Pensiero
La giovenca rossa dell’anticristo è arrivata a Gerusalemme
Ieri si è avuta la notizia, che i grandi media non sono in grado di intercettare.
Gruppi sionisti del Monte del Tempio di Gerusalemme hanno annunciato che il 22 aprile sarà effettuato lo sgozzamento della giovenca rossa, un loro rito messianico per la fine dei tempi.
Secondo quanto riportato, sarebbe stata sottoposta alla polizia israeliana una richiesta ufficiale per permettere di portare nella spianata delle moschee un altare e dei coltelli per macellare mucche dal pelo fulvo.
ALERT ???? – The fanatical Zionists from Temple Mount Org have announced that April 22nd is their day to slaughter the much-vaunted #RedHeifer in Jerusalem to realise their version of the End Times messianic prophecy… https://t.co/HLo9nYbGvi pic.twitter.com/JYfs5dHORg
— Patrick Henningsen (@21WIRE) April 12, 2024
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Il rito fa parte del processo della ricostruzione del Tempio ebraico, distrutto nel 70 d.C., la cui ricostruzione porterà all’apparizione del Messia degli Ebrei, che molti cristiani considerano l’anticristo.
Questo, tuttavia, ai vari cristiani evangelici fondamentalisti americani va più che bene, perché in questo modo si accelererà la seconda venuta di Cristo stesso, che arriverà come predetto del Libro della Rivelazione dopo i sette anni di tribolazione – e cioè un conflitto mondiale, la distruzione di tutti gli ebrei che rifiutano di convertirsi, la rapture (idea fondamentalista americana di un subitaneo «rapimento» in cielo di parte della popolazione durante la guerra apocalittica) e alla fine del mondo.
È, in tutto e per tutto, l’Armageddon. E in questo caso è pure chiamare l’apocalisse così, con una parola ebraica.
Gli ebrei ritengono invece che il Tempio ricostruito porterà il loro Messia e, dal Tempio, gli ebrei governeranno cristiani e musulmani. Naturalmente, per fare questo, il luogo più sacro dell’Islam dopo La Mecca e Medina, la Moschea di Al-Aqsa, deve essere raso al suolo.
Armageddonisti ebrei e cristiani da vario tempo stavano collaborando nel trasporto di cinque «giovenche rosse» speciali e «senza macchia» dal ranch del cristiano sionista Byron Stinson in Texas in Israele più di un anno fa, dove hanno acquistato un terreno sul Monte degli Ulivi, il luogo speciale per il macello previsto tra una settimana.
La scelta del mese di aprile si basa sul fatto che le giovenche raggiungono l’età prescritta per la cerimonia. A quel punto, una o più possono essere macellate e poi bruciate, con le loro ceneri mescolate con acqua.
Questo affinché una squadra speciale, che dovrà iniziare la costruzione del Terzo Tempio, possa bagnarsi nella miscela ed essere adeguatamente purificata per il proprio compito.
Stiamo dando una versione semplificata: la realtà è molto più contorta. La chiave è un’interpretazione forzata di un passaggio del Libro dei Numeri dell’Antico Testamento, dove si parla del ruolo di una «giovenca rossa» nel purificare le mani di coloro che hanno toccato i morti.
«Il Signore disse ancora a Mosè e ad Aronne: “Questa è una disposizione della legge che il Signore ha prescritta: Ordina agli Israeliti che ti portino una giovenca rossa, senza macchia, senza difetti, e che non abbia mai portato il giogo. La darete al sacerdote Eleazaro, che la condurrà fuori del campo e la farà immolare in sua presenza. Il sacerdote Eleazaro prenderà con il dito il sangue della giovenca e ne farà sette volte l’aspersione davanti alla tenda del convegno; poi si brucerà la giovenca sotto i suoi occhi; se ne brucerà la pelle, la carne e il sangue con gli escrementi. Il sacerdote prenderà legno di cedro, issòpo, colore scarlatto e getterà tutto nel fuoco che consuma la giovenca. Poi il sacerdote laverà le sue vesti e farà un bagno al suo corpo nell’acqua; quindi rientrerà nel campo e il sacerdote rimarrà in stato d’immondezza fino alla sera. Colui che avrà bruciato la giovenca si laverà le vesti nell’acqua, farà un bagno al suo corpo nell’acqua e sarà immondo fino alla sera. Un uomo mondo raccoglierà le ceneri della giovenca e le depositerà fuori del campo in luogo mondo, dove saranno conservate per la comunità degli Israeliti per l’acqua di purificazione: è un rito espiatorio. Colui che avrà raccolto le ceneri della giovenca si laverà le vesti e sarà immondo fino alla sera. Questa sarà una legge perenne per gli Israeliti e per lo straniero che soggiornerà presso di loro». (Num 19, 1-10)
Questa purificazione sarebbe fondamentale per il sacerdozio ebraico e il culto sacrificale. Il Jerusalem Post scrive: «ai giorni nostri, si presume che tutti gli ebrei, inclusi i kohanim [sacerdoti o discendenti dei sacerdoti, ndr], siano impuri a causa dell’impurità impartita da un cadavere. Mentre nella vita quotidiana dei giorni nostri questo status non ha molto effetto pratico, a chi è impuro con questo tipo di impurità è vietato entrare nel Tempio».
È la questione del kosher: l’ebraismo è ossessionato dalla contaminazione, da cui, secondo cui la tendenza a separare – il giudeo dal gentile, il latte della carne bovina, la donna mestruata dal resto della comunità.
Un’altra pubblicazione dello Stato Ebraico, Israel365News, spiega quindi che «la mancanza di una giovenca rossa ha lasciato tutto Israele ritualmente impuro e incapace di eseguire adeguatamente molti altri comandamenti».
Questo è un problema, perché la cerimonia deve essere completata da un sacerdote che sia lui stesso ritualmente puro. Rabbi Azaria Ariel, il direttore della ricerca del Temple Institute, spiega che il sacerdote «deve essere puro per eseguire il rituale e preparare le ceneri. Ad esempio, non può nascere in un ospedale. Abbiamo alcuni sacerdoti così».
«Cerchiamo sacerdoti che siano stati attenti a questa questione di significato, allontanandosi dai cadaveri dei cimiteri e degli ospedali. Devono avere una chiara tradizione familiare che discenda dai preti. In realtà di uomini così ce ne sono molti, moltissimi. Deve anche avere un’età in cui può macellare la mucca di almeno 15 anni e non è stato in ospedale fino a quel momento».
(Sugli ospedali come luoghi di morte, ci troviamo bizzarramente d’accordo col rabbino, ma questo è un altro discorso).
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Tuttavia, il rabbino Ariel ha anche affermato che, nel frattempo, è ancora possibile entrare nel Monte del Tempio e persino offrire alcuni sacrifici in uno stato di impurità rituale. Al contempo, il rabbino Ariele precisa che questa cerimonia «non attiva l’obbligo di costruire il Terzo Tempio» e «la costruzione del tempio non dipende dalle Giovenche Rosse».
«Noi non facciamo il rituale della giovenca rossa affinché il Messia venga affinché Dio faccia qualcosa del genere o qualcosa del genere» ha assicurato il rabbino.
Il rito di purificazione potrebbe seguire altre logiche di giudaizzazione pure della vita civile – e militare – dello Stato Ebraico.
Kassy Akiva, una videogionalista ebrea del Daily Wire, la grande organizzazione di informazione del sionista Ben Shapiro, del Daily Wire ha raccontato su Twitter che «le ceneri vengono utilizzate per creare una miscela che viene utilizzata nel processo di purificazione per accedere al cortile interno del Monte del Tempio. Gli usi pratici oggi consentirebbero agli agenti di polizia di purificarsi prima di entrare in quell’area per motivi di sicurezza invece di essere costretti ad entrare in quell’area per garantire la sicurezza senza prima purificarsi. Sebbene ciò sia consentito dalla lettera della legge ebraica, tutti concordano sul fatto che sarebbe meglio purificarsi prima di entrare».
Also to be precise: the red heifer isn't technically a sacrifice. It is slaughtered and burned on the Mt. of Olives but not on an altar. The ashes are used to make a mixture that is used in the purification process for entering the inner courtyard of the Temple Mount. Practical…
— Kassy Akiva (@KassyDillon) April 4, 2024
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In pratica, si potrebbe trattare di estendere la religione sulla società ebraica anche più secolare. Con il presente governo israeliano, il più religioso, il più messianico della storia, non poteva che essere così. È il governo dove si giustificano gli sputi ai cristiani a Gerusalemme («tradizioni», rivendica il ministro: certo), è il governo dei convegni con balli scatenati dei coloni pronti a scendere su Gaza, è il governo che non ha problemi a parlare di nuclearizzazione dei palestinesi – e degli iraniani – dopo aver usato una parola biblica, amalek, che riporta alla possibilità di annientamento di interi popoli. Genocidio: ma con radici religiose. (Dov’è che avevamo già sentito questa storia?)
In realtà, «cinque giovenche perfettamente rosse» – mucche che non hanno ancora partorito, mucche «vergini» – erano arrivate in Israele già nel settembre 2022.
All’epoca reagirono subito gli organi di stampa di Hamas a rispondere, definendolo un tentativo di «giudaizzare le sante moschee» e sostenendo che «Al-Aqsa è in pericolo».
Le giovenche sono state portate da Boneh Israel («Costruire Israele»), un’organizzazione israelo-americana composta da ebrei e cristiani. Le giovenche sono state trovate e allevate da Byron Stinson, sedicente «giudeo-cristiano» e consigliere dell’organizzazione. Un video sul sito web di Boneh Israel lo definisce «letteralmente il ragazzo che ha portato quelle giovenche rosse in Israele».
«Queste giovenche rosse possono portare la pace nel mondo! La Bibbia ci insegna che la chiave per costruire il Terzo Tempio (la Casa di Preghiera per Tutte le Nazioni) è purificarci con la giovenca rossa a Gerusalemme» scrive il sito.
Lo Stinson, come nota LifeSite, ha anche chiarito che ritiene che la cerimonia della giovenca sia un primo e necessario passo per ricostruire il Tempio, e la collega persino all’emergere di un governo mondiale:
«I rabbini sono così emozionati perché, come noi sparsi nelle Nazioni, tutti possono sentire l’avvicinarsi di un governo unico mondiale. Puoi sentire l’avvicinarsi di questo momento in cui qualcosa deve cambiare. E tutti lo sentono e ciò che cercano disperatamente è la venuta del Messia. Sanno che questo è il primo passo per poter costruire il tempio. Non puoi purificare le persone che lavoreranno nel tempio finché non avrai effettivamente quest’acqua di purificazione che proviene dalla cenere delle giovenche rosse».
«Credo che la risposta di ogni cristiano dovrebbe essere quella di sostenere la costruzione del Tempio»
Il Jerusalem Post ha anche affermato che a settembre le giovenche sono state accolte cerimonialmente all’aeroporto israeliano Ben-Gurion da diversi rabbini del Temple Institute, tra cui lo stesso rabbino Azaria Ariel e il direttore generale del ministero del Patrimonio e di Gerusalemme, Netanel Isaac.
Il Temple Institute è stato fondato dal padre di Ariel (Rabbi Yisrael Ariel) e Rabbi Azaria Ariel guida il suo dipartimento di ricerca. Il sito web dell’Istituto afferma che mentre alcune cerimonie del Tempio sono possibili in uno stato di impurità rituale, la giovenca rossa è necessaria per il completo ripristino messianico.
«Il completo rinnovamento di tutti gli aspetti del servizio del Sacro Tempio e il risveglio della completa purezza rituale tra gli ebrei dipendono dalla preparazione della giovenca rossa (…) La preparazione della giovenca rossa è una precondizione per la reintegrazione del servizio completo nel Sacro Tempio».
Il sito riporta inoltre favorevolmente l’insegnamento su questo argomento del rabbino Moshe ben Maimon – conosciuto come Mosè Maimonide (1135-1204) o «Rambam» – filosofo talmudista tra i maggiori nella storia dell’ebraismo, estremamente influente nel XII secolo. Egli collegò l’arrivo della successiva giovenca rossa con la venuta del Messia, cioè quello che gli ebrei chiamano il «mashiach» o «moshiach».
«Nove giovenche rosse furono offerte dal momento in cui fu loro comandato di adempiere a questa mitzvah [il compimento di uno dei comandamenti della legge ebraica, ndr] fino al momento in cui il Tempio fu distrutto una seconda volta. La prima è stata portata da Mosè, il nostro maestro. La seconda è stata portato da Esdra. Altre sette furono offerte fino alla distruzione del Secondo Tempio. E la decima sarà portata dal re mashiach; possa essere rapidamente rivelato. Amen, così possa essere la volontà di Dio» (Maimonide, Shefter Shoftim («Il Libro dei Giudici», capitolo 11).
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Secondo Maimonide, un’impresa fondamentale di questo presunto Messia, che costituirà peraltro una delle prove conclusive della sua affermazione, è che costui ricostruirà il Tempio di Gerusalemme.
È facile capire che se qualcuno vi dice che non esiste alcun legame tra la consegna delle giovenche rosse e la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme – e quindi la venuta del presunto messia degli ebrei – vi sta gettando fumo negli occhi, vi sta ingannando – gaslighting, dicono ora in America. Operano per l’apocalisse, ma fischiettosamente. I complottisti siete voi, che maliziosamente vedete troppe cose dietro un innocente, zufolante sacrificio veterotestamentario di mucche rosse sul Monte degli Ulivi. Avete visto troppe volte il primo Indiana Jones, con il rito ebraico che scatena quel massacro massivo orripilante. Eccerto.
Prima di parlare del significato che tutto questo ha per i cristiani, soffermiamoci a ricordare cosa significa il Terzo Tempio per i musulmani. La moschea di Al-Aqsa, si trova proprio lì. Lo sappiamo bene perché in questi anni abbiamo visto la quantità di botte che in tante occasioni le forze israeliane hanno rifiutato ai musulmani lì per – in teoria – pregare, cosa che peraltro è consentita solo a loro.
Qualcuno ricorderà anche la passeggiata che sulla spianata delle moschee compì l’allora premier israeliano Ariel Sharon nel 2000, l’atto da cui partì la seconda Intifada. Ricordiamo brevemente cosa accadde in seguito: Sharon divenne relativamente più «morbido» verso i palestinesi, formò un partito suo scindendo il Likud. Nel 2005 – esattamente come era successo anni prima a Ytzhak Rabin– finì al centro di una Pulsa DiNura, una cerimonia di maledizione cabalistica performata da una quantità di rabbini, pure ripresa da una TV locale. Se mesi dopo a Sharon venne un colpo, e restò anni in coma fino al 2014. Se vi impressionate, ripetiamo, è perché avete negli occhi I predatori dell’arca perduta.
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Si tratta di un luogo definito come terzo più sacro di tutto l’Islam. I musulmani ritengono che Maometto fu portato sul luogo del Tempio in rovina di Gerusalemme su un cavallo magico; e che legò il suo cavallo al Muro Occidentale e da lì salì al cielo e incontrò i vari profeti. Non si tratta solo di palestinesi: tutto l’Islam potrebbe reagire qualora Al-Aqsa fosse toccata.
Del resto, cerchiamo di comprendere: Israele, oltre che uno Stato etnonazionalista, può definirsi uno Stato religioso. Hamas, il nemico dello Stato Ebraico, è pure un’organizzazione religiosa – in particolare, una gemmazione locale del gruppo protofondamentalista dei Fratelli Musulmani. L’Iran – che poche ore fa ha attaccato frontalmente Israele con i suoi droni – è una Repubblica Teocratica, uno Stato fondato, rifondato su principi religiosi.
Insomma, al di là di quello che possono dirvi gli alfieri della «geopolitica laica» (quelli che vi raccontano di interessi economici, petrolio, voti dei pensionati ebrei in Florida) si tratta di una questione di religione: tutti gli attori in gioco sono enti religiosi.
In ballo c’è una guerra di religione: e quindi, come non vedere il peso assoluto della macellazione rituale della giovenca rossa?
In realtà, pochi in Italia ne stanno parlando. Non si sono addentrati i blog più complottisti, e neanche i canali Telegram pronti a rilanciare qualsiasi bufala dopaminica («re carlo è morto», «Putin si è schierato con l’Iran) per ciucciare un po’ della vostra attenzione.
Eppure, la questione religiosa dovrebbe interessare anche noi. Perché, anche se rimossi dall’equazione, siamo anche noi spinti nella catastrofe di Gerusalemme – in quanto cristiani, non potrebbe che essere così.
Si torna alla vecchia questione sottolineata più volte da Renovatio 21: c’è lo Stato Ebraico, c’è lo Stato Islamico (ce ne sono diversi), tuttavia non c’è, e non può esserci, lo Stato Cristiano – è rimosso dal discorso, non può essere nemmeno nominato. Il dogma, ad ogni latitudine occidentale e non solo, è quello dello Stato «laico», che sappiamo bene significa uno Stato retto su principi massonici – cioè su una religione ulteriore che tenta da secoli di cancellare il cristianesimo.
È stato riportato che a spingere il progetto di ricostruzione del Tempio di Salome vi sarebbe una loggia massonica britannica, la Quator Coronati. Tuttavia non è questo che vogliamo sottolineare: vogliamo dire come, ancora una volta, i cristiani pare non siano nemmeno considerati nell’equazione. Sono stati estromessi, eliminati dal discorso.
È una realtà portata a galla dal solito Tucker Carlson, che in settimana ha intervistato un pastore evangelico palestinese, mettendo in risalto il paradosso assoluto per cui – come in Iraq, come in Siria – i danari mandati dagli USA in Medio Oriente, su pressioni di lobby protestanti, finiscano per uccidere i cristiani stessi.
Questo è uno degli effetti, solo apparentemente paradossali, del messianismo sionista installato nel fondamentalismo cristiano americano: pur accelerare la fine dei tempi, aiutano la persecuzione, passano sopra il cadavere dei cristiani del Medio Oriente, finanziando ed armando Israele, che nel frattempo avanza leggi anti-conversione per proibire il proselitismo cristiano, negli ultimi mesi ha fatto registrare attacchi ai cristiani senza precedenti.
Non si tratta di frange: come riportato da Renovatio 21, anche lo speaker della Camera USA, il sempre più controverso Mike Johnson, è del gruppo, con vari legami con gruppi del sionismo messianico.
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I cattolici non stanno prendendo la cosa sul serio, anche nella storia teologi e padri della Chiesa – vengono citati San Girolamo, Sant’Ambrogio, San Gregorio Magno, San Efraim, San Giovanni Crisostomo, Sant’Ireneo di Lione – hanno stabilito che l’anticristo potrebbe essere una figura simile.
Il gesuita Francisco Suárez (1548-1617), nella sua opera De Antichristo, scrive che «c’è uno che gli ebrei aspettano e uno che tutti accoglieranno. Gli altri che pretendevano di essere il Messia non sono stati ricevuti da tutti gli ebrei, ma solo da alcuni».
L’anticristo, dice la scrittura, ingannerà il mondo intero, convincerà persino gli eletti. Per questo si ritiene che guiderà un Nuovo Ordine Mondiale, dove la fede sarà perseguitata, e l’umanità vivrà i suoi tempi ultimi.
Questo è il pensiero cristiano, al quale nessuno sembra voler far caso.
Se poi vi chiedete perché, ricordatevi di San Pio X, e di Bergoglio. Nel 1903 papa Sarto, come abbiamo ricordato più volte, ricevette il fondatore del sionismo Theodor Herzl, e gli negò qualsiasi aiuto.
«Noi non possiamo favorire questo movimento. Non potremo impedire agli ebrei di andare a Gerusalemme, ma non possiamo mai favorirlo. La terra di Gerusalemme se non era sempre santa, è stata santificata per la vita di Jesu Cristo (…) Io come capo della chiesa non posso dirle altra cosa. Gli Ebrei non hanno riconosciuto nostro Signore, perciò non possiamo riconoscere il popolo ebreo» scrive Herzl nei suoi diari.
Facciamo un salto temporale: 110 anni dopo, vediamo le immagini, girate durante il suo viaggio in Terra Santa, di papa Bergoglio, accompagnato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu (quello oggi definito «macellaio» e «genocida») mentre si reca a rendere omaggio alla tomba di Herzl. Nemmeno un rabbino: un «laico» etnonazionalista ebreo che, peraltro, si era rifiutato di baciare la mano del santo papa predecessore ed inginocchiarsi, come da protocollo vaticano.
Il mondo è rovesciato. Il mondo è stato rovesciato. Sì.
La chiesa post-conciliare quindi lavora per il sacrificio della giovenca rossa?
La Roma infiltrata dal Male vuole la manifestazione dell’anticristo, per poterlo adorare ed intronare?
Domande che vale la pena di farsi, nelle ore in cui lo spettro di una guerra atomica si fa sempre più concreto – ecco il vero sacrificio a cui mira il Male, ecco il vero Olocausto.
La cancellazione dell’umanità, l’annientamento dell’Imago Dei: stiamo parlando, davvero, di questo.
Roberto Dal Bosco
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Pensiero
Il Corriere e Lavrov, apice del cringe giornalistico italiano
Il video fantastico (tradotto in italiano) della #Zakharova che smerda i giornalai del Corriere della Serva per aver ridotto l’intervista a #Lavrov con la scusa che “non c’era sazio sul giornale” (e neanche sul sito web… e neanche lo spazio per un link da cui fosse possibile… pic.twitter.com/KfyimUl3du
— Sabrina F. (@itsmeback_) November 13, 2025
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L’inviato del Corriere a Kiev va davanti al Monastero delle Grotte e produce un documento che segna contemporaneamente il culmine sia della propaganda occidentale che di quella russa. pic.twitter.com/miLeXY85EG
— Marco Bordoni (@bordoni_russia) April 4, 2023
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Intelligence
Il potere della vittima
È riemersa in queste ore una vecchia storia dell’orrore, quella dei «turisti-cecchini» italiani che avrebbero pagato per andare ad uccidere persone a caso nella Bosnia dilaniata dalla guerra degli anni Novanta. «I cecchini del weekend, dall’Italia a Sarajevo per uccidere: “Centomila euro a bambino, safari criminale”» titola Il Giorno.
È la storia, mai del tutto definita, delle «battute di caccia» di crudeli cittadini italiani nel caos sanguinario della fine della Yugoslavia.
«Viaggi in aereo fino a Belgrado, per poi spostarsi in elicottero o con veicoli a Pale e Sarajevo, ma anche a Mostar, altra città della Bosnia-Erzegovina dove secondo alcune testimonianze sono stati notati “tiratori turistici”» scrive il quotidiano, che fa almeno un nome, quello di «Jovica Stanisic, ex capo del servizio di sicurezza della Serbia condannato a 15 anni di carcere all’Aia per crimini di guerra nella ex Jugoslavia», il quale «avrebbe svolto un “ruolo” nell’organizzazione».
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L’articolo parla di esposto di un giornalista italiano alla Procura di Milano, per il quale potrebbe essere ascoltato dal giudice una delle fonti dei virgolettati del pezzo, un ex ufficiale dell’Intelligence militare della Bosnia, cioè il Paese considerato vittima delle violenze dei serbi.
«Per il modo in cui tutto era organizzato – ha spiegato l’ex 007 – i servizi bosniaci ritenevano che dietro a tutto ci fosse il servizio di sicurezza statale serbo e che fosse coinvolto anche il servizio di Intelligence militare serbo con l’assistenza di comandanti serbi nella parte occupata» continua Il Giorno.
La storia raccontata dalla spia militare bosniaca è allucinante: all’epoca, ha raccontato, «condividemmo le informazioni con gli ufficiali del SISMI(ora AISI) a Sarajevo perché c’erano indicazioni che gruppi turistici di cecchini/cacciatori stavano partendo da Trieste (…) un uomo di Torino, uno di Milano e l’ultimo di Trieste». Nell’esposto, prosegue la testata «si fa riferimento a “soffiate” pure sul tariffario dell’orrore: “i bambini costavano di più, poi gli uomini (meglio in divisa e armati), le donne e infine i vecchi che si potevano uccidere gratis”».
I nomi, tuttavia, non saltano fuori. Un altro articolo sempre de Il Giorno titola «Cecchini del weekend a Sarajevo, l’ex 007 bosniaco: “Il SISMI fu informato e li bloccò. Ma non abbiamo mai ottenuto i nomi”».
Nelle conclusioni fa capolino, d’un bleu, il neofascismo: «la speranza è quella di riuscire a dare un nome agli impuniti “cecchini del weekend” e trovare elementi in grado di portare a una svolta, trent’anni dopo i fatti. Persone vicine ad ambienti dell’estrema destra, che avrebbero agito “con la copertura dell’attività venatoria” e con soldi da spendere». Insomma fascisti abbienti in combutta con i servizi di un Paese post-comunista, per il brivido di uccidere a pagamento.
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Lasciamo alla magistratura il lavoro di accertare i fatti, che sarebbero di gravità rivoltante – notiamo, tuttavia, che a distanza di 30 anni questi ricchi destrorsi potrebbero ora avere quasi ottant’anni (e quindi, potrebbero scampare la galera anche se condannati) oppure essere addirittura deceduti.
Questo rigurgito della guerra yugoslava ci riporta alla mente tante, tantissime cose. Ci ricordiamo quando, all’epoca, eravamo praticamente convinti delle storie degli orchi serbi e dei poveri bosniaci, senza minimamente pensare che si trattasse di propaganda NATO: l’Occidente, secondo un disegno usato più di una volta, voleva spaccare la Yugoslavia cugina della Russia, e, manovra più interessante, creare un piccolo Stato musulmano in Europa.
E ce la fecero: eccoti la Bosnia-Erzegovina (un nuovo Stato talmente autentico da avere un nome duplice, tipo Emilia-Romagna, Trentino-Alto Adige, Massa-Carrara), con a capo Alija Izetbegović (1925-2003), da giovane membro dei Mladi Muslimani, i «Giovani Musulmani» che volevano un ritorno all’Islam più puro per le genti yugoslave la cui pratica era stinta.
I «Giovani Musulmani» si divisero tra il sostegno alla divisione Handschar delle Waffen-SS, a maggioranza musulmana, o ai partigiani comunisti jugoslavi. Il New York Times sostiene che si sia unito alla divisione Handschar delle SS. Vedendo l’Ucraina odiera sappiamo, tuttavia, che l’Occidente è disposto a chiudere un occhio sulla svastica, se è per dare addosso a nemici della Russia.
Finita la guerra, nel 1946 lo trovano a pubblicare un giornale clandestino chiamato Muzhahid («Mujahiddin») e viene imprigionato per «affermazioni contro l’Unione Sovietica».
Nel 1970, Izetbegovic pubblicò un manifesto intitolato Dichiarazione islamica, in cui esprimeva le sue opinioni sui rapporti tra Islam, Stato e società. Il manifesto fu vietato dal governo, che vi vedeva una cospirazione per l’istituzione di una Bosnia-Erzegovina «islamicamente pura». La Dichiarazione designava il Pakistan come un Paese modello da emulare per i rivoluzionari musulmani di tutta la Terra.
«Non può esserci pace o coesistenza tra la fede islamica e le istituzioni sociali e politiche non islamiche… lo Stato dovrebbe essere un’espressione della religione e dovrebbe sostenere i suoi concetti morali» scrive ancora il futuro presidente bosniaco, il quale non abbiamo idea di quante foto abbio fatta assieme ai nostri primi ministri, presidente, deputati, etc.
In pratica, un fondamentalista islamico al vertice di un Paese Europeo, creato apposta per lui. Uno Stato Islamico europeo, sia pure senza la boria videomatica che successivamente mostrò l’ISIS, come da disegno del mondo-Clinton. Creiamo un Stato musulmano teoricamente «moderato» (anche se cosparso di integralisti), come spina nel fianco dell’Europa, pronto per fare, alla bisogna delle «cose interessanti».
Per significare queste «cose interessanti» voglio buttare là, così per fare, un paio di volte in cui la narrazione della Bosnia come vittima dei malvagi serbi, qualche volta, anche leggendo i giornaloni, ha vacillato. Per esempio, quando si apprese che l’allora imam della controversa moschea di viale Jenner a Milano finì i suoi giorni in battaglia in Bosnia – e chissà quindi cosa predicava sotto la Madonnina, e chissà chi faceva passare di là, tenendo presente che erano pure gli anni delle infinite stragi islamiche in Algeria.
Vi fu poi l’incredibile storia, circolata su qualche giornale e TV, del villaggio musulmano bosniaco da dove, dieci anni fa, sarebbe partito un commando suicida, poi neutralizzato, intento a fare esplodere Piazza San Pietro durante i funerali di Giovanni Paolo II, incredibile celebrazione dove potevano disintegrare una quantità di Presidenti americani, europei, africani, asiatici più re e regine e perfino il papa successivo. Si parlò di un gruppo chiamato «Gioventù islamica attiva», nome non tanto distante da quello del gruppo del presidente bosniaco mezzo secolo prima.
La storia della Bosnia-pakistana e dei balcani islamici non si fermò a Sarajevo.
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Di lì a poco arrivò il Kosovo, dove si ripeté lo schemino: con la spintarella atlantico-americana, via un pezzo della Yugoslavia, cioè la Serbia, legata ai russi, e avanti con un altro staterello islamico-europeo – il quale sarebbe divenuto, di lì a poco, il primo Paese al mondo per esportazione pro-capite di foreign-fighter ISIS. La guerra del Kosovo fu un’ulteriore galleria dell’orrore, con la NATO che stavolta arrivò a bombardare direttamente Belgrado e oltre, mentre in televisione servivano immagini di un esodo di kosovari musulmani che denunziavano ogni tipo di violenza: ecco, gli islamici yugoslavi erano, ancora una volta, vittime dei serbi.
Non che i serbi non abbiano riflettuto, in qualche modo, su questo schema di vittima-carnefice in cui, per un disegno geopolitico, metapolitico immenso, si sono trovati incastrati.
Lo ha fatto un film che non ho visto, e che non vedrò mai (perché ci tengo all’integrità della mia mente) così come con probabilità non lo vedranno in Spagna, Portogallo, Australia, Nuova Zelanda, Francia, Brasile, dove la pellicola è stata proibita. Si tratta di un horror intitolato, semplicemente Srpski film (2010), noto internazionalmente come A Serbian film («Un film serbo»).
Quello che so della trama lo devo ad un amico serbo, divenuto poi cittadino italiano, che non c’è più, perché divorato da un turbo male, al cui pensiero ho gli occhi lucidi anche ora mentre scrivo. Lui – che no, non aveva nessun istinto orrendo, essendo una delle persone più buone che abbia mai conosciuto – mi spiegava come questa storia lasciava il segno nella sensibilità serba dopo gli anni di guerra.
La trama del film, che riprendiamo dall’enciclopedia online, vede Milos, un pornodivo ritiratosi a vita privata per stare con moglie e figlio, venga invitato ad una nuova produzione serba per il mercato estero. Il produttore, che offre una quantità di danaro immensa che permette a Milos di risolvere i suoi guai finanziari, specifica nel contratto che il pornoattore non deve sapere nulla del film che sta girando.
Il primo set della misteriosa produzione cinematografica è un orfanotrofio, dove Milos assiste al pestaggio di una ragazzina da parte di sua madre, una prostituta, che poi farà una scena di fellatio con lui dinanzi alla figlia: l’uomo si rifiuta, ma è costretto dai cameraman, e invitato a picchiare a sua volta la donna.
A quel punto Milos, disgustato e sconvolto, decide di non proseguire le riprese e va a parlare con il produttore, che si scopre essere uno psicologo con un oscuro passato in polizia. Il produttore gli spiega che lui stesso, come Milos e tutto il popolo serbo sono «vittime», e la «vittima», dice, è ciò che vende di più. L’uomo quindi mostra al protagonista un filmato ributtante e demoniaco al punto che nemmeno la descriviamo qui. L’attore decide di troncare, ma si sveglia in un letto coperto di sangue: è stato drogato, e ora non trova più la famiglia, e dove erano gli uffici del produttore trova solo cassette in cui egli, sotto l’effetto di una qualche sostanza, stupra, uccide, viene stuprato.
Seguono ancora torture, minacce di castrazioni e scene ancora più intollerabili, con un finale che svela una realtà di orrore davvero abissale. La famiglia…
In fondo alla storia, una scena fa capire che anche quell’abominio è motore per la filiera dei carnefici.
Il mio amico, che diceva non aver retto alla visione di tutto il film, mi raccontava che la pellicola aveva attivato in tanti serbi la realizzazione di essere stati manipolati negli anni della guerra e dell’orrore, un continuum dove forze più grandi, e più oscure, ti spingevano verso questo meccanismo perverso ed incomprensibile… sei vittima… sei carnefice… cosa sei? La pazzia, a questo punto, è una reazione appropriata, ed è forse quello che vogliono: il pazzo è manipolabile, non in grado di unirsi ad altri e opporre resistenza.
Allo stesso tempo, è impossibile non interrogarsi su ciò che il sistema chiama «vittima»: è vittima («scappa dalla guerra») l’immigrato, che a spese nostre spaccia e stupra nella nostra città; è vittima l’omotransessuale (perché indotto ad odiarsi dalla «società omofoba»), che pretende oggi di comprare i bambini e poi farli castrare e riempire di ormoni sintetici; è vittima l’ebreo israeliano (perché «l’Olocausto», «il 7 ottobre, etc.»), che poi compie il massacro robotico automatizzato di decine migliaia di palestinesi, e non sembra nemmeno volersi fermare lì.
Conosciamo la cifra metafisica di questo processo: è la sostituzione dell’Agnello con il caprone infernale. Di Cristo con Bafometto. Il carnefice diviene, per il racconto sistemica, la vittima: ecco spiegato il fascino assoluto per gli accusati di episodi di cronaca nera, che divengono ben più importanti dell’ammazzato, sino a trovare uno zoccolo di opinione pubblica che li ritiene innocenti. Agnelli, appunto.
Abbiamo raccontato qui la trama di un film horror estremo. Il lettore di Renovatio 21 sa, tuttavia, che scene ancora più estreme si sono avute nella realtà – per esempio con il traffico degli organi in Kosovo.
Rammentiamo l’Esercito di liberazione del Kosovo, il gruppo militante kosovaro albanese sostenuto dagli USA clintoniani chiamato UCK (memorabili le immagini alla TV italiana con i miliziani mascherati in stile ETA e le bandiere albanese e statunitense). I membri dell’UCK alcuni dei quali arrivati sono giunti alle più alte cariche del nuovo Stato kosovaro, hanno subito accuse di prelievo illegale di organi, come nel caso del presidente kosovaro Hashim Thaci.
Durante il periodo in cui era a capo dell’Esercito di liberazione del Kosovo, il Washington Times ha riferito che l’UCK finanziava le sue attività con il traffico di droghe illegali di eroina e cocaina nell’Europa occidentale. Secondo Carla Del Ponte, procuratrice capo del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia dal 1999 al 2007, civili serbi – tra cui donne e bambini – furono rapiti dall’UÇK e successivamente trasferiti a Burrel, in Albania, dove vennero trattenuti in attesa dell’espianto dei loro organi, destinati a cliniche turche specializzate in trapianti; alcuni subirono più prelievi prima di essere uccisi e fatti sparire.
Le accuse contro Thaci risalgono a decenni fa, e furono formulate da sedi istituzionali come il Consiglio d’Europa di Strasburgo. Un rapporto al Consiglio d’Europa, scritto da relatore presso il Consiglio d’Europa Dick Marty ed emesso il 15 dicembre 2010 afferma che Thaci era il leader del «Gruppo Drenica» incaricato del traffico di organi prelevati dai prigionieri serbi. Come noto ai lettori di Renovatio 21, i trapianti di organo – cioè, la predazione degli organi – possono avvenire solo a cuor battente, e con il ricevente non troppo lontano. Diverse agenzie di stampa internazionali riportarono quindi che in un’intervista per la televisione albanese il 24 dicembre 2010, Thaçi aveva dichiarato che avrebbe pubblicato informazioni sui nomi di Marty e dei collaboratori di Marty. Nel 2011, Marty ha chiarito che il suo rapporto coinvolgeva gli stretti collaboratori di Thaci ma non lo stesso Thaci.
Il 24 aprile 2020, le Camere specializzate per il Kosovo e l’Ufficio del procuratore specializzato con sede all’Aia hanno presentato un atto d’accusa in dieci capi per l’esame della Corte, accusando Thaci e altri di crimini contro l’umanità e crimini di guerra, tra cui omicidio, sparizione forzata di persone, persecuzioni e torture.
Non si contano le foto dei nostri politici con Thaci, divenuto presidente del neo-Stato kosovaro, scattate con i nostri primi ministri, presidenti, politici – molti dei quali, ancora oggi attivi a sinistra, ebbero un ruolo nella guerra a seguito della quale il Kosovo albanese fu creato, con i caccia statunitensi che partivano dall’Italia…
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Pensate sia finita? Macché: ci è stato servito, in questi anni, un bel sequel. Una bella guerra proxy sostenuta dalla NATO sempre contro i russi, ma stavolta ancora più direttamente: non più i cugini serbi, ma i fratelli ucraini.
Eccoti riservita la sbobba della vittima: Kiev, poverella fra le Nazioni, deve essere sostenuta con miliardi e armi, perché vittima dell’invasione dell’orco russo. Ecco che spuntano fuori stragi compiute dai russi malvagi, come Bucha, di cui per qualche ragione non si parla più: ma lo status di vittima dell’Ucraina, Paese aggredito, rimane inscalfibile, lo dice pure Giorgia Meloni.
Pazienza se la vittima ha, come dire, forti simpatie naziste, si chiude un occhio anche qui. Pazienza pure se – è capitato – emerge pure qualche collegamento con il fondamentalismo islamico. Pazienza se la vittima è accusata di abominevoli torture e di aver compiuto crimini di guerra, di essere un pericolo per gli stessi Paesi che la sostengono. La storiella atlantica va avanti spedita, e comincia a fregarsene platealmente delle vostre dissonanze cognitive.
Quale pensate che sia, anche qui, uno degli effetti collaterali dello schemino geostrategico occidentale? Indovinato: anche qui si è parlato, e plurime volte in questi anni, di traffico degli organi in zona di guerra, con coinvolti, secondo le accuse russe, personaggi israelo-ucraini che avevano già calcato la scena in Kosovo.
Il film dell’orrore lo abbiamo già visto. Sappiamo come va a finire.
È il caso di uscire dal cinema NATO. Al più presto.
Roberto Dal Bosco
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