Geopolitica
Il ministro sionista israeliano Smotrich «legalizza» 5 nuovi insediamenti e vara misure punitive contro l’Autorità palestinese

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La decisione annunciata dal ministro delle Finanze, ma non vi sono conferme ufficiali di Netanyahu o dell’esecutivo. In cambio pronto lo sblocco dei fondi palestinesi congelati dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre. Esultano i movimenti pro-coloni e favorevoli all’occupazione. Peace Now: premio ai criminali al culmine della guerra.
Il governo israeliano ha approvato la legalizzazione di cinque avamposti in Cisgiordania e di una serie di sanzioni nei confronti dell’Autorità palestinese. Ad affermarlo è il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, esponente dell’ultra-destra e strenuo sostenitore della politica espansionista dello Stato ebraico nei Territori.
In realtà, dal gabinetto dell’esecutivo e dall’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu non si registrano al momento dichiarazioni ufficiali per una notizia che appare destinata ad alimentare la tensione fra le parti all’ombra del conflitto a Gaza.
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In cambio, riferisce Haaretz, Smotrich firmerà lo sblocco dei fondi fiscali trattenuti all’Autorità Palestinese ed estenderà una deroga che consentirà alle banche israeliane di lavorare con le controparti palestinesi, anche se queste ultime parti non risultano nelle dichiarazioni del ministro.
Il leader dell’ultra-destra riferisce che la decisione è conseguenza della mossa dei vertici palestinesi agli organismi di giustizia internazionali e presso le Nazioni Unite, che ha determinato un mandato di arresto (pendente) per i vertici del Paese e le pressioni per il riconoscimento di uno Stato. Gli avamposti oggetto di legalizzazione – inizi di nuovi insediamenti finora considerati «abusivi» ai sensi della stessa normativa israeliana – sono Evyatar nella Cisgiordania settentrionale, Sde Efraim e Givat Asaf nella Cisgiordania centrale, ed Heletz e Adorayim nel Sud.
Il governo avrebbe anche approvato la pubblicazione di gare d’appalto per altre migliaia di case negli insediamenti. Tra le misure che Smotrich vuole adottare contro l’Ap vi sono l’annullamento di vari benefici per i funzionari; l’annullamento dei visti di uscita per i suoi funzionari e le restrizioni ai loro spostamenti; il trasferimento delle responsabilità di controllo dall’Autorità palestinese a Israele in una riserva naturale nel deserto della Giudea che, secondo i gruppi di destra – tra cui uno fondato dal ministro – ha visto un’attività edilizia palestinese sfrenata, che ha danneggiato siti patrimoniali e ambientali.
Resta da valutare la reazione degli Stati Uniti, che non volendo sinora legittimare molte decisioni prese da Smotrich verso i palestinesi ha deciso di adottare una linea di sostanziale boicottaggio, rifiutandosi di incontrare lui o il collega di estrema destra Itamar Ben Gvir. Washington teme che il crollo dell’Autorità palestinese possa determinare il caos in Cisgiordania, che verrebbe sfruttato dalle cellule di Hamas e della Jihad islamica per aprire un nuovo fronte di guerra.
La decisione di legalizzare gli avamposti in Cisgiordania ha incontrato il plauso dei movimenti di estrema destra e dei leader pro-occupazione. Yossi Dagan, capo del Consiglio regionale della Samaria, ha dichiarato che si tratta di una «decisione sionista e di un forte messaggio di vittoria».
«Il nuovo insediamento completerà una successione di entità nella regione» già esistenti, ha aggiunto Yaron Rosenthal, capo del Consiglio regionale di Gush Etzion.
Israel Gantz, capo del Consiglio regionale di Binyamin, parla di misura «che rafforza lo Stato di Israele». Critiche giungono invece da movimenti attivisti, fra i quali Peace Now secondo si tratta di una decisione «folle» che danneggia le stesse relazioni di Israele con gli Stati Uniti. «Invece di preoccuparsi dei residenti trascurati del sud e del nord, il governo dei coloni sta dando un premio ai criminali al culmine della guerra per soddisfare Smotrich, che sta crollando nei sondaggi» ha commentato il gruppo. «Questo è un governo illegittimo – conclude Peace Now – che ha perso la fiducia del popolo molto tempo fa ed è gestito da una minoranza messianica ed estremista che deve uscire dalle nostre vite».
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Insediamenti e avamposti sono comunità abitate da civili e militari israeliani costruite nei territori conquistati dopo la Guerra dei sei giorni del giugno del 1967 in Cisgiordania, Gerusalemme Est, Alture del Golan e Gaza.
Nel 1982 Israele si è ritirata dagli insediamenti nel Sinai dopo aver firmato l’accordo di pace (1979) con l’Egitto e nel 2005 l’ex premier Ariel Sharon ha ordinato lo smantellamento di 17 colonie nella Striscia.
Nel novembre 2019 l’ex presidente Donald Trump ha rotto decenni di diplomazia americana, dichiarandoli «non contrari al diritto internazionale», aprendo una nuova pagina di tensione col fronte palestinese.
L’attuale inquilino della Casa Bianca Joe Biden ha detto di voler tornare al periodo pre-Trump e di opporsi all’ampliamento degli insediamenti, pur mantenendo il riconoscimento di Gerusalemme quale capitale di Israele.
In realtà poco è stato fatto mentre lo Stato Ebraico ha continuato la politica di espansione, che ha registrato una ulteriore accelerazione dopo l’attacco del 7 ottobre e la guerra a Gaza contro Hamas.
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Immagine di Yair Dov via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Geopolitica
Mons. Viganò: «le parole di Zelens’kyj sulla pace sono assurde»

Le dichiarazioni di Zelensky suonano assurde, quando si considera che è ancora in vigore la legge – firmata dallo stesso Zelensky – che vieta ogni negoziato di pace con la Russia.
Suonano ancora più assurde, quando pensiamo che è sempre Zelensky ad aver promulgato una legge che… — Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) March 14, 2025
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Geopolitica
Orban chiede alla UE di «espellere gli agenti di Soros»

Bruxelles dovrebbe adottare misure decisive per negare l’adesione all’UE all’Ucraina e porre fine all’influenza di agenti stranieri legati al miliardario George Soros sulle politiche del blocco, ha affermato il primo ministro ungherese Viktor Orban. Ha chiesto la sovranità nazionale assoluta degli stati membri sulle questioni interne.
In un post su X di sabato, Orbán ha esortato Bruxelles a «espellere gli agenti di Soros» dalla Commissione europea e a «rimuovere i lobbisti corrotti» dal Parlamento europeo.
Il primo ministro ungherese ha una lunga storia di opposizione alle organizzazioni finanziate dall’estero nel suo paese, in particolare quelle sponsorizzate da Soros. Orban ha ripetutamente accusato il magnate ungherese-americano di intromettersi negli affari interni dell’Ungheria, di minare i valori tradizionali della famiglia e di promuovere un programma globalista.
Orban ha anche chiesto «un’Unione, ma senza l’Ucraina», avendo chiesto «pace, libertà e unità».
Budapest si è fortemente opposta alla rapida accettazione dell’Ucraina nell’UE, citando il potenziale danno all’economia del blocco. Kiev ha presentato domanda di adesione poco dopo l’escalation del conflitto con la Russia nel febbraio 2022 e ha ottenuto lo status di candidato in soli tre mesi.
What does the Hungarian nation demand from Brussels?
Let there be peace, freedom, and unity.
1. We demand a Europe of nations.
2. We demand equality before the law for all Member States.
3. Restore the competences unlawfully taken from nations.
4. National sovereignty and a…— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) March 15, 2025
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Le richieste espresse da Orban erano incluse in un elenco più ampio che conteneva richieste di tutela del patrimonio cristiano europeo, di divieto di «rieducazione innaturale dei bambini», di eliminazione del debito e di riconoscimento dell’uguaglianza di fronte alla legge per tutti i membri del blocco.
Orban ha sottolineato che il popolo ungherese si aspetta che Bruxelles ripristini le competenze sottratte illegalmente agli stati membri, chiedendo la «sovranità nazionale» e il diritto a «un forte veto per i governi nazionali» ed esortando le autorità dell’UE a smettere di ostacolare la Guardia nazionale ungherese nel proteggere i confini del Paese. «Non fate entrare migranti e allontanate coloro che sono arrivati illegalmente», ha scritto.
Dalla crisi migratoria del 2015, il governo di Orban ha adottato misure severe per frenare l’afflusso di migranti, tra cui la costruzione di barriere di confine lungo i confini meridionali dell’Ungheria con Serbia e Croazia e il rifiuto delle quote di rifugiati imposte dall’UE. Queste politiche hanno innescato azioni legali, tra cui una multa di 200 milioni di euro da parte della Corte di giustizia europea l’anno scorso per inosservanza delle norme di asilo del blocco.
Quattro anni fa, Budapest ha aggiornato le norme sulla protezione dei minori per vietare la promozione di argomenti LGBTQ nei media, nella pubblicità e nei materiali didattici accessibili ai minori. La mossa ha scatenato l’indignazione a Bruxelles, che ha avviato un’azione legale contro Budapest, ha deferito il caso alla Corte di giustizia europea e ha congelato miliardi di fondi UE destinati all’Ungheria per quelle che ha affermato essere violazioni dei diritti umani fondamentali.
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Geopolitica
Il consigliere di Putin: i capi UE sono «cuccioli affettuosi»

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