Salute
Maratone di malori e infarti in tutto il mondo

Nuovo dramma ad una maratona nell’oramai inevitabile sequela di malori che sembrano colpire tante discipline sportive outdoor, così come pure la musica, la recitazione, etc.
Durante la tradizionale 20 chilometri Benhobia-San Sebastian (Spagna) tenutasi domenica scorsa vi sono stati tre infarti acclarati e qualcosa come 125 malori improvvisi tra gli atleti.
L’ente organizzatore non ha specificato l’età delle persone che hanno subito i malori improvvisi, tuttavia è ipotizzabili che abbiano tutti un’età compresa tra i 20 e i 40 anni.
Si era quindi data la colpa ai colpi di calore, perché le temperature sul luogo si vede che sono ancora quelle estive. Forse per questo, erano stati installati ben 8 ospedali da campa, tre dei quali nel tratto dei due chilometri conclusivi. Di fatto, hanno avuto il loro lavoro.
Insomma è stato il caldo. Anzi, è probabile che possiate dare la colpa al Global Warming. La notizia è quindi da ritagliare, perché in teoria farebbe cortocircuito con quel giornale italiano che poche settimane fa aveva segnalato che la terapia intensiva dell’ospedale era piena, ma non di malati di COVID intubati, bensì di un numero insolito di ictus e infarti, per il quale non c’è spiegazione – scriveva il giornalista – ma forse bisogna pensare che la causa sia il cambio di stagione. Colpiti a morte dall’autunno: una diagnosi infausta, una malattia che ancora non ha un nome («autunnite»?) e che rovina la nostra tranquillità.
Come riportato da Renovatio 21, sei mesi fa alla Maratona di Brooklyn ci era scappato il morto, più 16 feriti ricoverati: bilanci da attentato terroristico.
C’è poi il caso della maratoneta olimpica svizzera che aveva sviluppato problemi cardiaci.
Alla maratona del cognac a Jarnac, in Francia, invece, ci sarebbe stata la morte di una 27enne. Così come un morto si è registrato nella mezza maratona di Malaga. Si tratta di un corridore di 58 anni; l’equipe sanitaria ha provato a rianimarlo con le manovre cardiopolmonari, ma non c’è stato niente da fare.
Del calcio, ci siamo anche stufati di parlare. Del ciclismo, con le sue gare pro e amatoriali con bollettino di guerra, pure. Così come dei casi di guardie reali, raccattapalle e giornalisti.
La notizia sembra essere che l’epidemia di malori si sta spostando anche sui cantanti, sui ballerini e pure – notizia da far tremare i polsi i genitori di figli in età scolare — sui conducenti di scuolabus.
Che dire: tutto normale. Niente da vedere, circolare. Le miocarditi ci sono sempre state. Eccerto. Tuttavia crediamo sia ancora valido il piccolo esperimento che facemmo con Google l’anno passato. Potete provare anche voi, mentre i fact-checker si sforzano a trovare maratone di lustri fa dove c’era stato magari un malore uno.
Vabbè, non ha molto senso perderci tempo.
La realtà è sotto gli occhi di tutti. E chi non li vuole aprire, almeno rinunzi all’attività sportiva: sapete come, c’è la questione delle preziose risorse della sanità da non elargire a chi ha fatto scelte sbagliate, come da discorso dell’utilitarismo vaccinale per punire i no-vax durante i lockdown. Ricordate? Era una questione, prima che morale, economica, di virtù della spesa pubblica.
Negare le cure per il cancro ai polmoni di chi fuma. Negare le cure al diabete dei mangioni. Negare le cure alle malattie veneree di chi… ah no aspetta questo non si può dire. Negare le cure COVID a non vaccinati.
E adesso, negheranno le cure ai malori degli sportivi, professionisti o della domenica che siano?
Vi piacerebbe l’idea di un’apartheid basato sulle miocarditi? A noi, francamente, no. Ma la nostra opinione vale pochissimo, meno di tutte queste stragi di cuori compromessi da una giornata calda, oppure, dal caso e dalla «nessuna correlazione».
Salute
Calciatrice 27enne muore improvvisamente

Una calciatrice inglese di 27 anni è stata trovata morta nella sua residenza a Horsely, in Inghilterra.
Maddy Cusack giocava nella squadra dello Sheffield United come centrocampista. È stata dichiarata morta dalla polizia arrivata sul posto.
Da allora, non sono stati rilasciati ulteriori dettagli sulla morte, tuttavia la polizia del Derbyshire lunedì ha annunciato che non la considererà sospetta, aggiungendo che presto arriverà un rapporto dall’ufficio del coroner di Chesterfield.
In un video pubblicato su YouTube dalla sua squadra mercoledì scorso, la Cusack sembrava stare bene.
Le solite speculazioni sono subite comparse online.
Non è chiaro se la Cusack si fosse sottoposta a vaccinazione COVID, tuttavia è riportato che nel 2021, lo stadio della sua squadra ha ospitato una clinica per vaccini «che offre la prima e la seconda dose dei vaccini Pfizer e AstraZeneca».
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In un video condiviso tre volte nei successivi sette mesi dalla Sheffield Health and Care Partnership, la Cusack è apparsa in una testimonianza che promuoveva la campagna vaccinale.
Maddy Cusack from @sufc_women tells us why she's going to have her covid-19 vaccine #VaccinateSheffield pic.twitter.com/OxNsanYcLn
— Sheffield Health and Care Partnership (@SheffieldHCP) June 16, 2021
«Ciao, mi chiamo Maddy Cusack e gioco a calcio per lo Sheffield United Women», dice la ragazza nel video che risale a due anni fa. «Farò il mio vaccino quando sarò invitato, e lo farò per assicurarmi di tenere al sicuro i miei amici e la mia famiglia».
Non c’è modo di sapere se poi la calciatrice si sia davvero fatta il vaccino, quante volte e di quale tipo.
Tuttavia i problemi cardiaci causati dal siero sperimentale COVID a calciatori e non solo sono oramai discussi da anni.
Come riportato tante volte da Renovatio 21, si tratta di un fenomeno globale, praticamente onnipresente in ogni campionato della Terra.
Dal 2021 siamo purtroppo stati testimoni di infiniti episodi, talvolta davvero strazianti, di sportivi che crollano sui campi di tutto il mondo, dalla Grecia al Qatar, dal Canada alla Francia all’Islanda, dall’Algeria alla Moldavia, dalla Spagna al Guatemala, dalla Gran Bretagna all’Italia.
Quattro mesi fa erano stati calcolati 769 atleti a terra durante una partita. L’aumento degli attacchi cardiaci è incontrovertibile.
Il 2021 è stato l’anno con più giocatori morti in campo, con un’accelerazione significativa di infarti tra sportivi verso la fine dell’anno.
Come riportato da Renovatio 21, i collassi tra giocatori sono continuati ad abundantiam anche nel 2023.
Non riguarda solo il calcio, ovviamente. Il fenomeno riguarda tutto lo sport, in tutto il mondo.
Lo abbiamo visto nel Basket, nelle maratone, nel Tennis, nell’Hockey, nella Mountain Bike, nel Football americano, nel ciclismo. Perfino tra i telecronisti.
In realtà, lo sappiamo bene, non riguarda solo lo sport.
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Immagine screenshot da YouTube
Reazioni avverse
Miocardite post-vaccino: anni dopo, alcuni ancora non sono guariti

Epidemie
L’RNA virale può persistere per 2 anni dopo il COVID-19: studio

Un nuovo studio potrebbe spiegare perché alcune persone che contraggono il COVID-19 non tornano mai alla normalità e sperimentano invece nuove condizioni mediche come malattie cardiovascolari, disfunzioni della coagulazione, attivazione di virus latenti, diabete mellito o quello che è noto come «Long COVID» dopo l’infezione di SARS-CoV-2. Lo riporta Epoch Times.
In un recente studio preliminare pubblicato su medRxiv, i ricercatori hanno condotto il primo studio di imaging con tomografia a emissione di positroni (PET) sull’attivazione delle cellule T in individui che in precedenza si erano ripresi da COVID-19 e hanno scoperto che l’infezione da SARS-CoV-2 può provocare un’attivazione persistente delle cellule T in una varietà di tessuti corporei per anni dopo i sintomi iniziali.
Anche nei casi clinicamente lievi di COVID-19, questo fenomeno potrebbe spiegare i cambiamenti sistemici osservati nel sistema immunitario e in quelli con sintomi COVID di lunga durata.
Va segnalato, ad ogni modo, la maggior parte dei partecipanti era stata vaccinata e lo studio non ha indagato il legame tra l’esistenza dell’RNA virale e la vaccinazione.
Per effettuare lo studio, i ricercatori hanno condotto scansioni PET di tutto il corpo di 24 partecipanti che erano stati precedentemente infettati da SARS-CoV-2 e guariti dall’infezione acuta in momenti che vanno da 27 a 910 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi di COVID-19.
Una scansione PET è un test di imaging che utilizza un farmaco radioattivo chiamato tracciante per valutare la funzione metabolica o biochimica di tessuti e organi e può rivelare un’attività metabolica sia normale che anormale. Il tracciante viene solitamente iniettato nella mano o nella vena del braccio e si raccoglie in aree del corpo con livelli più elevati di attività metabolica o biochimica, che possono rivelare la sede della malattia.
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Utilizzando un nuovo agente radiofarmaceutico che rileva molecole specifiche associate a un tipo di globuli bianchi chiamati linfociti T, i ricercatori hanno scoperto che l’assorbimento del tracciante era significativamente più elevato nei partecipanti alla fase post-acuta di COVID-19 rispetto ai controlli pre-pandemia nel tronco cerebrale, nella colonna vertebrale midollo osseo, tessuto linfoide nasofaringeo e ilare, tessuti cardiopolmonari e parete intestinale.
Tra maschi e femmine, i partecipanti maschi tendevano ad avere un assorbimento maggiore nelle tonsille faringee, nella parete rettale e nel tessuto linfoide ilare rispetto ai partecipanti femmine.
I ricercatori hanno specificatamente identificato l’RNA cellulare del SARS-CoV-2 nei tessuti intestinali di tutti i partecipanti con sintomi da Long COVID che si erano sottoposti a biopsia in assenza di reinfenzione, con un range da 158 a 676 giorni dopo essersi inizialmente ammalati di COVID.
Ciò suggerisce che la persistenza del virus nel tessuto potrebbe essere associata a problemi immunologici a lungo termine.
Sebbene l’assorbimento del tracciante in alcuni tessuti sembrasse diminuire con il tempo, i livelli rimanevano comunque elevati rispetto al gruppo di controllo di volontari sani pre-pandemia.
«Questi dati estendono in modo significativo le osservazioni precedenti di una risposta immunitaria cellulare duratura e disfunzionale alla SARS-CoV-2 e suggeriscono che l’infezione da SARS-CoV-2 potrebbe portare a un nuovo stato stazionario immunologico negli anni successivi a COVID-19», scrivono i ricercatori.
I risultati hanno mostrato un «assorbimento leggermente più elevato» dell’agente nel midollo spinale, nei linfonodi ilari e nella parete del colon/retto nei soggetti con sintomi COVID prolungati.
Nei partecipanti con COVID lungo che hanno riportato cinque o più sintomi al momento dell’imaging, i ricercatori hanno osservato livelli più elevati di marcatori infiammatori, «comprese le proteine coinvolte nelle risposte immunitarie, nella segnalazione delle chemochine, nelle risposte infiammatorie e nello sviluppo del sistema nervoso».
Rispetto sia ai controlli pre-pandemia che ai partecipanti che avevano avuto il COVID-19 e si erano completamente ripresi, le persone con Long COVID hanno mostrato una maggiore attivazione delle cellule T nel midollo spinale e nella parete intestinale.
I ricercatori attribuiscono i loro risultati all’infezione da SARS-CoV-2, sebbene tutti i partecipanti tranne uno avessero ricevuto almeno una vaccinazione COVID-19 prima dell’imaging PET.
Per ridurre al minimo l’impatto della vaccinazione sull’attivazione delle cellule T, l’imaging PET è stato eseguito a più di 60 giorni da qualsiasi dose di vaccino, ad eccezione di un partecipante che ha ricevuto una dose di vaccino di richiamo sei giorni prima dell’imaging. Sono stati esclusi gli altri che avevano fatto un vaccino COVID-19 entro quattro settimane dall’imaging, scrive Epoch Times.
I ricercatori hanno affermato che il loro studio presentava diversi altri limiti, tra cui dimensioni ridotte del campione, studi correlati limitati, varianti in evoluzione, lancio rapido e incoerente dei vaccini COVID-19, che hanno richiesto loro di modificare i protocolli di imaging, utilizzando individui pre-pandemici come controlli e l’estrema difficoltà di trovare persone che non fossero mai state infettate dal SARS-CoV-2.
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«In sintesi, i nostri risultati forniscono prove provocatorie dell’attivazione del sistema immunitario a lungo termine in diversi tessuti specifici in seguito all’infezione da SARS-CoV-2, compresi quelli che presentano sintomi COVID lunghi», concludono i ricercatori. «Abbiamo identificato che la persistenza del SARS-CoV-2 è un potenziale motore di questo stato immunitario attivato e mostriamo che l’RNA del SARS-CoV-2 può persistere nel tessuto intestinale per quasi 2 anni dopo l’infezione iniziale».
Come riportato da Renovatio 21, già un anno fa la stampa mainstream aveva cominciato ad ammettere che forse «i vaccini potrebbero non prevenire molti sintomi del Long COVID, come ha scritto il Washington Post.
Nella primavere 2022 il professor Harald Matthes dell’ospedale di Berlino Charité aveva dichiarato di aver registrato 40 volte più «effetti collaterali gravi» delle vaccinazioni contro il COVID -19 rispetto a quanto riconosciuto da fonti ufficiali tedesche.
Matthes aveva delle strutture che sarebbero chiamate a curare i pazienti con complicazioni vaccinali: «Abbiamo già diversi ambulatori speciali per il trattamento delle conseguenze a lungo termine della malattia COVID», spiega il prof. Matthes. «Molti quadri clinici noti da “Long COVID” corrispondono a quelli che si verificano come effetti collaterali della vaccinazione».
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