Cina
È iniziato il passaggio allo yuan delle riserve delle Banche Centrali
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«Le banche centrali guardano al renminbi [la valuta cinese anche conosciuta come yuan, ndr] per diversificare le riserve di valuta estera». È il titolo non troppo sibillino di un articolo del Financial Times del 30 giugno,
Il pezzo si basa su un sondaggio condotto dalla banca svizzera UBS su 30 «leader» gestori di riserve di Banche Centrali. È emerso che l’85% di questi gestori in tutto il mondo desiderava renminbi per le proprie riserve Forex o aveva già iniziato a investire in essi
È interessante notare che le ragioni principali addotte da questi gestori per volere riserve in renminbi non includevano il timore che le loro riserve in dollari, euro e yen possano essere sequestrate.
«Senza dubbio, questi «leader» gestori di Banche Centrali non stanno guardando questa situazione in modo così realistico come le molte banche centrali “non leader” che UBS non ha esaminato, per le quali Afghanistan, Yemen, Iraq, Venezuela e ora la Russia sono in abbondanza prova di ciò che la “NATO globale” può fare loro» commenta EIRN.
I dirigenti delle banche «leader» hanno indicato altre ragioni: ritengono che sia in corso un allontanamento dal sistema unipolare anglo-americano e che andrà a beneficio del renminbi; sono preoccupati per l’inflazione statunitense e per gli errori inefficaci della Federal Reserve.
Il renminbi, afferma l’articolo del Financial Times, è ora salito a circa il 3% delle riserve della banca centrale globale, raddoppiando dal 2019, con il dollaro che è sceso dal 65% al 59% delle riserve dal 2016.
La Banca centrale della Federazione Russa ha, di gran lunga, la più alta percentuale di renminbi nelle sue riserve e le aziende russe sono state segnalate che accettano pagamenti per le esportazioni e accettano conti in renminbi.
L’agenzia Reuters ha riferito dall’India il 29 giugno che il più grande produttore di cemento indiano, UltraTech Cement, ha pagato 157.000 tonnellate di carbone russo con yuan (172.652.000 yuan o circa 26 milioni di dollari equivalenti). Il giornale lo ha definito «un raro metodo di pagamento che secondo i commercianti potrebbe diventare più comune».
Il pezzo infine cita un trader di Singapore: «questa mossa è significativa. Non ho mai sentito parlare di alcuna entità indiana che abbia pagato in yuan per il commercio internazionale negli ultimi 25 anni della mia carriera».
Come riportato da Renovatio 21, sia Israele che il Brasile, per fare due esempi, stanno incrementando le loro riserve di yuan, mentre la Birmania userà la valuta cinese come moneta di scambio.
Clamorosa è la notizia, battuta quattro mesi fa dal Wall Street Journal, secondo cui i sauditi (cioè, la famiglia protetta per trattato dagli USA sin dagli anni Trenta) sarebbero pronti a farsi pagare il petrolio in yuan cinesi.
La de-dollarizzazione del mondo prosegue spedita, pure con proposte tecniche come la diffusione del sistema cinese di pagamenti interbancari transfrontalieri CIPS.
Cina
Pechino dà più autonomia fiscale agli enti locali in piena crisi finanziaria
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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Tra le decisioni adottate del terzo Plenum del Partito tenutosi nei giorni scorsi, il via libera a una «maggiore capacità fiscale autonoma» per far fronte al pesante squilibrio tra entrate e uscite. Su prefetture e contee gravano debiti ingenti che l’esplosione della bolla immobiliare in Cina ha reso ancora più insostenibili. Intanto la Banca centrale ha ritoccato nuovamente al ribasso i tassi per stimolare la crescita al di sotto delle attese.
Di fronte all’ammontare del debito delle amministrazioni locali in Cina – che secondi i dati ufficiali (da molti analisti indipendenti ritenuti addirittura sottostimati) ammonta a ben 5.600 miliardi dollari – il Partito Comunista Cinese intende dare più poteri ai governi locali nell’imposizione e nella gestione delle entrate fiscali.
È la decisone più significativa che compare tra le risoluzioni adottate dall’atteso terzo Plenum del Comitato centrale del Partito comunista cinese, tenutosi la scorsa settimana e ce aveva al centro proprio il rallentamento della crescita economica cinese che continua anche ormai finita la fase della pandemia.
Nelle oltre quaranta pagine del comunicato pubblicato domenica 21 luglio dall’agenzia statale Xinhua – nel quadro di una «chiara divisione delle responsabilità», si dice verrà concessa ai governi locali una maggiore «capacità fiscale autonoma», consentendo loro di aumentare le fonti fiscali e di espandere «in modo appropriato» la loro autorità di gestione in materia di tasse.
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La crisi finanziaria degli enti locali è uno dei problemi principali che gravano oggi sull’economia cinese. Da questi enti dipendono i servizi pubblici ai cittadini, come l’istruzione e la sanità, e dunque le loro difficoltà finanziarie possono portare a tagli che indirettamente riducono la capacità di spesa delle famiglie, rallentando così anche i consumi interni.
Da quando Pechino ha avviato le riforme del mercato, oltre quarant’anni fa, la tassazione e le riforme dei rapporti tra centro e territori sono state costantemente uno degli elementi più spinosi.
La riforma della ripartizione fiscale del 1994, lanciata dall’allora premier Zhu Rongji, ha alleviato il deficit di entrate del governo centrale, ma è stata accusata di aver causato l’aumento degli oneri per i governi locali. Di conseguenza, le amministrazioni locali si sono rivolte alla vendita all’asta dei diritti di utilizzo dei terreni per ottenere maggiori entrate. Ma l’esplosione della bolla immobiliare in questi ultimi anni gli si è ritorta contro.
Secondo i dati ufficiali del ministero delle Finanze, l’anno scorso le entrate fiscali dei governi locali hanno rappresentato il 54% del totale nazionale, a fronte di una spesa che è pari all’86% del totale. Uno squilibrio dovuto al rallentamento economico post-pandemia che ha aumentato le preoccupazioni per i rischi di stabilità finanziaria delle oltre 300 prefetture e delle circa 3.000 contee della Cina, alcune delle quali si trovano impantanate in un debito gravoso.
In questo quadro il Plenum del Partito ha deciso di istituire un «meccanismo a lungo termine» per disinnescare il rischio di debito nascosto e un’espansione «ragionevole» del denaro raccolto attraverso obbligazioni speciali emesse dai governi locali. Tra le misure in cantiere figurano anche l’aumento dei trasferimenti generali dal governo centrale alle autorità locali, il passaggio della riscossione dell’imposta sui consumi ai governi locali e il miglioramento della ripartizione delle entrate fiscali condivise, come l’imposta sul valore aggiunto.
Nel frattempo oggi la banca centrale cinese ha nuovamente ritoccato oggi due tassi di interesse di riferimento che erano già ai minimi storici per il Paese, nel tentativo di rilanciare la crescita economica che resta al di sotto del 5% indicato come obiettivo.
Il tasso prime sui prestiti a un anno, che costituisce il parametro di riferimento per i tassi più vantaggiosi che le banche possono offrire a imprese e famiglie, è stato ridotto dal 3,45% al 3,35%, dopo essere stato abbassato l’ultima volta in agosto.
Il tasso a cinque anni, il parametro di riferimento per i prestiti ipotecari, è stato ridotto dal 3,95% al 3,85%, dopo la riduzione di febbraio.
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Immagine di edward stojakovic via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
Cina
Test di gravidanza obbligatori nelle aziende cinesi
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Cina
L’internet cinese e l’attentato a Trump
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Anche sui social network della Repubblica popolare cinese la notizia e le immagini del tentato omicidio del Tycoon sono diventate subito virali. Magliette con l’iconico scatto col volto insanguinato già in vendita sulle piattaforme di e-commerce. Ma c’è anche chi ironizza sul pugno chiuso, rispolverando il nomignolo «Compagno Janguo» con cui Trump veniva schernito in Cina durante la sua presidenza.
La notizia dell’attentato all’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump – avvenuto sabato 13 luglio durante un comizio a Butler, in Pennsylvania – ha scatenato numerose reazioni anche tra i netizen cinesi, diventando presto un trending topic sui social network del Paese di mezzo.
Secondo quanto riporta il sito What’s on Weibo, quello del tentato omicidio al Tycoon è stato uno degli argomenti più cercati sull’omonima piattaforma di microblogging nel pomeriggio di domenica. Nel giro di poche ore hashtag come «Hanno sparato a Trump», «Trump dice che un proiettile gli ha perforato l’orecchio destro», «Reporter riprende un proiettile che sfiora l’orecchio di Trump», «Confermata l’identità dell’attentatore di Trump» sono diventati virali su Weibo, ottenendo milioni di visualizzazioni.
Leggendo alcuni commenti apparsi, è parere diffuso anche tra gli utenti del più popolare social network cinese che questo drammatico evento giocherà a favore del candidato repubblicano, aumentandone la popolarità e agevolando la sua corsa per le elezioni presidenziali del prossimo novembre.
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A tal proposito, Hu Xijin, noto giornalista e commentatore politico cinese, ha scritto: «credo istintivamente che questo incidente farà guadagnare a Trump molta simpatia, portandolo a un passo dal ritorno alla Casa Bianca».
Ripostando un tweet dell’influencer americano Jackson Hinkle che accosta l’immagine di Trump con il pugno chiuso dopo la sparatoria a quella di Joe Biden caduto a terra dalla bicicletta mentre era in vacanza nel Delaware due anni fa, aggiunge: «La traiettoria del proiettile è così chiara, proprio come gli sforzi della campagna [elettorale], che saranno ora lisci come il proiettile che vola».
Ricordando le recenti gaffe dell’attuale presidente americano al summit NATO, altri utenti hanno commentato: «la persona più danneggiata dal ferimento di Trump non è Trump stesso, ma il suo avversario, Biden» e ancora: «voterei Trump solo per la rapida reazione e la velocità con cui si è accovacciato. Se fosse stato Biden, probabilmente non sarebbe stato in grado di farlo».
Oltre alle dinamiche e alle implicazioni politiche dell’incidente, tra gli utenti cinesi di Weibo c’è molto interesse anche per l’ormai iconica foto scattata dal Premio Pulitzer Evan Vucci, che ritrae Trump con il pugno alzato e il sangue che scorre sul lato destro del volto. Secondo il noto blogger Pingyuan Gongzi Zhao Sheng, la scena del «figlio destinato dell’America che affronta un pericolo mortale, con il volto imbrattato di sangue, con il pugno chiuso, ruggendo: “Combattere! Combattere!” […] corrisponde all’immagine americana più tradizionale dei film di Hollywood. Alla gente non interessa chi sia o chi serva, il presidente deve essere un duro, difficile da sconfiggere, un “barbaro” senza paura, un “uomo d’acciaio”».
L’immagine scattata da Vucci ha raggiunto una popolarità tale sul web che alcuni commercianti hanno addirittura pensato di mettere in vendita sulle piattaforme di e-commerce cinesi delle magliette che la ritraggono, a un prezzo compreso tra 20 e 49 yuan (2,5- 6 euro). Essa è stata inoltre fonte di ispirazione per meme che paragonano Trump a un eroe comunista, con le didascalie: «Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!», oppure «Lunga vita al grande e glorioso Partito Comunista Cinese!» e «Il proiettile mi ha perforato l’orecchio, ma riesco ancora a sentire la voce del Partito».
Altri utenti cinesi hanno ironizzato sul fatto che Trump sia stato ferito all’orecchio destro proprio come il celebre panda A Bao, morso da un suo simile, quasi a sottolineare ulteriormente la presunta fedeltà del Tycoon alla Cina.
Con tono canzonatorio, un commentatore ha scritto: «auguro al Compagno Jianguo una pronta guarigione, che possa continuare a lavorare duramente per la missione finale affidatagli dal Partito». «Compagno Jianguo» (Jianguo tongzhi), letteralmente «compagno edificare il Paese», è l’appellativo con cui il Tycoon è spesso schernito sui social media cinesi, per suggerire che le azioni intraprese durante la sua leadership non avrebbero fatto altro che affossare gli Stati Uniti, accelerando così l’ascesa della Cina.
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Immagine da Weibo via AsiaNews.
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