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Geopolitica

L’assassinio del fisico nucleare iraniano: una trappola per Trump?

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Quanto accaduto in Persia poche ore fa potrebbe essere legato a strategie per cacciare definitivamente dalla Casa Bianca il presidente Donald J. Trump.

 

«Il brutale assassinio del principale scienziato nucleare iraniano Mohsen Fakhrizadeh deve essere visto per quello che è stato: un atto di terrorismo» scrive l’attivista tedesco-americana Helga Zepp-Larouche.

 

È giusto chiamare le cose con il proprio nome: siamo incontrovertibilmente alle prese con una forma di terrorismo di Stato sempre più sanguinario e tracotante.

 

«Questo terribile sviluppo ha il potenziale per funzionare come una trappola per il presidente Donald Trump, che ora sta combattendo per dimostrare la massiccia frode elettorale che è stata usata nel tentativo di rubare la sua rielezione a un secondo mandato».

«Questo terribile sviluppo, che i leader iraniani attribuiscono a Israele (che ha assassinato altri scienziati iraniani), ha il potenziale per funzionare come una trappola per il presidente Donald Trump, che ora sta combattendo per dimostrare la massiccia frode elettorale che è stata usata nel tentativo di rubare la sua rielezione a un secondo mandato».

 

Anche qui, si rivela corretta l’idea che il vero nemico di Trump – e, ora, della pace – siano i media, i quali imbeccati da chi di dovere stanno propalando a piene mani la narrativa tossica dello scontro imminente con Teheran.

 

Si tratta di un diversivo? Di un modo per distrarre le forze di Trump dalla battaglia per la Casa Bianca? Un progetto per delegittimare la sua leadership per liquidarlo approfittando del momentum?

 

«Il presidente Trump ha chiesto di porre fine alle malvagie guerre di “cambio di regime” lanciate dai presidenti Bush e Obama e ha recentemente rimosso i comandanti militari che si sono rifiutati di eseguire i suoi ordini per rimuovere le forze statunitensi da queste guerre»

«Sebbene la pianificazione e l’approvazione dell’assassinio non siano ancora chiare – continua la Larouche – alcuni iraniani e media di fake news come il New York Times negli Stati Uniti, suggeriscono che gli Stati Uniti abbiano approvato l’omicidio, poiché sono stati gli Stati Uniti a eseguire a gennaio l’omicidio via drone di Qassem Soleimani, il capo del Corpo delle guardie rivoluzionarie iraniane».

 

Fino ad oggi, Trump ha mantenuto la promessa di «portare a casa i ragazzi», cioè di far cessare le guerre statunitensi in giro per il globo che tanta morte e devastazione hanno causato.

 

«Il presidente Trump ha chiesto di porre fine alle malvagie guerre di “cambio di regime” lanciate dai presidenti Bush e Obama e ha recentemente rimosso i comandanti militari che si sono rifiutati di eseguire i suoi ordini per rimuovere le forze statunitensi da queste guerre».

 

«Il più grande pericolo derivante dal recente assassinio è che gli Stati Uniti potrebbero essere trascinati in una guerra con l’Iran, che potrebbe trasformarsi rapidamente in una nuova guerra mondiale con Russia e Cina».

La posta in gioco nello scacchiere geopolitico è, quindi, a dir poco esiziale.

 

«Il più grande pericolo derivante dal recente assassinio è che gli Stati Uniti potrebbero essere trascinati in una guerra con l’Iran, che potrebbe trasformarsi rapidamente in una nuova guerra mondiale con Russia e Cina».

 

Aggiungiamo noi di Renovatio 21: la realtà è che forse l’unica strada in cui è evitata una guerra mondiale – idea tanto amata dai democratici e dallo Stato Profondo e dal Complesso Militare-Industriale – potrebbe essere, per l’America, la strada della guerra civile…

 

La realtà è che forse l’unica strada in cui è evitata una guerra mondiale – idea tanto amata dai democratici e dallo Stato Profondo e dal Complesso Militare-Industriale – potrebbe essere, per l’America, la strada della guerra civile…

Mentre i media continuano a raccontare la favola di Biden Presidente – senza peraltro mostrarlo mai – la situazione USA è al parossismo, con cittadini che invocano (!) la legge marziale per riportare l’ordine nella democrazia umiliata e ora priva di ogni legittimità percepita dalla popolazione.

 

 

 

 

 

 

 

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Geopolitica

Ron Paul: i neocon ottengono la loro guerra contro l’Iran mentre il Congresso USA dorme

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Nel weekend, il comandante del Comando Centrale degli Stati Uniti (CENTCOM), il generale Michael Kurilla, è arrivato in Israele per «coordinarsi» con l’esercito israeliano e pianificare un attacco militare contro l’Iran.

 

Pensateci un attimo: uno degli ufficiali di grado più alto nell’esercito degli Stati Uniti sta pianificando una guerra in un paese straniero contro un altro paese straniero che sarà alimentata da armi americane, Intelligence americana e dollari delle tasse americane.

 

Quel paese straniero, l’Iran, ha attaccato gli Stati Uniti o ha minacciato gli americani? No, non l’ha fatto. Cosa ha fatto l’Iran per giustificare che un comandante del CENTCOM facesse entrare in gioco il peso dell’esercito statunitense per pianificare una guerra, forse la Terza Guerra Mondiale? Ha reagito agli attacchi aerei israeliani, inclusa l’assegnazione di un leader di Hamas, Ismail Haniyeh, a Teheran.

 

È stato l’attacco missilistico israeliano a Teheran, un evento senza precedenti, a innescare questa catena di escalation, ma pochi lo saprebbero dalla copertura mediatica. Questa febbre da guerra tra Israele e Iran non solo non ha nulla a che fare con noi, ma il nostro crescente coinvolgimento danneggia in realtà i nostri interessi nazionali nella regione.

 

Dopo una guerra per procura mortale e inutile durata tre anni contro la Russia in Ucraina, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un’altra guerra in Medio Oriente, specialmente contro l’Iran. Ma non fatevi illusioni, la guerra è ciò che stiamo ottenendo. Questa amministrazione ha persino offerto di «compensare» Israele con ancora più armi e supporto diplomatico se colpiscono obiettivi scelti dagli Stati Uniti ed evitano altri in Iran.

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Immaginate se la Cina inviasse ufficiali militari in Iran per pagare Teheran e assicurarsi che alcuni obiettivi americani venissero colpiti e altri evitati. La considereremmo una guerra dell’Iran contro di noi, o una guerra della Cina contro di noi? Entrambe?

 

Il Congresso ha dichiarato guerra all’Iran o ha addirittura autorizzato la guerra? No. Questa Amministrazione ci ha spiegato perché gli americani che soffrono dopo il catastrofico uragano Helene sono soli perché dobbiamo spendere miliardi per una guerra che non ci riguarda? No. I neocon hanno voluto questa guerra per decenni e per loro è sempre l’America per ultima.

 

Questa guerra ci renderà meno liberi, meno sicuri e molto più poveri. Non ci saranno benefici, solo svantaggi.

 

L’amministrazione Biden/Harris darà il via libera a Israele per l’eliminazione della produzione petrolifera e di altre strutture energetiche dell’Iran? Ciò significherebbe che l’americano medio, che già soffre di un’inflazione elevata e di una crisi economica, pagherebbe ordini di grandezza più alti non solo per la benzina, ma per tutto.

 

Considerate il costo delle spedizioni e dei trasporti su camion e ogni aspetto della nostra vita che dipende dai prezzi mondiali dell’energia. Sarebbe una calamità economica per gli americani a vantaggio di un paese straniero. Questo è ciò che chiamano patriottismo?

 

Stiamo camminando nel sonno verso una guerra catastrofica, cullati nell’obbedienza da una propaganda mediatica senza sosta. Altri miliardi saranno prosciugati dalla nostra economia e molte altre vite innocenti saranno perse in questa follia.

 

Quasi un quarto di secolo dopo non abbiamo ancora imparato le lezioni dell’11 settembre. Quando andiamo all’estero a scatenare il caos e la distruzione su popolazioni straniere che non ci hanno fatto del male, creiamo nemici che cercheranno vendetta. Facciamo del male a noi stessi. E rischiamo il contraccolpo.

 

Il momento di opporsi a questa guerra imminente è ADESSO!

 

Articolo previamente apparso sul sito del Ron Paul Institute for Peace and Prosperity, ripubblicato secondo le indicazioni.

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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic

 

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Geopolitica

Khamenei: Israele «non durerà a lungo»

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L’attacco a sorpresa contro Israele lanciato da Hamas l’anno scorso è stato un passo «logico e legale» verso la sconfitta del regime sionista «malizioso e codardo», ha affermato la Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei.   Venerdì scorso, nel suo primo sermone pubblico in quasi cinque anni, Khamenei ha difeso le azioni contro Israele da parte del cosiddetto «asse della resistenza», che include Hezbollah, con base in Libano, e il gruppo palestinese Hamas.   Khamenei ha detto nel suo sermone che i palestinesi, come «ogni popolo», hanno «il diritto di difendere la loro terra, la loro casa, il loro paese e i loro interessi dagli aggressori», e questa «logica è supportata dal diritto internazionale», aggiungendo che «coloro che aiutano» i palestinesi e li sostengono stanno semplicemente «facendo il loro dovere».   «Questa è la regola dell’Islam, la regola della ragione e della logica internazionale e globale. I palestinesi stanno difendendo la loro terra; la loro difesa è legittima e aiutarli è anche logico e legale», ha affermato l’ayatollah, il quale ha difeso il recente attacco missilistico dell’Iran contro Israele, affermando che si trattava della «punizione minima per l’usurpatore e sanguinario regime sionista… il cui unico risultato è stato quello di bombardare case, scuole, ospedali e centri di ritrovo civili» a Gaza.

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La guida suprema della Rivoluzione Islamica ha continuato dicendo che l’Iran «svolgerà qualsiasi compito richiesto» per vedere Israele sconfitto, sostenendo che lo Stato Ebraico è riuscito a «sopravvivere» per così tanto tempo solo grazie all’assistenza dei suoi alleati in Occidente.   «Questo regime agisce come lupi rabbiosi e cani infuriati dell’America nella regione. Questa entità malvagia e codarda è riuscita a malapena a sopravvivere grazie al sostegno dell’America, e non durerà a lungo», ha affermato.   Khamenei nel suo discorso ha sottolineato che il problema principale in Medio Oriente è l’interferenza straniera, poiché «i Paesi della regione sono in grado di stabilire sicurezza e pace» se lasciati soli, criticando il coinvolgimento e il sostegno di Washington allo Stato di Israele, affermando che gli Stati Uniti non hanno mai voluto la pace in Medio Oriente, ma hanno invece perseguito l’obiettivo «di trasformare Israele in uno strumento per impossessarsi di tutte le risorse naturali della regione e investirle in importanti conflitti globali».   Come riportato da Renovatio 21, in un segno piuttosto chiaro riguardo la presente postura della sua guida, pochi giorni fa l’ayatollah si era mostrato in pubblico impugnando la canna di un fucile. Nel suo discorso aveva quindi minacciato di colpire le strutture energetiche israeliane in caso di reazione.   Da diversi mesi la guida suprema iraniana racconta della necessità di punire il «malvagio regime sionista», chiamato anche «regime usurpatore», contro cui aveva annunciato una «rivolta internazionale»   Già due mesi fa, a seguito dell’assassinio a Teheran del leader di Hamas Ismail Haniyeh, il Khamenei aveva promesso vendetta vera.

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Immagine di Khamenei.ir via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International.
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Geopolitica

Giornalista americano si dà fuoco durante una manifestazione pro-palestinese

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Un giornalista della CBS News si è dato fuoco durante una protesta pro-palestinese nei dipressi della Casa Bianca sabato.

 

In un post del blog scritto in precedenza, l’uomo ha affermato di essersi auto-immolato per protestare contro la «disinformazione» dei media sulla guerra di Israele a Gaza.

 

Le riprese video condivise sui social media hanno mostrato l’uomo che si dava fuoco al braccio sinistro, prima che poliziotti e passanti lo circondassero e spegnessero l’incendio con acqua e un tradizionale indumento palestinese, la kefiah.

 

«Abbiamo diffuso la disinformazione», ha urlato in seguito, seguito da «sono un giornalista e ho detto che andava bene».

 

L’uomo è stato in seguito identificato come Samuel Mena, un fotoreporter della rete affiliata alla CBS KTVK/KPHO in Arizona. La rete ha affermato che Mena era «fuori servizio e non a Washington per questioni di stazione» al momento dell’incidente e che sarebbe stato licenziato per aver violato la politica aziendale su «obiettività e neutralità».

 

 

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In un lungo post sul blog pubblicato prima dell’incidente, Mena si è lamentato di dover descrivere la guerra a Gaza come un conflitto tra Israele e Hamas, quando la maggior parte delle sue vittime sono state civili.

 

«Quanti palestinesi sono stati uccisi che ho permesso di marchiare come Hamas? Quanti uomini, donne e bambini sono stati colpiti da un missile cofirmato dai media americani?» ha scritto.

 


«Ai diecimila bambini di Gaza che hanno perso un arto in questo conflitto, offro il mio braccio sinistro», ha urlato il giornalista autocombusto.

 

Le ferite di Mena non sembravano gravi nel video e la polizia ha poi dichiarato che era stato portato in ospedale e curato per ustioni lievi.

 

L’incidente è avvenuto otto mesi dopo che Aaron Bushnell, un membro in servizio attivo dell’aeronautica militare statunitense, si era dato fuoco fuori dall’ambasciata israeliana a Washington DC per protestare contro il sostegno americano a Israele.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Bushnell si era cosparso in un liquido infiammabile e ha urlato «Palestina libera» mentre le fiamme divoravano il suo corpo. La polizia ha spento il fuoco con gli estintori, ma Bushnell è comunque morto per le ferite riportate più tardi quel giorno. Hams in seguito ha dichiarato che il militare americano sarà reso immortale dalla sua azione.

 

Ieri ricorreva il primo anniversario dell’attacco di Hamas a Israele, durante il quale i militanti palestinesi hanno ucciso circa 1.100 persone e riportato a Gaza circa 250 ostaggi.

 

Manifestazioni pro-Palestina si sono vedute in varie città del mondo, dove la causa sembra essersi saldata, come un tempo, con quella della sinistra più o meno estrema.

 

Come riportato da Renovatio 21, sei mesi fa fuori dal tribunale in cui veniva processato il candidato presidente Donald J. Trump si era immolato fra le fiamme un bizzarro blogger-attivista americano.

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Immagine screenshot da YouTube

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