Geopolitica
Il politologo Mearsheimer: per Israele «più grande è la guerra, maggiore è la possibilità di pulizia etnica»
Il politologo John Mearsheimer è apparso sul programma del giornalista investigativo americano Gleen Greenwald System Update dando una visione netta ed inquietante del conflitto che si sta scatenando in Medio Oriente.
«Il fatto è che gli iraniani non vogliono una guerra con gli Stati Uniti, stanno evitando una guerra con gli USA… hanno fatto grandi sforzi per comunicarci che non vogliono una guerra» dice il professore americano. «E nemmeno noi vogliamo una guerra. Quando abbiamo messo due portaerei nel Mediterraneo, non era per proteggere Israele (…) ma per essere sicuri che la guerra non andasse verso l’escalation e che noi ne venissimo tirati dentro»
«Non vogliamo essere trascinati in nessuna guerra nel Medio Oriente» dice il professor Mearsheimer. «Stiamo già combattendo gli Houthi, ed è già brutto così. Non vogliamo una guerra contro Hezbollah e sicuramente non vogliamo una guerra contro l’Iran».
«Credo che quello che sta succedendo qui è che gli israeliani vorrebbero portarci in una guerra con l’Iran… con Hezbollah… Penso che il punto di vista israeliano, nel profondo, sia che quanto più grande è la guerra, tanto maggiore è la possibilità di una pulizia etnica».
Prof. John Mearsheimer: "I think the Israelis would like to get us into a war with Iran… with Hezbollah…
I think the Israeli view—deep down—is that the bigger the war is, the greater the opportunity for ethnic cleansing."https://t.co/xx3d7Gl2gR pic.twitter.com/3Ii77gWCWs
— System Update (@SystemUpdate_) April 3, 2024
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«Nei primi mesi della guerra, c’erano tante prove, almeno sui giornali, che gli USA stavano dicendo ad Israele di non iniziare una guerra con Hezbollah, perché c’erano prove che Israele volesse andare in guerra con Hezbollah, volevano risolvere il problema militarmente. Come sapete, Israele credono nella big stick diplomacy [indica la politica, soprattutto estera, perseguita dal presidente degli Stati Uniti d’America Teodoro Roosevelt tra il 1901 e il 1909 in cui a negoziati pacifici era affiancata la minaccia del «grosso bastone», cioè dell’intervento militare], loro credono che possono picchiare con un bastone altri gruppi e Paesi e ottenere qualcosa. Non funziona mai, ma è il loro modus operandi».
«Io credo volessero iniziare la lotta con Hezbollah, ma credo anche che hanno visto un’opportunità per la pulizia etnica sulla West Bank. Io credo che la visione israeliana, nel profondo, sia che più grande è la gurra, più grande è la possibilità di pulizia etnica, non solo a Gaza, ma anche nella West Bank. E come sai quello è il loro obbiettivo aperto, ripulire dei palestinesi entrambi quei pezzi di terra».
Mearsheimer, considerato tra i massimi pensatori del pensiero del realismo nelle relazioni internazionali, è meglio conosciuto per aver sviluppato la teoria del realismo offensivo, che descrive l’interazione tra le grandi potenze come guidata principalmente dal desiderio razionale di raggiungere l’egemonia regionale in un sistema internazionale anarchico.
Il docente della University of Chicago è noto per il libro del 2007 La Israel lobby e la politica estera americana, considerato allora controverso dall’establishment, in cui sosteneva che la lobby israeliana in USA possiede un’influenza massiccia sulla politica estera di Washington.
L’accademico di relazioni internazionali non è nuovo a questo tipo di discorsi. A dicembre il Mearsheimer aveva detto che Israele stava sceglie l’«apartheid» o la «pulizia etnica» per i palestinesi.
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«Penso che gli israeliani abbiano il controllo dei territori occupati e questo include la Cisgiordania e Gaza e il risultato finale è che abbiamo un Israele più grande e questo Israele più grande che include Grande Israele prima della guerra del 1967 più Gaza più la Cisgiordania» aveva argomentato il Mearsheimer in un’intervisa dello scorso gennaio.
«Questo grande Israele è uno stato di apartheid e la domanda da seguire è se cambierà o meno e penso che l’unico modo in cui cambierà è se gli israeliani saranno in grado di pulire etnicamente Gaza e pulire etnicamente la Cisgiordania».
«Il problema un punto di vista israeliano è che all’interno del Grande Israele c’è più o meno lo stesso numero di palestinesi ed ebrei, quindi non è possibile avere un Grande Israele democratico perché alla fine sarà uno Stato palestinese e ovviamente gli israeliani sono categoricamente contrari a mollare Gaza e la Cisgiordania e creare una soluzione a due Stati».
«Così si hanno due alternative: una è l’apartheid, che è quello che abbiamo adesso, e la seconda è la pulizia etnica: spingiamo semplicemente tutti i palestinesi o la maggior parte dei palestinesi fuori da Gaza e poi la Cisgiordania e se si guarda cosa stanno facendo gli israeliani a Gaza dal 7 ottobre è abbastanza chiaro che quello che stanno facendo è condurre una campagna di punizione contro la popolazione civile con lo scopo di pulire etnicamente Gaza.
«Non hanno avuto successo finora. nonostante abbiano creato un disastro umanitario all’interno di Gaza non sono ancora riusciti a cacciare i palestinesi».
Vari commentatori USA, sia a sinistra che a destra, usano con una certa tranquillità la parola «genocidio», arrivando a mettere in questione – pur comprendendone le origini ottocentesche (con gli ebrei europei alla cerca di un focolare etnonazionalista in modo da fuggire ai pogrom) il fondamento stesso del sionismo.
Come riportato da Renovatio 21, il Mearsheimerro aveva preconizzato ancora nel 2015 lo sfascio dell’Ucraina, accusando, già all’ora, l’Occidente di portare Kiev verso la sua distruzione invece che verso un’era florida che sarebbe seguita alla neutralità dichiarata dagli ucraini.
Apertamente contrario alla guerra in Iraq nel 2003, il professore si oppose duramente, ancorché solitario, alla decisione dell’Ucraina che, spinta dai Clinton, rinunziò alle sue testate atomiche, prevedendo che Kiev avrebbe inevitabilmente affrontato l’aggressione russa senza un deterrente nucleare.
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Immagine dell’ottobre 2023 di Palestinian News & Information Agency (Wafa) in contract with APAimages via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported;
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Le truppe americane lasceranno il Ciad
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Missili Hezbollah contro basi israeliane
Hezbollah ha preso di mira diverse installazioni militari israeliane, inclusa una base critica di sorveglianza aerea sul Monte Meron, con una raffica di razzi e droni sabato, dopo che una serie di attacchi aerei israeliani avevano colpito il Libano meridionale all’inizio della giornata.
Decine di missili hanno colpito il Monte Meron, la vetta più alta del territorio israeliano al di fuori delle alture di Golan, nella tarda notte di sabato, secondo i video che circolano online. I quotidiani Times of Israel e Jerusalem Post scrivono tuttavia che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno affermato che tutti i razzi sono stati «intercettati o caduti in aree aperte», senza che siano stati segnalati danni o vittime.
Il gruppo militante sciita libanese ha rivendicato l’attacco, affermando in una dichiarazione all’inizio di domenica che «in risposta agli attacchi del nemico israeliano contro i villaggi meridionali e le case civili» ha preso di mira «l’insediamento di Meron e gli insediamenti circostanti con dozzine di razzi Katyusha».
Il gruppo paramilitare islamico ha affermato di aver anche «lanciato un attacco complesso utilizzando droni esplosivi e missili guidati contro il quartier generale del comando militare di Al Manara e un raduno di forze del 51° battaglione della Brigata Golani», sabato scorso. L’IDF ha affermato di aver intercettato i proiettili in arrivo e di «aver colpito le fonti di fuoco» nell’area di confine libanese.
⚡️⭕️#LEBANON, Hezbollah :
The Israeli Meron air base and its surroundings are being subjected to the strongest targeting operation so far.
Iron dome seems to be absent, rockets are landing and there are reports of precise targeting on the base (probably ATGMS). pic.twitter.com/EvnavJ6BZP
— Middle East Observer (@ME_Observer_) April 27, 2024
⚡️ #Hezbollah statement :
In response to the #Israeli enemy’s attacks on the steadfast southern villages and civilian homes, especially the towns of Al-Qozah, Markaba, and Serbin, the Mujahideen of the Islamic Resistance bombed the Meron settlement and the surrounding… pic.twitter.com/om5HpMkXPQ
— Middle East Observer (@ME_Observer_) April 27, 2024
🔴 And then Hezbollah rockets hit Israel pic.twitter.com/bm0Fsrna6A
— S p r i n t e r F a c t o r y (@Sprinterfactory) April 27, 2024
Ieri l’aeronautica israeliana ha condotto una serie di attacchi aerei nei villaggi di Al-Quzah, Markaba e Sarbin, nel Libano meridionale, presumibilmente prendendo di mira le «infrastrutture terroristiche e militari» di Hezbollah. Venerdì l’IDF ha colpito anche diverse strutture a Kfarkela e Kfarchouba.
Secondo quanto riferito, gli attacchi israeliani hanno ucciso almeno tre persone, tra cui due combattenti di Hezbollah. I media libanesi hanno riferito che altre 11 persone, tra cui cittadini siriani, sono rimaste ferite negli attacchi.
Il gruppo armato sciita ha ripetutamente bombardato il suo vicino meridionale da quando è scoppiato il conflitto militare tra Israele e Hamas lo scorso ottobre. Anche la fondamentale base israeliana di sorveglianza aerea sul Monte Meron è stata attaccata in diverse occasioni. Hezbollah aveva precedentemente descritto la base come «l’unico centro amministrativo, di monitoraggio e di controllo aereo nel nord dell’entità usurpatrice [Israele]», senza il quale Israele non ha «alcuna alternativa praticabile».
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