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L’esercito cinese sta trasformando l’AI open source di Facebook in un’arma

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Il modello open source Llama di Meta sarebbe utilizzato dall’esercito cinese. Lo ha riportato l’agenzia Reuters lo scorso giugno.

 

Secondo quanto riportato, lo strumento di Intelligenza Artificiale incentrato sull’ambito militare denominato «ChatBIT» sarebbe stato in fase di sviluppo per raccogliere informazioni di intelligence e fornirle per il processo decisionale operativo, come illustrato nel documento accademico pubblicato da Reuters.

 

L’allora presidente degli affari globali di Meta, Nick Clegg, aveva pubblicato un post sul blog dopo il rapporto di Reuters, sostenendo che l’azienda sta lavorando per rendere Llama «disponibile alle agenzie governative statunitensi e ai contractor che lavorano su applicazioni per la sicurezza nazionale».

 

Il post del blog tentava di toccare le corde più profonde dei leader tecnologici americani, con Clegg a sostenere che modelli di intelligenza artificiale come Llama «non solo supporteranno la prosperità e la sicurezza degli Stati Uniti, ma aiuteranno anche a stabilire standard open source statunitensi nella corsa globale per la leadership dell’Intelligenza Artificiale».

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Tuttavia tale tempismo è parso sospetto, come nota Gizmodo. Cos’altro potrebbe spiegare l’attrattiva sdolcinata che esercita sugli americani oggi, mentre l’Esercito Popolare di Liberazione (ELP) stava utilizzando la sua IA prima ancora che il governo degli Stati Uniti prendesse in considerazione di fare lo stesso?

 

Come sottolinea sempre Reuters, il post sul blog di Meta viola anche la politica di utilizzo accettabile dell’azienda, che proibisce «attività militari, belliche, industrie o applicazioni nucleari, spionaggio». Poiché l’IA è completamente open source, queste disposizioni sono del tutto inefficaci e inapplicabili, e servono principalmente a Meta per coprire le proprie tracce.

 

Il Cleggo sosteneva che, rendendo open source i modelli di Intelligenza Artificiale, gli Stati Uniti potrebbero competere meglio con altre nazioni, «tra cui la Cina», che stava «correndo per sviluppare i propri modelli open source» e «investendo molto per superare gli Stati Uniti».

 

«Riteniamo che sia nell’interesse sia dell’America sia del mondo democratico in generale che i modelli open source americani eccellano e abbiano successo rispetto ai modelli cinesi e di altri Paesi», ha scritto l’ex vice primo ministro britannico.

 

«Resta da vedere se questo tipo di ragionamento soddisferà i funzionari del Pentagono. Il barcamenarsi di Meta è sintomatico di un enorme punto cieco della sicurezza nazionale» commenta il sito Futurism.

 

La vecchia amministrazione Biden aveva annunciato che stava ultimando le regole per limitare gli investimenti statunitensi nell’Intelligenza Artificiale in Cina che potrebbero minacciare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ma dato l’approccio veloce e sbrigativo di Meta, queste regole sono sembrate troppo poche e troppo tardive.

 

Meta, d’altro canto, ritiene che la sua Intelligenza Artificiale sia troppo debole per fare qualche differenza per la Cina, scriveva Futurism. Di nostro notiamo la riverenza con cui Mark Zuckerberg, che ha imparato il mandarino, tratta il governo cinese, facendosi vedere con la biografia Xi Jinping sulla scrivania.

 

«Nella competizione globale sull’Intelligenza Artificiale, il presunto ruolo di una versione unica e obsoleta del modello open source americano è irrilevante quando sappiamo che la Cina sta già investendo più di mille miliardi di dollari per superare gli Stati Uniti nell’Intelligenza Artificiale», aveva dichiarato un portavoce alla Reuters.

 

Da quando era emersa la notizia l’anno scorso, tuttavia il mondo è già cambiato: l’arrivo dell’IA cinese Deepseek, in grado di funzionare senza l’uso di costosi e sofisticati nuovi microprocessori, ha sconvolto il settore, creato contraccolpi in borsa per titoli come NVIDIA nonché ridefinito la corsa mondiale all’AI.

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Intelligence

Netanyahu nomina il nuovo dell’Intelligence israeliana anche se il tribunale aveva bloccato il licenziamento del predecessore

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Il primo ministro israeliano Beniamino Netanyahu sta portando avanti la sostituzione del capo licenziato dell’Agenzia per la sicurezza israeliana (il celebre Shin Bet), Ronen Bar, nonostante un’ingiunzione temporanea contro il licenziamento emessa dalla corte suprema del Paese.   Netanyahu ha nominato il viceammiraglio in pensione Eli Sharvit, ex capo della Marina israeliana, come nuovo capo della sicurezza. L’ufficio del primo ministro ha affermato che Sharvit è stato scelto dopo «aver condotto interviste approfondite con sette candidati meritevoli».   L’ammiraglio Sharvit ha prestato servizio nelle forze armate israeliane per 36 anni e ha guidato «la difesa marittima delle acque territoriali e condotto complesse operazioni contro Hamas, Hezbollah e Iran».  
  Il gabinetto di Netanyahu aveva approvato il licenziamento di Bar il 31 marzo, motivandolo con la «persistente sfiducia personale e professionale» nei suoi confronti e con la sua leadership nell’agenzia di sicurezza. Il licenziamento di un capo dello Shin Bet è stato un fatto senza precedenti nella storia dello Stato di Israele e ha scatenato massicce proteste di piazza, considerate anche le altre controverse decisioni di Netanyahu relative alla ripresa della guerra a Gaza.   I critici sostengono che il licenziamento di Bar sia un tentativo motivato politicamente per proteggere Netanyahu dalle indagini, dato che lo Shin Bet e la polizia hanno indagato su presunti legami illeciti tra due collaboratori di Netanyahu e il Qatar.   Anche il procuratore generale Gali Baharav Miara è nel mirino, poiché Netanyahu sta cercando di farla licenziare. Ha anche avvertito che il licenziamento del capo dello Shin Bet pone un conflitto di interessi.   Nel frattempola stampa israeliana ha riferito che anche l’ufficio del procuratore generale sta facendo pressione su Netanyahu. «Il procuratore generale Gali Baharav-Miara ordina alla polizia di convocare il primo ministro Benjamin Netanyahu per testimoniare nell’inchiesta in corso sui suoi collaboratori per i loro presunti legami illeciti con il Qatar», secondo Channel 12. «La testimonianza di Netanyahu sarebbe resa in quanto persona a conoscenza della vicenda e non come sospettato in questa fase».    
    Quanto a Bar, anche lui ha descritto il suo licenziamento come motivato in ultima analisi dagli «interessi personali» di Netanyahu.   In una lettera aveva fortemente suggerito che i problemi che hanno portato ai fallimenti della sicurezza del 7 ottobre provenissero dall’alto. «Una politica di silenzio aveva permesso ad Hamas di subire un massiccio rafforzamento militare» aveva detto in merito alla fase preparatoria dell’attacco terroristico nel sud di Israele.   Netanyahu ha a sua volta incolpato Bar per i massicci fallimenti della sicurezza.

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Immagini di U.S. Embassy Jerusalem via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Come gli USA di Biden hanno partecipato alla guerra ucraina: rivelazioni del New York Times

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Secondo un’inchiesta del New York Times, l’amministrazione del presidente statunitense Joe Biden era molto più coinvolta nel sostenere la lotta dell’Ucraina contro la Russia di quanto precedentemente riconosciuto, sottolineando che l’Intelligence di Washington era indispensabile per le operazioni militari di Kiev.

 

Il lungo reportage pubblicato sabato offre un’analisi approfondita di una «straordinaria partnership di Intelligence, strategia, pianificazione e tecnologia» che è diventata «l’arma segreta» di Kiev per contrastare la Russia.

 

Mentre il Pentagono ha fornito all’Ucraina decine di miliardi di dollari in aiuti militari, ha anche fornito informazioni di Intelligence cruciali che hanno consentito a Kiev di attaccare i centri di comando e controllo russi e altri obiettivi di alto valore a partire dalla metà del 2022, ha affermato il quotidiano neoeboraceno.

 

 

Secondo l’articolo, il cuore di questa partnership risiede nella base dell’esercito americano a Wiesbaden, in Germania, dove ufficiali americani e ucraini stabiliscono quotidianamente le priorità di attacco che, a quanto si dice, chiamano «punti di interesse», per paura di apparire troppo provocatori.

 

Ufficiali americani e ucraini hanno pianificato insieme importanti controffensive e lanciato grandi attacchi ad alta precisione a lungo raggio, utilizzando armi fornite dall’Occidente sulla Crimea russa, ha affermato il NYT. Gli attacchi con missili forniti dall’Occidente hanno causato vittime civili, con un attacco ATACMS su una spiaggia di Sebastopoli nel giugno 2024 che ha ucciso quattro persone e ferito più di 150.

 

Gli Stati Uniti hanno inoltre inviato in Ucraina decine di consiglieri militari, ad alcuni dei quali è stato consentito di viaggiare vicino alla linea del fronte.

 

Nel 2024, gli Stati Uniti hanno esteso i loro permessi per consentire all’Ucraina di effettuare attacchi limitati a lungo raggio utilizzando armi fornite dagli americani nel territorio russo riconosciuto a livello internazionale, per anni considerato una «linea rossa». Washington ha fornito a Kiev i dati di puntamento per gli attacchi.

 

Un funzionario dell’Intelligence europea è rimasto scioccato dal livello di coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto, dichiarando al Times: «Ora fanno parte della catena di morte».

 

Tuttavia, la cooperazione è stata a volte precaria a causa di disaccordi su strategia e obiettivi, soprattutto in vista della fallita controffensiva dell’Ucraina nel settore meridionale del fronte nell’estate del 2023.

 

I funzionari americani avrebbero ritenuto gli ucraini troppo ambiziosi e sprezzanti nei confronti dei consigli strategici. Gli ucraini hanno accusato gli americani di essere eccessivamente cauti. Durante la controffensiva del 2023, la leadership ucraina era divisa tra obiettivi contrastanti: perseguire un assalto verso Melitopol’ e difendere Bakhmut. Ciò avrebbe minato la strategia unificata sviluppata a Wiesbaden. «Mentre gli americani si concentravano su obiettivi misurati e raggiungibili, vedevano gli ucraini costantemente alla ricerca della grande vittoria, del premio luminoso e splendente», si legge nel reportaggio.

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Secondo il giornale di Nuova York, dopo lo scoppio delle ostilità nel febbraio 2022, gli Stati Uniti e l’Ucraina si sono gradualmente mossi verso una «straordinaria partnership di Intelligence, strategia, pianificazione e tecnologia» che è diventata «l’arma segreta» di Kiev nella lotta contro la Russia.

 

La testata neoeboracena ha osservato che la campagna di Washington a sostegno dell’Ucraina ha raggiunto una portata tale da diventare «una rivincita in una lunga storia di guerre per procura tra Stati Uniti e Russia: il Vietnam negli anni Sessanta, l’Afghanistan negli anni ’80, la Siria tre decenni dopo».

 

 

Mentre all’inizio del conflitto l’amministrazione Biden aveva promesso che gli Stati Uniti non avrebbero «messo gli stivali a terra» in Ucraina, la cooperazione a Wiesbaden ha finito per portare ad un allentamento di questo divieto, sostiene il reportage.

 

Sotto la guida di Biden, gli Stati Uniti «autorizzarono operazioni clandestine» e «consiglieri militari americani furono inviati a Kiev e in seguito autorizzati ad avvicinarsi ai combattimenti», scrive il NYT, stimandone il numero nell’ordine delle decine.

 

Con l’avanzare del conflitto, l’amministrazione Biden ha gradualmente allentato le restrizioni autoimposte sulla fornitura di armi a Kiev, in particolare missili a lungo raggio. Nel 2024, gli Stati Uniti hanno esteso i loro permessi per consentire all’Ucraina di effettuare attacchi limitati a lungo raggio utilizzando armi fornite dagli americani in territorio russo riconosciuto a livello internazionale, fornendo al contempo a Kiev i dati di targeting pertinenti.

 

Pur descrivendo la cooperazione come un’«arma segreta» nell’arsenale di Kiev, il NYT ha osservato che l’accordo ora «è in bilico sul filo del rasoio», poiché il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sta spingendo per i colloqui con la Russia e cercando di porre fine al conflitto.

 

«Per gli ucraini, gli auspici non sono incoraggianti (…) il presidente americano ha ingiustamente incolpato gli ucraini di aver iniziato la guerra, li ha spinti a rinunciare a gran parte della loro ricchezza mineraria e ha chiesto loro di accettare un cessate il fuoco senza la promessa di concrete garanzie di sicurezza americane», conclude l’articolo, aggiungendo che Trump ha già iniziato a ridurre alcuni elementi della partnership.

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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

 

 

 

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Rapporto dell’Intelligence USA contro al-Jolani: «violenza e instabilità» in Siria

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Il Dipartimento di Intelligence Nazionale degli Stati Uniti ha riconosciuto, nella sua Valutazione annuale delle minacce del 2025, che le forze governative siriane sono responsabili dei massacri commessi contro le minoranze sulla costa siriana all’inizio di questo mese.   «La caduta del regime del presidente Bashar al-Assad per mano delle forze di opposizione guidate da Hayat Tahrir al-Sham (HTS) – un gruppo precedentemente associato ad Al-Qaeda – ha creato le condizioni per una prolungata instabilità in Siria e potrebbe contribuire a una rinascita dell’ISIS e di altri gruppi terroristici islamici», osserva il rapporto dell’Intelligence USA, aggiungendo che «le forze governative ad interim guidate da HTS, insieme a elementi di Hurras al-Din e altri gruppi jihadisti, si sono impegnate in violenze ed esecuzioni extragiudiziali nella Siria nordoccidentale all’inizio di marzo 2025, prendendo di mira principalmente le minoranze religiose, provocando la morte di oltre 1.000 persone, tra cui civili alawiti e cristiani.   Il rapporto prosegue affermando che «alcuni gruppi jihadisti rimasti si rifiutano di fondersi nel ministero della Difesa di HTS e l’ISIS ha già manifestato la sua opposizione all’appello democratico di HTS e sta pianificando attacchi per indebolirne la governance».  
  Il documento sottolinea inoltre che il presidente siriano di transizione Ahmad al-Sharaa, che ha guidato HTS e il suo gruppo precursore, il Fronte al-Nusra, «afferma di essere disposto a collaborare con la serie di gruppi etno-settari della Siria per sviluppare un modello di governance inclusivo». Tuttavia, questi gruppi sono scettici sulle sue intenzioni, pertanto «le negoziazioni prolungate potrebbero trasformarsi in violenza».   I massacri sono avvenuti all’inizio di marzo nelle città costiere della Siria e nei paesi e villaggi circostanti, dopo una rivolta armata scatenata da militanti affiliati all’ex esercito siriano.   Nel corso di un’operazione di sicurezza su vasta scala per sedare la rivolta, il Dipartimento per le operazioni militari siriane, composto da numerose fazioni estremiste incorporate nel nuovo esercito del Paese, ha condotto una massiccia campagna di esecuzioni.   I militanti sono andati porta a porta uccidendo civili, tra cui donne e bambini. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR), sono state uccise almeno 1.500 persone, la maggior parte delle quali alawiti.

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Le autorità siriane hanno promesso di aprire un’indagine sui massacri. Tuttavia, le uccisioni extragiudiziali perpetrate dalle forze governative sono continuate.   La scorsa settimana, il SOHR ha riferito che 72 persone sono state uccise in un arco di 24 ore da «gruppi armati affiliati alla Sicurezza generale e alle fazioni militari siriane» in diverse aree della Siria. Tre inviati europei hanno avvertito le autorità siriane durante un incontro a Damasco all’inizio di questo mese che il sostegno internazionale al paese sarebbe dipeso dalla «repressione» da parte del governo degli elementi estremisti, secondo l’agenzia Reuters.   «Gli abusi verificatisi negli ultimi giorni sono davvero intollerabili e i responsabili devono essere identificati e condannati. Non c’è assegno in bianco per le nuove autorità», ha detto un portavoce del ministero degli Esteri francese all’agenzia di stampa quando gli è stato chiesto del messaggio trasmesso dagli inviati europei a Damasco.   «Abbiamo chiesto che si assuma la responsabilità. La punizione dovrebbe ricadere su coloro che hanno commesso i massacri. Le forze di sicurezza devono essere ripulite», ha affermato uno degli inviati.  
  Le forze di sicurezza e militari siriane sono dominate da membri di HTS (ex branca di Al-Qaeda in Siria) e da combattenti dell’Esercito nazionale siriano (SNA), un’organizzazione paramilitare turca costituita nel 2017.   È noto che i gruppi dell’SNA, integrati nell’esercito e nell’apparato di sicurezza siriano, annoverano tra le loro fila decine di ex combattenti e comandanti dell’ISIS.   Dopo la caduta del governo dell’ex presidente siriano Bashar al-Assad, l’anno scorso, gli Stati Uniti hanno rapidamente rimosso la taglia di 10 milioni di dollari su Jolani, che in precedenza era un membro dello Stato islamico dell’Iraq (ISI), il gruppo che si è trasformato nell’ISIS.   I cristiani sono tra le vittime dei massacri della nuova Siria in mano ai takfiri, definiti ridicolmente da Israele come «jihadisti educati». Cristiani e alawati sono oggi oggetto di stragi che qualcuno ha chiamato «neo-ottomane», perpetrate da forze armate nelle cui posizioni di rilievo sono stati nominati jihadisti da tutto il mondo. – basti pensare che il nuovo capo dell’Intelligence damascena è un uomo designato come terrorista dall’ONU.   Tra le poche voci levatesi in loro difesa, quella di monsignor Viganò.   Come riportato da Renovatio 21, al-Jolani ha firmato una nuova dichiarazione di una Costituzione provvisoria per la nuova Siria che rende chiaramente la legge islamica o sharia la nuova legge del Paese.

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Immagine di © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International; immagine tagliata.      
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