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Cina

Significativa attività militare cinese e americana nel Mar della Cina meridionale

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Un jet da combattimento cinese J-11 avrebbe intercettato un RC-135 statunitense sopra il Mar Cinese Meridionale, mentre l’altra portaerei della Marina dell’Esercito di Liberazione del Popolo (ELP), la Shandong e il suo gruppo di battaglia, erano impegnati in esercitazioni che simulavano attacchi a un gruppo di lavoro della Marina degli Stati Uniti. Lo riporta il sito The War Zone, basandosi su una serie di fonti.

 

«Come parte di quell’esercitazione, un gruppo d’attacco guidato dallo Shandong ha simulato attacchi a una formazione della Marina degli Stati Uniti», ha rivelato al Financial Times un funzionario di un anonimo paese asiatico.

 

In effetti, riporta War Zone, è ormai chiaro che all’epoca c’era una significativa attività aerea e navale nel Mar Cinese Meridionale, che includeva anche sortite di rifornimento sopra il Canale di Bashi, lo stretto altamente strategico che va dall’estremità meridionale di Taiwan alla punta settentrionale dell’isola di Luzon nelle Filippine.

 

Inoltre, è altamente plausibile che l’RC-135 intercettato stesse monitorando la stessa esercitazione militare cinese mentre si svolgeva nell’aria e nelle acque del Mar Cinese Meridionale.

 

In passato, la SCS Probing Initiative, ospitata dall’Università di Pechino a Pechino, aveva affermato che «l’esercito americano conduce ogni giorno da tre a cinque sortite nel Mar Cinese Meridionale». Il 21 dicembre, secondo la SCS Probing Initiative, le forze armate statunitensi hanno inviato tre velivoli da pattugliamento marittimo P-8A, un velivolo di sorveglianza RC-135V e un velivolo di controllo e preallarme aereo E-3G dalla base aerea di Clark e dalla base aerea di Kadena per operare sul Mar Cinese Meridionale ea sud dello Stretto di Taiwan (War Zone non sottolinea che la SCS Probing Initiative utilizza dati sul traffico aereo che sono pubblicamente disponibili su siti web come Flightradar24).

 

L’RC-135V in questione potrebbe benissimo essere quello intercettato dal J-11. Tutto ciò stava accadendo mentre l’altra portaerei cinese, la Liaoning, e il suo gruppo di battaglia operavano nel Mar delle Filippine.

 

«La capacità della Marina dell’Esercito Popolare di Liberazione Cinese di eseguire operazioni di portaerei simultanee su larga scala in due luoghi diversi è significativa, poiché le portaerei e le operazioni fuori area diventano più centrali per il suo concetto di operazioni», scrive War Zone. «Nel complesso, gli eventi del 21 dicembre riflettono i modelli di attività che sono sempre più comuni sia per la Cina che per gli Stati Uniti nella regione».

 

Il sito riferisce separatamente che l’aeronautica americana sta installando un radar oltre l’orizzonte sull’isola di Palau. Chiamato Tactical Mobile Over-the-Horizon Radar o TACMOR, viene installato per migliorare la consapevolezza situazionale del dominio aereo e marittimo per gli Stati Uniti e le forze alleate nella regione.

 

Il TACMOR è un esempio degli sforzi del Pentagono per diffondere infrastrutture militari in tutte le isole del Pacifico occidentale.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato un F-35 americano era caduto nel Mar della Cina, scatenando una corsa contro il tempo da parte delle forze USA per recuperarlo prima che i cinesi potessero impossessarsi dei resti ed eseguire un lavoro di retroingegneria.

 

 

L’attività cinese nel Pacifico, e le relative tensioni,  in questi anni ha spinto i Paesi dell’area all’import di armi. Secondo alcuni sarebbe incorso una «offensiva» della presenza militare cinese nell’Indo-Pacifico concretizzatasi durante la crisi ucraina.

 

 

Immagine di N509FZ via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

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Cina

Cina, rimosso e indagato il capo dell’Amministrazione per gli affari religiosi

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Cui Maohu finito nel mirino dell’anticorruzione. Sotto esame la sua attività nello Yunnan, la provincia da dove proviene. Alla guida della Sara dal giugno 2022: l’organismo è braccio esecutivo del Fronte unito del Partito comunista cinese. Quella contro Cui è la terza azione disciplinare di alto livello dalla chiusura della sessione annuale del Parlamento.

 

 

Le autorità hanno rimosso e messo sotto indagine Cui Maohu, capo dell’Amministrazione Statale per gli Affari Religiosi (SARA) e uno dei vice direttori del Dipartimento di lavoro del Fronte Unito del Partito comunista cinese. La conferma ufficiale è arrivata dalla Commissione centrale per le ispezioni disciplinari e dalla Commissione nazionale di vigilanza, il supremo organo anticorruzione.

 

Cui è sotto esame per aver commesso gravi infrazioni disciplinari e infranto le leggi dello Stato, hanno rivelato le autorità il 18 marzo: una espressione che di solito indica un caso di corruzione. Secondo quanto riporta Sing Tao Daily, egli è indagato in primo luogo per questioni legate al suo lavoro nello Yunnan, la provincia da dove proviene.

 

Il 57enne originario di Xuanwei si è laureato in filosofia presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università dello Yunnan e ha lavorato per anni presso il Dipartimento organizzativo del Comitato provinciale del PCC; aveva ottenuto la direzione della SARA nel giugno 2022, come l’incarico al Fronte Unito.

 

In precedenza la SARA era nota come «Ufficio Affari Religiosi», un organismo indipendente sotto l’autorità del Consiglio di Stato (il governo centrale). Nel marzo 2018 è passata sotto il diretto controllo del Partitoservendo in sostanza da braccio esecutivo del Fronte Unito per l’ambito religioso.

 

Quella contro Cui è la terza azione disciplinare di alto livello dopo la recente conclusione della sessione annuale dell’Assemblea Nazionale del Popolo, coincisa con l’avvio formale del terzo mandato al potere di Xi Jinping (…).

 

 

 

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La Cina contro l’insabbiamento del Nord Stream

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Il 15 marzo il ministero degli Esteri cinese ha sottolineato il fatto insolito che i principali organi di stampa occidentali hanno accolto acriticamente un’affermazione di anonimi funzionari statunitensi secondo cui un improbabile «manipolo filo-ucraino» sarebbe responsabile del bombardamento del gasdotto russo-tedesco Nord Stream il 26 settembre 2022.

 

Il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin ha descritto i gasdotti come «progetti infrastrutturali transfrontalieri vitali», la cui distruzione ha avuto «un grave impatto sul mercato energetico globale e sull’ambiente ecologico».

 

La Cina vuole «un’indagine obiettiva, imparziale e professionale» sull’attentato e vuole che i responsabili siano tenuti a rispondere. Prima è, meglio è, ha aggiunto.

 

«Abbiamo notato che alcuni media occidentali sono stati misteriosamente silenziosi dopo che Hersh ha riferito che gli Stati Uniti erano dietro l’esplosione del Nord Stream. Ma ora questi media sono insolitamente simultanei nel far sentire la loro voce. In che modo gli Stati Uniti spiegherebbero tale anomalia? C’è qualcosa nascosto dietro la scena?» ha chiesto Wang.

 

Non si tratta della prima esternazione di Pechino sul gasdotto russo-tedesco fatto saltare lo scorso autunno. La portavoce degli Esteri Mao Ning il mese scorso aveva insistito sulla necessità che gli USA dessero spiegazioni sul sabotaggio del Nord Stream.

 

La notizia per cui invece che essere frutto di un accurato piano militare condotto in totale clandestinità (anche all’oscuro del Congresso) dall’amministrazione Biden – la tesi, comprovata giornalisticamente con fonti date e luoghi da Seymour Hersh, l’attacco terroristico sia stato perpetrato da un non specificato gruppuscolo di persone filo-ucraine è stata trasmessa dapprima dal New York Times, che cita fonti nell’Intelligence USA, per poi essere rivendicata dai giornali tedeschi, che citano invece fonti nelle indagini locali.

 

Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha dichiarato che la storia dei subacquei filo-ucraina è una «completa assurdità».

 

I timori di Pechino per gli attacchi a infrastrutture strategiche transnazionali possono essere fondati. A inizio dicembre 2022 fa è stato completato il collegamento di un gasdotto che fornisce gas naturale russo alla Cina, e a Shanghai in particolare.

 

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

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Intelligenza artificiale, delude Ernie, risposta cinese a Chat Gpt

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Il motore di ricerca Baidu ha presentato la sua chatbot. Dopo la presentazione persi alla Borsa di Hong Kong 3 miliardi di dollari di valore. Compagnia USA OpenAi lancia invece GPT-4, capace di interpretare artificialmente anche le immagini e non più solo testi. Guerra tecnologica con Washington minaccia i piani di Xi Jinping.

 

 

 

Delude Ernie Bot, la prima risposta cinese a Chat Gpt, il chatbot basato sull’intelligenza artificiale generativa sviluppata dalla compagnia hi-tech USA OpenAI. Oggi, dopo la sua presentazione, il motore di ricerca internet Baidu che l’ha sviluppata ha perso il 6,4% alla Borsa di Hong Kong, bruciando 3 miliardi di dollari.

 

Un chatbot è una chat capace di generare risposte di tipo umano a domande complesse: permette di interagire con un sistema di intelligenza artificiale, soprattutto per l’elaborazione di testi.

 

Gli investitori sono rimasti poco impressionati dai video preregistrati che mostravano Ernie Bot compiere calcoli matematici, parlare dialetti cinesi e generare video e immagini accompagnati da testi. Hanno pesato poi le parole dell’amministratore delegato di Baidu, Robin Li, il quale ha ammesso che il sistema non è perfetto e che è stato presentato perché il mercato lo richiedeva.

 

La differenza con i prodotti presentati da OpenAI è eclatante. Il 14 marzo l’azienda tecnologica USA (sostenuta da Microsoft) ha annunciato di aver iniziato a commercializzare un nuovo modello di intelligenza artificiale ancora più potente. GPT-4 è descritto come un sistema «multiplo», capace di interpretare artificialmente anche le immagini e non più solo testi.

 

Fino alla comparsa di Chat Gpt a novembre, la Cina era considerata all’avanguardia nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ora i rivali Usa sembrano in netto vantaggio. Anche Li si è detto impressionato dalle capacità di GPT-4, ma ha sottolineato che Ernie Bot non è uno strumento di confronto tra Cina e Stati Uniti.

 

Oltre a Baidu, anche l’altro colosso tecnologico cinese Alibaba sta elaborando la sua chatbot. Critici degli sforzi di Pechino sostengono però che il focus sulla censura porterà allo sviluppo di uno strumento deformato, lontano dagli standard occidentali.

 

Gli investimenti di Pechino sull’intelligenza artificiale sono minacciati dalla guerra tecnologica con gli USA. Per decisione dell’amministrazione Biden, le compagnie statunitensi di settore hanno bisogno di una licenza governativa per poter vendere a compratori cinesi macchinari per la produzione di chip avanzati – necessari nel campo dell’intelligenza artificiale. Su pressione di Washington, anche Giappone e Paesi Bassi hanno ristretto l’export di tali strumenti in Cina.

 

Xi Jinping ha ribadito più volte che Pechino deve raggiungere l’autosufficienza tecnologica per non dipendere da forze straniere. Morris Chang, fondatore del colosso taiwanese dei chip TSMC, ha detto oggi che i cinesi sono indietro 5-6 anni rispetto a Taiwan nello sviluppo di microchip di ultima generazione.

 

Secondo il piano Made in China 2025 lanciato da Xi nel 2015, entro il 2020 la Cina avrebbe dovuto raggiungere l’obiettivo di produrre il 40% dei chip usati per il consumo interno, per arrivare al 70% nei prossimi due anni: al 2021 la quota è stata di circa il 16%.

 

 

 

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