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Militaria

La Russia dice che solo 2.200 foreign fighters sono rimasti in Ucraina

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In Ucraina rimangono solo 2.200 mercenari dei quasi 12.000 che erano accorsi per la causa di Kiev da quando il conflitto si è intensificato, ha detto lunedì il ministero della Difesa russo. Lo riporta il sito russo RT.

 

Un totale di 11.675 combattenti stranieri provenienti da 84 paesi sono stati registrati entrando in servizio in Ucraina dal febbraio 2022, ha dichiarato il tenente generale Igor Konashenkov durante il quotidiano incontro con la stampa.

 

La Polonia rappresentava il maggior numero di combattenti stranieri, più di 2.600. Gli Stati Uniti e il Canada ne hanno forniti oltre 900 ciascuno, seguiti da Georgia (più di 800), Regno Unito e Romania (oltre 700), Croazia (più di 300), Francia (oltre 200) e territori siriani sotto il controllo turco.

 

Tuttavia, un totale di 4.845 combattenti stranieri sono morti in battaglia e altri 4.801 sono fuggiti dall’Ucraina, lasciando solo 2.209 in servizio attivo nelle forze armate ucraine al 30 giugno, ha osservato il Konashenkov.

 

Secondo il portavoce del ministero della Difesa russo, Kiev stava intensificando gli sforzi per reclutare mercenari in Asia, America Latina e Medio Oriente, a causa della carenza di manodopera in patria.

 

«Il regime di Kiev usa i mercenari principalmente come carne da macello per assalti di carne», ha detto Konashenkov. «Il comando ucraino non ha riguardo per le loro vite. L’unica scelta che hanno è fuggire dall’Ucraina o morire».

 

Il tenente generale il fatto che la maggior parte dei mercenari è arrivata all’inizio del conflitto, a marzo e aprile del 2022, con il ritmo degli arrivi che «diminuisce bruscamente» dopo aver subito le prime perdite in combattimento.

 

Un attacco alla base della «Legione internazionale dell’Ucraina» a Yavorov all’inizio di marzo 2022 ha ucciso fino a 180 combattenti stranieri, con Mosca che aveva giurato «nessuna pietà per i mercenari». Secondo alcuni, i foreign fighter sarebbero stati traditi dai loro telefonini.

 

«I veterani occidentali che sono andati in Ucraina aspettandosi di utilizzare le loro esperienze dall’Afghanistan o dall’Iraq hanno testimoniato ai media che l’attuale conflitto è totalmente diverso, descrivendo l’artiglieria incessante come “solo un inferno” e lamentandosi del fatto che la loro aspettativa di vita in prima linea è misurata in ore» scrive RT. «Questa è la mia terza guerra in cui ho combattuto, e questa è di gran lunga la peggiore», ha detto la scorsa settimana un ex marine americano al sito Daily Beast.

 

Come riportato da Renovatio 21, inizialmente, i mercenari internazionali si lamentavano della mancanza di armamenti e della disorganizzazione. Il morale venne distrutto in quelle prime settimane di conflitto dall’attacco a Yavorov, già base sovietica poi utilizzata per addestramenti, a pochissimi chilometri dal confine polacco, quindi dalla linea dell’articolo 5 NATO.

 

 

Tra i foreign fighter che hanno combattuto per l’Ucraina vi è stato per un periodo anche uno dei sette figli del candidato presidenziale USA Robert F. Kennedy jr.

 

Non sono mancati i casi di foreign fighter italiani: Giulia Schiff, pilota nota per le sue denunce di nonnismo, arruolata «come volontaria alla Legione Internazionale dell’intelligence ucraina, poi nel team Masada con l’esercito di Kiev e successivamente nelle Forze Speciali della Legione Internazionale», riporta Il Resto del Carlino, ha ricevuto articoli commossi dalla stampa italiana. «La foreign fighter italiana si è sposata con Victor, un 29enne israelo-ucraino conosciuto lo scorso maggio al fronte» scrive la Gazzetta dello Sport. «Sarebbe stato proprio l’amore a spingere la 24enne a smettere di combattere e fondare, insieme al marito, un’associazione umanitaria che opera la fronte in supporto delle milizie ucraine».

 

A marzo la foreign fighter pro-Kiev «è rientrata in Italia in questi giorni proprio per un’udienza del processo che si celebra a Latina», scrive il Carlino.

 

Diverso il destino dei foreign fighter pro-Mosca come Alessandro Bertolini, 29enne di Rovereto che ha combattuto in Donbass, arrestato a Malpensa appena atterrato il suo aereo.

 

Di questa strana disparità mediatica e istituzionale nessuno sembra preoccuparsi.

 

Il decreto legge del febbraio 2015 («Misure per il contrasto del terrorismo anche di matrice internazionale »), lanciato nei mesi dell’ascesa dell’ISIS  punisce i foreign fighter anche se nel contesto delle «attività terroristiche»: «Diventa reato andare a combattere all’estero, non solo reclutare, con la previsione della detenzione da 3 a 6 anni per chi si arruola in organizzazioni terroristiche e per chi supporta i foreign fighters, mentre sono previsti da 5 a 10 anni per i “lupi solitari”, che si autoaddestrano all’uso di armi ed esplosivi. Con aggravante di pena per chi lo fa via web» scrive il sito del ministero dell’Interno.

 

È il caso di ricordare che i separatisti del Donbass per Kiev erano «terroristi»; si tratta quindi di punti di vista. Di fatto, a occuparsi dei casi di foreign fighters italiani nel Donbass, scrive il Corriere della Sera, è proprio l’antiterrorismo.

 

 

 

 

Immagine di Jacob Hoker via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

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Geopolitica

Il segretario della Difesa USA Austin rigetta la proposta di pace di Putin. E ribalta orwellianamente la storia recente di Russia e NATO

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Il Segretario di Stato Lloyd Austin ha rigettato la proposta di pace avanzata dal presidente russo Vladimir Putin, giustificando con argomenti che contrastano apertamente con la storia recente.

 

«Ancora una volta, ricordiamo un punto chiave», ha dichiarato ieri nel suo discorso di apertura durante una conferenza stampa a Bruxelles, al termine della riunione di due giorni dei ministri della Difesa della NATO.

 

«La guerra di Putin non è il risultato dell’allargamento della NATO. La guerra di Putin è una causa dell’allargamento della NATO, e la NATO è più risoluta e più capace che mai» ha dichiarato l’Austin.

 

Tale affermazione risulta piuttosto incredibile: non sembra importare al vertice militare USA che la NATO fosse già 1.000 km più vicina a Mosca che durante la Guerra Fredda, molto prima che il presidente russo Vladimir Putin ordinasse l’inizio dell’operazione militare speciale nel febbraio 2022.

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Non importa nemmeno che l’avanzata del blocco atlantico a Est, in aperta violazione della parola data a Gorbachev da Bush senior dopo la caduta del muro, fosse iniziata durante ancora prima della presidenza Putin e concretata nei suoi primi anni, quando Mosca era addirittura – tramite gli accordi di Pratica di Mare ottenuti da Silvio Berlusconi – divenuta partner della NATO.

 

La cosa più tremenda è che Austin si aspetta che chi lo ascolta non ricordi nulla di quanto avvenuto in questi anni, quasi il cervello della gente fosse formattabile, resettabile. Per il segretario americano non sembra esistere la storia: come in 1984 di Orwell, la storia è riscrivibile a piacimento, secondo quanto ordina il vertice, e il popolo si deve adeguare, accettando la modifica delle fonti e partecipando attivamente al minuto d’odio contro il nemico dell’occasione.

 

Il problema è che nemmeno si spende più tempo per argomentare la falsificazione della storia. Tale è la superficialità delle élite dominanti occidentali, tale è il senso di schiavitù al quale credono di aver sistemato le masse. Obbedite e basta, sembrano dirci, balla dopo balla.

 

Quindi, non c’è da sorprendersi che Austin abbia rifiutato ieri la proposta di pace di Putin. «Putin ha occupato – occupa illegalmente il territorio sovrano ucraino», ha detto in risposta alla domanda di un giornalista. «Non è nella posizione di dettare all’Ucraina cosa deve fare per raggiungere la pace. Penso che questo sia esattamente il tipo di comportamento che non vogliamo vedere. Non vogliamo vedere il leader di un paese svegliarsi un giorno e decidere di voler cancellare i confini e annettere il territorio del suo vicino».

 

«Putin può porre fine a questa guerra oggi», ha continuato Austin. «Sapete, ha iniziato questa guerra senza alcuna provocazione. Ha perso: ha avuto centinaia di migliaia di soldati feriti e uccisi in questa invasione ingiusta e immotivata». Ulteriori balle insopportabili per chiunque ricorda gli otto lunghi anni in cui la popolazione russofona del Donbass ha subito violenze da parte di Kiev con un computo dei morti che va fagli 8.000 ai 14.000. Senza contare le voci sui guastatori beccati dai russi poco prima dell’invasione, senza contare le ammissioni di Merkel e Hollande sull’inganno degli accordi di Minsk.

 

Nulla conta per Austin, che, in pieno autismo diplomatico, dichiara che Putin «potrebbe porre fine a tutto questo oggi se scegliesse di farlo. E lo invitiamo a farlo e a lasciare il territorio sovrano ucraino».

 

Il papavero del Pentagono ha inoltre riferito che «abbiamo riaffermato ieri nel Consiglio NATO Ucraina il nostro impegno duraturo per un’Ucraina libera e sovrana. Come le nazioni di buona volontà di tutto il mondo, i nostri alleati della NATO continuano a difendere la sovranità e l’autodifesa dell’Ucraina e, mentre ci prepariamo per il vertice di Washington, il partenariato NATO-Ucraina continua ad approfondirsi».

 

«Il vertice farà passi avanti verso un ponte credibile verso l’eventuale adesione dell’Ucraina, e gli Stati Uniti sostengono il continuo sostegno della NATO attraverso il pacchetto globale di assistenza».

 

Poiché Austin aveva dichiarato che l’espansione della NATO non era una causa della guerra in Ucraina, un giornalista gli ha chiesto se fosse sul tavolo una maggiore espansione della NATO.

 

«Non vedo alcun desiderio o indicazione che perseguiremo l’espansione in qualsiasi momento nel prossimo futuro», ha affermato. «Ci saranno… sospetto che ci saranno sempre Paesi che vorranno aderire alla NATO».

 

Non è chiaro se si riferisse direttamente all’Ucraina, che ha, per bocca di Zelens’kyj, rifiutato al medesimo modo la proposta del Cremlino.

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Lo stato confusionale in cui versano i vertici occidentali è oramai incontrovertibile, e certificato dalle tristi immagini provenienti dal G7 in Puglia, con Biden che vaga per lo spazio senza sapere bene dove andare e perché.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’Austin quattro mesi fa aveva avvertito i membri orientali della NATO di prepararsi a combattere la Russia sostenendo che Mosca «non si fermerà».

 

A inizio anno ad Austin era stato diagnosticato il cancro. Lo stato di salute aveva messo in allarme l’alto funzionario del Consiglio di Sicurezza russo Mikhail Popov,, il quale ha espresso preoccupazione per il rischio di una «catastrofe» nucleare derivante dai problemi di salute del capo del Pentagono e dal declino delle facoltà del presidente americano Joe Biden.

 

Il Popov lamentava del problema di una catena di comando nucleare USA spezzata: «uno Stato che possiede armi nucleari e afferma costantemente di essere l’egemone mondiale» disse il russo, aggiungendo che la diagnosi di cancro del segretario alla Difesa americano Lloyd Austin e l’età avanzata di Biden «hanno sollevato interrogativi sul sistema di sicurezza globale» e sulla catena di comando degli Stati Uniti. Bisogna, a questo punto, chiedersi davvero «come viene generalmente presa la decisione di utilizzare armi nucleari negli Stati Uniti?»

 

Al ritorno dal meeting dei ministri della Difesa NATO a cui ha parlato Austin l’aereo Falcon 900 su cui viaggiava il ministro italiano Guido Crosetto è stato costretto ad un atterraggio di emergenza all’aeroporto di Ciampino dopo che il vano bagagli si era riempito di fumo.

 

Durante il meeting si era discusso di un pacchetto di 40 miliardi di dollari all’anno per l’Ucraina, verso il quale il ministro italiano si era detto contrario perché «già facciamo fatica ad arrivare al 2% del PIL» da dare alla Difesa militare.

 

Crosetto – che è stato vittima di recente di un malore improvviso che ha richiesto l’ospedalizzazione negli ultimi mesi si è speso contro le pulsioni belligeranti di Macron, che vuole un intervento occidentale in Ucraina.

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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

 

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Militaria

ONU: nel 2023 le milizie curde siriane hanno arruolato oltre 200 bambini soldato

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   È quanto emerge dall’ultimo rapporto elaborato dalle Nazioni Unite «Children and Armed Conflict» prossimo alla pubblicazione. I miliziani delle Ypg continuano a trattenere dallo scorso anno oltre 800 minori col pretesto di «associazione» ad altri gruppi armati. Violazioni e abusi ad un livello «allarmante» in tutto il Paese, violate le norme sull’infanzia.   Le milizie curde siriane delle Unità di protezione popolare (YPG) hanno reclutato con la forza centinaia di bambini soldato fra le loro fila nel 2023. È quanto emerge da un rapporto elaborato dagli esperti delle Nazioni Unite, in fase di pubblicazione, dal quale emerge anche che il gruppo continua a detenere oltre 800 bambini dalla fine dello scorso anno col pretesto che sarebbero «associati» ad altri gruppi armati.   Nel documento, il segretario generale Onu Antonio Guterres ha evidenziato al contempo il numero «allarmante» di violazioni ai danni dei minori, anche bambini, in Siria in tutte le zone del Paese, chiedendo il rispetto del diritto umano internazionale e delle leggi sull’infanzia. Per quanto riguarda i bambini soldato, il numero accertato di quelli arruolati nei ranghi armati nel 2023 è di 231.   Il capo delle Nazioni Unite ha sollecitato il rilascio incondizionato e immediato di tutti i bambini dal reclutamento e dalla detenzione forzata, di cui le milizie curde sono state in gran parte responsabili durante il conflitto siriano in corso da 13 anni. Guterres ha sottolineato al contempo che gli attacchi a scuole e ospedali devono cessare e non devono più essere considerati obiettivi e utilizzati per scopi militari da vari gruppi in lotta fra loro.   Il rapporto e le sue rivelazioni sul continuo ricorso al reclutamento e al rapimento di bambini da parte dell’YPG arrivano a poche settimane di distanza dalla firma di un piano di azione ONU contro una delle principali fazioni di ribelli, il Syrian National Army (SNA). Anch’essi, infatti, avrebbero operato in maniera capillare in passato per il reclutamento di bambini soldato nei propri ranghi, conquistandosi una posizione di leadership sul fronte dei gruppi armati attivi nel conflitto.   Quella dei bambini soldato resta ancora oggi un’emergenza da affrontare per la Siria, nazione che sta cercando di emergere a fatica da un decennio di guerra civile anche se oggi la situazione, almeno sul piano bellico, sembra migliorare mentre resta alta l’emergenza a livello umanitario. A partire dalla «bomba della povertà» che miete oggi forse più vittime delle armi in passato.   A conferma di un dato in controtendenza, basta consultare l’analogo rapporto Onu «Children and Armed Conflict» relativo al 2021 in cui i minori coinvolti o sfruttati nel conflitto erano circa 2mila, di cui 483 reclutati fra le fila delle Unità di protezione popolare (YPG).   In base allo studio delle Nazioni Unite, a fare più ampio ricorso ai bambini soldati sono state le fazioni armate in lotta contro il presidente Bashar al-Assad con 1518 reclutamenti, in larga maggioranza all’interno del Syrian National Army (SNA) e di Hay’at Tahrir Al-Sham (HTS).     Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Immagine da AsiaNews
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Rapporto della Casa Bianca mostra il dispiegamento mondiale delle forze armate USA

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La Casa Bianca ha pubblicato il 7 giugno il regolare rapporto «War Powers» riguardante le attività militare USA nel mondo.

 

Il rapporto mostra che le forze armate statunitensi sono impegnate in operazioni in, o rispetto a, numerosi paesi in tutto il mondo, sia come forze invitate, sia illegalmente.

 

I Paesi dove sono presenti le milizie statunitensi includono:

 

  • Afghanistan, dove le forze statunitensi «rimangono posizionate fuori dall’Afghanistan per affrontare le minacce alla patria degli Stati Uniti e agli interessi degli Stati Uniti che potrebbero sorgere dall’interno dell’Afghanistan».

 

  • Iraq e Siria: operazioni anti-ISIS.

 

 

  • Arabia Saudita, dove le forze statunitensi sono schierate per proteggere gli interessi statunitensi nella regione dalle azioni ostili dell’Iran e dei gruppi sostenuti dall’Iran. Il numero totale delle forze degli Stati Uniti nel regno è di circa 2.321.

 

  • Giordania: ci sono circa 3.800 soldati statunitensi in Giordania «per sostenere le operazioni di sconfitta dell’ISIS, per rafforzare la sicurezza della Giordania e per promuovere la stabilità regionale».

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  • Libano: circa 75 militari statunitensi sono dispiegati in Libano «per rafforzare le capacità antiterrorismo del governo e sostenere le operazioni antiterrorismo delle forze di sicurezza libanesi».

 

  • Turchia: le forze armate statunitensi «rimangono schierate in Turchia, su richiesta del governo turco, per sostenere le operazioni di sconfitta dell’ISIS e per rafforzare la sicurezza della Turchia».

 

 

 

 

 

  • Europa: «Circa 80.000 membri del personale delle forze armate degli Stati Uniti sono assegnati o schierati nei Paesi NATO in Europa, compresi quelli schierati per rassicurare i nostri alleati e per scoraggiare ulteriori aggressioni russe».

 

Va ricordato come gli USA hanno piazzato nei Paesi NATO un cospicuo numero di testate atomiche, che sono presenti, ad esempio, nella base di Aviano.

 

Nel rapporto non viene menzionato il sostegno degli Stati Uniti a Israele – operato tramite gli immani depositi di armi presenti sul terreno – né vengono menzionate le esercitazioni militari e i continui schieramenti statunitensi per affrontare la Cina nel Pacifico occidentale a difesa di Taiwano.

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Immagine di MichelineCR via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine modificata

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