Geopolitica
Israele approva la «conquista» completa di Gaza
Il governo israeliano ha approvato un piano per l’occupazione militare completa di Gaza e il trasferimento forzato dei suoi abitanti palestinesi nella parte meridionale del territorio. Lo riportano diverse fonti di stampa.
Secondo funzionari citati dall’agenzia Associated Press, il nuovo piano mira ad aiutare Israele a raggiungere i suoi obiettivi di guerra: sconfiggere Hamas e liberare gli ostaggi detenuti a Gaza. Israele afferma che il gruppo militante detiene 59 prigionieri, anche se si ritiene che circa 35 siano morti.
Il gabinetto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha votato all’unanimità a favore della strategia durante una riunione di lunedì mattina, secondo quanto riferito da due fonti ai media. Il Capo di Stato Maggiore delle Forze di Difesa Israeliane, Eyal Zamir, ha anche annunciato la mobilitazione di decine di migliaia di riservisti aggiuntivi.
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«Il piano includerà, tra le altre cose, la conquista della Striscia di Gaza e il possesso dei territori, spostando la popolazione di Gaza a sud per proteggerla», ha dichiarato un funzionario israeliano, citato dall’Agence France Presse.
Secondo quanto riportato dall’AP, questa decisione probabilmente porterà allo sfollamento di centinaia di migliaia di palestinesi, aggravando una crisi umanitaria già di per sé drammatica.
Zamir ha annunciato la mobilitazione domenica, sottolineando la necessità di ulteriori truppe per «aumentare la pressione» su Hamas. L’eliminazione del gruppo militante è l’obiettivo dichiarato dell’offensiva israeliana, in rappresaglia per un’incursione guidata da Hamas in Israele nell’ottobre 2023, che ha causato circa 1.200 vittime in Israele e il rapimento di decine di ostaggi. I bombardamenti israeliani hanno causato oltre 50.000 vittime a Gaza, prevalentemente civili.
Lo Stato Ebraico è stato accusato di bombardamenti indiscriminati, distruzione deliberata di infrastrutture civili e ostacolo agli aiuti umanitari. La situazione umanitaria è peggiorata drasticamente a causa del blocco imposto da Israele, che ha portato a gravi carenze di cibo, forniture mediche e altre risorse essenziali. Le organizzazioni internazionali hanno espresso profonda preoccupazione per la crisi e il suo impatto sulla popolazione civile.
A febbraio, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha sostenuto il trasferimento «volontario» dei palestinesi da Gaza in Paesi come la Giordania e l’Egitto, affermando che ciò avrebbe consentito la trasformazione dell’enclave in una zona di villeggiatura.
Mentre molti paesi hanno condannato la proposta di Trump, Netanyahu l’ha definita un’«idea straordinaria» che dovrebbe essere «perseguita».
Come riportato da Renovatio 21, l’aeroporto israeliano Ben Gurione è stato attaccato nelle scorse ore da missili Houthi, che i militanti sciiti yemeniti dicono essere di natura ipersonica.
In questi giorni, con la motivazione della «difesa della minoranza locale» drusa, caccia e droni israeliani stanno eseguendo raid in Siria, colpendo anche vicino al palazzo presidenziale.
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Immagine di IDF Spokesperson’s Unit via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Geopolitica
Netanyahu esclude la creazione di uno Stato palestinese
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Geopolitica
La Danimarca taglia gli aiuti all’Ucraina per la corruzione. Mosca: i crimini di Kiev alla Corte Internazionale
La Danimarca prevede di dimezzare gli aiuti militari all’Ucraina nel 2026, con un taglio ampiamente descritto dai media come massiccio: quasi il 50% rispetto a quanto erogato dal 2022.
Secondo la Danish Broadcasting Corporation, la nazione nordica si è distinta per il suo impegno spropositato nelle fasi iniziali del conflitto, ma ora il governo di Copenaghen intende che altri Stati assumano una quota maggiore del peso finanziario.
Il ministro della Difesa Troels Lund Poulsen ha comunicato al Parlamento che l’esecutivo stanzierà 9,4 miliardi di corone danesi (circa 1,29 miliardi di euro) a sostegno di Kiev nel 2026. Si tratta di una contrazione netta rispetto ai 16,5 miliardi di corone (circa 2,23 miliardi di euro) concessi nel 2025 e ai quasi 19 miliardi di corone del 2024.
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I giornali danesi attribuiscono questa decisione in parte all’esaurimento delle risorse del Fondo per l’Ucraina, creato nel 2023 con ampio consenso bipartisan tra i partner europei. In totale, dal lancio dell’invasione russa nel febbraio 2022, la Danimarca ha riversato su Kiev l’impressionante somma di quasi 9,43 miliardi di euro in assistenza militare. Ha inoltre donato caccia F-16 e accolto corsi di formazione per piloti ucraini.
Simon Kollerup, componente del Comitato Difesa danese, ha commentato che «è naturale che stiamo assistendo a una stabilizzazione del livello di sostegno fornito».
«Abbiamo deciso di essere uno dei Paesi che hanno preso l’iniziativa all’inizio della guerra, fornendo un sostegno su larga scala. Ritengo inoltre che sia giusto affermare che questo sostegno supera di gran lunga quanto effettivamente richiesto dalle dimensioni del nostro Paese. Pertanto, trovo del tutto naturale che il sostegno stia diminuendo», ha proseguito Kollerup.
Questo sviluppo coincide con il ridimensionamento del massiccio supporto statunitense all’Ucraina, mentre l’amministrazione Trump privilegia la cessione di armi all’Europa affinché quest’ultima le rivenda o le trasferisca a Kiev.
La decisione danese di tagliare drasticamente gli aiuti giunge in un frangente delicato per il governo di Volodymyr Zelens’kyj, invischiato in uno scandalo di corruzione che lambisce direttamente l’ufficio presidenziale (con i suoi stretti collaboratori rimossi e sottoposti a indagini), spingendo forse alcuni membri dell’UE a svegliarsi e a cessare di agire con accondiscendenza.
Anche il New York Times ha recentemente ammesso in un pezzo che «l’amministrazione del presidente Volodymyr Zelens’kyj ha riempito i consigli di amministrazione di fedelissimi, ha lasciato posti vuoti o ne ha bloccato la costituzione. I leader di Kiev hanno persino riscritto gli statuti aziendali per limitare la supervisione, mantenendo il controllo del governo e consentendo che centinaia di milioni di dollari venissero spesi senza che estranei potessero curiosare».
Nel frattempo pesanti accuse a Kiev arrivano dalla Russia ben oltre la questione della corruzione. Il 5 dicembre il ministero degli Esteri russo ha diffuso un comunicato in cui annuncia che la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha accolto le contro-domande presentate dalla Russia nei confronti dell’Ucraina, riconoscendo che Kiev viola la Convenzione sul Genocidio del 1948.
«Tutte le obiezioni sollevate da Kiev in merito alla presunta inammissibilità delle contro-richieste della Russia sono state respinte integralmente e le osservazioni della Federazione Russa sono state accolte integralmente dalla Corte», si legge nella nota.
La dichiarazione prosegue ricordando che «La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, emessa il 5 dicembre, segna uno sviluppo logico dopo i vani tentativi dell’Ucraina di ritenere la Russia responsabile dell’avvio dell’operazione militare speciale. Questo contenzioso era stato avviato dal regime di Kiev e dai suoi sponsor occidentali già nel febbraio 2022. All’epoca, Kiev, sostenuta da 33 stati allineati all’Occidente, presentò un ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia sostenendo che la Russia aveva violato la Convenzione del 1948 per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio.»
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Si aggiunge che «Il 18 novembre 2024, la parte russa ha presentato alla Corte un consistente corpus di prove, di oltre 10.000 pagine, che comprova la perpetrazione di un genocidio da parte del criminale regime di Kiev ai danni della popolazione russa e russofona del Donbass. Il materiale probatorio includeva la documentazione di oltre 140 episodi di deliberati attacchi contro civili nel Donbass, corroborati dalle testimonianze di oltre 300 testimoni e vittime, nonché da analisi e indagini di esperti».
Il testo accusa poi Kiev di aver compiuto «omicidi di massa, torture, bombardamenti indiscriminati» e di aver condotto «in tutta l’Ucraina una politica di cancellazione forzata dell’identità etnica russa, vietando la lingua e la cultura russa, perseguitando la Chiesa ortodossa russofona, glorificando al contempo i collaboratori del Terzo Reich e cancellando la memoria della Vittoria sul nazismo».
In conclusione, il ministero russo sottolinea che «affermando oggi l’ammissibilità legale delle rivendicazioni russe, la Corte Internazionale di Giustizia ha segnalato la sua disponibilità a valutare l’intera portata dei crimini commessi dal regime di Kiev e dai suoi complici».
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Immagine di EPP Group via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Geopolitica
Zakharova: l’UE che odia la Russia «è caduta nella follia politica». Il comandante NATO: l’alleanza può «creare dilemmi» a Mosca
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