Geopolitica
Uzbekistan, morti e feriti nel Karakalpakstan in rivolta

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Gli abitanti della regione autonoma protestano contro la riforma costituzionale. Il governo ritira modifica che annullava il diritto dei karakalpakstani a secedere. Arrivano poche notizie dal luogo degli scontri. Una crisi che minaccia la stabilità dell’Uzbekistan.
Il presidente dell’Uzbekistan, Šavkat Mirziyoyev, ha dichiarato che in seguito alle proteste nel Karakalpakstan ci sono state vittime tra dimostranti e Forze dell’ordine. Al momento si contano ufficialmente 18 morti e 243 feriti.
Le manifestazioni sono iniziate alla fine di giugno, dopo la presentazione del progetto di riforme costituzionali. Il governo proponeva di togliere dalla descrizione dello status della repubblica del Karakalpakstan il termine «sovrana», ed eliminare il diritto dei suoi cittadini di esprimersi per separarsi dall’Uzbekistan.
Il primo luglio migliaia di persone si sono riversate per le strade di Nukus, capitale del Karakalpakstan, e delle altre città della regione autonoma. Mirziyoyev è volato a Nukus due volte in tre giorni, annunciando lo stato di emergenza. Sono arrivati i reparti speciali della Guardia nazionale, e le autorità hanno imposto limitazioni alla rete cellulare e a internet.
È difficile avere informazioni precise sugli avvenimenti, poiché i media ufficiali uzbeki non diffondono notizie, ed è problematico l’accesso ai social network.
Secondo Ulusmedia.kz, la polizia e la Guardia hanno aperto il fuoco sui dimostranti, usando anche granate accecanti e gas lacrimogeni. Arbat.media ha pubblicato alcuni video amatoriali di arresti per le strade di Nukus. Girano anche immagini di persone con il corpo insanguinato, e di strade ricoperte di sangue, ma è impossibile verificare la credibilità di queste testimonianze.
Dopo l’inizio delle rivolte, il presidente uzbeko ha proposto di conservare nella nuova Costituzione il punto sulla sovranità del Karakalpakstan. Il ministro degli Interni uzbeko ha dichiarato illegali le manifestazioni, aggiungendo che «esse nascono da una interpretazione errata delle riforme costituzionali».
Intervenendo il 2 luglio in Parlamento, il Žogarky Keneš, Mirziyoyev ha cercato di rassicurare i deputati: «Voi avete preso l’iniziativa e avete firmato le modifiche, gli articoli interessati non saranno modificati se il popolo karakalpakstano non sarà soddisfatto».
Egli ha aggiunto anche che «l’unione dei destini dei due Stati porterà benessere all’intera popolazione», accennando alla soluzione dei problemi legati alla siccità del lago d’Aral e ad altri progetti di sviluppo. Il presidente ha chiuso il suo intervento con enfasi: «Sono fiero di essere figlio non solo dell’Uzbekistan, ma anche del Karakalpakstan».
La Repubblica del Karakalpakstan è la regione più estesa dell’Uzbekistan, occupando il 40% dell’intero territorio del Paese, ma è anche la meno densamente abitata, con due milioni di residenti sui quasi 35 complessivi. Nel Karakalpakstan sono riconosciute due lingue ufficiali, il karakalpakstano e l’uzbeko.
La regione autonoma era stata creata nei primi anni sovietici, inserita prima nella Russia e poi nel Kazakistan, e dal 1936 era stata infine annessa alla Repubblica sovietica dell’Uzbekistan, nel contesto della politica di controllo delle nazionalità imposta da Stalin.
Nel 1990 il consiglio della regione autonoma aveva approvato la dichiarazione di sovranità statale, confermata anche da Mosca, ma nel 1993 è stato sottoscritto un accordo interstatale per 20 anni con l’Uzbekistan, in cui si garantiva il diritto di uscire dallo Stato uzbeko, diritto confermato nella Costituzione all’art. 70, nonostante le sei modifiche costituzionali realizzate dal 1993 ad oggi.
L’accordo doveva essere ridiscusso nel 2012, ma vi sono state persecuzioni e repressioni ordinate dallo storico presidente Islam Karimov, rimasto al potere dal 1991 fino alla morte nel 2016, che temeva derive fondamentaliste islamiche come quelle che avevano portato ad attentati e stragi negli anni precedenti.
Il Karakalpakstan vive grazie ai sussidi di Taškent, ed è fortemente interessato dalle questioni ecologiche e dalla distribuzione delle risorse idriche, in gran parte assorbite dal vicino Turkmenistan, e in parte disperse nelle steppe disabitate.
I tentativi di limitare le spinte indipendentiste dei karakalpakstani sembrano condizionate anche dalle recenti sommosse del Gornyj Badakšan in Tagikistan, e dalla stessa guerra in Ucraina per il Donbass, tutti aspetti locali dell’infinita questione delle nazionalità post-sovietiche.
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Immagine screenshot da YouTube
Geopolitica
Gli Houthi lanciano un missile balistico contro Israele

Le Forze di difesa israeliane (IDF) hanno dichiarato di aver intercettato un missile balistico lanciato dai ribelli Houthi dello Yemen. Secondo i media israeliani, si è trattato del primo attacco del genere in due mesi.
«Il missile è stato intercettato prima di entrare nel territorio del paese. Le sirene sono state attivate in conformità al protocollo», ha scritto l’IDF su X giovedì mattina presto.
Il portavoce militare degli Houthi, Ameen Hayyan, ha affermato che il missile è stato lanciato contro l’aeroporto internazionale Ben Gurion.
Gli Houthi controllano gran parte dello Yemen occidentale, inclusa la sua capitale, Sanaa. Il gruppo ha effettuato attacchi alle spedizioni internazionali e lanciato missili contro Israele in risposta all’operazione dell’IDF contro Hamas a Gaza.
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Nel fine settimana, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ordinato una serie di attacchi aerei e sbarramenti di missili da crociera contro i siti Houthi. Mercoledì, ha avvertito che il gruppo «sarà completamente annientato».
Abdul-Malik al-Houthi, il leader dei militanti, ha giurato di continuare l’attacco per conto dei palestinesi. «Faremo tutto il possibile contro il nemico israeliano e per sostenere il popolo palestinese. Affronteremo qualsiasi supporto americano [a Israele] che implichi di prendere di mira il nostro Paese», ha affermato, secondo il sito The New Arab.
Il cessate il fuoco tra Hamas e Israele è crollato questa settimana dopo che le parti non sono riuscite a concordare la fase successiva della tregua. L’IDF ha ripreso gli attacchi aerei a Gaza martedì e da allora ha continuato la sua offensiva di terra, prendendo il controllo del Corridoio Netzarim appena a sud di Gaza City.
Come riportato da Renovatio 21, nei mesi scorsi gli Houthi hanno attaccato diverse volte lo Stato Ebraico, a volte dichiarando l’uso di tecnologia ipersonica.
Due giorni fa gli Houthi hanno rivendicato un attacco ad una portaerei USA a seguito di raid ordinati da Trump in territorio yemenita.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Il Niger abbandona l’Organizzazione Internazionale delle Nazioni Francofone

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Geopolitica
Riassunto della telefonata Trump-Putin

Il presidente russo Vladimir Putin e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump hanno tenuto una telefonata molto attesa martedì, discutendo di una possibile soluzione del conflitto in Ucraina. La conversazione è durata due ore e mezza, con sia la Casa Bianca che il Cremlino che l’hanno descritta come positiva. Ecco i punti chiave della conversazione.
Putin e Trump hanno discusso l’idea di Trump di un cessate il fuoco di 30 giorni, con la parte russa che ha delineato molteplici questioni da risolvere prima della sua attuazione, ha affermato il servizio stampa del Cremlino in una dichiarazione successiva alla chiamata. Vale a dire, Putin ha delineato la necessità di stabilire un meccanismo per monitorare adeguatamente un potenziale cessate il fuoco, nonché per fermare la mobilitazione forzata e il riarmo in Ucraina.
«Sono stati inoltre rilevati gravi rischi associati all’incapacità di negoziare del regime di Kiev, che ha ripetutamente sabotato e violato gli accordi raggiunti», ha affermato il servizio stampa del Cremlino, aggiungendo che Putin ha anche attirato l’attenzione di Trump sui «barbari crimini terroristici commessi dai militanti ucraini contro la popolazione civile della regione di Kursk».
Trump ha proposto che Mosca e Kiev sospendano reciprocamente gli attacchi alle infrastrutture energetiche per 30 giorni. Putin ha sostenuto l’idea, impartendo immediatamente l’ordine corrispondente all’esercito russo.
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«I leader hanno concordato che il movimento per la pace inizierà con un cessate il fuoco energetico e infrastrutturale, nonché con negoziati tecnici sull’attuazione di un cessate il fuoco marittimo nel Mar Nero, un cessate il fuoco completo e una pace permanente. Questi negoziati inizieranno immediatamente in Medio Oriente», ha affermato la Casa Bianca in una dichiarazione.
Il presidente russo ha informato la sua controparte americana di un imminente scambio di prigionieri con l’Ucraina, programmato per mercoledì, ha rivelato il servizio stampa del Cremlino. Le due parti sono pronte a scambiarsi 175 prigionieri di guerra ciascuna. Inoltre, Mosca restituirà 23 militari ucraini gravemente feriti per dimostrare la sua buona volontà, ha osservato il servizio stampa.
Putin e Trump hanno ribadito il loro impegno a raggiungere una «pace duratura» piuttosto che una soluzione temporanea per il conflitto ucraino. Mosca considera la necessità di «eliminare le cause profonde della crisi», così come di soddisfare «i legittimi interessi della Russia nell’area della sicurezza» e «la completa cessazione degli aiuti militari esteri e la fornitura di informazioni di Intelligence a Kiev», come elementi chiave richiesti per raggiungere l’obiettivo, ha osservato il servizio stampa del Cremlino.
Sono stati discussi anche i legami tra Russia e Stati Uniti, con entrambi che hanno accettato di lavorare su progetti reciprocamente vantaggiosi. Washington e Mosca hanno preso in considerazione un «ampio spettro di aree in cui i nostri due Paesi potrebbero stabilire una cooperazione», ha affermato il servizio stampa del Cremlino.
«I due leader hanno concordato che un futuro con un rapporto bilaterale migliorato tra Stati Uniti e Russia ha un enorme potenziale positivo. Ciò include enormi accordi economici e stabilità geopolitica quando la pace sarà raggiunta», ha affermato la Casa Bianca.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0), immagine ingrandita.
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