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La Russia potrebbe vietare l’adozione nei Paesi pro-transgender (cioè, nei Paesi NATO)

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I deputati russi hanno preparato un disegno di legge che vieterebbe l’adozione di bambini da parte di cittadini di paesi in cui è consentito il cambio di sesso, ha detto un importante deputato. Lo riporta il sito russo RT.

 

La misura è giustificata perché non c’è modo di garantire che un bambino adottivo non finisca in una famiglia gay se uno dei genitori decide di passare ad un altro sesso, ha affermato Vasily Piskarev, capo del comitato della Duma di Stato russa per la sicurezza e la lotta alla Corruzione. Nel Paese l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso è vietata dal 2013.

 

Il nuovo disegno di legge «propone di vietare l’adozione di un bambino da parte di cittadini stranieri nel caso in cui il loro Stato consenta il cambiamento di genere, sia producendo adeguati documenti di identità sia ricorrendo a interventi medici e di altro tipo», ha spiegato Piskarev, che ha sottolineato che il progetto di legge mira sostanzialmente a vietare l’adozione da parte di persone provenienti da Stati membri della NATO «poiché la maggior parte dei Paesi che consentono… il matrimonio tra persone dello stesso sesso sono Paesi della NATO».

 

I legislatori russi devono assicurarsi che un bambino adottivo «cresca e si sviluppi in una famiglia normale dove ci sono un padre biologico e una madre», ha detto il deputato, che rappresenta il Partito Russia Unita al potere.

 

A luglio, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato una legge che vieta gli interventi di cambio di sesso. La somministrazione di farmaci e interventi chirurgici associati alla terapia di riassegnazione di genere è ora consentita in Russia solo nei casi che richiedono il trattamento delle deformità degli organi riproduttivi nei bambini. Le decisioni su tali procedure vengono prese da cliniche che hanno una licenza speciale del Ministero della Sanità russo, secondo la legislazione.

 

Il presidente della Duma di Stato Vyacheslav Volodin ha difeso il divieto di cambio di sesso, affermando che è stato introdotto per proteggere il Paese da quella che ha definito «l’industria transgender» occidentale, citando l’esempio degli Stati Uniti, dove ha affermato che il numero di interventi chirurgici per la riassegnazione di genere è cresciuto di 50 volte negli ultimi dieci anni.

 

«Questa è la strada che porta al degrado di una nazione», ha insistito Volodin.

 

Secondo i dati del Ministero della Sanità russo, più di 2.000 persone hanno cambiato legalmente sesso nel Paese tra il 2018 e il 2022, quando la pratica era ancora legale.

 

Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa i tribunali della California possono portare via ai genitori i bambini «transgender».

 

La settimana scorsa vi era stata la proposta in Russia di mettere al bando il movimento LGBT considerato come «gruppo estremista».

 

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La Casa Bianca di Trump non pubblicherà una dichiarazione in onore del «Mese del Pride LGBT»

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L’amministrazione Trump ha rifiutato di pubblicare un proclama per il «Mese dell’orgoglio» omotransessualista di giugno, discostandosi così dalle celebrazioni annuali della Casa Bianca di Biden.   «Non è prevista alcuna proclamazione per il mese di giugno», ha affermato la portavoce stampa Karoline Leavitt.  

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La domanda è arrivata dal conduttore del podcast Alec Lace, che ha fatto riferimento alla proposta della deputata Mary Miller di rinominare giugno «Mese della famiglia» e ha suggerito di riconoscere invece i veterani o la famiglia nucleare.   «Il presidente ha intenzione di fare un proclama?» chiese, «o lo farà solo a giugno di quest’anno?»   Leavitt ha aggiunto che Trump «è molto orgoglioso di essere un presidente per tutti gli americani, indipendentemente da razza, religione o credo».   Spezzoni dello scambio di battute sono circolati ampiamente, dando l’impressione di una posizione a favore della famiglia. Tuttavia la Leavitt non ha dato alcuna indicazione di sostegno a un’alternativa del «Mese della Famiglia».   Nel frattempo, il Dipartimento dell’Istruzione ha ribattezzato il «Mese dell’Orgoglio» come «Mese del Titolo IX», dal nome di una legge creata per proteggere gli sport e gli spazi femminili, messa in discussione di recente dalla partecipazione di transessuali maschi alle gare femminili. Misure simili sono state adottate dall’FBI, dall’esercito e dal Kennedy Center di Trump.  
  Il silenzio di Trump sul «Mese del Pride» non sembra riflettere una riluttanza a rilasciare proclami politici. Negli ultimi mesi, ha firmato proclami per il «Mese della storia dei neri» e per l’«Education and Sharing Day», in onore del controverso rabbino degli Chabad-Lubavitch Menachem Schneerson, nonostante i preoccupanti insegnamenti razziali e le sfumature mondialista del culto.   Pertanto, saltare una proclamazione del «Mese dell’orgoglio» sembra segnare un contrasto con le campagne annuali a tema arcobaleno di Biden.   Va ricordato che sebbene abbia dimostrato scetticismo nei confronti delle questioni transgender e non abbia mai emesso una proclamazione ufficiale del «Mese dell’orgoglio» durante il suo primo mandato, Trump è stato il primo presidente repubblicano a riconoscerlo, tramite un tweet del 2019 che elogiava il «Mese dell’orgoglio LGBT». Ha anche promosso una campagna globale per depenalizzare l’omosessualità.   Solo pochi giorni fa, il consigliere di Trump, Ric Grenell – egli stesso dichiaratamente omosessuale, già ambasciatore americano in Germania durante il primo governo Trump e ora nominato a un incarico diplomatico di alto livello – si è vantato con Donald Trump Jr. che i repubblicani «anti-gay» saranno ora «cacciati» dal partito, attribuendo personalmente a Trump il merito di aver aperto il partito repubblicano ai «conservatori gay», aggiungendo: «non c’è alcun dibattito sull’uguaglianza».   Grenell, che è coinvolto in progetti immobiliari in Kosovo con il genero ebreo di Trump Jared Kushner, aveva affermato, in uno spot elettorale del 2020, che «il presidente Trump è il presidente più pro-gay nella storia americana».  

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Il Grenello, che ha studi ad Harvard (prestigiosissima università ora ai ferri corti con Trump), è stato insignito della «medaglia presidenziale di merito del Kosovo» per la sua opera di mediazione in fatto di commercio tra Kosovo e Serbia. Il diplomatico si distinse come alfiere dell’amministrazione Trump nello sforzo verso la depenalizzazione dell’omosessualità nelle nazioni in cui l’omosessualità era illegale.   Nell’autunno del 2018, il Grenell ha svolto un ruolo diplomatico chiave nella pianificazione dell’arresto di Julian Assange, fornendo garanzie all’Ecuador che il giornalista australiano non sarebbe stato condannato a morte negli Stati Uniti.   Il curriculum di Trump purtroppo può rafforzare la fiducia di Grenell. Da uomo d’affari neoeboraceno, Trump ha sostenuto la modifica del Civil Rights Act per includere l’«orientamento sessuale» e ha mostrato scarso interesse per le argomentazioni morali contro l’omosessualità.   L’amministrazione Trump ha preso una quantità di immediati provvedimenti contro il transessualismo, in particolare nell’esercito e negli sport femminili.   Il presidente americano aveva promesso di «fermare la follia transgender» sin dal primo giorno del mandato.   Come riportato da Renovatio 21, Trump aveva da subito annullato i finanziamenti della Sanità USA per prevenire la gravidanza nei «ragazzi transgender» esortando quindi il Congresso a vietare gli interventi transessualisti sui bambini. Ad inizio mandato aveva lanciato il divieto per l’arruolamento dei transgender nell’esercito, poi attuato dal Pentagono.   A inizio mandato, firmando un ordine esecutivo che impedisce agli uomini di partecipare agli sport femminili, Trump aveva dichiarato che «la guerra allo sport femminile è finita».

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Padre James Martin esorta i cattolici a celebrare il «mese dell’orgoglio» LGBT

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Come negli anni precedenti, padre James Martin ha esortato i cattolici a celebrare il «mese dell’orgoglio», affermando che «per la comunità LGBTQ» si tratta di «un riconoscimento della dignità umana di un gruppo di persone che, per secoli, è stato trattato con disprezzo, rifiuto e violenza». Lo riporta LifeSite.

 

Parallelamente, con l’ascesa dell’ideologia LGBT nella società laica, è cresciuta anche l’importanza di celebrare giugno come «mese dell’orgoglio».

 

Per il gesuita Martin, è importante che sia così. «Il mese del Pride», ha scritto, «si concentra principalmente sul sostegno ai diritti umani fondamentali della comunità LGBTQ: il diritto a vivere in sicurezza, il diritto a essere trattati come pari e il diritto a essere pienamente accolti nella società».

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«Per la persona religiosa, questo mese è anche un promemoria del fatto che le persone LGBTQ sono figli amati di Dio» scrive il gesuita nel sul suo sito pro-LGBT Outreach. «Il mese del Pride ricorda ai cattolici di trattare le persone LGBTQ con il “rispetto, la compassione e la sensibilità” che il Catechismo comanda, la “vicinanza, la compassione e la tenerezza” che Papa Francesco ha insegnato, e l’amore e la misericordia che Gesù ha mostrato a tutte le persone, specialmente a quelle emarginate, durante il suo ministero pubblico».

 

«È particolarmente importante che le chiese celebrino il Mese del Pride, poiché gran parte del rifiuto che le persone LGBTQ hanno dovuto affrontare è stato motivato dal cristianesimo – almeno da ciò che molti pensano che il cristianesimo insegni. Un esempio: uno dei motivi più comuni di senzatetto tra gli adolescenti LGBTQ è che sono stati cacciati dalle loro famiglie per motivi apparentemente religiosi».

 

La Chiesa ha anche una devozione speciale per il Sacro Cuore di Gesù nel mese di giugno, come ha sottolineato lo stesso Martin, ma come negli anni precedenti ha affermato che questa devozione potrebbe facilmente essere allineata con il mese dell’orgoglio: «a mio avviso, i due sono complementari, non contraddittori. Il Sacro Cuore ci insegna come Gesù ama; il Mese dell’Orgoglio ci ricorda chi Gesù ci invita ad amare oggi».

 

Il gesuita filo-omotransessualista anche cercato di prendere in qualche modo le distanze dal genere di festival LGBT che tendono a essere gli eventi del «Pride», affermando che «solo perché si celebra il mese dell’orgoglio non significa necessariamente che si sia d’accordo con ciò che ogni persona, ogni organizzazione o persino ogni carro in ogni parata ha da dire».

 

Dedicare il mese al «Pride», ha affermato il gesuita, «significa principalmente sostenere i diritti umani fondamentali della comunità LGBTQ: il diritto a vivere in sicurezza, il diritto a essere trattati come uguali e il diritto a essere pienamente accolti nella società».

 

«Per la persona LGBTQ», ha aggiunto, «l’orgoglio non riguarda la vanità, ma la dignità umana».

 

 

Il «mese dell’orgoglio» è promosso dalla società come un’accettazione di tutto ciò che è correlato all’ideologia LGBT e, in sostanza, sembra essere un rifiuto dell’insegnamento cattolico tradizionale sul matrimonio, la moralità e la famiglia, nota LSN.

 

L’orgoglio è anche elencato dalla Chiesa come uno dei sette peccati capitali, un aspetto spesso evidenziato dai chierici che mettono in guardia dal promuovere o partecipare al «mese dell’orgoglio». Martin ha anche condannato il peccato di orgoglio, ma ha commentato che la celebrazione del “mese dell’orgoglio” è qualcosa di diverso:

 

«Ma il secondo tipo di orgoglio è la consapevolezza della propria dignità. Ed è più vicino a ciò che il Mese del Pride intende rappresentare per la comunità LGBTQ: il riconoscimento della dignità umana di un gruppo di persone che, per secoli, è stato trattato con disprezzo, rifiuto e violenza».

 

Il gesuita ha incoraggiato le persone a congratularsi con i giovani che si dichiarano «LGBTQ», affermando che «Dio vuole che siano ciò che sono».

 

«Forse il modo migliore per pensare al Mese del Pride è immaginare cosa diresti a un giovane che finalmente trova il coraggio di dirti di essere LGBTQ. Sai che Dio lo ha creato. Sai che Dio lo ama. E sai che Dio vuole che sia ciò che è. Quindi, probabilmente diresti: “Sono così orgoglioso di te per essere in grado di dirlo”».

 

Deplorando il calo degli eventi “Pride” di quest’anno – un fenomeno notevole in contrasto con il 2024 – padre Martin ha anche suggerito che tali eventi «potrebbero essere più rilevanti che mai».

 

Grazie in parte all’attività personale di Martin con il suo gruppo LGBT Outreach, negli ultimi anni papa Francesco ha accolto numerosi gruppi LGBT in Vaticano e ha sostenuto direttamente l’Outreach di Martin.

 

Il curriculum del gesuita Martin sulle tematiche LGBT è ampiamente documentato e, tra le altre cose, ha promosso le unioni civili tra persone dello stesso sesso e ha definito «dannoso» il fatto di considerare Dio un essere maschile.

 

In questi anni, il gesuita Martin anche promosso un’immagine tratta da una serie di opere blasfeme e omoerotiche che mostrano Gesù Cristo come omosessuale, ha promosso unioni civili tra persone dello stesso sesso e ha descritto vedere Dio come maschio come «dannoso». Tutto ciò, invece che cagionargli una sanzione da parte della gerarchia, lo ha fatto promuovere: è Bergoglio stesso che lo porta in palmo di mano, spendendosi in pubblici elogi per il più noto sacerdote filo-LGBT del mondo.

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Come riportato da Renovatio 21, lo scorso novembre Bergoglio aveva dapprima concesso un’udienza privata al Martin, per poi elogiarlo pubblicamente durante l’assemblea plenaria del Dicastero per le comunicazioni vaticane. Il gesuita filo-omofilo era stato quindi alle masse di ragazzi, tra musica techno sparata da sacerdoti DJ e pissidi Ikeadurante la Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona.

 

Un anno fa, il Martin aveva dichiarato in pratica che la dottrina del catechismo sull’omosessualità uccide, in quanto porterebbe taluni alla morte per suicidio. Il papa la scorsa estate gli scrisse una lettera di incoraggiamento: «Vi incoraggio a continuare a lavorare sulla cultura dell’incontro, che accorcia le distanze e ci arricchisce delle nostre differenze, come ha fatto Gesù, che si è fatto vicino a tutti».

 

Martin ha precedentemente negato di rifiutare l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità e sulle questioni LGBT, sebbene sia diventato il paladino pubblico di tali questioni nella Chiesa. Ma altri non sono d’accordo. Il cardinale Raymond Burke ha ritenuto l’insegnamento del sacerdote «non coerente con l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità». L’arcivescovo Charles Chaput si è unito alle fila dei prelati contrari a Martin, affermando che sulle questioni LGBT, «non parla con autorità a nome della Chiesa».

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L’Ungheria mantiene la promessa di vietare i gay pride

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Le autorità ungheresi hanno negato il permesso per una parata LGBTQ a Budapest, appellandosi per la prima volta alla recente legislazione volta a proteggere i bambini da influenze maligne.   In una dichiarazione rilasciata lunedì, la polizia di Budapest ha respinto la richiesta di un evento pro-LGBTQ previsto per questo fine settimana e sostenuto da cinque organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International Ungheria. Hanno citato un recente emendamento che dà priorità al diritto dei bambini a uno «sviluppo fisico, mentale e morale adeguato» rispetto ad altre libertà.   Le autorità hanno agito sulla base di una legge adottata a marzo, che vieta gli eventi del Pride e autorizza l’uso della tecnologia di riconoscimento facciale per identificare i partecipanti, con possibili multe fino a 500 dollari. Ad aprile, il parlamento ungherese ha anche approvato un emendamento costituzionale che riconosce solo due generi – maschile e femminile – e definisce il matrimonio come l’unione tra un uomo e una donna.

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La legge è stata sostenuta dal primo ministro ungherese Viktor Orbán, un fervente critico delle «politiche woke». Pur sostenendo la legge che vieta gli eventi LGBTQ Pride, Orban ha affermato che è necessario proteggere i minori dalla “rete internazionale di genere” e dai “programmi dannosi” promossi dai burocrati di Bruxelles.   In risposta al divieto, 17 paesi dell’UE hanno rilasciato una dichiarazione congiunta affermando di essere «fortemente allarmati da questi sviluppi che sono contrari ai valori fondamentali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e del rispetto dei diritti umani», sollecitando nel contempo l’Ungheria a rivedere la legislazione.   Lunedì EurActiv ha riferito che l’ufficio della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha raccomandato privatamente ai commissari di non partecipare alla marcia del Pride, molto più numerosa, prevista per fine giugno a Budapest, per non «provocare» l’Ungheria. La Commissione Europea ha respinto il rapporto, affermando che von der Leyen «sostiene fermamente una vera Unione dell’Uguaglianza».   Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il Parlamento ungherese ha approvato un emendamento costituzionale che conferma il divieto di eventi pubblici LGBT precedentemente introdotto nel Paese.   La stretta sulle manifestazioni omotransessualista era stata largamente annunciata dal premier magiaro negli scorsi mesi.   Come riportato da Renovatio 21, lo scorso mese l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha lanciato l’allarme sulla recente legge ungherese che vieta gli eventi del pride, esortando il governo ad abrogarla.   Come riportato da Renovatio 21, Orban l’anno scorso aveva definito la UE come una «parodia dell’URSS». I suoi attacchi alle politiche di immigrazione di Bruxelles vanno avanti da anni, con il risultato di essere messo sotto accusa dai potentati UE per la questione dello «stato di diritto», espressione che, dopo la pandemia, in bocca a qualsiasi istituzione fa piuttosto ridere.   Come riportato da Renovatio 21, Orban è stato osteggiato fortemente dall’ambasciatore omosessuale americano a Budapest, che è arrivato a fare velate minacce contro il governo ungherese.

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Immagine di justinvandyke via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic  
 
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