Necrocultura
Perché le grandi imprese vogliono l’aborto?
Il caos scaturito dal ribaltamento della sentenza Roe v. Wade da parte della Corte Suprema americana – ossia, la fine dell’era dell’aborto considerato diritto con copertura costituzionale implementabile a livello federale – sta portando a galla moltissime cose.
È stato notato come siano cambiato i linguaggi, e le immagini, usati dal fronte abortista: prima si tendeva a cancellare del tutto il fatto biologico, l’aborto nella sua essenza materiale, per eliminare ogni riferimento all’omicidio del bambino. Oggi invece, come vediamo da innumerevoli video finiti in rete, gli abortisti rivendicano apertamente – e con ghigno sprezzante – l’uccisione dei bambini.
Gli abortisti stanno attaccando centri di aiuto alla maternità e pure chiese cattoliche durante la Santa Messa – emerge quindi che, a differenza dei genitori di bambini contrari al gender a scuola considerati domestic terrorists dall’FBI, se è per il feticidio, il terrorismo (con tanto di bandiere bruciate) è tollerato dagli USA e dagli arbitri morali della Nazione.
Sono saltati fuori idoli conservatori che ora si dicono talmente sconvolti dalla fine dell’aborto che dicono che ora sono disposti a votare democratico: è il caso del fondatore del popolare sito Barstool sports David Portnoy, divenuto per qualche ragione importante per una certa area giovane di Partito Repubblicano e dintorni. (Il ragazzo è già finito in qualche controversia sessuale, forse pure fatta per incastrarlo)
Molti nodo stanno venendo al pettine.
Ad esempio – tema su cui in tanti anni non abbiamo sentito nulla – il ruolo che le aziende private hanno nella questione dell’aborto.
Il giornalista americano Tucker Carlson lo ha spiegato mirabilmente in un monologo visto la settimana scorsa alla TV americana.
«Non è semplicemente un attacco esplicito alla legittimità del terzo ramo del governo, la Corte Suprema. Non è solo un attacco al diritto delle persone di autogovernarsi. È qualcosa di più grande di questo. Quello che vedete è un attacco coordinato alla famiglia e ai bambini».
«Le persone a queste proteste sono arrabbiate all’idea che i bambini stiano nascendo. Guarda cosa sta succedendo. Non è certo un’esagerazione. Ecco una fotografia s(…) di questo fine settimana. È stata fatta fuori dalla Corte Suprema. Mostra una madre che umilia i suoi figli in pubblico, il che implica che sono un peso per lei perché sono ancora in vita. Abbiamo visto cose del genere ovunque e proteste a favore dell’aborto spesso sotto gli occhi dei bambini».
Carlson ha quindi mostrato un’immagine che anche Renovatio 21 ha pubblicato, quella di una madre abortista con dei bambini e il cartello «non forzate questo su nessuno».
A woman standing outside of SCOTUS with her two kids holding a sign that reads “DON’T FORCE THIS ON ANYONE.”
Big ole yikes. pic.twitter.com/92UjN2tlVF
— Scott Zipp (@scottzipperle) June 24, 2022
«Allora, di cosa si tratta, esattamente? Che dire che il pensiero di avere figli rende queste persone così arrabbiate? Da dove viene un atteggiamento del genere?» si chiede il giornalista statunitense.
«Ebbene, a quanto pare, quell’atteggiamento viene dallo stesso punto in cui il Partito Democratico ora ottiene tutti i suoi atteggiamenti, direttamente dall’America delle multinazionali».
«Corporate America [cioè, l’America della grandi aziende, ndr] ti vuole senza figli e questo è un grande cambiamento. Cento anni fa le grandi aziende costruivano alloggi per le famiglie dei propri dipendenti e poi scuole e biblioteche per educarli. Era una cosa umana da fare, ma all’epoca sembrava anche una cosa di buon senso per gli affari».
È vero. Quanti esempi, anche in Italia, di questo tipo: intere industrie, costruite lungo quasi due secoli, dove i «padroni» e, fino a un certo punto, le generazioni di discendenti, conoscevano tutti gli operai e le loro famiglie, dava loro una casetta (una casetta, attenzione: non un appartamento in un alveare) e magari pure un pezzettino di giardino su cui fare l’orto.
Tuttavia, quel paradigma è finito.
«Se volevi lavoratori su cui poter contare, dovevi prenderti cura di loro e della loro prole, ma nel tempo quell’accordo è diventato costoso».
«I dipendenti con famiglie chiedevano salari più alti per mantenere i propri figli e, in molti casi, formavano sindacati per ottenere quegli aumenti. Quindi, il costo del lavoro è aumentato vertiginosamente».
«Quindi l’America delle grandi aziende, in risposta a ciò, ha sviluppato un nuovo modello: assumere donne single. In molte grandi aziende, compreso il settore bancario tradizionalmente maschile, le giovani donne ora costituiscono la maggioranza dei nuovi dipendenti e puoi capire perché lo fanno. Lavorano sodo, sono affidabili. Tendono ad essere fedeli alle aziende per cui lavorano».
Con una controindicazione: «l’unico aspetto negativo dell’assunzione di giovani donne è che possono rimanere incinte».
Esempio concreto:
«Se gestisci il dipartimento delle risorse umane di Citibank, questa è l’ultima cosa che desideri. I figli rendono il tuo piano sanitario più costoso. Peggio ancora, tendono a competere con l’attenzione del dipendente. Rispondere alle e-mail dopo il lavoro sembra meno urgente per la maggior parte delle neomamme che mettere a letto i propri figli».
Per cui, logicamente, «questo è un grosso problema per le grandi aziende, quindi hanno tutti gli incentivi per impedire ai loro lavoratori di avere figli».
Il baratto esistenziale a cui sono costrette le donne, se visto nella sua essenza, è orrendo, spaventoso.
«Non puoi dirlo ad alta voce, ovviamente. Sarebbe troppo ovvio. Dacci gli anni migliori della tua vita e in cambio ti pagheremo quello che è effettivamente un salario di sussistenza in qualunque inferno urbano troppo costoso in cui risiediamo e poi ti prenderemo l’unica cosa che potrebbe dare alla tua esistenza un significato e gioia nella mezza età , che è avere figli».
«Questo è l’affare che stiamo offrendo. Questo è l’accordo che stanno offrendo, ma non possono dirlo. Sembrerebbe proprio che questo sia sfruttamento. Uno sfruttamento non peggiore di quello delle ragazze di 14 anni che lavoravano nei campi di cotone».
Proprio così: il lavoro femminile diviene l’esatto contrario di ciò che crede di essere – non emancipazione, ma sottomissione. La parità dei sessi ha prodotto nella donna qualcosa di terrificante, una schiavitù biologica che mai la storia umana aveva visto prima.
«Quindi, invece di dire questo, che è la verità, l’America delle grandi aziende usa il linguaggio del movimento sociale che ha creato, il femminismo, per trasformare l’intero accordo come una sorta di movimento di liberazione progressista. “Combatti il patriarcato. Abortisci. Non ha nulla a che fare con l’abbassamento del nostro costo del lavoro, lo promettiamo”. Ma ovviamente, ha tutto a che fare con l’abbassamento dei loro costi di manodopera».
Carlson ha qui il coraggio non solo di denunciare l’infelice falsità del femminismo, ma pure le sue origini: il femminismo è stato creato dal grande Capitale.
Ecco spiegata anche l’ora presente, con le multinazionali che asseriscono non solo il loro favore al figlicidio, ma anche la disponibilità a pagarlo col danaro aziendale.
«In tutto il Paese stanno usando questo argomento: l’aborto come liberazione. Molte delle più grandi aziende americane stanno ora pagando dipendenti donne per abortire, per porre fine alle loro gravidanze. Ciò includerebbe Microsoft e Apple, Facebook, Yelp, Netflix, Comcast, Goldman Sachs, Citibank, JP Morgan, Nike, Starbucks, etc.».
C’è quindi l’esempio della catena di articoli sportivi Dick’s Sporting Goods, che «offre alle dipendenti fino a 4.000 dollari se abortiscono. L’azienda offre lo stesso importo alle dipendenti donne che desiderano avere figli?»
In pratica, aziende senz’anima hanno deciso che privare i dipendenti di una vita personale – cioè, ad un certo punto, di una famiglia – li rende più produttivi, e più economici.
Questo è ciò che è successo in tutto il mondo, ma piuttosto che metterlo in discussione o resistergli, il pubblico progressista, magari dotato pure di un’istruzione universitaria, «annuisce in un vigoroso accordo bovino e poi diventa completamente isterico quando qualcuno suggerisce che forse c’è un altro modo di vivere,» dovere «avere figli potrebbe essere più gratificante come scelta di vita rispetto a fare il pendolare in una baraccopoli con i mezzi pubblici per farsi strada fino ai quadri intermedi della Deutsche Bank».
Conosciamo i tanti benefit che lo stile di vita creato dal capitale offre: weekend Ryanair in giro per il mondo, migliaia di ore di Netflix con cui narcotizzarsi, sesso occasionale potenzialmente con chiunque e qualsiasi cosa, il consumo di cultura (concerti, libri che ti fanno sentire intelligente), il miraggio del benessere tra l’Ikea e l’auto a rate, magari qualche droga illegale, o pure qualche droga legale (una bella dose di barbiturici, di benzodiazepime, di SSRI, a chi vogliamo negarla?).
Oramai chiunque sa che tutte queste cose nemmeno lontanamente coprono quel vuoto invincibile che entra nelle vite di chi è senza figli.
Strumenti di distrazione esistenziale di massa – in realtà, strumenti massivi di sterilizzazione.
Questo ci porta alla scelta esistenziale di milioni di persone ipnotizzate dallo Stato delle Multinazionali e dalla sua «etica» artificiale, da cui non è possibile dissentire.
Come nota Tucker: «scegliere una famiglia al posto di servire capitalismo globale? È disgustoso, stai zitto».
Diciamo che, a questo punto dell’articolo, molte cose dovrebbero essere più chiare – anche qui in Italia.
Forse ricorderete le prime pagine dei quotidiani italiani dopo la sentenza della Corte Suprema americana.
Il Corriere: «Obama è un attacco alla libertà» «Biden: tragico errore, siamo gli unici al mondo».
Il Messaggero (di proprietà del gruppo Caltagirone): «Aborto USA, diritto negato».
La Stampa di Torino (cioè, degli Agnelli): «L’America che odia le donne».
La Repubblica (sempre degli Agnelli): «Shock in America, l’aborto non è più un diritto».
Domani (di Carlo de Bendetti): «Cancellato il diritto all’aborto. Gli USA tornano indietro di 50 anni».
La pubblicazione dell’ebreo ora svizzero riassumeva bene, con più coraggio, quello che tutti i giornali stavano cercando di scrivere: la protezione dei non nati come «regressione» della società moderna. La fine dell’aborto, per le gazzette oramai prive di lettori materiali, è un flagello mai visto.
E adesso, chiedetevi: a chi appartengono i grandi giornali italiani? A grandi gruppi industriali, a gruppi finanziari, qualcuno appartiene a Confindustria, in alcuni casi ci sono state dietro direttamente le banche.
Ecco perché diciamo, una volta per tutte, che l’unica vera battaglia proletaria è quella per la vita. La battaglia proletaria è naturaliter contro l’aborto.
Perché, etimologicamente, i proletari sono coloro che hanno i figli, forse hanno solo quelli: eccoci, siamo noi, ci riconosciamo pienamente nella definizione.
Noi amiamo i nostri figli, noi ci commuoviamo alla nascita dei bambini, consideriamo sia la più sacra necessità dell’universo.
Non permetteremo mai – mai! – che il capitalismo terminale, le sue filosofie funebri e i suoi eserciti atlantici, ce li portino via.
Donne, uomini, svegliatevi: siate pronti alla guerra proletaria contro il Capitale globale della Necrocultura.
Roberto Dal Bosco
Bioetica
JD Vance paragona l’aborto al sacrificio dei bambini. C’è molto più da dire e fare contro la Necrocultura
Lo scorso mercoledì, per un’ora, il vicepresidente JD Vance ha risposto alle domande degli studenti dell’Università del Mississippi durante un evento di Turning Point USA, prendendo il posto di Charlie Kirk, l’attivista assassinato che era amico anche del Vance. Lo riporta LifeSite.
Il vicepresidente americano risposto a domande sul cristianesimo, sulla sua fede personale e sull’aborto, definendo l’aborto un «sacrificio di bambini» che porta al maltrattamento delle donne.
«Non mi scuso per credere che il cristianesimo sia una via verso Dio», ha detto Vance a uno studente preoccupato per la preghiera nelle scuole pubbliche. «Non mi scuso per pensare che i valori cristiani siano un fondamento importante di questo Paese, ma non vi costringerò a credere in nulla, perché non è ciò che Dio vuole, e non è ciò che voglio io».
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Come noto, JD Vance, che ha avuto una vita difficile in una famiglia disfunzionale del proletariato bianco dei monti dell’Appalachia (gli Hillbilly) si è convertito al cattolicesimo anni fa.
La domanda sull’aborto all’evento di TP USA è stata posta da una giovane donna che ricopre la carica di presidente di Ole Miss Rebels for Life, il gruppo pro-life del campus; il nome ha suscitato un caloroso applauso tra la folla riunita e un sorriso da parte del vicepresidente.
«In passato, hai dichiarato di essere al 100% pro-life», ha detto. «Ma da quando sei entrato nella campagna presidenziale come vicepresidente, hai cambiato idea sull’aborto, quindi mi chiedevo qual è la tua posizione attuale, e se ritieni che il diritto alla ‘libertà’ di qualcun altro prevalga sul diritto alla vita di qualcun altro?»
«Hai posto la domanda: penso che la libertà di qualcun altro prevalga sul diritto alla vita di qualcun altro?», ha risposto Vance. «No, non lo credo. In effetti, non ci credo. Ora, vorrei contestare qualcosa che hai detto, solo la premessa della domanda, ovvero che ho vacillato sulla questione pro-life. Credo davvero che il presidente sia stato il presidente più pro-life nella storia degli Stati Uniti d’America».
Lo slogan fa riferimento al fatto che, durante la sua prima amministrazione, Donald Trump ha selezionato i giudici della Corte Suprema che alla fine hanno portato all’annullamento della sentenza Roe v. Wade. Durante la campagna presidenziale del 2024, tuttavia, Trump ha ribadito che l’aborto è ora una questione di competenza degli stati e si è impegnato personalmente per rimuovere il principio pro-life dal programma del Partito Repubblicano per la prima volta in decenni.
«Ci sono due cose che dobbiamo tenere a mente qui», ha continuato Vance. «Una è la questione molto difficile: quando parliamo della nostra politica sull’aborto, ci sono alcuni casi limite molto, molto complessi. Ci sono casi in cui una bambina di 11 anni è stata violentata e sarebbe pericoloso per lei portare a termine la gravidanza. Ci sono situazioni in cui portare a termine la gravidanza causerebbe gravi danni fisici, forse la morte per la madre».
«È uno dei motivi per cui noi crediamo nell’eccezione in questi casi – ripeto, sono casi limite, sono rari, la comunità pro-aborto vorrebbe farvi credere che rappresentino il 90% degli aborti e questo non è vero – ma dobbiamo essere onesti sul fatto che ci sono alcuni casi limite».
Renovatio 21 segnala che parlare dei «casi limite» significa solo voler conformare il resto dei casi ad una politica precisa, spostando la Finestra di Overton e riprogrammando la legge. La posizione anfibola di Vance era già nota a tutti, come detto, in campagna elettorale.
«La seconda cosa che vorrei dire a questo proposito è che dobbiamo essere prudenti e pratici in ciò che possiamo realizzare», ha proseguito Vance. «Potrebbero esserci disaccordi su cosa esattamente significhi, ma se si considerano le vittorie pro-life che il presidente degli Stati Uniti è riuscito a ottenere, ci è riuscito perché ha lavorato all’interno del sistema che abbiamo».
Vance ha continuato dicendo che perseguire «l’opzione pro-life più aggressiva», anche se ciò significa perdere tutte le elezioni contro i democratici, che implementeranno l’aborto su richiesta fino al momento della nascita.
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«Qualcuno prima mi ha chiesto dei miei valori cristiani», ha detto Vance. «Uno dei punti che ho sollevato è che quando i coloni arrivarono nel Nuovo Mondo, trovarono il sacrificio di bambini molto diffuso. Immagino che ci siano persone che non sono d’accordo con la mia opinione sulla questione pro-life. Vorrei solo fare un’osservazione. Se si visitano siti archeologici storici dove c’erano bordelli – e le due professioni più antiche del mondo sono il gioco d’azzardo e la prostituzione, quindi c’erano bordelli anche in civiltà molto antiche».
«Se si torna agli antichi bordelli e si dissotterrano le ossa delle donne che lavoravano in quei luoghi, si trovano molto spesso molti bambini sepolti con loro… Ogni volta che una società decide di scartare bambini innocenti, non tratta molto bene nemmeno le proprie donne. E ogni volta che una società maltratta le proprie donne, molto spesso sono i bambini a nascere subito dopo. C’è una ragione per cui la civiltà cristiana ha posto fine alla pratica del sacrificio di bambini in tutto il mondo, ed è una delle grandi conquiste della civiltà cristiana».
«Credo che dovremmo cercare di proteggere ogni vita non ancora nata», ha concluso Vance. «C’è una questione su come esattamente lo facciamo, ma non direi mai che il diritto alla vita di qualcuno debba essere sacrificato».
Come riportato da Renovatio 21, la realizzazione del fatto che l’aborto è un sacrificio umano, domandato ad una civiltà decristianizzata quindi ripaganizzata, ridemonizzata, è oramai più diffusa che mai, in ispecie tra l’opinione pubblica della destra americana, non solo cattolica.
Per qualche ragione, la visione dell’aborto come sacrificio umano non ha mai attecchito davvero nel mondo pro-vita italiano, forse perché troppo stupido, forse perché troppo compromesso con la politica e con la chiesa italiana. Ecco quindi che invece che parlarti di Moloch, il ridicolo pro-vita italiota ti parla di «protezione della maternità» e finanche di «diritti della donna», completamente trasbordato nella lingua, quindi nel campo, dell’avversario – e con la convinzione, chiara ma non sussurrata al popolo che fa loro donazioni – che la legge autogenocida 194 non si deve toccare.
Il fatto è considerare l’aborto come l’unico sacrificio umano della società attuale, con spinta della macchina infallibile dello Stato moderno, è davvero errato: l’aborto è solo una piccola parte del sistema della morte che ci è inflitto, anzi, forse è il fanalino di coda, lo specchietto per le allodole sciocche condotte così in una battaglia di retroguardia, mentre il manovratore prosegue la distruzione umana in tanti altri settori.
È sacrificio umano l’eutanasia, sì. È sacrificio umano la predazione degli organi, sì. È sacrificio umano, di tipo pure difficile da definire vista la natura umanoide della faccenda, la provetta, che oramai da anni distrugge più embrioni dell’aborto, nell’evidente silenzio degli ebeti pro-vita italici, inutili se non venduti.
C’è ancora tanta strada da fare, se vogliamo combattere davvero la Necrocultura. Renovatio 21, in realtà, è qua per questo. Voi, se mi state leggendo, con grande probabilità, pure.
Roberto Dal Bosco
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr; immagine modificata
Necrocultura
La generazione perduta nel suo egoismo
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Necrocultura
«L’ideologia ambientalista e neomalthusiana» di Vaticano e anglicani: Mons. Viganò sulla nomina del re britannico da parte di Leone
Vale la pena di riprendere le parole dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che ha scritto su X un testo indicando i veri temi dietro all’assegnazione di una cattedra permanente nella basilica papale a Re Carlo III d’Inghilterra, capo de facto della Chiesa anglicana.
«L’incontro tra il capo della chiesa sinodale e il capo della chiesa d’Inghilterra avrà come punto culminante una preghiera ecumenica per la cura del Creato nella Cappella Sistina, all’insegna della retorica ambientalista del “grido della terra” e della “conversione ecologica”» scrive monsignore.
«Le due autorità supreme delle proprie rispettive “chiese” si riconoscono entrambe nell’ideologia ambiententalista e neomalthusiana del World Economic Forum e dell’Agenda 2030, ed è su questa nuova religione che è impostato il dialogo tra sinodali e anglicani».
L’incontro tra il capo della chiesa sinodale e il capo della chiesa d’Inghilterra avrà come punto culminante una preghiera ecumenica per la cura del Creato nella Cappella Sistina, all’insegna della retorica ambientalista del “grido della terra” e della “conversione ecologica”.… pic.twitter.com/9gBObOg2h9
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 21, 2025
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«A confermare la sua continuità con l’ecumenismo conciliare, Leone offrirà a Carlo un “seggio” (con la targa “Ut unum sint”) nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, già teatro dell’indizione del Vaticano II e da allora tempio dell’ecumenismo indifferentista conciliare e sinodale».
«La Fede Cattolica è la grande assente, e non a caso: sarebbe imbarazzante per Leone ricordare i Martiri cattolici massacrati dal monarca poligamo, a cominciare da John Fisher e Thomas More. Immaginate Papa Clemente VII che offre uno scranno in una Basilica Papale a Enrico VIII…» conclude Viganò, ricordando la storica nequizia anticristiana della malvagia monarchia britannica.
Proprio così: il re britannico, ora celebrato dalla Chiesa cattolica, occupa un trono che, dal XVI secolo, dopo lo scisma provocato dal crudele Enrico VIII, ha perseguitato ferocemente i cattolici, giustiziando e scorticando fedeli e sacerdoti (con la loro pelle sono stati rilegati libri ancora oggi esposti) e costringendoli alla clandestinità.
Vogliamo nominare uno degli eroi di questo disastro storico e metastorico: Guido Fawkes, il cattolico che tentò di far esplodere Westminster (definito, secondo una nota battuta della politica britannica, «l’ultimo uomo entrato lì con buone intenzioni») per restaurare un governo cattolico. Tradito, Fawkes fu catturato, torturato e squartato, con le sue parti inviate ai quattro angoli del regno, nonostante avesse accettato le condizioni del re.
Ancora oggi, ogni 5 novembre, in Inghilterra si bruciano le effigi di Fawkes – un re-enactement chiarissimo del rogo dei cattolici. Per ragioni che sembrano legate a logiche dello Stato Vaticano non dissimili a quelle attuali, il simbolo di Fawkes non è stato adottato dai cattolici, ma da gruppi pseudo-anarchici, grazie alla rielaborazione del fumettista Alan Moore nella celebre graphic novel, poi film di discreto successo, V per Vendetta.
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Tuttavia, non si tratta solo di storia antica: ciò che dovrebbe indignare i cattolici è l’appartenenza della dinastia Windsor alla «Cultura della Morte», che promuove – tramandata di generazione in generazione, da Filippo a Carlo, a Guglielmo (che predica la lotta alle famiglie numerose) ed Enrico (che andà all’ONU a criticare la sentenza della Corte Suprema USA che defederalizzava l’aborto) – la riduzione della popolazione e un’avversione verso l’umanità.
L’arcivescovo ricorda la connessione di ambientalismo e malthusianesimo, che sono cifre ideologiche tramandate geneticamente nella famiglia reale inglese. Malthus, come Darwin, sono stati creati dal potere di Albione per giustificare la violenza sfruttatrice usata dall’Impero britannico sul mondo: se gli uomini sono animali, e sono pure troppi, tanto vale procedere con la massima crudeltà possibile. Le carestie genocide in Irlanda e in India sono figlie di questo pensiero, di questa volontà di dominio satanico sul mondo.
Vogliamo ricordare, in questo sens, il padre di Carlo, il principe Filippo, tra i fondatori del WWF e frequentatore di antiche edizioni delle conferenze Bilderberg, il quale si espresse in estrema chiarezza quando dichiarò di volersi reincarnare in un patogeno di modo da uccidere milioni di persone, eliminando quanta più popolazione possibile per il bene dell’ambiente. Un’idea portata avanti strenuamente dal Carlo, che con il Cambiamento Climatico pare avere pure qualche lucroso affare.
Dietro la facciata ecologista, gli Windsor (che non sono britannici e non si chiamano Coburgo Gotha: Windsor è il nome di un villaggio inglese scelto per il rebranding del loro casato germanico, ad usum del popolino anglofono) si rivelano diacronici sostenitori di quella che su Renovatio 21 chiamiamo Necrocultura: una vera e propria Famiglia della Morte. Basta pensare ai casi di Alfie Evans, Charlie Gard, Indi Gregory e molti altri di cui non sapremo mai il nome. Cosa fecero i reale per salvare questi bambini, anche quando le questioni divennero internazionali (con tanto del tentativo, a pensarci bene davvero grottesco, della Repubblica Italiana di dare la cittadinanza ad Alfie per farlo espatriare e poterlo curare).
I bambini, il popolo tutto, per il malvagio potere britannico possono essere sacrificati nell’utilitarismo più mostruoso e assassino del «bestinterest». Del resto, l’utilitarismo è un’altra invenzione filosofica degli inglesi, realizzata sempre all’altezza della sanguinaria conquista imperiale. Il pensiero di Geremia Bentham, come quello di Malthus e più tardi di Darwin, a questo serviva: a disumanizzare il mondo e a rendere possibili sacrifici di minoranze, e persino maggioranza, nel nome del principio del massimo godimento distribuito a certuni dallo Stato. Il sistema sanitario del Regno, con il boost dei giudici della Corona trucidatori di bambini, è improntato a questa logica assassina e genocida.
La storia di Carlo, come noto ma spesso ignorato, non è priva di ombre: dalla controversa morte della principessa Diana ai milioni ricevuti dalla famiglia Bin Laden in buste di plastica. Un anno fa è emerso che nel 1983 l’allora principe di Galles aveva accettato un premio da un veterano nazista, una laurea honoris causa presso l’Università dell’Alberta, in Canada, dove, oramai sappiamo abbondano i rifugiati ucronazisti.
Del resto, una certa passione per la svastica eravi tra gli Windsor, se pensiamo ad Edoardo VIII e alla sua simpatia per Adolfo Hitler, che, secondo gli storici, una volta conquistata la Gran Bretagna aveva in programma di ripiazzarlo sul trono come un Quisling incoronato.
La missione del casato della Necrocultura va oltre, e rivela pagine storiche dense per quanto dimenticate: dalle proto-vaccinazioni dei reali con i relativi danni, all’uccisione del re per eutanasia di re Giorgio (bisnonno di Carlo), dai sospetti di fecondazione artificiale ante-litteram da cui sarebbe nata Elisabetta, all’ambientalismo stragista di Filippo (che, tenetelo sempre a mente, ha fondato il WWF, organizzazione ora proibita in Russia…), dai discorsi di Guglielmo figlio di Carlo sulla sovrappopolazione, agli attacchi contro gli USA che defederalizzano l’aborto fatti da principe Enrico dallo scranno ONU… la lista è pressoché infinita, e davanti a tutto questo cadono le illazioni su Jack lo Squartore.
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Del re Carlo, tanto a lungo «principe» in prima linea per la successione, vanno ricordate anche l’amicizia e le donazioni milionarie di Armand Hammer, enigmatico petroliere americano (per alcuni spia del KGB): quando nel 1988 la piattaforma petrolifera Piper Alpha della Occidental Petroleum esplose a 200 miglia da Aberdeen, causando 160 morti, il futuro re si affrettò a difendere Hammer, che ne uscì indenne. La dinastia Hammer, miliardari ebrei americani di origini russe, vicini al Cremlino per motivi poco chiari, meriterebbe un’indagine a parte, soprattutto dopo le accuse contro il nipote, la star di Hollywood Armie Hammer, che includono presunti stupri e insinuazioni su perversioni cannibalistiche.
Non va dimenticata l’amicizia personale con Jimmy Savile, popolare DJ e conduttore britannico che, secondo accuse emerse dopo la sua morte nel 2011 ma già vociferate da decenni, avrebbe abusato di circa 400 ragazze in scuole e istituzioni psichiatriche di cui era benefattore.
Di recente, forse l’episodio che ha messo in luce la maligna natura della corona britannica è stato il ritratto ufficiale del re presentato nel maggio 2024, un’immagine dai toni infernali, realizzata da un artista noto per collage con riviste pornografiche.
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Nel frattempo, l’odierno malvagio re britannico a Roma riceve il plauso pure dei parlamentari italiani.
In un momento di profonda umiliazione per il popolo italiano, nel suo discorsone alle Camere il re rammentò a tutti l’«importanza» del supporto inglese a Garibaldi, che poi andava ospite dagli inglesi. Chi conosce la vera storia dell’Italia unita non può che sorridere, nell’amarezza più profonda: il re sbatte in faccia agli italiani il fatto che, con il Risorgimento (fiancheggiato e ideato dai britannici), la penisola è divenuta uno Stato vassallo di Londra.
Ora, a infeudarsi con l’infernale potere di Albione non vi è solo la Repubblica Italiana, ma persino il papato.
Una conclusione che, per chi conosce la storia del mondo e della tradizione cattolica, può sembrare sconvolgente, e impone meditazioni di grande profondità.
Vogliamo lasciar andare i pensieri ricordando l’affresco sull’abside di Chiesa di San Paolo dentro le Mura– la principale chiesa degli anglicani ed episcopaliani a Roma.

Immagine di Luca Aless via Wikimedia CC BY-SA 3.0
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L’imponente mosaico fu disegnato dal pittore preraffaellita Edward Burne-Jones, e ha tema apocalittico, con Cristo assiso sul trono della Gerusalemme Celeste. È un Cristo imberbe, dai tratti piuttosto femminili. I Santi sotto Nostro signore hanno i volti di mecenati e personaggi legati all’edificazione della chiesa, mentre a destra vi è il gruppo più interessante, quello dei cristiani a cavallo, dove Sant’Andrea ha il volto di Abramo Lincoln, San Patrizio è il generale Ulysses S. Grant, e San Giacmo è… sì, lui, il terrorista massone anticristiano, ladro di cavalli e marito di bambine, epperò tanto utile agli inglesi, Giuseppe Garibaldi.
È la «chiesa militante», secondo gli scismatici di Albione.

Immagine CC0 via Wikimedia
Sì, per loro Garibaldi è un santo. Chi frequenta quella chiesa adora Cristo sotto l’immagine santificata di colui che più di altri combattè il Regno Sociale di Cristo.
C’è, tuttavia, un dettaglio ancora più esplicito: a fianco di Cristo, nel mosaico si vedono delle nicchie dove sono disposti gli angeli. Vediamo qui Uriele che regge il sole, Michele che appare maestoso in armatura, Gabriele reca il giglio dell’Annunciazione, Chemuel, l’angelo del Graal, stringe nella mano sinistra il calice sacro, Zophiel sorregge la luna.
Tuttavia, alla destra del signore, la nicchia è enigmaticamente vuota. Fu un fedele della chiesa, una volta che la visitati anni fa, a spiegarmene il significato.
«Quello è il posto per l’angelo Lucifero» mi disse, quasi compiaciuto di questa teologia sovvertritrice.
Ora, Lucifero, lo sappiamo bene, non è invitato solo nelle chiese anglicane di Roma.
Roberto Dal Bosco
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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