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Economia

Il World Economic Forum vuole alzare ancora di più i prezzi della benzina per salvare la Democrazia

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In un documento di sintesi che indica il «cambiamento climatico» e il «declino della Democrazia» come «crisi globali» congiunte, il World Economic Forum (WEF) ha affermato che l’adesione all’ideologia climatica radicale, comprese le misure per aumentare aumentare i prezzi della benzina già arrivati a livelli insostenibili — è necessaria per salvare la Democrazia.

 

«Il cambiamento climatico e il declino della Democrazia sono due crisi globali che sono arrivate al culmine negli ultimi anni», ha scritto Edward Barbier, professore di economia della Colorado State University e Agenda Contributor del WEF, in un articolo dell’11 luglio visibile sul sito dell’organizzazione di Klaus Schwab.

 

Secondo il professor Barbier, la «transizione all’energia verde è la chiave sia per affrontare il cambiamento climatico che per creare economie sostenibili».

 

Citando l’organizzazione Freedom House, che ha descritto la rivolta del Campidoglio del 6 gennaio2021 come «parte di un tentativo organizzato di ribaltare i risultati delle elezioni presidenziali» del 2020, il Barbier  afferma che la Democrazia è diminuita a livello globale negli ultimi 15 anni.

 

Quindi, «il mondo deve agire ora» per tenere a bada il «riscaldamento globale» riducendo le emissioni di carbonio. «Le principali democrazie dovrebbero collaborare per raggiungere questi due obiettivi», ha affermato il seguace del WEF in un apparente non sequitur.

 

Invece «questi due obiettivi non si escludono a vicenda ma complementari», perché «ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e passare ad alternative a basse emissioni di carbonio rendono anche le economie democratiche più sostenibili».

 

Di qui l’idea più forte: i governi «mettano fine alla sottovalutazione dei prezzi dei combustibili fossili» e impongono sanzioni finanziarie all’industria dei combustibili fossili nel tentativo di sostituire le fonti tradizionali di combustibili con «energia pulita».

 

Il lettore di Renovatio 21 sa che abbiamo avuto un’anteprima di tutto questo alle latitudini della Democrazia dello Sri Lanka, dove il carburante è divenuto così scarso da provocare code interminabili che hanno causato morti, dove il cibo è diventato carente perché è stata implementata un’agricoltura «ecologica» come da desiderata mondialisti, dove l’assenza di energia ha provocato blackout e fame.

 

Il primo ministro singalese Ranil Wickremesinghe, anche lui un agenda contributor del World Economic Forum, aveva scritto per il sito del WEF un saggio, quattro anni fa, intitolato «Come arricchirò lo Sri Lanka entro il 2025». Ebbene, casualmente, quella pagina internet ora è stata rimossa.

 

E il premier Wickremesinghe è in fuga, dopo che una immane folla inferocita ha assaltato le residenze del presidente e del primo ministro, gettandosi in piscina e appiccando incendi.

 

La morale che ne ricaviamo è: ascolti il WEF, ascolti la lagna verde, e quello che ottieni non è la Democrazia – è la rivolta.

 

L’economia verde porta alla fame, e quindi ad una situazione rivoluzionaria – la disintegrazione dello Stato.

 

In verità, Schwab e i suoi amici non lo capiranno mai, come da pattern comportamentale di ogni élite oramai ridotta solo al privilegio e al potere catatonico: la realtà non ci ascolta, tanto peggio per la realtà.

 

Cadranno, assieme a tutto il palazzo del Grande Reset, non c’è dubbio: c’è solo da capire quanta parte del loro incubo ci verrà ancora inflitta.

 

 

 

 

 

 

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Cina

La ristorazione smentisce il PIL cinese in crescita: 459 mila chiusure nel primo trimestre 2024

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Piccoli ristoranti ma anche nuovi ambiziosi brand costretti a gettare la spugna dal calo dei consumi: le cessazioni delle attività sono aumentate del 232% rispetto a dodici mesi fa. Le riaperture dopo la politica Zero Covid si sono scontrate con l’aumento dei prezzi e la minore disponibilità economica delle famiglie.

 

Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio nazionale di statistica, in Cina nel primo trimestre di quest’anno sono state cancellate o soppresse 459mila imprese di ristorazione, con un aumento di circa il 232% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Di questi ristoranti 180mila hanno chiuso nel solo mese di marzo, quando l’anno scorso furono 140mila nell’intero primo trimestre.

 

Si tratta di un indicatore «dal basso» che mostra un panorama decisamente diverso rispetto all’ottimismo «ufficiale» sull’economia cinese, che appena pochi giorni fa sbandierava per lo stesso arco di tempo una crescita del Prodotto interno lordo del 5,3%, addirittura superiore agli obiettivi fissati per il 2024.

 

Al dato sulla chiusura delle imprese della ristorazione ha dedicato un approfondimento Radio Free Asia, che ha raccolto alcune voci di operatori locali secondo cui il mercato dei consumi in Cina non si è affatto ripreso dopo la fine della politica Zero COVID. «Alti costi di affitto, alti costi di manodopera, aumento dei prezzi e diminuzione dei consumi dei clienti», ha riassunto il quadro della situazione un ristoratore di Wuhan. «Ci sono ancora alcune attività di catering che vanno molto bene, ma gli affari dei ristoranti più grandi no». All’inizio di quest’anno anche brand considerati in ascesa nella pasticceria cinese come ad esempio Hutou sono stati costretti a gettare la spugna.

 

La signora Yao, residente a Jingdezhen, nella provincia di Jiangxi, ha raccontato all’emittente che molti dei suoi amici che gestivano ristoranti hanno chiuso e faticano ad arrivare alla fine del mese: «I residenti non hanno più soldi, è difficile portare avanti qualsiasi attività».

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Immagine di Frank Michel via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Economia

Amazon abbandona il sistema senza casse nei negozi: si è scoperto che la sua IA era alimentata da 1.000 lavoratori umani

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Il colosso dell’e-commerce Amazon starebbe rinunziando alla sua speciale tecnologia «Just Walk Out» che permetteva ai clienti di mettere la spesa nella borsa e lasciare il negozio senza dover fare la fila alla cassa. Lo riporta The Information, testata californiana che si occupa del business della grande tecnologia.   La tecnologia, disponibile solo nella metà dei negozi Amazon Fresh, utilizzava una serie di telecamere e sensori per tracciare ciò con cui gli acquirenti lasciavano il negozio. Tuttavia, secondo quanto si apprende, invece di chiudere il ciclo tecnologico con la pura automazione e l’intelligenza artificiale, l’azienda ha dovuto fare affidamento anche su un esercito di oltre 1.000 lavoratori in India, che fungevano da cassieri a distanza.   Di questo progetto denominato «Just Walk Out» – uno stratagemma di marketing per convincere più clienti a fare acquisti nei suoi negozi, minando attivamente il mercato del lavoro locale – forse non ne sentiremo la mancanza.   Nel 2018 Amazon ha iniziato a lanciare il suo sistema «Just Walk Out», che avrebbe dovuto rivoluzionare l’esperienza di vendita al dettaglio con l’intelligenza artificiale in tutto il mondo. Diverse altre società, tra cui Walmart, hanno seguito l’esempio annunciando negozi simili senza cassiere.

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Tuttavia più di cinque anni dopo, il sistema sembra essere diventato sempre più un peso. Stando sempre a quanto riportato da The Information, la tecnologia era troppo lenta e costosa da implementare, con i cassieri in outsourcing che avrebbero impiegato ore per inviare i dati in modo che i clienti potessero ricevere le loro ricevute.   Oltre a fare affidamento su manodopera a basso costo e in outsourcing e invece di pagare salari equi a livello locale, le critiche hanno anche messo in dubbio la pratica di Amazon di raccogliere una quantità gigantesca di dati sensibili, compreso il comportamento dei clienti in negozio, trasformando una rapida visita al negozio in un incubo per la privacy, scrive Futurism.   L’anno scorso, il gruppo di difesa dei consumatori Surveillance Technology Oversight Project, aveva intentato un’azione legale collettiva contro Amazon, accusando la società di non aver informato i clienti che stava vendendo segretamente dati a Starbucks a scopo di lucro.   Nonostante la spinta aggressiva nel mercato al dettaglio, l’impatto dei negozi di alimentari di Amazon negli Stati Uniti, è ancora notevolmente inferiore a quella dei suoi concorrenti quali Walmart, Costco e Kroger, come sottolinea Gizmodo.   Invece di «Just Walk Out», Amazon ora scommette su scanner e schermi incorporati nel carrello della spesa chiamato «Dash Carts». Resta da vedere se i «Dash Carts» si riveleranno meno invasivi dal punto di vista della privacy dei dati.

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  Immagine di Sikander Iqbal via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International  
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Economia

FMI e Banca Mondiale si incontrano a Washington «all’ombra della guerra»

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I capi delle due più grandi istituzioni finanziarie mondialiste, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale si starebbero incontrando a Washington in queste ore per discutere il rischio sistemico che comporta la guerra in corso. Lo riporta il giornalista britannico Martin Wolf, che serve come principale commentatore economico del Financial Times.

 

L’articolo si intitola oscuramente «L’ombra della guerra si allunga sull’economia globale».

 

L’editorialista britannico afferma che «i politici stanno camminando sulle uova» per una serie di ragioni, incluso il fatto che «un quinto della fornitura mondiale di petrolio è passata attraverso lo Stretto di Hormuz, in fondo al Golfo, nel 2018. Questo è il punto di strozzatura della fornitura di energia globale».

 

«Una guerra tra Iran e Israele, che includa forse gli Stati Uniti, potrebbe essere devastante» avverte l’Economist. «I politici responsabili dell’economia mondiale riuniti a Washington questa settimana per le riunioni primaverili del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale sono spettatori: possono solo sperare che i saggi consigli prevalgano in Medio Oriente».

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«Se il disastro fosse davvero evitato, come potrebbe essere l’economia mondiale?» si chiede la pubblicazione britannica.

 

Come riportato da Renovatio 21, lo scorso dicembre il FMI pubblicò un rapporto i cui dati suggerivano come il dollaro stesse perdendo il suo dominio sull’economia mondiale.

 

Durante le usuali incontri primaverili tra FMI e Banca Mondiale dell’anno passato si era discusso, invece, delle valute digitali di Stato – le famigerate CBDC.

 

Il progetto di una CBDC globale, una valuta digitale sintetica globale controllata dalle banche centrali, ha lunga storia. Nel 2019, prima di pandemia, dedollarizzazionesuperinflazione e crash bancari che stiamo vedendo, l’allora governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney ne aveva parlato all’annuale incontro dei banchieri centrali di Jackson Hole, nel Wyoming nel 2019.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’euro digitale sembra in piattaforma di lancio, e la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde sembra aver ammesso che sarà usato per la sorveglianza dei cittadini.

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Immagine di World Bank Photo Collection via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

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