Geopolitica
Lavrov e la barzelletta della NATO «alleanza difensiva»
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, durante un evento con gli studenti dell’Università statale bielorussa, ha ridicolizzato le affermazioni della NATO secondo cui si tratta di un’alleanza strettamente difensiva.
Nel suo discorso di apertura agli studenti, che sono pubblicati sul sito web del Ministero degli Esteri, ha detto loro:
«Recentemente, un funzionario della Casa Bianca ha affermato ancora una volta che né la Russia né nessun altro, del resto, dovrebbe essere preoccupato per la NATO perché è solo un’organizzazione difensiva. Questo è ridicolo. Gli adulti dovrebbero vergognarsi di dire sciocchezze come questa».
«All’epoca del Trattato di Varsavia, era chiaro da chi si stava difendendo la NATO. Lo stesso valeva per l’organizzazione del Trattato di Varsavia, che si difendeva dalla NATO. Una linea netta è stata tracciata tra questi due blocchi militari e politici. Né il Trattato di Varsavia né l’Unione Sovietica esistono più, ma l’espansione verso est della NATO è già avvenuta cinque volte» ha dichiarato il ministro russo.
«Se in tutto questo periodo recente, come credono e dicono, erano un’organizzazione difensiva, da chi si difendevano? Se avanzi, ti espandi in nuovi territori, dispieghi lì le tue forze armate e le tue infrastrutture militari, questa non è difesa, è il contrario».
Si tratta di un’ulteriore attacca al concetto della NATO in poche ore: a denunciare duramente la strategia del Patto Atlantico era stato poco prima a Pechino il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian.
Come oramai noto, il Lavrov di questi tempi non le manda a dire. Una settimana fa ha detto che gli «anglosassoni» non permetteranno all’Ucraina di negoziare la pace.
Il ministro aveva altresì fatto esternazioni contro l’isteria europea verso una sua visita in Serbia., subito dopo di aver accusato la Francia e l’Europa di «neocolonialismo» in Africa e accusato l’Occidente di «pirateria di Stato».
Lavrov ha avuto modo di spiegare il suo attuale pensiero geopolitico, secondo cui l’Operazione Z serve a porre fine al dominio totale USA, fungendo da argine contro la cosiddetta dottrina Brzezinski, dichiarando che le sanzioni riguardano l’Ordine mondiale e non l’Ucraina. Il ministro, decano della diplomazia mondiale, si è chiesto pubblicamente tre mesi fa se, tra sanzioni e principio di de-dollarizzazione mondiale, i diplomatici americani hanno perso la testa.
A inizio conflitto, Lavrov non aveva nascosto che una Terza Guerra Mondiale potrebbe essere «nucleare» e altamente «distruttiva».
In Italia Lavrov è da ricordare per le immortali parole nei confronti del ministro degli Esteri di Roma Luigi Di Maio.
«La diplomazia è stata inventata solo per risolvere situazioni di conflitto e alleviare la tensione, e non per viaggi vuoti in giro per i Paesi ad assaggiare piatti esotici ai ricevimenti di gala».
Come noto, il ragazzo di Pomigliano d’Arco attualmente alla Farnesina non la prese bene, arrivando ad insultare in diretta TV il presidente russo.
Geopolitica
Hamas accetta l’accordo di cessate il fuoco
Hamas ha accettato la proposta di cessate il fuoco avanzata dai mediatori egiziani e del Qatar, ha detto lunedì ad Al Jazeera un portavoce del gruppo. L’annuncio è arrivato poco dopo che Israele ha ordinato l’evacuazione della città di Rafah in vista di un assalto pianificato da tempo.
Il leader di Hamas Ismail Haniyeh ha avuto telefonate con il primo ministro del Qatar Sheikh Mohammed bin Abdul Rahman Al Thani e il ministro dell’Intelligence egiziano Abbas Kamel, informandoli «dell’approvazione da parte del movimento Hamas della loro proposta riguardante l’accordo di cessate il fuoco», ha detto il gruppo in una dichiarazione ad Al Jazeera.
I dettagli della proposta non sono ancora stati resi pubblici. Hamas ha precedentemente chiesto che qualsiasi cessate il fuoco fosse permanente e includesse il ritiro di tutte le truppe israeliane dall’enclave palestinese assediata. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha rifiutato di fornire queste garanzie, avvertendo la scorsa settimana che Israele non permetterà ad Hamas di rimanere al potere a Gaza e invaderà Rafah con o senza un accordo di cessate il fuoco.
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Netanyahu, tuttavia, ha affermato che Israele è pronto per una pausa temporanea nei combattimenti per consentire lo scambio di ostaggi israeliani con prigionieri palestinesi.
Il primo ministro israeliano minaccia da diversi mesi di lanciare un’invasione di terra di Rafah, una città nel sud di Gaza che attualmente ospita circa 1,4 milioni di palestinesi sfollati da altre parti del territorio. Nonostante la condanna di Stati Uniti, Unione Europea e decine di altri Paesi, lunedì l’esercito israeliano ha ordinato ai civili di lasciare Rafah, avvertendo che di lì a poco avrebbe colpito la città con «forza estrema», scrive RT.
Non è chiaro se la minaccia di invasione abbia influenzato la decisione di Hamas di accettare la proposta di cessate il fuoco. Nonostante l’insistenza di Netanyahu nell’entrare a Rafah, altri funzionari israeliani hanno suggerito che Hamas potrebbe evitare un’invasione accettando la tregua temporanea di Israele.
Non è inoltre chiaro se l’accordo proposto da Egitto e Qatar abbia il sostegno di Israele. Un anonimo funzionario israeliano ha detto a Reuters che Hamas ha accettato una versione «ammorbidita» dell’offerta iniziale dello Stato degli ebrei, che includeva conclusioni «di vasta portata» che Israele non avrebbe sostenuto.
Secondo le autorità sanitarie palestinesi, il bilancio delle vittime della ritorsione israeliana nell’enclave si avvicina a 35.000 persone uccise dalle forze israeliane.
Come riportato da Renovatio 21, il ministro israeliano Itamar Ben Gvir ha minacciato di far cascare il governo Netanyahu, di cui è membro con il suo partito ultrasionista Otzma Yehudit («Potere ebraico») qualora l’esercito israeliano non entrasse a Rafah.
«Il Primo Ministro ha ascoltato le parole, ha promesso che Israele entrerà a Rafah, ha promesso che la guerra non sarebbe finita e ha promesso che non ci sarebbero stati accordi dissoluti» ha dichiarato il ministro sionista il ministro sionista a seguito di un incontro chiesto ed ottenuto con il premier, avvenuto peraltro dopo un mostruoso incidente d’auto che ha coinvolto in Ben Gvir.
«Penso che il primo ministro capisca molto bene cosa significherebbe se queste cose non si verificassero», ha detto il ministro.
Come riportato da Renovatio 21, il ritorno al potere Netanyahu è dovuto al boom del partito sionista Otzma Yehudit. Il ministro del patrimonio culturale Amichai Eliyahu, che appartiene al partito sionista, ha dichiarato la disponibilità di nuclearizzare la Striscia di Gaza.
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Il Ben Gvir da ministro l’anno scorso ha vietato le bandiere palestinesi, mentre quest’anno un altro membro del partito ha minimizzato riguardo gli sputi degli ebrei contro i pellegrini cristiani (un’«antica tradizione ebraica»), mentre sul territorio si moltiplicano gli attacchi e le profanazioni ai danni dei cristiani e dei loro luoghi in Terra Santa.
Come riportato da Renovatio 21, in un altro editoriale Haaretz scriveva che «il governo di Netanyahu è tutt’altro che conservatore. È un governo rivoluzionario, di destra, radicale, messianico che ha portato avanti un colpo di Stato e sogna di annettere i territori».
Il Ben Gvir era tra i relatori del grande convegno sulla colonizzazione ebraica di Gaza, celebrato con balli sfrenati su musica tunza-tunza.
Come gli accordi con Hamas si concilino con l’estremismo giudaico al governo non è dato sapere, ma lo scopriremo a breve.
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Immagine di Council.gov.ru via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Zelens’kyj: gli ucraini sono il popolo eletto di Dio. Mosca: «overdose di droga»
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Geopolitica
La Colombia rompe i rapporti con Israele
Il governo colombiano ha ufficialmente notificato all’ambasciatore israeliano la fine delle relazioni diplomatiche e l’intenzione di ritirare il personale correlato, ma ha deciso che i servizi consolari dovrebbero essere mantenuti sia a Tel Aviv che a Bogotá, secondo il Ministero degli Esteri.
Il presidente Gustavo Petro ha annunciato la decisione di farlo il 1° maggio, con effetto dal 2 maggio, perché l’assalto israeliano a Gaza costituisce un «genocidio».
Bolivia e Belize hanno interrotto le relazioni con Israele all’inizio della guerra, mentre Cile e Honduras hanno richiamato i loro ambasciatori da Israele.
Come riportato da Renovatio 21, il presidente venezuelano Maduro ad inizio anno aveva dichiarato che Israele ha lo stesso sostegno occidentale di Hitler. Il Nicaragua è andato oltre, attaccando anche i Paesi «alleati» dello Stato ebraico come la Repubblica Federale Tedesca, portando Berlino davanti alla Corte Internazionale per complicità nel genocidio di Gaza.
In Sud America Israele sembra godere del favore parossistico – definito «chiaro ed inflessibile sostegno» – del presidente argentino Milei, uomo consigliato da rabbini che sarebbe in procinto di «convertirsi» al giudaismo, che ha addirittura fatto partecipare l’ambasciatore israeliano ad un gabinetto di crisi del governo di Buenos Aires, destando scandalo nella comunità diplomatica del suo Paese.
Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il Milei ha definito il presidente colombiano Petro «assassino terrorista», provocando così l’espulsione di tutti i diplomatici argentini da Bogotá.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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