Economia
La Svizzera si prepara ai blackout
Il presidente della Commissione federale svizzera per l’elettricità, Werner Luginbühl, ha sollevato la possibilità che la Svizzera abbia interruzioni dell’elettricità quest’inverno.
La Svizzera è un Paese dotato di centrali nucleari. La loro elettricità viene parzialmente venduta anche all’Italia denuclearizzata. Tuttavia anche gli elvetici semprano preoccupati dinanzi crescenti carenze energetiche che colpiscono l’Europa sulla scia delle sanzioni dell’UE contro la Russia.
Il Luginbühl garantisce tuttavia che «una situazione del genere sarebbe gestibile».
Egli si sente quindi, in uno spirito preparatorio di precisione elvetica, di mettere in guardia i cittadini: «sicuramente è consigliabile avere abbastanza candele in casa. E se hai una stufa a legna, dovresti immagazzinare abbastanza legna da ardere».
In pratica lo svizzero dice: tutto OK, fate solo provviste come se fosse la fine del mondo.
Ecco che ci tocca vedere anche il survivalismo delle autorità cantonali. E sono cose belle.
Il Commissario Luginbühllo forse non lo sa, ma il consiglio che ha dato sulla legna da ardere è esattamente il suggerimento fornito dal governo polacco ai suoi cittadini: andare ora nei boschi per raccogliere legna per l’inverno, che senza gas russo sarà al freddo e al gelo.
In Germania, come noto, si preparano invece «hub di riscaldamento» per gli «sfollati energetici» incapaci di pagare la bolletta o di privati di termosifoni caldi nelle loro abitazioni.
Come riportato da Renovatio 21, annunci di blackout energetici si susseguono in Europa e nel mondo da un anno – con blackout effettivi capitati dappertutto.
Come noto, in Italia sono stati colpite Milano e Torino.
Lo scorso mese abbiamo riportato dei continui blackout in Texas. Da mesi si prevedono interruzioni di corrente in tutti gli USA.
Blackout in Cina, dove le aziende occidentali si chiedono abbia senso quindi investire. Per paura di nuove interruzioni, la Cina sta ordinando un aumento dell’uso di carbone.
Due mesi fa intere zone di Sydney, in Australia, sono andate al buio.
Blackout anche in Pakistan, con annessa chiusura delle fabbriche – mentre la società collassa e scivola verso la guerra civile.
La Gran Bretagna si prepara a blackout invernali.
Blackout, ovviamente, anche in uno dei laboratori del Nuovo Ordine Mondiale, lo Sri Lanka, senza carburante, cibo né elettricità.
Blackout in Giappone.
Blackout a Taiwano.
Blackout in Kazakistan Uzbekistan, Kirghizistan.
Blackout in Turchia.
Blackout minacciati in Indonesia, dove non vogliono più quindi esportare carbone.
Blackout paventati in Austria e Romania, e in Germania con spot apocalittici.
E non parliamo dei blackout in Canada, dove però riescono simpaticamente ad incolpare i castori.
Secondo uno studio a breve un miliardo di persone nel mondo sono a rischio blackout.
Di rischio blackout, il 13 gennaio di quest’anno, ha riferito alle presidenze del Parlamento italiano il COPASIR, Il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, cioè l’organo del Parlamento della Repubblica Italiana che esercita il controllo parlamentare sull’operato dei servizi segreti.
I blackout, come vaccini e green pass, sono un ulteriore strumento di controllo della popolazione, che si piegherà a qualsiasi cosa (e rinunciare in caso a qualsiasi diritto) pur di stare al caldo con la luce elettrica.
I blackout, soprattutto, decimeranno l’economia, distruggendo il tessuto produttivo delle aziende: un’ulteriore catastrofe che renderà il cittadino sempre più suddito dello Stato.
Lo abbiamo sentito al World Economic Forum di Davos di quest’anno, quando la a manager norvegese Kjerstin Braathen ha parlato della necessità di spiegare alle masse che «dobbiamo accettare che ci sarà dolore nel processo», e vi saranno «carenze di energia» e «pressioni inflazionistiche».
Il Grande Reset passa da qui: dal controllo sull’energia e quindi sulle nostre vite.
Ce lo stanno dicendo in faccia, ma non si sa bene quanti di noi stiano ad ascoltare.
Economia
FMI e Banca Mondiale si incontrano a Washington «all’ombra della guerra»
I capi delle due più grandi istituzioni finanziarie mondialiste, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale si starebbero incontrando a Washington in queste ore per discutere il rischio sistemico che comporta la guerra in corso. Lo riporta il giornalista britannico Martin Wolf, che serve come principale commentatore economico del Financial Times.
L’articolo si intitola oscuramente «L’ombra della guerra si allunga sull’economia globale».
L’editorialista britannico afferma che «i politici stanno camminando sulle uova» per una serie di ragioni, incluso il fatto che «un quinto della fornitura mondiale di petrolio è passata attraverso lo Stretto di Hormuz, in fondo al Golfo, nel 2018. Questo è il punto di strozzatura della fornitura di energia globale».
«Una guerra tra Iran e Israele, che includa forse gli Stati Uniti, potrebbe essere devastante» avverte l’Economist. «I politici responsabili dell’economia mondiale riuniti a Washington questa settimana per le riunioni primaverili del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale sono spettatori: possono solo sperare che i saggi consigli prevalgano in Medio Oriente».
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«Se il disastro fosse davvero evitato, come potrebbe essere l’economia mondiale?» si chiede la pubblicazione britannica.
Come riportato da Renovatio 21, lo scorso dicembre il FMI pubblicò un rapporto i cui dati suggerivano come il dollaro stesse perdendo il suo dominio sull’economia mondiale.
Durante le usuali incontri primaverili tra FMI e Banca Mondiale dell’anno passato si era discusso, invece, delle valute digitali di Stato – le famigerate CBDC.
Il progetto di una CBDC globale, una valuta digitale sintetica globale controllata dalle banche centrali, ha lunga storia. Nel 2019, prima di pandemia, dedollarizzazione, superinflazione e crash bancari che stiamo vedendo, l’allora governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney ne aveva parlato all’annuale incontro dei banchieri centrali di Jackson Hole, nel Wyoming nel 2019.
Come riportato da Renovatio 21, l’euro digitale sembra in piattaforma di lancio, e la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde sembra aver ammesso che sarà usato per la sorveglianza dei cittadini.
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Immagine di World Bank Photo Collection via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
Economia
La Bank of America lancia un allarme sul petrolio a 130 dollari
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Economia
Il prezzo dell’oro tocca il massimo storico
Ieri il prezzo dell’oro ha raggiunto il massimo storico, superando i 2.400 dollari l’oncia, mentre continua la corsa globale ai beni rifugio.
I prezzi spot dell’oro sono aumentati del 2,4% raggiungendo il massimo storico di 2.431,52 dollari l’oncia prima di pareggiare alcuni guadagni. I prezzi sono aumentati del 4% durante la settimana e del 16% finora quest’anno, superando l’aumento del 13% registrato per tutto il 2023, scrive RT.
Gli analisti attribuiscono il rally alla domanda degli investitori di beni rifugio in un contesto di incertezza globale e crescenti tensioni geopolitiche in Medio Oriente.
Funzionari statunitensi hanno affermato venerdì che l’Iran potrebbe lanciare un massiccio attacco contro Israele entro le prossime 24-48 ore. Teheran ha minacciato una dura risposta da quando Israele ha ucciso due generali iraniani in un attacco aereo all’inizio di questo mese.
«I fattori positivi per l’oro superano quelli negativi. Le crescenti tensioni in Medio Oriente sono il principale motore della recente impennata dell’oro», ha detto alla Reuters Chris Gaffney, presidente dei mercati mondiali di EverBank.
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La responsabile dell’analisi di mercato di StoneX Financial Ltd., Rhona O’Connell, ha anche affermato che «il rischio geopolitico è il fulcro qui» e che in un anno con più di 50 elezioni locali e nazionali, le continue tensioni in Medio Oriente si stanno aggiungendo «altra benzina sul fuoco».
Alcuni esperti hanno indicato che anche i continui e forti acquisti dalla Cina hanno sostenuto i prezzi, scrive Russia Today.
Gli investitori tradizionalmente si rivolgono all’oro in tempi di incertezza del mercato per coprire i rischi e come riserva di valore. Per migliaia di anni, i lingotti sono stati visti come un rifugio sicuro durante periodi di instabilità economica, crisi del mercato azionario, conflitti militari e pandemie.
Anche altri metalli preziosi sono in crescita, con l’argento che è salito del 4% a 29,60 dollari l’oncia, il suo prezzo più alto dall’inizio del 2021. Il palladio è salito del 2,7% a 1.075 dollari e il platino è salito sopra il livello psicologico chiave di 1.000 dollari l’oncia al suo massimo in quasi quattro mesi.
Come riportato da Renovatio 21, alcuni analisti avevano previsto che i prezzi dell’oro avrebbero potuto nei mesi successivi raggiungere la cifra record di 2.500 dollari l’oncia, spinti dalla domanda degli investitori di beni rifugio sulla scia dell’incertezza globale e delle tensioni geopolitiche.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno la Russia aveva parlato di un ritorno all’economia basata sul valore dell’oro. Gli economisti russi Sergej Glazev e Dmitrij Mitjaev avevano sostenuto l’uso dell’oro per proteggere il sistema finanziario russo mentre «salta giù» dal sistema basato sul dollaro in bancarotta e aiuta a stabilire una nuova architettura finanziaria internazionale. La proposta era quella di una sorta di «rublo d’oro 3.0».
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