Economia
Gruppo di scienziati attacca l’inchiesta dell’OMS a Wuhan: rifate le indagini con o senza la Cina
Dopo che un’indagine congiunta tra la Cina e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) non è riuscita a fornire una spiegazione legittima per le origini del COVID-19, un gruppo di scienziati internazionali ha gridato allo scandalo chiedendo «indagini più rigorose» con o senza la partecipazione di Pechino. Lo riporta Reuters.
In una lettera aperta di mercoledì, 24 eminenti scienziati e ricercatori provenienti da Europa, Australia, Stati Uniti e Giappone affermano che lo studio dell’OMS –che ha quasi escluso l’ipotesi della fuga dal laboratorio – è stato contaminato dalla politica.
In una lettera aperta di mercoledì, 24 eminenti scienziati e ricercatori provenienti da Europa, Australia, Stati Uniti e Giappone affermano che lo studio dell’OMS –che ha quasi escluso l’ipotesi della fuga dal laboratorio – è stato contaminato dalla politica
«Il loro punto di partenza è stato quello di trovare tutti i compromessi necessari per ottenere una minima collaborazione dalla Cina», ha detto Jamie Metzl, senior fellow dell’Atlantic Council, che ha redatto la lettera – in cui si afferma che le conclusioni dello studio dell’OMS erano basate su una ricerca cinese non pubblicata, mentre le registrazioni e i campioni biologici fondamentali per le indagini «rimangono inaccessibili».
Secondo Metzl, il mondo potrebbe dover «tornare al piano B» e condurre un’indagine indipendente «nel modo più sistematico possibile» con o senza la partecipazione della Cina.
La Cina ha escluso con veemenza la possibilità che il COVID-19 fosse fuggito da un laboratorio di Wuhan, dove gli scienziati stavano manipolando i coronavirus dei pipistrelli per infettare più facilmente gli esseri umani.
Secondo Metzl, il mondo potrebbe dover «tornare al piano B» e condurre un’indagine indipendente «nel modo più sistematico possibile» con o senza la partecipazione della Cina
«La Cina ha database di quali virus sono erano conservati… ci sono note di laboratorio del lavoro che è stato fatto», ha aggiunto Metzl.
«Ci sono tutti i tipi di scienziati che stanno effettivamente facendo il lavoro e non abbiamo accesso a nessuna di queste risorse, né a nessuna di quelle persone».
Cina
La ristorazione smentisce il PIL cinese in crescita: 459 mila chiusure nel primo trimestre 2024
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Piccoli ristoranti ma anche nuovi ambiziosi brand costretti a gettare la spugna dal calo dei consumi: le cessazioni delle attività sono aumentate del 232% rispetto a dodici mesi fa. Le riaperture dopo la politica Zero Covid si sono scontrate con l’aumento dei prezzi e la minore disponibilità economica delle famiglie.
Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio nazionale di statistica, in Cina nel primo trimestre di quest’anno sono state cancellate o soppresse 459mila imprese di ristorazione, con un aumento di circa il 232% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Di questi ristoranti 180mila hanno chiuso nel solo mese di marzo, quando l’anno scorso furono 140mila nell’intero primo trimestre.
Si tratta di un indicatore «dal basso» che mostra un panorama decisamente diverso rispetto all’ottimismo «ufficiale» sull’economia cinese, che appena pochi giorni fa sbandierava per lo stesso arco di tempo una crescita del Prodotto interno lordo del 5,3%, addirittura superiore agli obiettivi fissati per il 2024.
Al dato sulla chiusura delle imprese della ristorazione ha dedicato un approfondimento Radio Free Asia, che ha raccolto alcune voci di operatori locali secondo cui il mercato dei consumi in Cina non si è affatto ripreso dopo la fine della politica Zero COVID. «Alti costi di affitto, alti costi di manodopera, aumento dei prezzi e diminuzione dei consumi dei clienti», ha riassunto il quadro della situazione un ristoratore di Wuhan. «Ci sono ancora alcune attività di catering che vanno molto bene, ma gli affari dei ristoranti più grandi no». All’inizio di quest’anno anche brand considerati in ascesa nella pasticceria cinese come ad esempio Hutou sono stati costretti a gettare la spugna.
La signora Yao, residente a Jingdezhen, nella provincia di Jiangxi, ha raccontato all’emittente che molti dei suoi amici che gestivano ristoranti hanno chiuso e faticano ad arrivare alla fine del mese: «I residenti non hanno più soldi, è difficile portare avanti qualsiasi attività».
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Economia
Amazon abbandona il sistema senza casse nei negozi: si è scoperto che la sua IA era alimentata da 1.000 lavoratori umani
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Economia
FMI e Banca Mondiale si incontrano a Washington «all’ombra della guerra»
I capi delle due più grandi istituzioni finanziarie mondialiste, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale si starebbero incontrando a Washington in queste ore per discutere il rischio sistemico che comporta la guerra in corso. Lo riporta il giornalista britannico Martin Wolf, che serve come principale commentatore economico del Financial Times.
L’articolo si intitola oscuramente «L’ombra della guerra si allunga sull’economia globale».
L’editorialista britannico afferma che «i politici stanno camminando sulle uova» per una serie di ragioni, incluso il fatto che «un quinto della fornitura mondiale di petrolio è passata attraverso lo Stretto di Hormuz, in fondo al Golfo, nel 2018. Questo è il punto di strozzatura della fornitura di energia globale».
«Una guerra tra Iran e Israele, che includa forse gli Stati Uniti, potrebbe essere devastante» avverte l’Economist. «I politici responsabili dell’economia mondiale riuniti a Washington questa settimana per le riunioni primaverili del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale sono spettatori: possono solo sperare che i saggi consigli prevalgano in Medio Oriente».
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«Se il disastro fosse davvero evitato, come potrebbe essere l’economia mondiale?» si chiede la pubblicazione britannica.
Come riportato da Renovatio 21, lo scorso dicembre il FMI pubblicò un rapporto i cui dati suggerivano come il dollaro stesse perdendo il suo dominio sull’economia mondiale.
Durante le usuali incontri primaverili tra FMI e Banca Mondiale dell’anno passato si era discusso, invece, delle valute digitali di Stato – le famigerate CBDC.
Il progetto di una CBDC globale, una valuta digitale sintetica globale controllata dalle banche centrali, ha lunga storia. Nel 2019, prima di pandemia, dedollarizzazione, superinflazione e crash bancari che stiamo vedendo, l’allora governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney ne aveva parlato all’annuale incontro dei banchieri centrali di Jackson Hole, nel Wyoming nel 2019.
Come riportato da Renovatio 21, l’euro digitale sembra in piattaforma di lancio, e la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde sembra aver ammesso che sarà usato per la sorveglianza dei cittadini.
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Immagine di World Bank Photo Collection via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
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