? A grandi gruppi industriali, a gruppi finanziari, qualcuno appartiene a Confindustria, in alcuni casi ci sono state dietro direttamente le banche.

 

Ecco perché diciamo, una volta per tutte, che l’unica vera battaglia proletaria è quella per la vita. La battaglia proletaria è naturaliter contro l’aborto.

 

Perché, etimologicamente, i proletari sono coloro che hanno i figli, forse hanno solo quelli: eccoci, siamo noi, ci riconosciamo pienamente nella definizione.

 

Noi amiamo i nostri figli, noi ci commuoviamo alla nascita dei bambini, consideriamo sia la più sacra necessità dell’universo.

 

Non permetteremo mai – mai! – che il capitalismo terminale, le sue filosofie funebri e i suoi eserciti atlantici, ce li portino via.

 

Donne, uomini, svegliatevi: siate pronti alla guerra proletaria contro il Capitale globale della Necrocultura.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

Necrocultura

«L’ideologia ambientalista e neomalthusiana» di Vaticano e anglicani: Mons. Viganò sulla nomina del re britannico da parte di Leone

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Vale la pena di riprendere le parole dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che ha scritto su X un testo indicando i veri temi dietro all’assegnazione di una cattedra permanente nella basilica papale a Re Carlo III d’Inghilterra, capo de facto della Chiesa anglicana.

 

«L’incontro tra il capo della chiesa sinodale e il capo della chiesa d’Inghilterra avrà come punto culminante una preghiera ecumenica per la cura del Creato nella Cappella Sistina, all’insegna della retorica ambientalista del “grido della terra” e della “conversione ecologica”» scrive monsignore.

 

«Le due autorità supreme delle proprie rispettive “chiese” si riconoscono entrambe nell’ideologia ambiententalista e neomalthusiana del World Economic Forum e dell’Agenda 2030, ed è su questa nuova religione che è impostato il dialogo tra sinodali e anglicani».

 

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«A confermare la sua continuità con l’ecumenismo conciliare, Leone offrirà a Carlo un “seggio” (con la targa “Ut unum sint”) nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, già teatro dell’indizione del Vaticano II e da allora tempio dell’ecumenismo indifferentista conciliare e sinodale».

 

«La Fede Cattolica è la grande assente, e non a caso: sarebbe imbarazzante per Leone ricordare i Martiri cattolici massacrati dal monarca poligamo, a cominciare da John Fisher e Thomas More. Immaginate Papa Clemente VII che offre uno scranno in una Basilica Papale a Enrico VIII…» conclude Viganò, ricordando la storica nequizia anticristiana della malvagia monarchia britannica.

 

Proprio così: il re britannico, ora celebrato dalla Chiesa cattolica, occupa un trono che, dal XVI secolo, dopo lo scisma provocato dal crudele Enrico VIII, ha perseguitato ferocemente i cattolici, giustiziando e scorticando fedeli e sacerdoti (con la loro pelle sono stati rilegati libri ancora oggi esposti) e costringendoli alla clandestinità.

 

Vogliamo nominare uno degli eroi di questo disastro storico e metastorico: Guido Fawkes, il cattolico che tentò di far esplodere Westminster (definito, secondo una nota battuta della politica britannica, «l’ultimo uomo entrato lì con buone intenzioni») per restaurare un governo cattolico. Tradito, Fawkes fu catturato, torturato e squartato, con le sue parti inviate ai quattro angoli del regno, nonostante avesse accettato le condizioni del re.

 

Ancora oggi, ogni 5 novembre, in Inghilterra si bruciano le effigi di Fawkes – un re-enactement chiarissimo del rogo dei cattolici. Per ragioni che sembrano legate a logiche dello Stato Vaticano non dissimili a quelle attuali, il simbolo di Fawkes non è stato adottato dai cattolici, ma da gruppi pseudo-anarchici, grazie alla rielaborazione del fumettista Alan Moore nella celebre graphic novel, poi film di discreto successo, V per Vendetta.

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Tuttavia, non si tratta solo di storia antica: ciò che dovrebbe indignare i cattolici è l’appartenenza della dinastia Windsor alla «Cultura della Morte», che promuove – tramandata di generazione in generazione, da Filippo a Carlo, a Guglielmo (che predica la lotta alle famiglie numerose) ed Enrico (che andà all’ONU a criticare la sentenza della Corte Suprema USA che defederalizzava l’aborto) – la riduzione della popolazione e un’avversione verso l’umanità.

 

L’arcivescovo ricorda la connessione di ambientalismo e malthusianesimo, che sono cifre ideologiche tramandate geneticamente nella famiglia reale inglese. Malthus, come Darwin, sono stati creati dal potere di Albione per giustificare la violenza sfruttatrice usata dall’Impero britannico sul mondo: se gli uomini sono animali, e sono pure troppi, tanto vale procedere con la massima crudeltà possibile. Le carestie genocide in Irlanda e in India sono figlie di questo pensiero, di questa volontà di dominio satanico sul mondo.

 

Vogliamo ricordare, in questo sens, il padre di Carlo, il principe Filippo, tra i fondatori del WWF e frequentatore di antiche edizioni delle conferenze Bilderberg, il quale si espresse in estrema chiarezza quando dichiarò di volersi reincarnare in un patogeno di modo da uccidere milioni di persone, eliminando quanta più popolazione possibile per il bene dell’ambiente. Un’idea portata avanti strenuamente dal Carlo, che con il Cambiamento Climatico pare avere pure qualche lucroso affare.

 

Dietro la facciata ecologista, gli Windsor (che non sono britannici e non si chiamano Coburgo Gotha: Windsor è il nome di un villaggio inglese scelto per il rebranding del loro casato germanico, ad usum del popolino anglofono) si rivelano diacronici sostenitori di quella che su Renovatio 21 chiamiamo Necrocultura: una vera e propria Famiglia della Morte. Basta pensare ai casi di Alfie Evans, Charlie Gard, Indi Gregory e molti altri di cui non sapremo mai il nome. Cosa fecero i reale per salvare questi bambini, anche quando le questioni divennero internazionali (con tanto del tentativo, a pensarci bene davvero grottesco, della Repubblica Italiana di dare la cittadinanza ad Alfie per farlo espatriare e poterlo curare).

 

I bambini, il popolo tutto, per il malvagio potere britannico possono essere sacrificati nell’utilitarismo più mostruoso e assassino del «bestinterest». Del resto, l’utilitarismo è un’altra invenzione filosofica degli inglesi, realizzata sempre all’altezza della sanguinaria conquista imperiale. Il pensiero di Geremia Bentham, come quello di Malthus e più tardi di Darwin, a questo serviva: a disumanizzare il mondo e a rendere possibili sacrifici di minoranze, e persino maggioranza, nel nome del principio del massimo godimento distribuito a certuni dallo Stato. Il sistema sanitario del Regno, con il boost dei giudici della Corona trucidatori di bambini, è improntato a questa logica assassina e genocida.

 

La storia di Carlo, come noto ma spesso ignorato, non è priva di ombre: dalla controversa morte della principessa Diana ai milioni ricevuti dalla famiglia Bin Laden in buste di plastica. Un anno fa è emerso che nel 1983 l’allora principe di Galles aveva accettato un premio da un veterano nazista, una laurea honoris causa presso l’Università dell’Alberta, in Canada, dove, oramai sappiamo abbondano i rifugiati ucronazisti.

 

Del resto, una certa passione per la svastica eravi tra gli Windsor, se pensiamo ad Edoardo VIII e alla sua simpatia per Adolfo Hitler, che, secondo gli storici, una volta conquistata la Gran Bretagna aveva in programma di ripiazzarlo sul trono come un Quisling incoronato.

 

La missione del casato della Necrocultura va oltre, e rivela pagine storiche dense per quanto dimenticate: dalle proto-vaccinazioni dei reali con i relativi danni, all’uccisione del re per eutanasia di re Giorgio (bisnonno di Carlo), dai sospetti di fecondazione artificiale ante-litteram da cui sarebbe nata Elisabetta, all’ambientalismo stragista di Filippo (che, tenetelo sempre a mente, ha fondato il WWF, organizzazione ora proibita in Russia…), dai discorsi di Guglielmo figlio di Carlo sulla sovrappopolazione, agli attacchi contro gli USA che defederalizzano l’aborto fatti da principe Enrico dallo scranno ONU… la lista è pressoché infinita, e davanti a tutto questo cadono le illazioni su Jack lo Squartore.

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Del re Carlo, tanto a lungo «principe» in prima linea per la successione, vanno ricordate anche l’amicizia e le donazioni milionarie di Armand Hammer, enigmatico petroliere americano (per alcuni spia del KGB): quando nel 1988 la piattaforma petrolifera Piper Alpha della Occidental Petroleum esplose a 200 miglia da Aberdeen, causando 160 morti, il futuro re si affrettò a difendere Hammer, che ne uscì indenne. La dinastia Hammer, miliardari ebrei americani di origini russe, vicini al Cremlino per motivi poco chiari, meriterebbe un’indagine a parte, soprattutto dopo le accuse contro il nipote, la star di Hollywood Armie Hammer, che includono presunti stupri e insinuazioni su perversioni cannibalistiche.

 

Non va dimenticata l’amicizia personale con Jimmy Savile, popolare DJ e conduttore britannico che, secondo accuse emerse dopo la sua morte nel 2011 ma già vociferate da decenni, avrebbe abusato di circa 400 ragazze in scuole e istituzioni psichiatriche di cui era benefattore.

 

Di recente, forse l’episodio che ha messo in luce la maligna natura della corona britannica è stato il ritratto ufficiale del re presentato nel maggio 2024, un’immagine dai toni infernali, realizzata da un artista noto per collage con riviste pornografiche.

 

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Nel frattempo, l’odierno malvagio re britannico a Roma riceve il plauso pure dei parlamentari italiani.

 

In un momento di profonda umiliazione per il popolo italiano, nel suo discorsone alle Camere il re rammentò a tutti l’«importanza» del supporto inglese a Garibaldi, che poi andava ospite dagli inglesi. Chi conosce la vera storia dell’Italia unita non può che sorridere, nell’amarezza più profonda: il re sbatte in faccia agli italiani il fatto che, con il Risorgimento (fiancheggiato e ideato dai britannici), la penisola è divenuta uno Stato vassallo di Londra.

 

Ora, a infeudarsi con l’infernale potere di Albione non vi è solo la Repubblica Italiana, ma persino il papato.

 

Una conclusione che, per chi conosce la storia del mondo e della tradizione cattolica, può sembrare sconvolgente, e impone meditazioni di grande profondità.

 

Vogliamo lasciar andare i pensieri ricordando l’affresco sull’abside di Chiesa di San Paolo dentro le Mura– la principale chiesa degli anglicani ed episcopaliani a Roma.

 

Immagine di Luca Aless via Wikimedia CC BY-SA 3.0

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L’imponente mosaico fu disegnato dal pittore preraffaellita Edward Burne-Jones, e ha tema apocalittico, con Cristo assiso sul trono della Gerusalemme Celeste. È un Cristo imberbe, dai tratti piuttosto femminili. I Santi sotto Nostro signore hanno i volti di mecenati e personaggi legati all’edificazione della chiesa, mentre a destra vi è il gruppo più interessante, quello dei cristiani a cavallo, dove Sant’Andrea ha il volto di Abramo Lincoln, San Patrizio è il generale Ulysses S. Grant, e San Giacmo è… sì, lui, il terrorista massone anticristiano, ladro di cavalli e marito di bambine, epperò tanto utile agli inglesi, Giuseppe Garibaldi.

 

È la «chiesa militante», secondo gli scismatici di Albione.

 

Immagine CC0 via Wikimedia

 

Sì, per loro Garibaldi è un santo. Chi frequenta quella chiesa adora Cristo sotto l’immagine santificata di colui che più di altri combattè il Regno Sociale di Cristo.

 

C’è, tuttavia, un dettaglio ancora più esplicito: a fianco di Cristo, nel mosaico si vedono delle nicchie dove sono disposti gli angeli. Vediamo qui Uriele che regge il sole, Michele che appare maestoso in armatura, Gabriele reca il giglio dell’Annunciazione, Chemuel, l’angelo del Graal, stringe nella mano sinistra il calice sacro, Zophiel sorregge la luna.

 

Tuttavia, alla destra del signore, la nicchia è enigmaticamente vuota. Fu un fedele della chiesa, una volta che la visitati anni fa, a spiegarmene il significato.

 

«Quello è il posto per l’angelo Lucifero» mi disse, quasi compiaciuto di questa teologia sovvertritrice.

 

Ora, Lucifero, lo sappiamo bene, non è invitato solo nelle chiese anglicane di Roma.

 

Roberto Dal Bosco

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Necrocultura

Materialismo e Necrocultura: il disastro italiano nelle relazioni personali

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In un mondo dove la nostra religione cristiana sembra un accessorio sempre meno presente nelle nostre vite e i cattolici italiani sono in drastico calo e non conoscono più la loro fede, prende sempre più corpo una società fondata sul materialismo, una società che inneggia direttamente alla Necrocultura e a una visione orizzontale della vita, senza avere quella percezione verticale di trascendenza e spiritualità che ha caratterizzato, fino a qualche decennio fa, le precedenti generazioni.   Possiamo osservare un gretto materialismo individualista, dove tra i meno giovani, quando ci si confronta nell’ordinario, si tende a porre l’accento su quel primo obiettivo (e spesso come fosse un vanto) che è la posizione sociale e lavorativa, che viene misurata in quello che percepiamo in busta paga a fine mese.   È sempre più raro affermarsi nella nostra comunità per quello che effettivamente facciamo, per una prospettiva di crescita umana, culturale o spirituale. Conta solo il danaro che illude di essere migliori del prossimo. Una visione effimera, che colma, all’atto pratico, i nostri desideri più bassi quali le vacanze, la bella macchina, un abito firmato, un orologio o un gioiello, ma di certo non riempie in alcun modo il vuoto morale e culturale che ci portiamo dentro. 

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Il materialismo della quotidianità sfocia anche nell’egoismo tradotto nell’individualismo «devo avere il diritto di vivere la mia vita» o del «devo rifarmi una vita». Quante volte abbiamo udito queste frasi che ci risuonano fin troppo spesso durante la pausa caffè con i nostri colleghi o seduti per un irrinunciabile aperitivo. Di fatto poi la vita ci pone dinanzi a delle responsabilità familiari. Gli obblighi morali verso nostra moglie, verso i figli e gli altri familiari.    Non vorrei addentrarmi nel discorso della disgregazione delle unioni sentimentali – che oggi più che mai ci appare come una nuova normalità – ma mi limito a citare i dati ISTAT relativi all’anno 2023: 139.887 matrimoni e 82.392 separazioni. Lascio a voi stilare la percentuale, ma il «diritto» a «rifarsi una vita» evidentemente è ben più forte del cercare di mantenere unita la famiglia.    Di contro abbiamo un «femminismo sfrenato» che urla le proprie libertà appoggiando incondizionatamente il «diritto all’aborto», in quanto sostiene che sia più importante il vivere in libertà la vita della donna, che la vita del figlio che brevemente si porta in grembo. Le istituzioni oggi avvallano questi «desideri», come in Inghilterra, dove il reato di aborto è stato definitivamente abrogato, capitolo recente dell’ascesa del gius-edonismo, «il diritto al piacere» prima di ogni altra cosa, caposaldo dell’utilitarismo.   L’utilitarismo si esprime anche in quella ricerca di felicità effimera tramite prolungamenti di una «movida» che non esiste più (parlo soprattutto della generazione dei quarantenni e cinquantenni), di «diversamente giovani» che tentano di allungare un periodo della loro esistenza che giocoforza appartiene al passato, perché è figlio di un’altra età oramai tramontata, che aveva la sua massima espressione in quegli anni leggeri e spensierati.   Riprodurre fasi giovanili della vita da over quaranta potrebbe risultare patetico e anacronistico, ma orde di cinquantenni sembrano non arrendersi e riempiono locali e bar dove si beve, si balla e si tenta una sorta di socializzazione – che, va detto, altrimenti è sostituita dai social network con la loro narrazione deviata della realtà, una visione patinata della realtà che si basa sull’invidia e il risentimento per il prossimo, ostentando in reel e stories foto di un effimero benessere.   Quel benessere deve essere perseguito a ogni costo e nel perseguirlo scorgiamo una società ipocrita nel suo professare carità e benevolenza nei confronti dei deboli e dei fragili, ma non accettando le difficoltà della vita.   Sempre più frequentemente – in una società che vive un inverno demografico senza precedenti e destinata inesorabilmente ad invecchiare – ci troviamo alle prese con l’anzianità dei nostri cari, i quali necessitano di compagnia, di affetto e di cure.   Nel 2022 il 2,6% degli ultra sessantacinque ha usufruito di un servizio residenziale all’interno di una RSA e un altro 3,2% ha ricevuto Assistenza Domiciliare Integrata (ADI). Se consideriamo gli over settantacinque siamo rispettivamente al 4,6% e al 5,3% di persone che sono state assistite. Dal 2017 al 2022 siamo passati dalle 296 mila persone con oltre sessantacinque anni residenti in RSA alle 362 mila.    In Italia, la solitudine degli anziani rappresenta una vera e propria emergenza sociale sottaciuta e nascosta, che con il passare degli anni rischia un sensibile peggioramento. Al momento, dati alla mano, circa 2,5 milioni di persone oltre i settantaquattro anni vivono da sole, una condizione che riguarda ben il 40% di essi. Viste le condizioni e il trend, i dati sono destinati a crescere nei prossimi anni.   Evidentemente molti figli o nipoti preferiscono le loro libertà, la loro indipendenza, la loro «crescita sociale», piuttosto che vivere o fare compagnia ai propri cari.   Troppe volte gli anziani appaiono come un peso, un ostacolo ai nostri desideri, un impiccio alla soddisfazione dei nostri effimeri egoismi. L’egoismo come ragion d’essere; «io voglio vivere la mia vita», «pretendo di vivere la mia vita», oscurati da qualsiasi afflato di bontà e carità verso il prossimo.   La disumanità che ci vede lasciare «i fragili» abbandonati a loro stessi, senza una telefonata, senza una visita, senza una carezza, senza una parola di conforto. Tutto questo in una società «moderna e inclusiva» è del tutto inaccettabile, ma evidentemente l’inclusività non deve ledere le libertà personali.    Coloro che oggi non si prendono cura dei propri nonni o dei genitori, domani che invecchieranno anche loro, chi li aiuterà e li sosterrà? Ci sono forti possibilità che il problema non gli si ponga, in quanto l’eutanasia, o meglio la «dolce morte» o il suicidio assistito – secondo la neo lingua del politicamente corretto – gli venga in soccorso.

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Uno Stato illuminato come il Canada si fa portabandiera della nuova necropolitica sociale e i dati ufficiali del governo ci mostrano che circa la metà dei cittadini che non sono malati terminali, desideravano porre fine alla propria vita tramite il suicidio assistito autorizzato dallo Stato (che laggiù chiamano MAiD), perché affermavano di sentirsi soli.   L’Europa si allinea agli echi d’oltreoceano, tanto che in il presidente del più grande fondo sanitario belga, Christian Mutualities (CM), ha chiesto una soluzione radicale al problema dell’invecchiamento della popolazione, dichiarando ai media che alle persone stanche della vita dovrebbe essere permesso di porvi fine.   Come riportato da Renovatio 21, in Olanda invece, il rapporto annuale per il 2023 dei comitati regionali di revisione dell’eutanasia (RTE), identificano un aumento del 4% delle eutanasie rispetto al 2022. Va ricordato che in quel Paese il termine eutanasia comprende l’iniezione letale e suicidio assistito. I 9.068 decessi rappresentano il 5,4% del totale dei deceduti.   Quando non siamo più utili a questo schema sociale, possiamo tranquillamente morire. Ce lo insegna bene il rock n’ roll, che nel corso delle ultime decadi ci ha educato con il suo spirito falsamente libero e ribelle. Le «vecchie cariatidi musicali», quando divengono anacronistiche per stare su un palco e non possono più gozzovigliare a loro piacimento, ecco che decidono di farsi un bel funerale laico prima della morte, che sia indotta o naturale   «Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto chi può far perdere nella Geenna e anima e corpo» (Mt 10, 28).   Sempre con maggior enfasi la Necrocultura prolifera sui social con numerosi post della «generazione di mezzo» che esaltano l’eroismo di chi ha deciso di mettere fine alla propria vita. Una magnificazione della morte in antitesi con la nostra religione che ci dice che la morte non è altro che un passaggio verso la vita eterna.    Francesco Rondolini

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Gender

Pedofilo omosessuale ottiene un bambino tramite maternità surrogata. Bisogna stupirsi?

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La rete si scalda per un caso che cala un tris considerevole: matrimonio gay, pedofilia, utero in affitto. Si aggiungerebbe, in questo caso, anche il crowdfunding. Lo riporta LifeSite.

 

Un coro di indignazione è esploso sui social media statunitensi dopo che è stato rivelato che un omosessuale registrato come molestatore sessuale dopo essere stato condannato per abusi sessuali su un giovane adolescente, è riuscito a ottenere un bambino tramite maternità surrogata.

 

L’uomo che ha «sposato» un altro uomo è descritto come un molestatore sessuale di primo livello in Pennsylvania, condannato per «abuso sessuale su minori» e «possesso di materiale pedopornografico». All’epoca insegnante di chimica al liceo, l’uomo era stato arrestato nel 2016 per numerose «esplicite richieste e conversazioni sessualmente esplicite» con uno studente sedicenne, dopo che era stato scoperto per aver inviato 20 foto di nudo e un video sessualmente esplicito di se stesso.

 

Lo scandalo è esploso dopo che la coppia ha condiviso un video in cui festeggiava le feste con il bambino nato da madre surrogata durante il suo primo anno di vita.

 

Il giornalista cittadino Derek Blighe ha pubblicato il video su X, osservando: «a meno che non accada un miracolo, questo bambino non ha quasi nessuna possibilità di avere una vita normale».

 

Il post di Blighe è stato visualizzato ben oltre 11 milioni di volte.

 

 

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«Come fanno dei degenerati malati come questi a ottenere l’approvazione per diventare tutori di un bambino?» ha chiesto l’attivista contro la presenza di transessuali nello sport Riley Gaines. «Per quanto mi riguarda, chiunque sia coinvolto nel processo di approvazione dovrebbe essere in prigione».

 

 

«Concepire un bambino con l’intenzione di affidarlo a una famiglia senza madre per farlo crescere da queste due creature», ha scritto il commentatore cattolico youtuber Matt Walsh su X. «Assolutamente orribile. Una malvagità indescrivibile».

 

 

Secondo quanto scrive Lifesite, non solo la coppia è riuscita ad ottenere il bambino nonostante i trascorsi sessuali criminali dell’uomo, ma pare che abbiano utilizzato l’app di crowdfunding GoFundMe per aiutarlo.

 

«È stato rivelato che una coppia gay che ha finanziato tramite crowdfunding il proprio percorso di maternità surrogata ora ha la custodia di un bambino, nonostante uno dei partner (…) sia stato condannato per reati sessuali su minori, sfruttando una scappatoia della Pennsylvania per la maternità surrogata che aggira le restrizioni statali sull’adozione per i predatori registrati», ha riportato Right Angle News Network su X.

 

«Orribile», ha scritto l’attivista pro-life Lila Rose, fondatrice di LiveAction. «Dopo la diffusione virale di un video di due uomini che baciavano un neonato acquistato tramite crowdsourcing, fecondazione in vitro e madre surrogata, gli investigatori di internet hanno scoperto che uno degli uomini era un molestatore sessuale registrato».

 

 

«Non è richiesto alcun processo di verifica per la maternità surrogata. Chiunque abbia soldi può comprare un bambino», ha detto Rose. «Non solo questo bambino è stato privato di una madre intenzionalmente, ma non sono stati messi in atto meccanismi di sicurezza per proteggerlo. I bambini non sono merci».

 

«Vietate la maternità surrogata», ha aggiunto la Rose.

 

La deputata repubblicana degli Stati Uniti Anna Paulina Luna ha chiesto al procuratore generale della Pennsylvania: «perché a questo molestatore di bambini è consentito adottare un bambino?»

 

«Il fatto che quest’uomo stia sfruttando una scappatoia che consente l’adozione tramite maternità surrogata, pur essendo un molestatore sessuale registrato, è disgustoso. Dovrebbe essere FUORILEGGE», ha dichiarato.

 

«Non mi interessa chi sei, qual è la tua razza o il tuo genere: se sei un molestatore sessuale registrato, non ti dovrebbe essere permesso di avvicinarti ai bambini, figuriamoci adottarli», ha detto la Luna.

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Renovatio 21 considera che lo stupore si addice solo a chi fino ad ora ha tenuto gli occhi chiusi: tutti i nodi della Necrocultura sono collegati l’uno con l’altro in modo istituzionalizzato grazie allo Stato moderno: con il diritto all’aborto si crea il diritto alla fecondazione in vitro (che uccide molte più bambini dell’aborto, ma che grazie a questo sono finalmente considerati come sacrificabili), con il matrimonio gay si crea giocoforza il «diritto» alla maternità surrogata, con il «diritto al gender» si apre all’istituzionalizzazione di ogni possibile devianza (come visibile ai gay pride), con l’erosione progressiva di vari tabù: si ricordano gli ammiccamenti a certe manifestazioni riguardo ai bambini delle famiglie normali.

 

Aggiungiamo che, se fosse vero che l’omosessualità proviene dall’assenza della figura paterna (come sosteneva Sigmund Freud), l’ondata presente è stata creata dalle leggi sul libero divorzio – un’altra legge teratogenetica che andrebbe abolita quanto prima, ma siete dei folli se sperate che i pro-vita dell’establishment provino a dirlo e a farci una battaglia.

 

A Renovatio 21, invece, abbiamo proprio intenzione di farlo: combattere la Necrocultura in maniera integrale, senza nessun compromesso, e con tutta la forza che abbiamo.

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