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Geopolitica

Israele spara contro la delegazioni di diplomatici stranieri

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Soldati israeliani hanno sparato nei pressi di un gruppo di diplomatici stranieri in visita al campo profughi di Jenin, nella Cisgiordania occupata, spingendo i rappresentanti di oltre 20 paesi e i giornalisti al seguito a cercare riparo, secondo i video ripresi dalla scena.

 

Il tour, organizzato dall’Autorità Nazionale Palestinese, coinvolgeva delegati provenienti da decine di paesi, tra cui Regno Unito, Canada, Francia, Italia, Spagna, Cina, Giappone, Messico, Egitto e altri. Non sono stati segnalati feriti, ma le riprese video hanno mostrato i diplomatici fuggire in preda al panico mentre si scatenavano gli spari intorno alle 14:00 ora locale.

 

Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno affermato che la delegazione aveva deviato dal percorso precedentemente approvato ed era entrata in un’area non autorizzata, da loro descritta come una «zona di combattimento attiva».

 


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«Secondo una prima indagine, la delegazione ha deviato dal percorso approvato ed è entrata in un’area non autorizzata. I soldati dell’IDF che operavano nella zona hanno sparato colpi di avvertimento per allontanarli», ha dichiarato l’IDF, esprimendo rammarico per il «disagio causato».

 

 

Il ministero degli Esteri dell’Autorità Nazionale Palestinese ha descritto la sparatoria come una violazione del diritto internazionale, affermando che la delegazione era in missione ufficiale per valutare la situazione umanitaria nel contesto delle crescenti critiche internazionali alle operazioni militari israeliane a Gaza e in Cisgiordania.

 


I leader internazionali hanno prontamente condannato l’incidente. Francia e Italia con il ministro Antonio Tajani hanno convocato gli ambasciatori israeliani per chiedere spiegazioni. Il vice primo ministro irlandese ha definito l’evento «totalmente inaccettabile», mentre il Canada ha chiesto un’indagine approfondita. Anche l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Kaja Kallas, ha definito «inaccettabile» l’atto di sparare vicino ai diplomatici e ha chiesto che si assuma la responsabilità.

 

Della delegazione, in cui vi erano anche giornalisti, faceva parte il vice console italiano Alessandro Tutino, uscito illeso. Il diplomatico italiano ha parlato subito con il Tajani.

 

 

«Ho appena parlato con Alessandro Tutino il vice console d’Italia a Gerusalemme che sta bene e che era fra i diplomatici che sarebbero stati attaccati a colpi di arma da fuoco vicino al campo profughi di Jenin. Chiediamo al governo di Israele di chiarire immediatamente», ha dichiaro su X il ministro degli Esteri. Il vice console sarebbe rientrato a Gerusalemme.

 

Tajani ha quindi convocato l’ambasciatore israeliano a Roma: «ho appena dato disposizione al Segretario generale del Ministero degli Esteri di convocare l’Ambasciatore di Israele a Roma per avere chiarimenti ufficiali su quanto accaduto a Jenin» ha scritto sui social il Tajani.

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L’incidente, va notato, a poche dalla decisione UE di aprire una revisione dell’accordo di associazione con Israele.

 

Il ministero degli Esteri egiziano ha affermato che l’incidente «viola tutte le norme diplomatiche», mentre il ministero degli Esteri turco ha «fermamente condannato» gli spari di avvertimento contro i suoi diplomatici.

 

Il caso dovrebbe riportare alla memoria l’attacco che l’IDF ha portato contro i nostri soldati attivi in Libano con le forze di pace UNIFIL – con Netanyahu che arrivò a minacciare direttamente il corpo ONU di peacekeeping nel Libano meridionale, accusato di «fornire uno scudo umano ai terroristi di Hezbollah»

 

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Geopolitica

La pazza teoria: Trump e Khamenei sono d’accordo?

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Una vertiginosa speculazione corre in queste ore in rete, e oltre: il presidente americano Trump e l’ayatollah Khamenei avrebbero, in sostanza, una sorta di accordo.   Per cui, corollario di questa pazza teoria, quello che staremmo vedendo non sarebbe altro che quello che il gergo politico americano chiama kabuki, che possiamo tradurre con «teatrino». E per soprammercato, dicono gli osservatori, non sarebbe nemmeno la prima volta che ciò accade tra Trump e Teheran.   La speculazione su questo paradossale scenario parte infatti dall’uccisione da parte degli Stati Uniti del leader militare iraniano Qasem Soleimani nel 2020 e dall’attacco di risposta dell’Iran, che secondo il presidente Trump è stato essenzialmente un atto di guerra.   In un’intervista rilasciata alla Fox News nel 2020, Trump aveva affermato che il regime iraniano aveva fatto sapere agli Stati Uniti che avrebbero colpito una determinata area «al di fuori del perimetro» per far sembrare che stessero reagendo all’attacco di Soleimani, quando in realtà era tutto uno spettacolo.   «Ci hanno fatto sapere: “non muovetevi. Vi dovremo colpire psicologicamente”. Sapevamo che non avrebbero colpito all’interno del forte e i media stavano dicendo, e ora lo rivelo», aveva dichiarato Trump all’epoca, spiegando che l’Iran stava semplicemente cercando di «mostrare forza» ai soggetti più intransigenti al suo interno, puntando intenzionalmente i missili dove non avrebbero danneggiato le truppe statunitensi e implorando Trump: «per favore, non attaccateci. Non vi colpiremo».  

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Come noto, gli attacchi USA non hanno prodotto vittime, e sembrerebbe pure non vi siano vere fughe di radiazioni.   A portare avanti la teoria dell’accordo sostanziale Washington-Teheran è un commentatore molto noto sul social X, Lord Bebo.   Tenendo conto della dichiarazione di Trump del 2020, Lord Bebo ha scritto un riassunto come possibile spiegazione i raid di sabato:  
  • 1) Gli impianti nucleari iraniani sono stati evacuati e le attrezzature sono state spostate con giorni di anticipo.
 
  • 2) Gli Stati Uniti hanno annunciato pubblicamente e reso visibili i prossimi attacchi. Abbiamo visto tutti i bombardieri muoversi sul posto e la copertura mediatica che prevedeva l’attacco.
 
  • 3) Gli Stati Uniti hanno quindi colpito un impianto nucleare iraniano vuoto, poiché gli iraniani lo sapevano e lo avevano evacuato.
 
  • 4) I satelliti statunitensi hanno mostrato l’evacuazione delle strutture da parte degli iraniani, quindi gli americani sapevano che le strutture erano vuote e non operative.
 
  • 5) Gli Stati Uniti e l’Iran avevano tenuto dei colloqui segreti in Oman pochi giorni prima, ma nessuno sa cosa fosse stato concordato.
 
  • 6) Trump ha sostanzialmente spiegato che un accordo del genere era già stato concluso in precedenza.
 
  • 7) L’unica conclusione logica è che l’Iran e gli Stati Uniti abbiano stretto un accordo segreto per porre fine alla guerra. – Gli Stati Uniti colpiscono le strutture vuote – L’Iran reagirà ma mancherà il bersaglio.

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«Basta aspettare la risposta dell’Iran. Non le parole, ma la reazione fisica» scrive il Bebo. «Se non è troppo dura con le vittime, ma sembra grande… ho ragione. P.S.: È un’osservazione geopolitica che ho fatto. Potrei sbagliarmi. La gente deve capire che i governi non ci dicono la verità il più delle volte e che non tutto è come sembra. Le autorità hanno bisogno del consenso, quindi ti fanno degli spettacoli».   «Non arrabbiatevi. Consideratelo solo come un possibile scenario. Non sono qui per ripetere i discorsi dei media tradizionali di nessun paese, qui hai la sfumata posizione intermedia che ritengo giusta».   L’idea potrebbe trovare qualche conferma in notizie che escono dall’area.   Una fonte politica iraniana di alto rango avrebbe dichiarato all’agenzia di stampa della Penisola Arabica Amwaj Media che il team di Trump «avrebbe dato preavviso dei bombardamenti di siti nucleari e ha insistito sul fatto che fossero intesi come «un caso isolato».   Vi sarebbero insomma segnali del fatto che Trump voglia ripetere quanto accaduto nel gennaio 2020 con l’uccisione di Soleimani e la simbolica rappresaglia iraniana   Così si spiegherebbe lo strano, roboante videomessaggio delle scorse ore, che sembrava una dichiarazione di un conflitto finito piuttosto che di una guerra cominciata. In questo senso andrebbero pure letti i riferimenti continui ad Israele, sul quale pure Trump, in un inedito per un presidente USA, aveva invocato la protezione di Dio prima che addirittura per gli Stati Uniti.   Proprio Israele potrebbe essere l’oggetto di tutto il kabuki. Si tratta di una manovra per, nel medio termine, sbarazzarsi di Netanyahu, che continuerà a domandare istericamente altri attacchi ficcandosi in un vicolo cieco?   È noto come, nemmeno tanto dietro le quinte, Bibi non goda della simpatia di Trump. Probabilmente, il premier dello Stato Giudaico ha esaurito il credito anche presso altre capitali: è possibile pensare che anche Mosca sia un po’ stanca del personaggio, divenuto ancora più problematico da quando si è attorniato dalla gang messianca sionista (definizione del giornale israeliano Haaretz) che governa con lui e di cui lui oramai fa parte.   E Netanyahu, dicono in vari, è obbligato alla guerra (alle guerre) per altri motivi, non nobilissimi: lo aspettano, qualora perdesse l’incarico di premier, alcuni processi: questa è quantomeno la percezione che hanno molti suoi oppositori, che prima del 7 ottobre 2023, ricorderete, riempivano le città israeliane con oceaniche manifestazioni di protesta.   A questo punto tutto è possibile: sorprende vedere un politico della Florida (cioè, uno degli Stati dove l’elettorato ebreo conta di più), saltare sopra la pazza idea dello scontro solo simbolico con Teheran: Matt Gaetz, che forse ha qualche sassolino nella scarpa da quando lo hanno silurato come ministro della Giustizia USA (Attorney General), va oltre e in queste ore arriva a parlare di un Medio Oriente senza atomiche… comprese quelle di Israele.

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Avete letto bene: il giovane ex deputato floridiano chiede la fine del programma nucleare militare (segreto, illegale) dello Stato degli ebrei.   Ciò potrebbe rappresentare qualcosa di enorme: la castrazione atomica di Israele, una prospettiva semplicemente inimmaginabile. Toccare l’atomo dello Stato Ebraico può avere conseguenze incredibili. Alcuni sostengono che i Kennedy siano morti proprio per questo, perché si opponevano all’Israele nucleare.   Tuttavia, si tratta certamente, come per ogni progetto di disarmo atomico, di una prospettiva di pace. E Trump, ha detto varie volte, vuole che la pace sia il suo vero lascito.   C’è da credergli? C’è da pensare che stia davvero operando, nell’iperaruranio del dealmaker, con mosse di tale sofisticazione?   Adesso non possiamo dirlo.  

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Geopolitica

Vance si oppone al coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra tra Iran e Israele

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Il vicepresidente statunitense J.D. Vance non sostiene il coinvolgimento del suo Paese nel conflitto tra Israele e Iran, Lo riporta l’agenzia riferito Reuters, che cita due fonti informate.

 

Un articolo della Reuters che rivelava la sua posizione è stato pubblicato sabato, poche ore prima che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ordinasse di attaccare i siti nucleari iraniani di Fordow, Natanz ed Esfahan.

 

Secondo le fonti, Vance ha espresso chiaramente la sua opinione durante una telefonata «tesa» tra Trump, il primo ministro israeliano Beniamino Netanyahu e altri alti funzionari di Washington e lo Stato Ebraico, tenutasi giovedì.

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Secondo quanto riportato, Netanyahu e i suoi collaboratori hanno sfruttato lo scambio di battute per cercare di convincere il presidente degli Stati Uniti a rinunciare alla scadenza di due settimane concessa a Teheran per raggiungere un accordo sul programma nucleare del Paese e a prendere immediatamente parte agli attacchi israeliani contro l’Iran.

 

Gli israeliani hanno sostenuto che esiste solo una finestra di opportunità limitata per utilizzare le bombe americane anti-bunker contro la struttura iraniana di Fordow, profondamente interrata.

 

Nel corso della telefonata, il vicepresidente, veterano della guerra in Iraq ha «respinto» le richieste dello Stato Giudaico, insistendo sul fatto che Washington «non dovrebbe essere direttamente coinvolta» nel conflitto, hanno affermato le fonti.

 

La sua preoccupazione sarebbe che «gli israeliani avrebbero trascinato il paese in guerra», hanno aggiunto.

 

Vance è apparso accanto a Trump quando il presidente ha pronunciato un discorso televisivo dalla Casa Bianca, in cui ha annunciato l’attacco statunitense e ha affermato che i siti nucleari iraniani sono stati «completamente e totalmente distrutti». Teheran ha affermato che gli attacchi non hanno causato danni gravi.

 

In seguito, gli utenti dei social media hanno condiviso degli screenshot del vicepresidente scattati durante l’evento, descrivendo la sua espressione facciale come «confusa» e «per niente felice».

 

Più tardi, domenica, Vance ha rilasciato un’intervista a «Meet the Press» della NBC News, affermando che «non vogliamo la guerra con l’Iran. Vogliamo la pace, ma la vogliamo nel contesto in cui non abbiano un programma di armi nucleari».

 

Se Teheran si asterrà dall’attaccare le truppe statunitensi in Medio Oriente per rappresaglia e abbandonerà una volta per tutte il suo «programma di armi nucleari, allora penso che il presidente sia stato molto chiaro: potremo avere buoni rapporti con gli iraniani. Potremo avere una situazione pacifica in quella regione del mondo», ha sostenuto JD.

 

Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica ha dichiarato domenica che gli Stati Uniti non hanno la possibilità di sfuggire a «dure risposte» da parte di Teheran per il suo «attacco militare illegale contro gli impianti nucleari pacifici» in Iran. I Pasdaran hanno dichiarato di aver già individuato le località in cui sono di stanza gli aerei che hanno preso parte agli attacchi.

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Geopolitica

Putin dice che Israele è «quasi un Paese russofono» e che l’Iran ha «diritto all’energia nucleare pacifica»

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Il presidente russo Vladimir Putin ha sottolineato come la numerosa popolazione russofona di Israele sia uno dei fattori chiave nell’approccio di Mosca all’attuale conflitto in Medio Oriente, nonché la presenza della popolazione musulmana russa e i rapporti tradizionalmente amichevoli con il mondo islamico.   Intervenendo giovedì alla sessione plenaria del Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo (SPIEF), Putin ha affermato che coloro che mettono in discussione l’impegno della Russia nei confronti dei suoi partner sono «provocatori» che cercano di fomentare discordia. Il presidente russo ha sottolineato la complessità del conflitto Iran-Israele, mettendo in guardia contro aspettative di alleanze uniformi.   «Ogni conflitto è unico», ha affermato, sottolineando le complesse relazioni della Russia nella regione.

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Putin ha sottolineato la presenza di quasi 2 milioni di residenti russofoni in Israele. «Oggi è quasi un paese russofono. E, senza dubbio, ne teniamo sempre conto nella storia contemporanea della Russia», ha affermato il vertice del Cremlino, sottolineando le relazioni «amichevoli, fiduciose e alleate» della Russia con il mondo arabo e islamico, che includono il 15% della popolazione russa e la partecipazione come osservatore all’Organizzazione per la cooperazione islamica.   Putin ha ribadito il sostegno della Russia al diritto dell’Iran a un programma nucleare pacifico, sottolineando che tale sostegno non è meramente retorico, ma dimostrato attraverso una cooperazione concreta.   «Difendiamo il diritto dell’Iran all’energia nucleare pacifica non solo a parole, ma con i fatti», ha affermato. «Nonostante la complessità della situazione che circonda l’Iran, abbiamo costruito un reattore nucleare a Bushehr… E nonostante tutte le sfide e i rischi, continuiamo questo lavoro».   Putin ha respinto le critiche secondo cui la Russia avrebbe dovuto fare di più per sostenere l’Iran. «Iniziare qualche tipo di operazione di combattimento, è così?», ha chiesto.   «Abbiamo già in corso operazioni di combattimento contro coloro che consideriamo oppositori delle idee che difendiamo e che rappresentano una minaccia per la Federazione Russa», ha affermato, aggiungendo che questi oppositori sono «molto indietro rispetto alla linea del fronte» e sono «fondamentalmente le stesse forze, nel caso dell’Iran e della Russia».   Secondo il Cremlino, Putin ha un «quadro completo» della situazione, essendo uno dei pochi leader ad aver parlato direttamente con i leader di Israele, Iran e Stati Uniti da quando il conflitto è scoppiato la scorsa settimana.

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Mercoledì, in una sessione di domande e risposte a tarda notte, Putin ha detto ai giornalisti che Mosca ha proposto a tutte le parti diverse soluzioni di compromesso, suggerendo che un accordo dovrebbe includere garanzie di sicurezza reciproche, proteggendo sia il diritto dell’Iran alla tecnologia nucleare pacifica sia il diritto di Israele alla sicurezza.   Pur ribadendo il suo sostegno agli interessi legittimi dell’Iran, Putin ha chiarito venerdì che la Russia non intende svolgere il ruolo di mediatore nel conflitto Iran-Israele.   «Stiamo semplicemente offrendo idee. Se queste proposte dovessero trovare riscontro in entrambe le nazioni, ne saremmo lieti», ha detto, aggiungendo di vedere potenziali «punti di contatto» tra Teheran e lo Stato .

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
   
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