Geopolitica
Ma quale stallo della Russia? In arrivo un false flag chimico per la guerra apocalittica
La propaganda in corso in occidente è nauseante: la Russia, ci ripetono da tutte le parti, si è impantanata. Eh sì: Putin pensava di chiuderla in poche ore, una blitzkrieg. E invece, eccoti l’eroica resistenza ucraina…
Questa serie di balle cretine e sanguinarie sono ripetute ovunque, dalla conduttrice del programma matutino all’editorialista in doppiopetto, dall’analista militare nerd all’uomo che prende il caffè al bar al mattino (già per il fatto che è lì grazie al green pass, non andrebbe ascoltato).
Eccerto, come no: gli ucraini stanno vincendo su tutta la linea. Per questo chiedono le armi – e le ottengono pure, anche se non si è capito bene a chi stiano finendo, visto che i ragazzi delle brigate internazionali raccontano di caricatori con dieci colpi dentro per i pochi che riescono a farsi distribuire un’arma (da quello che dicono, li vorrebbero mandare a combattere a Kiev disarmati: di fatto, servono cadaveri per i social, più che guerriglieri – l’establishment ucraino pensa di poter evitare la forca solo grazie al coinvolgimento di tutti i Paesi in una Terza Guerra Mondiale).
Eccerto, è perché l’Ucraina sta dominando, che Zelens’kyj fa gli straordinari su Zoom per chiedere a USA, britannici, a chiunque, di istituire una no-fly zone – che, come specificato apertamente da Putin (un uomo di parola, diciamo), costerebbero l’immediata dichiarazione di guerra.
No, non dovete usare la logica, e due anni di sottomissione pandemica vi aiutano pure. Così come chi è vaccinato può essere libero di andare in giro ad infettare la gente mentre chi non lo è non deve muoversi, dovete arrendervi alla logica schiacciante dell’Ucraina vittoriosa che chiede aiuto, e della Russia perdente che tuttavia avanza.
Forse temono di non riuscire, stavolta, a convincere tutti: ecco perché sui giornali occidentali non si vede un racconto che sia uno di quelli che dicono che gli ucraini non lasciavano i loro cittadini scappare da Mariupol, anzi sparavano loro dietro. Non c’è l’ombra di una foto, o dei video, di equipaggiamenti ed interi battaglioni nascosti negli asili e negli ospedali. I canali Telegram russi ne abbondano, e ci si chiede come sia possibile che nessun giornalista occidentale prenda qualcuno di questi documenti in considerazione.
E poi, la propaganda più ebete: gli eroi dell’Isola dei serpenti, come no. Il fantasma di Kiev. I ponti fatti crollare dai russi, quando invece sono stati ovviamente gli ucraini che, giustamente, devono impedire a quegli altri di avanzare.
Sì, la Russia è in stallo. Il piano di Putin è fallito. L’Iraq invaso dagli americani costò 40 e passi giorni, tra bombardamenti e quant’altro. L’Iraq, il deserto – dove fare tabula rasa non era tabù. I russi invece devono prendere l’enorme Ucraina, senza toccare civili ed infrastrutture, in una manciata di giorni.
E pazienza se qualcuno nota la perfetta, lucida geometria russa: accerchia le città principali (pure ignorando Odessa, completamente), ma non vi entra subito. Aspetta, con l’approccio del pitone. Non assedia veramente: acqua luce gas e internet a Kharkov vi sono ancora, e anche a Kiev. Non sta mostrando tutta la sua forza principale: sta mandando avanti soprattutto le truppe di volontari ceceni, anche per far capire con che potenza Putin riesce a normalizzare i conflitti (la Cecenia, e la conversione dei Kadyrov, sono il capolavoro che ha lanciato il suo astro di statista).
No: ripetete tutti che la Russia si è impantanata. Già vedi gli spettri dell’Afghanistan sovietico, anzi del Vietnam americano. Mosca sta chiedendo armi a Pechino, dicono. Vi sono licenziamenti furiosi di dirigenti dei servizi segreti. E poi, lo sappiamo, Vladimir ha la «rabbia di Roid», anche se il dottor Roid non è mai esistito se non nel traduttore automatico dei giornalisti italiani.
Ora, la propaganda su questo punto è talmente martellante che ci viene in mente che dietro può esserci un motivo più serio e preoccupante della demenza raggiunta dal sistema occidentale.
E così pensiamo: se devono fare un false flag, un attacco sotto falsa bandiera, non possono senza l’idea inculcata nell’opinione pubblica mondiale di una Russia in difficoltà. La storia è sempre la stessa: guardate, il tiranno ha lanciato un attacco disumano contro la popolazione inerme ed innocente. Va fermato. Interveniamo, ora la cosa è moralmente giustificabile.
Se ricorderete, fu così con Assad una diecina di anni fa. Le armi chimiche invece pare proprio che le avessero usate gli altri: e chissà chi gliele aveva fornite.
E qui si avrebbe una reiterazione, perché gli sceneggiatori sono a corto di idee, e quindi ricicciano il copione vecchio: ecco che si dice che il false flag sarà fatto con armi chimiche. Perché le nucleari al momento le tengono in stand-by, e quelle batteriologiche, dopo le rivelazioni delle scorse settimane, beh, non sarebbero così efficaci nella propaganda (rimarrebbe a tutti il dubbio: ma non è che siano proprio quei patogeni che l’Ucraina stava «studiando» con il danaro e la supervisione del Pentagono?).
Ecco quindi che i network cominciano a parlare delle armi chimiche di Putin, facendo eco al capo della NATO, alla Polonia, a chiunque. Putin sta per usare la chimica della morte. Anzi, lo ha già fatto: il Guardian ricorda il caso di Skripal, l’ex agente segreto russo avvelenato a Salisbury.
Jake Sullivan, il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca (implicato peraltro in altre trame russe contro Trump) l’ha detta completa, articolando che il presidente russo Vladimir Putin sta «ricorrendo» a utilizzare potenzialmente armi chimiche in Ucraina perché è frustrato dal fatto che le forze di Mosca non stiano avanzando (date all’uomo una mappa e un paio di occhiali).
Tutti in coro cantano: armi chimiche! Armi chimiche!
Come si dice: la gallina che canta ha fatto l’uovo.
Potrebbero buttarle loro, le armi chimiche – e poi dare la colpa al «mostro» Putin. Un bel quartiere di una grande città, o un paesino di campagna – una bella strage chimica da far riprendere col telefonino per l’algoritmo di Facebook. Da lì, la strada per l’intervento NATO contro la Russia sarebbe spianata. Altro che la bustina di Colin Powell per mettere le mani su Saddam.
Voi direte, ma come è possibile compiere un atto così atroce?
È possibile, se alla base si ha un’ideologia utilitarista. Cioè, la minoranza può essere sempre sacrificata per il maggior godimento della maggioranza.
I sistemi politici angloidi sono per lo più utilitaristi, nei secoli hanno sterminato intere popolazioni (irlandesi, indiani, indiani d’America, etc.) per il maggior beneficio di Londra e Washington; anche la dottrina nazista è intrinsecamente utilitarista: l’inferiore deve essere sacrificato al fine della maggior prosperità del superiore. Le due ideologie non sono dissimili: di fatto sono imparentate, ramificazioni ulteriori di un nichilismo occidentale, di un paganesimo antiumano.
Pensateci: oggi l’Ucraina è proprio quel luogo dove l’anglosfera e il nazismo tornano a operare insieme, da bravi parenti. Quindi, un bel false flag sacrificale, con migliaia di morti, non è così impensabile.
Il problema è quello che verrà dopo.
Se ci ripetono che la Russia è in difficoltà e per mettere in piedi questa narrazione dell’animale ferito divenuto ancora più pericoloso, così da poter chiederne l’abbattimento.
In sostanza, il false flag del pantano russo servirebbe come innesco della guerra totale. Quella che potrebbe essere combattuta con armi atomiche e ipersoniche – in Europa, e «senza vincitori».
I segni ci sono tutti. Preparano uno scontro apocalittico, con in mente il Götterdämmerung di Wagner (i nazisti) o, sempre zona Wagner, la più prosaica scena degli elicotteri con la cavalcata delle Valchirie sotto (gli americani).
Lo faranno, come sempre, con bugie e sacrifici umani.
Ha ragione Putin: è l’impero della menzogna. Solo che al termine della guerra che stanno per far partire non rimarrà neppure quella.
Potrebbe non rimanere nulla.
Roberto Dal Bosco
Geopolitica
Oltre 100 stati contro Israele per aver dichiarato il capo dell’ONU persona non grata
Oltre 100 stati membri delle Nazioni Unite hanno firmato una lettera a sostegno del presidente dell’organizzazione, Antonio Guterres, denunciando la decisione del governo israeliano di impedirgli di entrare nel Paese.
La petizione è stata avviata dal Cile dopo che Israele ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite persona non grata il 2 ottobre, accusandolo di non aver «condannato inequivocabilmente» l’Iran.
Dopo l’attacco dell’Iran, Guterres ha dichiarato di essere «estremamente preoccupato per l’escalation del conflitto in Libano» e ha condannato l’intensificazione del conflitto in Medio Oriente con «escalation dopo escalation».
In seguito ha affermato che «avrebbe dovuto essere ovvio» che condanna «i massicci attacchi missilistici di ieri dell’Iran contro Israele».
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In una lettera pubblicata venerdì dal Ministero degli Esteri del Cile, presumibilmente firmata da una coalizione di 104 nazioni delle Nazioni Unite e dall’Unione Africana, i membri hanno espresso «profonda preoccupazione» e «condanna della recente dichiarazione del Ministro degli Esteri israeliano», sostenendo che «tali azioni compromettono la capacità delle Nazioni Unite di svolgere il proprio mandato, che include la mediazione dei conflitti e la fornitura di sostegno umanitario».
«In Medio Oriente, ciò potrebbe ritardare ulteriormente la fine di tutte le ostilità e ostacolare l’istituzione di un percorso credibile verso una soluzione a due Stati», si legge nella lettera, aggiungendo che il lavoro di Guterres «resta fondamentale per garantire il dialogo, facilitare gli sforzi umanitari e promuovere la pace e la stabilità in tutto il mondo».
I firmatari hanno ribadito il loro «pieno sostegno e fiducia» in Guterres e nel suo impegno per «la pace e la sicurezza» e per «promuovere il rispetto del diritto umanitario internazionale», chiedendo un «dialogo significativo» per porre fine alle ostilità e raggiungere una pace duratura in Medio Oriente.
Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz ha difeso la decisione di inserire Guterres nella lista nera, sostenendo che è stata motivata dal suo ripetuto «comportamento antisemita e anti-israeliano» e che non sarebbe stata revocata.
«Guterres può continuare a cercare di raccogliere firme a suo sostegno all’interno delle Nazioni Unite, ma la decisione non cambierà», ha detto Katz su X sabato.
I have declared UN Secretary-General @antonioguterres as persona non grata and barred him from entering Israel due to his failure to condemn Iran’s missile attack on Israel, as well as his antisemitic and anti-Israel conduct. A poll found that 87% of the Israeli public supports… pic.twitter.com/TZmYCug7gV
— ישראל כ”ץ Israel Katz (@Israel_katz) October 13, 2024
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Guterres lo scorso novembre aveva chiesto un cessate il fuoco a Gaza, ottenendone in risposta dal ministro degli Esteri israeliano la richiesta di essere cacciato dal segretariato ONU.
Come riportato da Renovatio 21, il segretario ONU da mesi lancia l’allarme riguardo la situazione globale. A inizio anno fa aveva detto che il mondo stava entrando in un’«era del caos».
A fine luglio il Katz aveva avvertito che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan potrebbe finire come l’ex leader iracheno Saddam Hussein, rovesciato e giustiziato da una coalizione sostenuta dagli Stati Uniti, se tentasse di intervenire nella guerra di Gaza.
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Immagine di Europea Parliament via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
Geopolitica
L’Ucraina discute di cedere territorio in cambio della pace: Der Spiegel
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Geopolitica
Il presidente serbo sventola la bandiera russa alla partita di calcio
Secondo un video che circola sui social media, sabato il presidente serbo Aleksandar Vucic avrebbe srotolato una doppia bandiera serbo-russa durante una partita di calcio.
Vucic e Milorad Dodik, presidente della Republika Srpska, una delle regioni a maggioranza serba della Bosnia-Erzegovina, hanno assistito a una partita tra Svizzera e Serbia nella città serba di Leskovac.
Secondo un video condiviso da Dodik, i due leader, insieme a numerosi funzionari governativi presenti alla partita, si sono alzati dai loro posti mentre veniva suonato l’inno nazionale serbo.
Pochi istanti dopo, Dodik ha preso una bandiera della Republika Srpska, mentre Vucic, che era seduto accanto a lui, ha prontamente seguito l’esempio, tirando fuori dalla tasca una sciarpa con una bandiera serba e una russa. Le due bandiere hanno gli stessi colori (il tricolore panslavo), ma in un ordine diverso.
Вечерас смо срцем уз Србију. Напријед, “орлови”.🇷🇸 pic.twitter.com/qcurWGhX7b
— Милорад Додик (@MiloradDodik) October 12, 2024
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La partita tra la Serbia e la squadra svizzera, tra cui figuravano diversi giocatori nati in Kosovo, si è conclusa con una vittoria per 2-0 per i padroni di casa.
Il gesto di Vucic ha suscitato alcune critiche sui social media, con il leader del Partito Repubblicano di Serbia Nikola Sandulovic che lo ha descritto come un chiaro messaggio al popolo serbo: Vucic è e sarà un alleato della Russia, «soprattutto ora che stiamo cercando di essere il “cavallo di Troia” della Russia in Occidente».
Sebbene l’Unione delle associazioni calcistiche europee (UEFA) non abbia completamente vietato le bandiere russe dagli eventi sportivi, ha fatto un’eccezione per le partite che coinvolgono la nazionale ucraina a causa del timore che il tricolore potesse essere considerato «provocatorio». Tutte le squadre russe sono state bandite dagli eventi UEFA dall’inizio del conflitto in Ucraina.
La Serbia, che ha stretti legami con la Russia, ha costantemente sfidato la pressione occidentale per unirsi alle sanzioni contro Mosca per la crisi ucraina. Vucic ha anche ripetutamente chiesto un cessate il fuoco immediato tra Mosca e Kiev.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato il governo serbo aveva apertamente ringraziato i servizi russi per l’avvertimento che una rivoluzione colorata stava per abbattersi su Belgrado all’altezza delle ultime elezioni.
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