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Ecco le aziende per portare «comparse» alle proteste: i «crisis-actor» sono realtà

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Compaiono sulla scena pubblica le società che procacciano figuranti per manifestazioni politiche e di altro tipo – in pratica, enti privati che possono essere assunti per «truccare» le adesioni ad un evento.

 

Secondo Adam Swart, CEO di una nota agenzia pubblicitaria che fornisce dimostranti retribuiti per eventi politici e aziendali, negli Stati Uniti le proteste politiche sono raramente atti di pura convinzione.

 

Swart, che ha fondato Crowds on Demand nel 2012, ha rivelato quelli che sono stati definiti gli «sporchi segreti» della sua professione in un’intervista rilasciata all’emittente americana Fox News la settimana scorsa. La sua azienda recluta e gestisce persone che partecipano a raduni, proteste ed eventi pubblici per conto di clienti paganti.

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Swart ha sostenuto che compensare gli attivisti non è immorale. Ha affermato che il servizio permette alle persone di impegnarsi in cause che sostengono, ma a cui altrimenti non potrebbero partecipare.

 

«Tutto l’attivismo è quello che chiamo attivismo incentivato», ha detto. «Compensiamo le persone per far conoscere le loro opinioni, ma la maggior parte di chi partecipa alle manifestazioni ha un motivo per esserci, diverso dalla cosiddetta purezza delle proprie convinzioni».

 

Swart ha fornito degli esempi per rafforzare la sua affermazione, tra cui le proteste del movimento Black Lives Matter del 2020.

 

«Quante casalinghe vere sono uscite a protestare per [la campagna Black Lives Matter] nell’estate del 2020?», ha chiesto. «Pensate che sia perché si preoccupavano del razzismo istituzionale? O pensate che fosse solo per ostentare sui social media?»

 

Lo Swart ha aggiunto che a volte i sindacati fanno pressione sui membri affinché partecipino alle manifestazioni, con la minaccia di turni di lavoro meno favorevoli, e spesso ci si aspetta che i collaboratori politici prendano parte agli eventi della campagna elettorale durante il loro tempo libero.

 

Secondo il dirigente della Crowds on Demand, i manifestanti pagati guadagnano in genere diverse centinaia di dollari al giorno. Le campagne pubblicitarie a livello nazionale, ha detto, possono costare milioni, sottolineando di aver recentemente rifiutato un’offerta di 20 milioni di dollari da parte di gruppi politici contrari al presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

 

Swart ha sottolineato che il suo rifiuto dell’offerta non è stato motivato da motivazioni ideologiche, ma dalla preoccupazione che un probabile fallimento della campagna avrebbe danneggiato la reputazione della sua azienda.

 

«Il problema è che si tratta della stessa classe di consulenti che ha sostenuto Biden, che ha sostenuto Kamala Harris, che ha fallito miseramente nelle elezioni del 2024 e che da allora ha fallito ogni singolo giorno nel tenere a freno il programma di Trump», ha affermato.

 

Da tempo nel mondo cospirazionista si aggira il concetto di crisis-actor, ossia di persona che viene assunta o coinvolta per interpretare un ruolo in una situazione di crisi simulata, come esercitazioni di emergenza, simulazioni di disastri o eventi di addestramento per forze dell’ordine, personale medico o altri enti.

 

I crisis actor possono recitare il ruolo di vittime, feriti, testimoni o altre figure coinvolte, al fine di rendere l’esercitazione più realistica e testare le capacità di risposta delle squadre di emergenza. Tuttavia, sulla stampa è stato ripetuto che mentre l’uso di crisis actors in esercitazioni è una pratica legittima e documentata, le accuse di loro utilizzo in eventi reali sono spesso prive di fondamento e legate a teorie del complotto.

 

È possibile vedere, ancora una volta, quanto i cosiddetti «complottisti» stessero parlando di qualcosa di reale e già prepotentemente filtrato nella società.

 

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Epidemie

La Russia sottoporrà a test per l’epatite tutti i lavoratori immigrati. E l’Italia?

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A partire da marzo 2026, la Russia imporrà ai lavoratori migranti di sottoporsi a test per l’epatite B e C, ampliando le attuali disposizioni di screening medico. Le nuove regole si applicheranno ai cittadini stranieri e agli apolidi che entrano in Russia per lavoro, oltre a coloro che richiedono lo status di rifugiato o asilo temporaneo.   Le visite mediche sono obbligatorie per i migranti: senza di esse, non è possibile ottenere permessi di lavoro, residenza temporanea o permanente. I lavoratori migranti devono completare gli esami entro 30 giorni dall’arrivo, mentre chi non intende lavorare ha 90 giorni di tempo. Attualmente, gli screening includono test per droghe e malattie gravi come HIV, tubercolosi, sifilide e lebbra.   Le modifiche al processo di controllo sanitario per gli stranieri in visita sono state proposte all’inizio dell’anno da un gruppo di lavoro sulle politiche migratorie, guidato dalla vicepresidente della Duma di Stato, Irina Yarovaya. La vicepresidente ha chiarito che l’obiettivo è rafforzare il monitoraggio sanitario degli stranieri in arrivo e prevenire la diffusione di malattie pericolose.   I lavoratori migranti sono fondamentali per l’economia russa, occupando ruoli chiave in settori come edilizia, agricoltura e servizi. Milioni di migranti, soprattutto dall’Asia centrale, sono attratti da salari più alti rispetto ai loro paesi d’origine. Tuttavia, questo afflusso ha sollevato dibattiti su salute pubblica e stabilità sociale. Per questo, le autorità russe hanno introdotto rigidi controlli sanitari e requisiti per i migranti, cercando di bilanciare i benefici economici con la sicurezza sanitaria.   Nell’ultimo anno, la Russia ha anche intensificato la lotta contro l’immigrazione illegale. Il presidente Vladimir Putin ha firmato un decreto che istituisce una nuova agenzia statale all’interno del Ministero dell’Interno, incaricata di migliorare la gestione dei flussi migratori.

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Il Cremlino ha dichiarato che l’iniziativa punta a razionalizzare il processo migratorio, promuovere il rispetto delle leggi russe tra i migranti e ridurre le attività illegali.   In Italia la situazione epidemiologica dell’immigrazione è un grande tabù del discorso pubblico.   «In base ai dati epidemiologici in nostro possesso, risulta che in Italia il 34,3% delle persone diagnosticate come HIV positive è di nazionalità straniera» diceva in un’intervista a Renovatio 21 il dottor Paolo Gulisano sette anni fa. «Considerato che gli stranieri rappresentano circa il 10% della popolazione italiana, questo dato vuole dire che la diffusione dell’HIV tra gli stranieri è oltre il triplo che negli italiani».   «Un dato che fa pensare. Molti immigrati provengono da Paesi dove la diffusione dell’HIV, così come quella della TBC, è molto più alta che in Europa. Basta far parlare i dati. Il numero dei decessi correlati all’AIDS nel 2016 per grandi aree è il seguente: Africa Sud-Orientale: 420 mila; Africa Centro-Orientale: 310 mila; Nord Africa e Medio Oriente: 11 mila; America Latina: 36 mila, più il dato dei soli Caraibi che è di 9400. Europa dell’Est e Asia centrale: 40 mila; Europa Occidentale e Nord America: 18 mila; Asia e Pacifico: 170 mila. Ora, la lettura di questi numeri ci fornisce delle evidenze molto chiare».   «È quindi chiaro quali siano i rischi di una immigrazione di massa, incontrollata anche dal punto di vista sanitario, e i rischi legati al fatto che un numero impressionante di immigrate africane viene gettato nel calderone infernale della prostituzione, che diventa veicolo di diffusione di malattie veneree».  

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L’opposizione israeliana interrompe il discorso di Trump alla Knesset

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Due deputati della Knesset israeliana sono stati espulsi dall’aula dopo aver mostrato cartelli a favore della Palestina durante il discorso del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, tenuto lunedì.

 

Ayman Odeh e Ofer Cassif, membri della coalizione Hadash-Ta’al, a prevalenza araba, hanno esibito cartelli con la scritta «Riconosciamo la Palestina!», suscitando immediate proteste da parte degli altri parlamentari.

 

Trump ha fatto una pausa, rimanendo in silenzio mentre i deputati venivano prontamente accompagnati fuori. Poi ha commentato: «È stato molto rapido», prima di riprendere il suo discorso.

 

Cassif ha difeso il suo gesto su X, scrivendo che Trump è «parte del problema, non una soluzione» e che «la vera pace richiede uno Stato palestinese indipendente accanto a Israele».

 

Anche Odeh ha giustificato la sua azione, dichiarando: «Mi hanno espulso dalla Knesset solo per aver avanzato la richiesta più semplice, condivisa dall’intera comunità internazionale: riconoscere lo Stato di Palestina!»

 


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Il presidente degli Stati Uniti si trovava in Israele per monitorare l’attuazione di un accordo che ha contribuito a negoziare, secondo il quale Hamas ha rilasciato i 20 ostaggi rimanenti in cambio della liberazione di circa 2.000 prigionieri palestinesi.

 

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha descritto Trump come il «miglior amico» che Israele abbia mai avuto.

 

Più tardi, nello stesso giorno, Trump ha firmato l’accordo di cessate il fuoco a Gaza insieme ai mediatori di Egitto, Qatar e Turchia, a Sharm el-Sheikh, in Egitto.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

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Orban lancia una campagna contro il «piano di guerra» UE

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Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha avviato una petizione contro il cosiddetto «piano di guerra» dell’UE, avvertendo che il sostegno continuo all’Ucraina sta spingendo il blocco verso un confronto diretto con la Russia.   Da tempo critico verso l’atteggiamento «bellicoso» di Bruxelles nei confronti di Mosca, Orbán ha annunciato sabato, durante un discorso a un mercato agricolo di Budapest, che il suo partito, Fidesz, ha appoggiato la proposta di lanciare una petizione nazionale contro le politiche guerrafondaie dell’UE.   «L’Europa ha un piano di guerra che prevede lo scontro con i russi e la concessione agli ucraini di tutto ciò che richiedono. Dobbiamo starne fuori», ha dichiarato il primo ministro, invitando gli ungheresi a sostenere l’iniziativa e a partecipare alla marcia per la pace del 23 ottobre, un appello poi rilanciato su Facebook.   «Ci aspetta un autunno rovente. L’Europa sta scivolando verso la guerra a ritmo accelerato. Qualche settimana fa, a Copenaghen, Bruxelles ha presentato il suo piano di guerra: l’Europa finanzia, gli ucraini combattono e la Russia viene sfiancata», ha scritto Orban, riferendosi a un vertice informale del Consiglio Europeo in Danimarca, dove si è discusso dell’aumento degli aiuti militari all’Ucraina e della creazione di un «muro di droni» nell’UE.   «Dobbiamo dimostrare che il popolo ungherese rifiuta la guerra. Per questo oggi lanciamo una raccolta firme nazionale contro i piani bellici di Bruxelles».   Non è ancora chiaro come Orban intenda utilizzare i risultati della petizione, che potrebbero essere presentati al prossimo vertice dei leader dell’UE a fine ottobre.   Gli Stati membri dell’UE insistono sulla necessità di proseguire gli aiuti all’Ucraina, promuovendo al contempo una rapida militarizzazione con il pretesto di contrastare la presunta «minaccia russa».   Tra le misure recenti figurano il programma ReArm Europe da 800 miliardi di euro e l’impegno dei membri della NATO ad aumentare la spesa per la difesa al 5% del PIL.   Il mese scorso, la NATO ha approvato l’iniziativa PURL (Prioritized Ukraine Requirements List) da 500 milioni di dollari, che consente agli Stati Uniti di fornire armi a Kiev, con i costi coperti dai membri europei.  

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Immagine di Belgian Presidency of the Council of the EU 2024 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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