Connettiti con Renovato 21

Cina

Blackout energetici nuova minaccia per l’economia cinese (e mondiale)

Pubblicato

il

 

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews.

 

 

Previsioni di crescita sotto l’8%. Colpite 16 province su 31. Problemi per il 44% delle industrie nazionali. Si moltiplicano gli incidenti sul lavoro causati dai blocchi elettrici. Nel nord-est del Paese la popolazione senza riscaldamento. Le autorità locali tagliano le forniture per rispettare i target sulla riduzione delle emissioni. Media di regime esaltano però Pechino come modello per le altre nazioni.

 

 

 

I continui blackout energetici sono l’ultima minaccia per l’economia cinese.

 

Le recenti interruzioni e razionamenti delle forniture elettriche hanno danneggiato il 44% delle attività industriali nazionali

Molte delle più importanti banche del mondo hanno già tagliato le stime di crescita del Paese; l’ultima ad averlo fatto è Goldman Sachs, che per il 2021 calcola un aumento del Pil del 7,8%, in calo rispetto all’8,2 della precedente previsione. Morgan Stanley, la giapponese Nomura, e China International Capital Corporation hanno presentato numeri simili.

 

Goldman Sachs spiega che recenti interruzioni e razionamenti delle forniture elettriche hanno danneggiato il 44% delle attività industriali nazionali. Il 24 settembre 23 metalmeccanici di un’azienda di Liaoyang (Liaoning) sono finiti in ospedale dopo aver inalato monossido di carbonio a causa di un improvviso blocco elettrico.

 

La crisi energetica interessa 16 delle 31 province cinesi. Essa è dovuta ai controlli ambientali che le amministrazioni locali devono effettuare per rispettare i target di «decarbonizzazione» fissati dal governo centrale: l’anno scorso Xi Jinping ha annunciato che la Cina azzererà le emissioni inquinanti entro il 2060. Hanno influito anche i limiti alle forniture di carbone – ancora la principale fonte d’energia del Paese – e la crescita del loro prezzo.

 

La situazione non migliorerà nei prossimi mesi, con il sistema elettrico nazionale a rischio collasso, riportano diversi media cinesi, citando operatori del settore

Le autorità locali imputano il problema ai maggiori consumi causati dallo sviluppo economico.

 

La situazione non migliorerà nei prossimi mesi, con il sistema elettrico nazionale a rischio collasso, riportano diversi media cinesi, citando operatori del settore.

 

Le sospensioni energetiche hanno colpito strutture strategiche come il porto di Tianjin: la chiusura o il rallentamento delle operazioni negli scali cinesi ha sempre una forte influenza sul resto del globo, dato che la Cina rimane il primo polo manifatturiero mondiale.

 

Sulle reti social la popolazione locale si lamenta per la mancanza di riscaldamento, lo spegnimento di semafori e lampioni stradali, e l’impossibilità di usare gli ascensori.

Ci sono problemi anche per le abitazioni private soprattutto nelle province nordorientali di Jilin, Heilongjiang e Liaoning.

 

Sulle reti social la popolazione locale si lamenta per la mancanza di riscaldamento, lo spegnimento di semafori e lampioni stradali, e l’impossibilità di usare gli ascensori.

 

Dopo un rapido recupero iniziale dall’emergenza pandemia, la crescita dell’economia cinese ha iniziato a rallentare. Secondo gli analisti, il ribasso è dovuto alle recenti politiche anti-trust del governo, che hanno preso di mira soprattutto i giganti nazionali hi-tech, allo scoppio di nuovi focolai di coronavirus e alle alluvioni estive. A preoccupare gli investitori è anche il destino di Evergrande, il colosso immobiliare che rischia la bancarotta per un debito da 300 miliardi di dollari.

 

La pubblicazione principe del Partito comunista cinese scrive che l’ascesa cinese è «inarrestabile» e il declino dell’Occidente «irreversibile»

Nonostante problemi energetici più vicini a realtà del terzo mondo che a una grande potenza industriale e tecnologica, il Quotidiano del popolo esalta la Cina come modello seguito da molti altri Paesi per arrivare al successo. In un lungo editoriale pubblicato ieri in prima pagina, la pubblicazione principe del Partito comunista cinese scrive che l’ascesa cinese è «inarrestabile» e il declino dell’Occidente «irreversibile».

 

Secondo esperti intervistati dal South China Morning Post, l’articolo è un assaggio di una risoluzione che sarà presentata in novembre al 6° Plenum del 19° Comitato centrale del Partito, in cui saranno delineati i maggiori successi del Pcc nel suo secolo di vita e la futura direzione sotto la guida di Xi.

 

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione Asianews e le sue campagne.

 

 

Renovatio 21 ripubblica questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

Continua a leggere

Cina

La Cina contro l’insabbiamento del Nord Stream

Pubblicato

il

Da

Il 15 marzo il ministero degli Esteri cinese ha sottolineato il fatto insolito che i principali organi di stampa occidentali hanno accolto acriticamente un’affermazione di anonimi funzionari statunitensi secondo cui un improbabile «manipolo filo-ucraino» sarebbe responsabile del bombardamento del gasdotto russo-tedesco Nord Stream il 26 settembre 2022.

 

Il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin ha descritto i gasdotti come «progetti infrastrutturali transfrontalieri vitali», la cui distruzione ha avuto «un grave impatto sul mercato energetico globale e sull’ambiente ecologico».

 

La Cina vuole «un’indagine obiettiva, imparziale e professionale» sull’attentato e vuole che i responsabili siano tenuti a rispondere. Prima è, meglio è, ha aggiunto.

 

«Abbiamo notato che alcuni media occidentali sono stati misteriosamente silenziosi dopo che Hersh ha riferito che gli Stati Uniti erano dietro l’esplosione del Nord Stream. Ma ora questi media sono insolitamente simultanei nel far sentire la loro voce. In che modo gli Stati Uniti spiegherebbero tale anomalia? C’è qualcosa nascosto dietro la scena?» ha chiesto Wang.

 

Non si tratta della prima esternazione di Pechino sul gasdotto russo-tedesco fatto saltare lo scorso autunno. La portavoce degli Esteri Mao Ning il mese scorso aveva insistito sulla necessità che gli USA dessero spiegazioni sul sabotaggio del Nord Stream.

 

La notizia per cui invece che essere frutto di un accurato piano militare condotto in totale clandestinità (anche all’oscuro del Congresso) dall’amministrazione Biden – la tesi, comprovata giornalisticamente con fonti date e luoghi da Seymour Hersh, l’attacco terroristico sia stato perpetrato da un non specificato gruppuscolo di persone filo-ucraine è stata trasmessa dapprima dal New York Times, che cita fonti nell’Intelligence USA, per poi essere rivendicata dai giornali tedeschi, che citano invece fonti nelle indagini locali.

 

Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha dichiarato che la storia dei subacquei filo-ucraina è una «completa assurdità».

 

I timori di Pechino per gli attacchi a infrastrutture strategiche transnazionali possono essere fondati. A inizio dicembre 2022 fa è stato completato il collegamento di un gasdotto che fornisce gas naturale russo alla Cina, e a Shanghai in particolare.

 

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

Continua a leggere

Cina

Intelligenza artificiale, delude Ernie, risposta cinese a Chat Gpt

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Il motore di ricerca Baidu ha presentato la sua chatbot. Dopo la presentazione persi alla Borsa di Hong Kong 3 miliardi di dollari di valore. Compagnia USA OpenAi lancia invece GPT-4, capace di interpretare artificialmente anche le immagini e non più solo testi. Guerra tecnologica con Washington minaccia i piani di Xi Jinping.

 

 

 

Delude Ernie Bot, la prima risposta cinese a Chat Gpt, il chatbot basato sull’intelligenza artificiale generativa sviluppata dalla compagnia hi-tech USA OpenAI. Oggi, dopo la sua presentazione, il motore di ricerca internet Baidu che l’ha sviluppata ha perso il 6,4% alla Borsa di Hong Kong, bruciando 3 miliardi di dollari.

 

Un chatbot è una chat capace di generare risposte di tipo umano a domande complesse: permette di interagire con un sistema di intelligenza artificiale, soprattutto per l’elaborazione di testi.

 

Gli investitori sono rimasti poco impressionati dai video preregistrati che mostravano Ernie Bot compiere calcoli matematici, parlare dialetti cinesi e generare video e immagini accompagnati da testi. Hanno pesato poi le parole dell’amministratore delegato di Baidu, Robin Li, il quale ha ammesso che il sistema non è perfetto e che è stato presentato perché il mercato lo richiedeva.

 

La differenza con i prodotti presentati da OpenAI è eclatante. Il 14 marzo l’azienda tecnologica USA (sostenuta da Microsoft) ha annunciato di aver iniziato a commercializzare un nuovo modello di intelligenza artificiale ancora più potente. GPT-4 è descritto come un sistema «multiplo», capace di interpretare artificialmente anche le immagini e non più solo testi.

 

Fino alla comparsa di Chat Gpt a novembre, la Cina era considerata all’avanguardia nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ora i rivali Usa sembrano in netto vantaggio. Anche Li si è detto impressionato dalle capacità di GPT-4, ma ha sottolineato che Ernie Bot non è uno strumento di confronto tra Cina e Stati Uniti.

 

Oltre a Baidu, anche l’altro colosso tecnologico cinese Alibaba sta elaborando la sua chatbot. Critici degli sforzi di Pechino sostengono però che il focus sulla censura porterà allo sviluppo di uno strumento deformato, lontano dagli standard occidentali.

 

Gli investimenti di Pechino sull’intelligenza artificiale sono minacciati dalla guerra tecnologica con gli USA. Per decisione dell’amministrazione Biden, le compagnie statunitensi di settore hanno bisogno di una licenza governativa per poter vendere a compratori cinesi macchinari per la produzione di chip avanzati – necessari nel campo dell’intelligenza artificiale. Su pressione di Washington, anche Giappone e Paesi Bassi hanno ristretto l’export di tali strumenti in Cina.

 

Xi Jinping ha ribadito più volte che Pechino deve raggiungere l’autosufficienza tecnologica per non dipendere da forze straniere. Morris Chang, fondatore del colosso taiwanese dei chip TSMC, ha detto oggi che i cinesi sono indietro 5-6 anni rispetto a Taiwan nello sviluppo di microchip di ultima generazione.

 

Secondo il piano Made in China 2025 lanciato da Xi nel 2015, entro il 2020 la Cina avrebbe dovuto raggiungere l’obiettivo di produrre il 40% dei chip usati per il consumo interno, per arrivare al 70% nei prossimi due anni: al 2021 la quota è stata di circa il 16%.

 

 

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.

 

 

 

Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

Continua a leggere

Cina

Accordo sino-vaticano, a Roma c’è un barlume di lucidità?

Pubblicato

il

Da

In un’intervista al canale cattolico EWTN del 14 marzo 2023 sul tema delle «sfide diplomatiche nel mondo di oggi», il segretario vaticano per i rapporti con gli Stati ha riconosciuto per la prima volta che l’accordo provvisorio firmato tra Santa Sede e Cina nel 2018, poi rinnovato nel 2020 e nel 2022, non era «il miglior accordo possibile», e che i suoi servizi stavano lavorando per negoziare «miglioramenti».

 

 

«L’obiettivo è quello di ottenere il miglior accordo possibile, cosa che non avviene certo al momento, per via della controparte [i cinesi, ndr] che era disposta solo ad arrivare fino a un certo punto, e ad accettare solo un numero limitato di cose. Ciò che è stato firmato è il risultato di ciò che solo allora era possibile».

 

Una rara e preziosa ammissione per bocca di un diplomatico noto per la sua discrezione e la sua competenza: è lui a dirigere la seconda sezione della Segreteria di Stato incaricata di assicurare buoni rapporti tra il Vaticano e gli Stati di tutto il mondo.

 

Nell’intervista concessa a Colm Flynn per EWTN, il vescovo Paul Gallagher fornisce anche dettagli sulla genesi dell’accordo provvisorio concluso nel 2018: «l’accordo firmato cinque anni fa è il risultato di negoziati che si estendono su un periodo di circa 30 anni. È quindi il risultato di un lungo processo che ha attraversato tre pontificati».

 

«Infatti, il cuore dell’accordo era già stato accettato da entrambe le parti durante il regno di papa Benedetto XVI, il resto era solo una questione di aggiustamenti. E da parte mia, non sono stato direttamente coinvolto in queste trattative». Va ricordato che il presule è entrato in carica nel 2014.

 

Facendo leva sull’autorità del suo diretto superiore, il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, il vescovo Gallagher sembra lasciar intendere, con parole velate, che la Santa Sede non avrebbe avuto davvero scelta nel 2018 «non è stato proprio il momento giusto per firmare l’accordo, per vari motivi».

 

«Sarebbe stato difficile; si sapeva che l’accordo sarebbe stato utilizzato dalla parte cinese per esercitare una maggiore pressione sulla comunità cattolica, in particolare sulla cosiddetta Chiesa sotterranea». Un modo diplomatico per dire che Roma si è fatta forzare la mano da Xi Jinping, senza sapere bene come.

 

Da qui l’importanza di dimostrare che la Santa Sede non può rassegnarsi a una situazione sfavorevole per i cattolici cinesi: «dobbiamo quindi andare avanti. Sono stati nominati alcuni vescovi. Sono in corso trattative per la nomina di altri vescovi. Ma, ovviamente, l’affare potrebbe avere risultati migliori. Infatti, attualmente stiamo negoziando un certo numero di migliorie, questo è il lavoro attualmente in corso», spiega l’alto diplomatico.

 

Per rispondere a chi annuncia il fallimento dell’accordo sino-vaticano, monsignor Gallagher insiste sul lungo tempo che presiede ai delicati rapporti con il Regno di Mezzo: possiamo solo progredire molto lentamente.

 

Ma una delle cose che hanno in comune i cinesi e la Santa Sede è non pensare in termini di mesi, o addirittura di anni, ma guardare le cose in un arco di tempo molto più lungo, sperando che poi i rapporti tra la Chiesa cattolica in Cina siano molto più sereno e fruttuoso».

 

È la prima volta che un alto funzionario della Santa Sede risponde con lucidità e franchezza nel merito delle critiche mosse all’accordo del 2018. Resta da pregare che questo «lungo tempo» di cui parla Mons. a scapito dei cattolici cinesi quotidianamente confrontati alle pressioni di Pechino che intende «sinizzare» la religione, cioè far passare la Chiesa sotto le forche caudine del maoismo.

 

 

 

 

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

 

 

 

Continua a leggere

Più popolari