Geopolitica
Bombardato il ponte di Crimea. Kiev: «questo è solo l’inizio».
La Commissione nazionale per l’antiterrorismo russa ha affermato che un’esplosione che ha coinvolto un camion ha provocato un incendio e distrutto una sezione del un ponte che collegava la Russia e la Crimea.
L’esplosione ha anche causato un «crollo parziale di due sezioni del ponte».
Il ponte è considerato una via di rifornimento chiave per le truppe russe nell’Ucraina meridionale.
La penisola di Crimea è fondamentale per sostenere le operazioni militari russe nel Sud dell’Ucraina. Senza il ponte si complicherebbero assai i rifornimenti alla penisola.
(19)#CrimeanBridge#Ukraine #Crimea #Крым pic.twitter.com/PL7Io6wnET
— Pierre Davide Borrelli (@PierreDBorrelli) October 8, 2022
A new video published online shows significant damage inflicted on the Crimean Bridge following reported explosions in the early morning of Oct. 8.
The illegally constructed bridge links the Russian-occupied Ukrainian peninsula Crimea with mainland Russia via the Kerch Strait. pic.twitter.com/63EvfqNf3G
— The Kyiv Independent (@KyivIndependent) October 8, 2022
L’esplosione sul ponte di Crimea è avvenuta poche ore dopo che diverse esplosioni all’inizio di sabato hanno colpito la città di Kharkov, innescando una serie di esplosioni secondarie. Il sindaco della città, Ihor Terekhov, ha affermato che la serie di esplosioni è stata causata da attacchi missilistici diretti al centro della città, che hanno provocato incendi in una delle istituzioni mediche, nonché in un edificio non residenziale. Non si avrebbero notizie di vittime.
Il ponte di Crimea si stende sullo stretto di Kerch, che collega il Mar Nero al Mare di Azov, che di fatto ora, dopo l’annessione della Crimea nel 2014 e i referendum della settimana passata, è un mare interno alla Federazione Russa.
The Crimea bridge was destroyed in a Suicide bombing. It will be the first suicide bombing that the mainstream media will celebrate. pic.twitter.com/cbjGIQ2bmw
— Syrian Girl 🇸🇾🎗 (@Partisangirl) October 8, 2022
The train on the Kerch Bridge is still burning. The train bridge won’t be operational. That case is closed forever. #Ukraine #Crimea #Kerch pic.twitter.com/sZaiMgPfzB
— (((Tendar))) (@Tendar) October 8, 2022
Si tratta di una struttura lunga 19 chilometri, costruita in tempi assai rapidi dopo il ritorno dell’oblast’ alla Russia, momento storico di cui il ponte era divenuto simbolo. il progetto è costa 3,69 miliardi di dollari, ed è stato aperto alle auto nel maggio 2018, mentre nel 2019 è stata la volta del traffico ferroviario. Prima del ponte la Crimea poteva essere raggiunta dalla Russia solo via aereo o via mare,
La struttura sarebbe già in riparazione. Il leader crimeano Sergej Aksjonov ha dichiarato su Telegram che «un servizio di traghetti è pronto per essere lanciato, inizierà ad operare più tardi oggi. Annunceremo un calendario più tardi».
Colpisce un commento proveniente da un alto papavero del regime di Kiev.
L’assistente del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyk, Mikhail Podolyak, ha pubblicato un post su Twitter dicendo che l’esplosione è «l’inizio».
«La Crimea, il ponte, l’inizio. Tutto ciò che è illegale deve essere distrutto, tutto ciò che è stato rubato deve essere restituito in Ucraina, tutto ciò che è occupato dalla Russia deve essere espulso» ha scritto neanche troppo cripticamente il Podolyak – in inglese.
Crimea, the bridge, the beginning. Everything illegal must be destroyed, everything stolen must be returned to Ukraine, everything occupied by Russia must be expelled. pic.twitter.com/yUiSwOLlDP
— Михайло Подоляк (@Podolyak_M) October 8, 2022
In precedenza, ad agosto, Podolyak aveva minacciato il ponte, dicendo al quotidiano britannico Guardian che il ponte è «una costruzione illegale e la porta principale per rifornire l’esercito russo in Crimea» e che «tali oggetti dovrebbero essere distrutti».
Due settimane fa il Podoljak aveva parlato con lo stesso giornale in merito ad attacchi con armi nucleari sul suolo russo.
Zelens’kyj e altri vertici del regime di Kiev avevano affermato in precedenza che l’Ucraina utilizzerà la forza per riconquistare la Crimea.
Dopo l’esplosione del Nord Stream 2, di tratterebbe della seconda grande infrastruttura russa sabotata con bombardamento nell’arco di una settimana.
È possibile ritenere quindi si tratti di una tattica di provocazione –in palio ci sono le elezioni di midterm in USA tra meno di un mese. Una reazione sconsiderata di Putin potrebbe obbligare i candidati più tiepidi verso Kiev a virare lontano da un’idea di accordo con la Russia e verso ulteriori rifornimento sempre più letali agli ucraini.
Immagine screenshot da Twitter
Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro Sretta Thavisin ha rinunciato alla visita, ma ha annunciato la creazione di un comitato ad hoc per gestire la situazione. Nel fine settimana, infatti, si sono verificati ulteriori combattimenti lungo la frontiera tra Myanmar e Thailandia e migliaia di rifugiati continuano a spostarsi da una parte all’altra del confine. Per evitare una nuova umiliazione l’esercito birmano ha intensificato i bombardamenti.
Il primo ministro della Thailandia Sretta Thavisin questa mattina ha cancellato la visita che aveva in programma a Mae Sot, città al confine con il Myanmar, e ha invece mandato al suo posto il ministro degli Esteri e vicepremier Parnpree Bahidda Nukara.
Nei giorni scorsi era stata annunciata la creazione di «un comitato ad hoc per gestire la situazione derivante dai disordini in Myanmar», ha aggiunto il premier. «Sarà un meccanismo di monitoraggio e valutazione» che avrà come scopo quello di «analizzare la situazione complessiva» e «dare pareri e suggerimenti per gestire in modo efficace la situazione».
La Thailandia, dopo i ripetuti fallimenti da parte dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) di far rispettare l’accordo di pace in Myanmar, sta cercando di evitare che un esodo di rifugiati in fuga dalla guerra civile si riversi sui propri confini proponendosi come mediatore. «Il ruolo della Thailandia è quello di fare tutto il possibile per aiutare a risolvere il conflitto nel Paese vicino, e un ruolo simile è atteso anche dalla comunità internazionale», ha dichiarato ieri il segretario generale del primo ministro Prommin Lertsuridej.
Durante il fine settimana si sono verificati ulteriori scontri a Myawaddy (la città birmana dirimpettaia di Mae Sot), nello Stato Karen, tra le truppe dell’esercito golpista e le forze della resistenza, che hanno strappato il controllo della città ai soldati, grazie anche al cambio di bandiera della Border Guard Force, che, trasformatasi nell’Esercito di liberazione Karen (KLA), è passata a sostenere la resistenza e sta combattendo per la creazione di uno Stato Karen autonomo.
Giovedì scorso, l’Esercito di Liberazione Nazionale Karen (KNLA, una milizia etnica da non confondere con il KNA) aveva annunciato di aver intercettato l’ultimo gruppo di militari rimasto, il battaglione di fanteria 275. Alla notizia, l’esercito ha risposto con pesanti bombardamenti, lanciando l’Operazione Aung Zeya (dal nome del fondatore della dinastia Konbaung che regnò in Birmania nel XVIII secolo), nel tentativo di riconquistare Myawaddy ed evitare così un’altra umiliante sconfitta.
The Irrawaddy scrive che l’aviazione birmana ha sganciato nei pressi del Secondo ponte dell’amicizia (uno dei collegamenti tra Mae Sot e Myawaddy) circa 150 bombe, di cui almeno sette sono cadute vicino al confine thailandese dove sono di stanza le guardie di frontiera. Si tratta di una tattica a cui l’esercito birmano sta facendo ricorso sempre più frequentemente a causa delle sconfitte registrate sul campo a partire da ottobre, quando le milizie etniche e le Forze di Difesa del Popolo (PDF, che fanno capo al Governo di unità nazionale in esilio, composto dai deputati che appartenevano al precedente esecutivo, spodestato con il colpo di Stato militare) hanno lanciato un’offensiva congiunta. Una tattica realizzabile, però, solo grazie al continuo sostegno da parte della Russia. Fonti locali hanno infatti dichiarato che gli aerei e gli elicotteri «utilizzati per bombardare i villaggi e per consegnare rifornimenti e munizioni» a «circa 10 chilometri dal confine tra Thailandia e Myanmar» erano «tutti russi».
Bangkok è stata presa alla sprovvista dalla situazione. Sabato un proiettile vagante ha colpito il retro di una casa sulla parte thailandese del confine, senza ferire nessuno, ma l’episodio ha costretto il Paese a rafforzare le proprie difese di confine, aumentando i controlli su coloro che attraversano i due ponti che collegano Myawaddy e Mae Sot, al momento ancora aperti.
La polizia thai ha anche arrestato 15 birmani e due thailandesi che stavano cercando di fuggire in Malaysia in cerca di migliori opportunità di lavoro. Il gruppo ha raccontato di aver valicato il confine a Mae Sot grazie all’aiuto di intermediari. Viaggi di questo tipo rischiano di diventare sempre più frequenti con l’esacerbarsi della violenza in Myanmar, sostengono gli esperti, i quali si aspettano un prosieguo dei combattimenti, almeno finché non comincerà la stagione delle piogge, che ogni anno pone un freno agli scontri.
Ma la Thailandia ha anche inviato aiuti in Myanmar (sebbene tramite enti gestiti dai generali) e attivato una risposta umanitaria a Mae Sot. Il Governo di unità nazionale in esilio ha ringraziato Bangkok per aver fornito riparo e assistenza ai rifugiati, prevedendo tuttavia ulteriori sfollamenti. Almeno 3mila persone – perlopiù anziani e bambini – hanno varcato il confine solo nel fine settimana, ha dichiarato due giorni fa il ministro degli Esteri Parnpree Bahidda Nukara, ma circa 2mila sono tornati a Myawaddy lunedì.
Il mese scorso Parnpree aveva annunciato che il Paese avrebbe potuto ospitare fino a 10mila rifugiati birmani a Mae Sot e dintorni.
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Geopolitica
L’Iran minaccia ancora una volta di spazzare via Israele
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Geopolitica
Fosse comuni negli ospedali di Gaza
Il capo dei diritti delle Nazioni Unite Volker Turk ha dichiarato martedì di essere «inorridito» dalla distruzione delle strutture mediche di Nasser e Al-Shifa a Gaza da parte delle truppe israeliane e dalle notizie di fosse comuni scopertevi.
Le autorità palestinesi hanno riferito di aver trovato decine di corpi in fosse comuni presso l’ospedale Nasser di Khan Younis questa settimana, dopo che era stato abbandonato dall’IDF. Sono stati segnalati corpi anche nel sito di Al-Shifa a seguito di un’operazione delle forze speciali israeliane.
Secondo il servizio di emergenza civile di Gaza gestito da Hamas, citato dall’agenzia Reuters, finora sono stati trovati un totale di 310 corpi in una fossa comune presso l’ospedale Nasser, la principale struttura sanitaria nel sud di Gaza. Secondo quanto riferito, altre due fosse comuni sarebbero state identificate ma non ancora scavate.
«Sentiamo il bisogno di lanciare l’allarme perché chiaramente sono stati scoperti più corpi», ha detto Turk, rivolgendosi a un briefing delle Nazioni Unite tramite un portavoce.
«Alcuni di loro avevano le mani legate, il che ovviamente indica gravi violazioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale, e queste devono essere sottoposte a ulteriori indagini”, ha affermato il responsabile dei diritti umani delle Nazioni Unite.
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L’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha detto che sta lavorando per corroborare i rapporti dei funzionari palestinesi, sostenendo che alcuni dei corpi erano sepolti sotto cumuli di rifiuti e includevano donne e anziani.
Israele afferma di essere stato costretto a combattere all’interno degli ospedali perché i militanti di Hamas usano le strutture come basi, un’affermazione che il personale medico e lo stesso gruppo militante negano. Il governo dello Stato Ebraico ha riferito che le sue forze hanno ucciso circa 200 militanti ad Al-Shifa e hanno evitato di danneggiare i civili.
Turk ha anche criticato gli attacchi israeliani su Gaza degli ultimi giorni, che secondo lui hanno ucciso soprattutto donne e bambini.
Il dirigente onusiano ha messo ancora una volta in guardia Israele da un’incursione su vasta scala nella città di Rafah, nel sud di Gaza, dove circa 1,4 milioni di sfollati palestinesi hanno cercato rifugio dall’inizio del conflitto Hamas-Israele. L’offensiva potrebbe portare a «ulteriori crimini atroci», ha avvertito il Turk.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sostiene che Israele non può raggiungere il suo obiettivo di «vittoria totale» senza lanciare un’offensiva su Rafah.
Come riportato da Renovatio 21, il Turko ha dichiarato il 18 marzo che «la portata delle continue restrizioni poste da Israele all’ingresso di aiuti a Gaza, insieme al modo in cui continua a condurre le ostilità, possono equivalere all’uso della fame come metodo di guerra, che è un crimine di guerra».
Il portavoce di Türk, Jeremy Laurence, ha sottolineato che «Israele, in quanto potenza occupante, ha l’obbligo di garantire la fornitura di cibo e assistenza medica alla popolazione in misura adeguata ai suoi bisogni e di facilitare il lavoro delle organizzazioni umanitarie per fornire tale assistenza».
Un mese fa l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani aveva affermato che gli insediamenti illegali di Israele in Cisgiordania sono aumentati a livelli record e rischiano di eliminare ogni possibilità pratica di uno Stato palestinese.
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Immagine di IDF Spokeperson’s Unit via Wikimedia pubblicata su licenza Pubblico Dominio CC0.
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