Terrorismo
Il Mali riconquista la roccaforte ribelle separatista

L’esercito maliano ha annunciato martedì di aver riconquistato la città settentrionale di Kidal, che era in gran parte sotto il controllo dei separatisti di etnia tuareg, che i funzionari hanno accusato di aver destabilizzato la regione.
La riconquista è avvenuta a seguito di un raid che ha provocato pesanti perdite per i ribelli armati, un’operazione che secondo il leader ad interim Assimi Goita mirava a ripristinare l’integrità territoriale del paese dell’Africa occidentale.
«La nostra missione non è completa», ha scritto Goita su Twitter, confermando la vittoria delle forze di sicurezza sui gruppi ribelli dominati dai tuareg che controllavano Kidal dal 2014 dopo aver cacciato l’esercito.
Aujourd’hui, nos forces armées et de sécurité se sont emparées de Kidal.
Notre mission n'est pas achevée. Je rappelle qu'elle consiste à recouvrer et à sécuriser l’intégrité du territoire, sans exclusive aucune, conformément aux résolutions du Conseil de Sécurité.— Colonel Assimi GOITA (@GoitaAssimi) November 14, 2023
Il ministero degli Esteri russo ha affermato che la vittoria dimostra «la crescita impressionante» della capacità di combattimento delle forze armate maliane (FAMa). «Il 14 novembre, le forze armate del Mali hanno liberato completamente la città di Kidal dai gruppi ribelli tuareg, che negli ultimi dieci anni è rimasta la principale roccaforte delle forze antigovernative. La parte russa si congratula con le autorità maliane per questa importante vittoria», ha affermato il ministero di Mosca in una nota, riporta RT.
Il Mali combatte un’insurrezione islamica dal 2012, con il forte sostegno dell’esercito francese, coinvolto nel 2013 in risposta all’aumento della violenza nel nord del Paese. Tuttavia, la Francia ha ritirato le sue truppe lo scorso anno su ordine dei golpisti di Bamako, che hanno preso il potere nel 2020, per presunti fallimenti dello schieramento francese nella nazione del Sahel.
Le autorità militari hanno inoltre concesso tempo fino al 31 dicembre alla Missione Multidimensionale Integrata di Stabilizzazione delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA) per ritirare i suoi 15.000 caschi blu.
L’evacuazione della missione di stabilizzazione, tuttavia, ha esacerbato le tensioni nel nord del Mali da agosto, con forze di sicurezza statali, ribelli e jihadisti in competizione per il controllo.
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Il mese scorso, l’ONU ha dichiarato che stava accelerando il ritiro delle forze di pace dalle basi nella regione di Kidal in risposta al rapido deterioramento della situazione della sicurezza a seguito di un’azione simile nella città di Ber in agosto. L’esercito maliano ha riferito che sette dei suoi ufficiali sono stati uccisi negli scontri con la coalizione ribelle mentre coordinava il disimpegno della missione delle Nazioni Unite. Secondo la MINUSMA, anche tre peacekeeper sono rimasti feriti quando il loro convoglio di evacuazione è stato attaccato.
In precedenza, il Coordinamento dei Movimenti Azawad (CMA), una coalizione tuareg, aveva accusato le autorità maliane di violare un cessate il fuoco e un accordo di sicurezza di Algeri del 2014 tentando di impossessarsi dei campi di mantenimento della pace delle Nazioni Unite, compresi quelli nel territorio controllato dalla CMA.
La CMA e il governo maliano hanno firmato un accordo per porre fine al ciclo di rivolte tuareg che si è verificato dall’indipendenza del Paese dalla Francia nel 1960.
Martedì i gruppi armati hanno rilasciato una dichiarazione in cui ammettono che il governo militare, che ha fatto della riconquista della sovranità territoriale il suo mantra, ha preso il controllo di Kidal. Secondo l’agenzia Reuters, un portavoce della coalizione ribelle ha dichiarato che hanno preso la decisione strategica di lasciare la città roccaforte, permettendo all’esercito di riprenderla.
I governanti militari del Burkina Faso e del Niger si sono congratulati con le loro controparti maliane per la «liberazione di Kidal», che riconoscono come una pietra miliare storica nella lotta contro i gruppi armati nella regione del Sahel. Burkina Faso, Mali e Guinea si sono dichiarati alleati del Niger dopo il recente golpe militare avvertendo che qualsiasi attacco militare al Niger scatenerà una loro risposta. Anche l’Algeria ha ripetutamente fatto capire la sua estrema contrarietà ad un possibile intervento armato su Niamey, arrivando a negare, secondo quanto riportato, l’uso dello spazio aereo per i francesi.
Tre mesi fa l’antica città maliana di Timbuctù, detta anche «la perla del Sahel» e sito designato come patrimonio dell’umanità UNESCO, sarebbe caduta nelle mani del Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani (JNIM), sigla terrorista legata ad Al Qaeda. Lo stesso presidente del Burkina Faso ha dichiarato che vi è nell’area un enorme afflusso di armi «ucraine» che finiscono nelle mani dei terroristi takfiri.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa il primo ministro del Mali, Choguel Kokalla Maïga, aveva accusato la Francia di addestrare i terroristi che afferma di combattere.
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Terrorismo
L’Ucraina coordina gli attacchi jihadisti di al-Qaeda in Mali

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Terrorismo
Il Benin nega il coinvolgimento in un «complotto terroristico sostenuto dall’Occidente»

Il Benin ha respinto le accuse secondo cui starebbe collaborando con le potenze occidentali per dare rifugio a terroristi nell’ambito degli sforzi per destabilizzare il vicino Niger e la più ampia regione del Sahel, alle prese con un’insurrezione jihadista da oltre un decennio.
Lunedì l’emittente francese RFI ha citato il ministro degli Esteri beninese Olushegun Adjadi Bakari, il quale ha respinto le accuse mosse dal presidente ad interim del Niger, il generale Abdourahamane Tchiani, definendole «infondate».
«Il Benin combatte il terrorismo sul suo territorio e nei paesi limitrofi, con determinazione e a costo di pesanti sacrifici. Tentare di associare il nostro Paese a tali pratiche non è solo inaccettabile, ma anche profondamente ingiusto nei confronti delle nostre forze di difesa e sicurezza e di tutto il nostro popolo», ha dichiarato il Bakari.
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Sabato, Tchiani ha accusato il Benin e la Nigeria di fungere da hub logistici per agenti sostenuti dalla Francia che presumibilmente complottavano per destabilizzare il Niger. Ha affermato che in Nigeria e nel bacino del Lago Ciad si erano svolti incontri tra potenze occidentali e alcuni partner africani, da dove le armi venivano convogliate verso gruppi terroristici operanti nel Sahel.
Il Tchiani ha anche affermato che la Francia aveva creato delle «cellule» segrete nella regione per condurre operazioni sovversive, lavorando in coordinamento con gli alleati africani, tra cui il Benin, per indebolire l’Alleanza degli Stati del Sahel (AES), composta da Niger, Mali e Burkina Faso.
Come riportato da Renovatio 21, ancora a gennaio il ministro degli Interni, della Pubblica Sicurezza e dell’amministrazione territoriale del Niger, il generale Mohamed Toumba, aveva dichiarato che la Francia sta utilizzando metodi subdoli per tentare di destabilizzare il Paese.
Il generale Tchiani ha citato queste presunte minacce come giustificazione per mantenere chiuso il confine tra Niger e Benin, una misura imposta dopo il colpo di stato militare a Niamey nel luglio 2023.
Le relazioni tra i due Paesi si sono deteriorate in seguito al colpo di Stato, dopo che il Benin ha applicato le sanzioni imposte dal blocco regionale dell’Africa occidentale (ECOWAS) al Niger, tra cui la chiusura delle frontiere. Sebbene l’ECOWAS abbia revocato le misure a febbraio, Niamey e i suoi alleati – Bamako e Ouagadougou – si sono da allora ritirati dal blocco, accusandolo di imporre dure sanzioni in risposta ai cambi di regime nei rispettivi Paesi.
Intervenuto domenica in un’intervista all’emittente locale Bip Radio, il ministro degli Esteri del Benin ha definito il Niger un «Paese fratello», sottolineando che «è triste» che il rapporto tra i due vicini abbia assunto un «carattere informale».
Bakari ha affermato che, nonostante il Benin si sia rammaricato di dover chiudere il confine con il Niger, ora riaperto sul lato beniniano, ha preso questa decisione per difendere i propri principi e adempiere agli obblighi regionali in risposta ai cambiamenti incostituzionali del governo.
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«Rispettiamo pienamente la sovranità del Niger e il suo diritto di scegliere liberamente i propri partner. Ma allo stesso modo, il Benin non permetterà mai che le sue scelte di cooperazione e partenariato, che rientrano esclusivamente nella sua sovranità nazionale, vengano dettate», ha affermato.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno l’esercito beninese aveva subito pesanti perdite a seguito di un attacco terroristico a una posizione nei pressi del confine con il Burkina Faso e il Niger.
La violenza jihadista aveva colpito il Benin già nel 2022, con un aumento di dieci volte in un brevissimo lasso di tempo.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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