Spirito
Il Celtic e le ragioni dei cattolici per detestare gli Windsor
Renovatio 21 riprende dal sito di Aldo Maria Valli Duc in Altum questo articolo del dottor Paolo Gulisano. Al Celtic il dottor Gulisano aveva dedicato nel 2017 un intero libro, Il prodigio di Lisbona. Da una periferia scozzese alla Coppa dei Campioni passando per Fatima, di cui consigliamo la lettura. Sul caso dei tifosi del Celtic, non intenzionati a inchinarsi all’oscena incoronazione di Carlo di Windsor, come del resto anche i colleghi del Liverpool, Renovatio 21 ha pubblicato altri articoli, così come all’orrore della famiglia regnante in terra d’Albione e della sua storia di sangue, con la quale il presente re e i suoi figliuoli sono perfettamente in continuità.
Negli scorsi giorni, in vista della cerimonia di incoronazione del nuovo re d’Inghilterra Charles Mountbatten-Windsor, è diventato virale in rete un video della semifinale della Coppa di Scozia di calcio tra i Rangers e i Celtic di Glasgow, in cui i tifosi biancoverdi intonano a tutta curva un coro che invita il sovrano a cacciarsi la sua incoronazione in un posto dove non batte il sole.
Il video ha avuto decine di migliaia di visualizzazioni, e ha fatto parlare di sé. Qualcuno l’ha considerata una goliardata, altri un’espressione della subcultura da stadio, altri si sono sentiti offesi per un gesto ritenuto volgare da parte di una tifoseria nota per essere tra le più corrette, pacifiche e simpatiche del mondo.
Ma perché i tifosi della squadra di Glasgow nata in seno alla comunità cattolica della città scozzese, fondata da un religioso irlandese, fratello Walfrid, ce l’hanno tanto con la Corona britannica?
E perché poi mischiare la politica con lo sport?
In realtà, il gesto dei tifosi biancoverdi ha ragioni profonde che stanno nella storia delle Isole britanniche, politica compresa.
Il Celtic viene fondato, come si diceva, da un religioso che era un insegnante, ma che nella sua scuola di Glasgow di bambini ne vedeva davvero pochi, perché fin da piccoli venivano avviati ai lavori più duri nelle fabbriche e nelle miniere. Per la maggior parte i cattolici di Glasgow erano immigrati irlandesi. I cattolici autoctoni scozzesi avevano da tempo subito una persecuzione che li aveva uccisi, o costretti a passare al protestantesimo, o deportati nelle colonie americane.
C’era stato un vero e proprio tracollo demografico, ma la crescente rivoluzione industriale aveva bisogno di braccia, di forza lavoro a bassissimo costo per fare le fortune dell’Impero britannico, e così migliaia di poveri irlandesi erano giunti nelle principali città britanniche, spinti anche dal genocidio perpetrato a metà dell’Ottocento: una spaventosa carestia, dietro la quale c’erano precise responsabilità del governo inglese, aveva provocato la morte di un milione di persone, in un Paese di otto milioni di abitanti. E un altro milione era stato costretto a emigrare.
Questo disastro umanitario era avvenuto senza che il governo di Sua Maestà aiutasse i suoi sudditi irlandesi; e la sua maestà del momento, la regina Vittoria, non si scompose di fronte alle notizie che provenivano dall’Isola di San Patrizio. In fondo, era opinione comune che quegli irriducibili papisti avevano avuto quel che si meritavano.
E così a Glasgow gli irlandesi vivevano in quartieri poverissimi, flagellati dalla miseria, vessati e umiliati a ragione della loro fede cattolica. Fu in questo contesto che il buon fra Walfrid ebbe l’idea, nel novembre del 1887, di fondare una squadra di calcio, che giocasse partite il cui incasso sarebbe servito a organizzare mense per i poveri, e a fare in modo che bambini di sette-otto anni non fossero costretti a lavorare dodici ore al giorno senza poter andare a scuola.
Il nome che fu scelto fu Celtic perché esprimeva la comune radice celtica degli scozzesi autoctoni e degli immigrati irlandesi. I colori erano il bianco e il verde, il simbolo un quadrifoglio, ovvero il trifoglio di san Patrizio che rappresenta la Trinità, ma con una foglia ulteriore. Una foglia di speranza.
Quella squadra, nata come espressione di tre parrocchie, una sorta di «squadra dell’oratorio», ottant’anni dopo arrivò sul tetto d’Europa, conquistando la Coppa dei Campioni, e dando un pieno riscatto alla povera comunità presso la quale era nata. Il Celtic era entrato nella leggenda.
Ma a questo punto qualcuno si chiederà: perché tanto livore verso la Famiglia reale? Perché non accontentarsi (si fa per dire) di gioire dei tanti successi sportivi? Risposta: perché questa comunità ha perdonato, ma non dimentica.
La cosiddetta Famiglia reale inglese attuale discende da usurpatori che non avevano diritto a regnare né sulla Scozia, né sull’Irlanda, e neppure sull’Inghilterra. Alla morte della luciferina regina Elisabetta I, che non era semplicemente protestante ma una neopagana presso la cui corte c’erano negromanti e occultisti come John Dee, pirati come Francis Drake e sadici assassini come Francis Walsingham, il trono passò a un esponente della casata scozzese degli Stuart.
Giacomo VI di Scozia, e I di Inghilterra, figlio della regina martire Maria Stuarda, salì al trono, ma accettando di diventare protestante. Quando tuttavia suo nipote, Giacomo VII, decise di tornare alla Fede dei Padri, i potentati britannici iniziarono una guerra mortale per eliminare la casata degli Stuart. L’Inghilterra non avrebbe dovuto mai più avere sovrani cattolici.
Così il trono fu offerto prima a un principe olandese, Guglielmo d’Orange, e in seguito alla casa tedesca degli Hannover, da cui deriva l’attuale occupante di Buckingham Palace. Il quale ha anche usurpato il nome al vero Carlo III: l’ultimo Stuart a rivendicare il trono britannico fu il principe Charles Edward Stuart, nato in esilio a Roma, nelle cui vene scorreva il sangue della dinastia scozzese e per parte di madre quello dei sovrani polacchi Sobieski. Il suo bisnonno era stato il liberatore di Vienna dai turchi. Se Charles Stuart fosse diventato re, sarebbe stato lui Carlo III. Ma fu sconfitto, e la Scozia cattolica subì per ritorsione una spaventosa pulizia etnica.
Essere tifoso del Celtic vuol dire dunque avere nel cuore, nell’identità, il ricordo di secoli di persecuzioni, di ingiustizie, di violenze. Questo spiega la totale mancanza di simpatia per l’establishment britannico. Una simpatia che invece si riscontra in alcuni esponenti conservatori, e in modo piuttosto inverosimile, anche cattoconservatori.
Mesi fa, alla morte di Elisabetta, fu Roberto de Mattei a tessere lodi sperticate per la monarchia britannica, alla luce anche delle pompose manifestazioni pubbliche che avevano accompagnato la morte della sovrana. E il potere degli ermellini e delle spade ha conquistato anche un altro tory all’italiana, Marco Invernizzi, che ha scritto: «provate a dimenticare il re Enrico VIII, che per cambiare moglie creò una chiesa nazionale, dimenticate per un momento i tanti martiri cattolici durante la persecuzione della regina Elisabetta I. Mettete da parte l’anglicanesimo, il protestantesimo e gli scandali recenti della famiglia reale…».
Io ci ho provato, ma non ci riesco. Non riesco a dimenticare, a mettere da parte, come non ci riescono i tifosi del Celtic, e a ragione. Non sono aspetti secondari.
E perché mettere da parte tutto questo? Per guardare allo splendore paraliturgico della cerimonia? Ma tutta quella pompa non era altro che una parodia del sacro, una vuota rappresentazione.
Dietro le trine e i merletti, niente. Molti spettatori hanno osservato che la liturgia anglicana in fondo non è così diversa da quella che si celebra nelle nostre chiese. Quella che si celebra ora, si dovrebbe precisare, dopo la protestantizzazione degli ultimi sessant’anni.
Tra le cose che non si devono dimenticare c’è anche il fatto che la magnifica Abbazia di Westminster che ha fatto da sfondo alla Coronation era un tempo una abbazia cattolica, rubata dalla Corona britannica.
Mentre le chiese cattoliche venivano distrutte o in alternativa scippate dalla nuova Chiesa di Stato, i cattolici scendevano nelle catacombe, nella clandestinità. Solo nel 1829, tre secoli dopo, vennero abrogate le Leggi penali contro i cattolici, e solo nel 1850 la Chiesa cattolica in Inghilterra poté riorganizzarsi su base diocesana e parrocchiale, e vennero edificate nuove chiese, povere, senza apparenza di bellezza.
Fu in una di queste parrocchie che nacque il Celtic, come pure la squadra cattolica di Edimburgo, l’Hibernian, formazioni sostenute dall’amore dei loro tifosi, che in maniera magari poco raffinata hanno espresso anche adesso, efficacemente, secoli di sofferenze in qualche canto e in qualche striscione.
Da parte nostra, tutta la nostra simpatia per la causa che il Celtic rappresenta.
E in modo forse più sfumato, il nostro auspicio: God smash the King.
Paolo Gulisano
Immagine Debbie Mc via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Cina
Il cardinale Parolin conferma che il Vaticano vuole rinnovare l’accordo segreto con la Cina
Il Segretario di Stato del Vaticano, cardinale Pietro Parolin, ha confermato che la Santa Sede intende rinnovare il suo accordo segreto con la Cina comunista entro la fine dell’anno. Lo riporta LifeSiteNews, che cita comunicazioni dirette col segretario di Stato vaticano.
In uno scambio di e-mail con il sito pro-life canadese, Parolin ha affermato che il controverso accordo sino-vaticano che la Santa Sede ha con le autorità comuniste di Pechino sarà rinnovato quest’autunno.
Rispondendo a una domanda di LifeSiteNews che chiedeva se il Vaticano intendesse rinnovare l’accordo, Parolin ha dichiarato che «con riferimento alla tua domanda sull’accordo della Santa Sede con la Cina… speriamo di rinnovarlo».
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«Su questo punto dialoghiamo anche con i nostri interlocutori cinesi», ha aggiunto il cardinale segretario di Stato.
Parolin è segretario di Stato e capo diplomatico del Vaticano dall’ottobre 2013 ed è nel servizio diplomatico della Santa Sede dal 1986. La sua conferma dell’intenzione del Vaticano arriva mentre l’accordo altamente segreto con la Cina è pronto per il suo terzo rinnovo biennale a settembre o ottobre.
Si ritiene che l’accordo ufficialmente segreto riconosca la Chiesa approvata dallo Stato in Cina e consenta al Partito comunista cinese (PCC) di nominare i vescovi. Apparentemente il Papa mantiene il potere di veto, anche se in pratica pare essere il solo PCC ad avere il controllo. Inoltre, presumibilmente, la rimozione dei vescovi legittimi può essere sostituita da vescovi approvati dal PCC.
Parlando nel luglio 2023, Parolin difese la natura segreta dell’accordo, affermando che «il testo è confidenziale perché non è stato ancora approvato definitivamente».
L’accordo, che «ruota attorno al principio fondamentale della consensualità delle decisioni che riguardano i vescovi», si realizza «confidando nella saggezza e nella buona volontà di tutti», ha detto il cardinale.
Nei commenti della scorsa estate, il porporato veneto aveva inoltre difeso l’accordo come mezzo necessario di «dialogo» con le autorità comuniste in Cina.
Papa Francesco e il cardinale Parolin si sono entrambi espressi in difesa dell’accordo, con il Papa che ha affermato prima del suo rinnovo nel 2022 che l’accordo «sta andando bene». In una lettera del 2018 ai cattolici cinesi, Francesco ha descritto l’accordo come la formazione di un «nuovo capitolo della Chiesa cattolica in Cina».
Ma fuori dalle mura del Palazzo Apostolico del Vaticano, le critiche sono arrivate dal clero cattolico, dai sostenitori della libertà e dagli esperti cinesi, scrive LifeSite.
L’accordo altamente segreto sino-vaticano è stato definito dal cardinale emerito di Hong Kong Joseph Zen come un «tradimento incredibile», con l’amato cardinale che accusa ulteriormente il Vaticano di «svendere» i cattolici cinesi. Nel 2018, il presule chiese le dimissioni di Parolin, criticando la sua «resa completa» della Chiesa alle autorità comuniste.
«È un tradimento della vera Chiesa», ha poi detto Zen dell’accordo nel luglio 2020 prima di aggiungere: «non è un episodio isolato. Quella di non offendere il governo cinese è già una politica di lunga data del Vaticano».
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Come noto, il cardinale Zen è sotto processo nell’Hong Kong oramai interamente pechinizzata. In una conferenza stampa aerea, di ritorno da Budapest, Bergoglio aveva di fatto mollato il cardinale cinese, ex arcivescovo di Hong Kong che ha passato la vita a combattere le persecuzioni della Cina comunista e a difendere quei cattolici cinesi «sotterranei» che da quando è in corso l’accordo sino-vaticano, hanno il tremendo timore di essere stati abbandonati dal Vaticano. Zen è sotto processo nella nuova Hong Kong telecomandata da Pechino: l’assenza di mosse del Vaticano per difenderlo ha spinto persino il Parlamento Europeo (!) a chiedere alla Santa Sede di fare qualcosa.
L’inchiostro sull’accordo si era appena asciugato nel 2018 prima che AsiaNews riferisse che «i cattolici (sotterranei) sospettano amaramente che il Vaticano li abbia abbandonati».
Nei quasi sei anni trascorsi dall’attuazione dell’accordo, la persecuzione dei cattolici – in particolare dei cattolici «clandestini» che non accettano la Chiesa controllata dallo Stato – è aumentata in modo evidente.
L’accordo ha portato ad un aumento della persecuzione religiosa, che la Commissione esecutiva del Congresso degli Stati Uniti sulla Cina ha descritto come una conseguenza diretta dell’accordo. Nel suo rapporto del 2020, la Commissione ha scritto che la persecuzione testimoniata è «di un’intensità che non si vedeva dai tempi della Rivoluzione Culturale».
«Tutti i vescovi che rifiutano di aderire all’Associazione patriottica cattolica vengono messi agli arresti domiciliari, o scompaiono, dal PCC», ha detto a LifeSiteNews l’esperto cinese Steven Moser all’inizio di questo mese. «Sebbene il Vaticano abbia affermato diversi anni fa che l’accordo sino-vaticano non richiede che nessuno si unisca a questa organizzazione scismatica, il rifiuto di farlo comporta persecuzioni e punizioni. E il Vaticano resta a guardare e non fa nulla».
Il momento in cui la Santa Sede si è avvicinata di più al riconoscimento delle carenze dell’accordo è stato tramite il suo ministro degli Esteri, l’arcivescovo Paul Gallagher. L’arcivescovo, che funge da segretario vaticano per le relazioni con gli Stati e le organizzazioni internazionali, ha affermato l’anno scorso che l’accordo «non era il migliore accordo possibile» a causa della «controparte».
Proprio il mese scorso, il Gallagherro lo aveva descritto come ancora «un mezzo utile per la Santa Sede e le autorità cinesi per affrontare la questione della nomina dei vescovi», pur ammettendo con molta cautela dei limiti all’accordo. «Abbiamo sempre creduto che ciò sarebbe stato utile», non c’era alcuna «disponibilità o apertura» da parte delle autorità cinesi su questo punto, ha detto lo scorso mese il cardinale britannico.
Una serie di nomine episcopali – fatte mentre sacerdoti vengono torturati – dall’ultimo rinnovo dell’accordo nell’ottobre 2022 hanno evidenziato il primato del potere esercitato da Pechino nell’accordo. In tre occasioni note, tra cui la nomina del nuovo vescovo di Shanghai, il PCC ha nominato nuovi vescovi o li ha assegnati a nuove diocesi, lasciando che il Vaticano si mettesse al passo con gli eventi ed esprimesse la sua frustrazione espressa in termini diplomatici. «Appaiono quindi improbabili nuovi sviluppi nell’accordo a favore del Vaticano» scrive LSN.
Tutto dimostra che il papato del gesuita si è di fatto sottomesso al volere del Dragone.
Nel luglio 2023, il cardinale Parolino aveva dichiarato che la Santa Sede auspica «l’apertura di un ufficio di collegamento stabilito della Santa Sede in Cina» che «non solo favorirebbe il dialogo con le autorità civili ma contribuirebbe anche alla piena riconciliazione all’interno della Chiesa cinese e dei suoi viaggio verso una normalità desiderabile».
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I segni dell’infeudamento della gerarchia cattolica al potere cinese sono visibili da tempo, e appaiono in forme sempre più rivoltanti: un articolo in lingua inglese nel portale internet della Santa Sede sembrava lasciar intendere che le persecuzioni dei cristiani in Cina ad opera del Partito Comunista Cinese sono «presunte».
Come ipotizzato da Renovatio 21, dietro all’accordo sino-vaticano potrebbero esserci ricatti a vari membri del clero: la Cina per un periodo ha disposto dei dati di Grindr, l’app degli incontri omosessuali, dove si dice vi siano immense quantità di consacrati. Da considerare, inoltre, che per lungo tempo il messo per l’accordo con Pechino fu il cardinale Theodore McCarrick, forse la più potente figura cattolica degli USA, noto per lo scandalo relativo non solo ai suoi appetiti omofili (anche con ragazzini) ma alla struttura che vi aveva costruito intorno. McCarrick quando andava in Cina a trattare per la normalizzazione dei rapporti tra Repubblica Popolare e Santa Sede, dormiva in un seminario della Chiesa Patriottica Cinese…
Mentre continuano i cattolici desaparecidos, le delazioni sono incoraggiate e pagate apertamente, il lavaggio del cervello investe quantità di sacerdoti, le suore sono perseguitate e le demolizioni di chiese ed istituti religiosi continua senza requie, il Vaticano invita due vescovi patriottici al Sinodo, e Pechino, come ringraziamento, «ordina» nuovi vescovi senza l’approvazione di Roma – mentre i veri sacerdoti vengono torturati dal governo del Dragone.
Il controverso miliardario cinese Guo Wengui, ora rifugiato negli USA, sostiene che il Vaticano sarebbe corrotto con «1,6 miliardi di dollari l’anno per fermare le critiche alla politica religiosa di Pechino».
Il disastro del gesuita sul trono di Pietro va così. Come abbiamo già detto varie volte: prepariamoci ad ondate di sangue di martiri, che il pontefice attuale non riconosce come semen christianorum.
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Pensiero
«Preghiera» pagana a Zeus ed Apollo recitata durante cerimonia di accensione della torcia olimpica. Quanti sacrifici umani verranno fatti, poi, con l’aborto-doping?
🗣️ “Apollo, God of sun, and the idea of light, send your rays and light the sacred torch for the hospitable city of Paris. And you, Zeus, give peace to all peoples on earth and wreath the winners of the Sacred Race.”#Paris2024 | @Paris2024 pic.twitter.com/FHMEmJ134U
— The Olympic Games (@Olympics) April 16, 2024
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Spirito
I funerali di mons. Huonder
Secondo il suo desiderio, espresso più volte, mons. Vitus Huonder è stato sepolto nel seminario di Ecône, «vicino al vescovo che ha tanto sofferto per la Chiesa», ha detto. La messa funebre pontificia è stata celebrata nella chiesa del seminario da mons. Bernard Fellay. Successivamente nella cripta del seminario furono deposte le spoglie del vescovo emerito di Coira.
Un lungo corteo ha accompagnato il feretro del vescovo Huonder dalla cripta alla chiesa dove è stato celebrato il pontificale, dove è stata vegliata tutta la notte dopo il canto dell’Ufficio dei Morti. Il corteo lo accompagnerà poi alla tomba dove furono resi gli ultimi onori al vescovo Huonder e dove troverà la sua ultima dimora.
Erano presenti, infatti, 150 sacerdoti e seminaristi, una trentina di suore e circa 900 fedeli tra cui i 150 studenti della scuola Wangs, dove mons. Huonder ha concluso santamente e felicemente i suoi giorni.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Immagini da FSSPX.news
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