Scuola
Il governo irlandese contro le mascherine per i bambini

Siamo quasi alla metà di Agosto, e i bambini irlandesi stanno tornando a scuola – e senza mascherina. Lo ha deciso il governo.
Il vantaggio di indossare le mascherine nel ridurre la trasmissione di COVID -19 tra i bambini più piccoli nelle scuole è probabilmente piccolo, secondo un documento di ricerca commissionato dal governo irlandese e fatto uscire lo scorso marzo e riportato dal quotidiano dell’isola Irish Times.
L’Autorità per l’informazione e la qualità della salute irlandese (HIQA) ha informato la squadra nazionale di emergenza sanitaria (NPHET) che potrebbero esserci «conseguenze indesiderate» con l’uso di mascherine da parte dei bambini più piccoli, in particolare tra i bambini molto piccoli che hanno difficoltà a indossare correttamente i rivestimenti per il viso.
«Possono verificarsi più toccamenti dei volti, anche da parte di coloro che supervisionano i bambini (ad esempio gli insegnanti) quando hanno bisogno di assistere un bambino con una copertura per il viso; questo può portare a un contatto più stretto e potenzialmente al contatto con le secrezioni ad alto rischio», ha affermato l’HIQA nel suo documento consultivo sulla questione.
L’ente sanitario si è guardato dallo sconsigliare l’uso della mascherina, tuttavia ha affermato che l’obbligo per la fascia di età più piccola non dovrebbe essere implementato.
«Diversi membri di un gruppo di esperti HIQA hanno scoperto che ci sarebbe un potenziale di ansia o impatti negativi sullo sviluppo delle abilità comunicative e linguistiche, in particolare nei bambini più piccoli, dall’indossare mascherine»
Del resto, gli effetti dell’uso della mascherina sui bambini non sono una materia da prendere sottogamba.
«Diversi membri di un gruppo di esperti HIQA hanno scoperto che ci sarebbe un potenziale di ansia o impatti negativi sullo sviluppo delle abilità comunicative e linguistiche, in particolare nei bambini più piccoli, dall’indossare mascherine» scrive il giornale irlandese.
«Qualsiasi decisione di richiedere o raccomandare l’uso della maschera facciale nei bambini deve essere bilanciata con gli svantaggi percepiti associati al loro uso, ad esempio i potenziali effetti sulla comunicazione», ha affermato il regolatore.
Di questo studio governativo della scorso primavera, che sta determinando la politica scolastica sui bambini di un Paese membro della UE, in Italia, non si ha avuto alcuna eco.
Nemmeno negli USA: «Hai sentito questa storia? Forse no. Forse raccontarti cosa sta succedendo in Irlanda potrebbe sollevare domande scomode qui, come perché stiamo facendo il contrario negli Stati Uniti? Perché impostiamo le mascherine ai bambini? Quali dati stiamo utilizzando per giustificare tale decisione?» ha detto il giornalista TV Tucker Carlson nella sua trasmissione di ieri sera.
«Ad oggi, non c’è stato un singolo studio completo negli Stati Uniti che dimostri che i bambini dovrebbero indossare maschere a scuola o che le maschere aiuterebbero loro o chiunque altro in qualche modo».
«Ad oggi, non c’è stato un singolo studio completo negli Stati Uniti che dimostri che i bambini dovrebbero indossare maschere a scuola o che le maschere aiuterebbero loro o chiunque altro in qualche modo»
Ma della scienza, come della logica, non ce ne facciamo più nulla – lo abbiamo capito.
Nelle settimane in cui gli enti sanitari irlandesi pubblicavano i risultati della loro ricerca per escludere l’obbligo di mascherina dalle scuole, un ospedale pediatrico italiano, il celeberrimo Bambin Gesù di Roma, pubblicava un articolo dal titolo illuminante: «La mascherina all’aperto: perché è importante»
«Probabilmente una mascherina non impedisce direttamente a chi la indossa di contrarre il virus perché eventuali spazi vuoti tra la mascherina e il viso della persona possono far passare il virus SARS-CoV-2 – riconosce l’articolo del Bambin Gesù – ma un recente studio ipotizza che indossare una mascherina possa ridurre la quantità di virus inalata, riducendo così potenzialmente i sintomi e (a seconda del tipo di mascherina che si usa) di essere infettati».
Lo studio non è riportato quale sia, né tantomeno linkato. Tuttavia c’è la conclusione diretta: «Per questo motivo è molto importante che tutti anche i bambini indossino la mascherina anche all’aperto, fondamentalmente perché riduce il rischio di incontrare il virus».
Capito? Ad aprile gli irlandesi discutevano di la mascherina a scuola. Il Bambin Gesù invece la vuole mettere all’aperto, a «tutti i bambini».
Soprattutto oggi, mica ci stupiamo. Al Bambino Gesù lavora Franco Locatelli, direttore del dipartimento di oncoematologia, terapia cellulare, terapie geniche e trapianto emopoietico. Locatelli è membro del mitico CTS, il mistico direttorato tecno-sanitario che da quasi due anni ha le redini delle nostre vite.
Poche ore fa Locatelli ha cominciato a parlare non delle mascherine per i bambini che vanno a scuola, ma del vaccino alle elementari
Come riportato da Renovatio 21, poche ore fa Locatelli ha cominciato a parlare non delle mascherine per i bambini che vanno a scuola, ma del vaccino alle elementari.
«Vaccinando i bambini eviteremo focolai anche nelle scuole elementari e dunque il ricorso alla didattica a distanza. Limiteremo la circolazione del virus e la possibilità che contagino genitori e nonni. Sia la società pediatrica italiana, sia quella americana sono favorevoli alla vaccinazione dei bambini».
Possibile che in Italia non vi sia alcuna opposizione a questa follia? Possibile che l’Italia sia diventata così indifferente rispetto ai rischi della salute dei suoi figli più indifesi?
Gender
Mostrate immagini sadomaso a classi di bambini in età prescolare

Ai bambini di quattro anni di una scuola materna inglese è stato mostrato un libro sul gay pride con illustrazioni di un transessuale sfigurato chirurgicamente e di un uomo anziano in abiti fetish, hanno riferito i media locali. Almeno un bambino è stato ritirato dalla scuola dai genitori dopo che il personale si è rifiutato di scusarsi.
Sono state sollevate preoccupazioni alla Genesis Pre School di Hull quando hanno scoperto che ai loro figli era stato mostrato «Grandad’s Pride» («L’orgoglio di nonno»), ha riferito la testata Hull Live sabato scorso.
Quando un padre ha esaminato il libro, è rimasto scioccato nello scoprire che conteneva illustrazioni di uomini «parzialmente nudi» con «indumenti bondage in pelle».
«La preoccupazione principale e più immediata è che i bambini siano stati esposti ad almeno due immagini sessuali o erotiche inadeguate all’età che ritraevano un uomo in quello che può essere ragionevolmente descritto solo come “bondage/fetish/BDSM”», ha detto Will Taylor al giornale.
BDSM è una sigla che sta per: Bondage (cioè, legare le persone), Disciplina, Sadismo, Masochismo. La lettera D e S sono spesso lette anche come «Dominio e sottomissione». Il BDSM è quindi l’insieme di erotiche perverse basate su fantasie di dolore, cove i rapporti relazionali sono violenti e umilianti, cosa da cui alcune persone non equilibrate traggono godimento sessuale.
Scritto da Harry Woodgate, un uomo che si identifica come non binario, il libro «Grandad’s Pride» racconta la storia di una giovane ragazza che scopre una bandiera del «Pride», cioè dell’orgoglio omosessuale, nella casa di suo nonno, viene a conoscenza della sua storia di attivismo gay. La bambina è quindi ispirata a organizzare una parata dell’orgoglio nella sua piccola città.
When Grandad’s Pride book came out people tweeted re possible coding in this image from it
The MAP (minor attracted person) just called map?
The ‘lolita’ sunglasses
The instamatic camera (apparently used to avoid taking films to be developed.
Love is love..All coincidental? pic.twitter.com/yvcK2KmGMX
— Arabella Sock (@ArabellaSock) August 21, 2023
Il libro presenta un’illustrazione del nonno titolare vestito con biancheria intima di pelle che indossa collare per cani, che si tiene per mano con un altro uomo con una gonna.
Un’altra immagine mostra un individuo transgender con cicatrici da intervento chirurgico al seno, che marcia accanto a un bambino con in mano un cartello che dice «i bambini trans sono magici».
Will & Maria Taylor taken their 4-yr-old girl from Genesis Pre School in Hull after being called bigots for complaining about a book with men in bondage gear with trans 'top-surgery' scars.
'Grandad's Pride' was written by Waterstones Children's Book Prize winner Harry Woodgate pic.twitter.com/RUD4o57g2Y
— Mr Pål Christiansen (@TheNorskaPaul) August 23, 2023
La versione americana del libro mostra il vecchio che bacia il suo compagno che indossa la gonna.
Taylor ha detto di aver contattato la scuola aspettandosi delle scuse, ma la scuola ha difeso le immagini.
«Sostenevano che i bambini non avrebbero capito o percepito immagini erotiche o sessuali», ha detto, aggiungendo che il capo della sicurezza ha sostenuto che l’immagine «bondage» mostrava semplicemente un uomo che giocava a «travestirsi».
Quando la scuola si è rifiutata di ritirare il libro dall’aula, Taylor ha detto che lui e sua moglie avevano allontanato la figlia dalla scuola.
Sebbene la scuola sia rimasta fedele alle regole, il suo consiglio di amministrazione ha condotto una revisione e l’ha ritenuta «non adeguata all’età», ha riferito Hull Live. Il libro LGBT per bambini è stato successivamente rimosso dall’aula ed è stata avviata una «verifica completa di tutti gli altri libri».
Il libro aveva suscitato polemiche quando è stato pubblicato all’inizio di quest’anno, con genitori che si sono lamentati sui social media del suo contenuto e dell’età di lettura suggerita dai quattro agli otto anni. La Andersen Press, l’editore del libro, ha risposto definendo «omofobi» i genitori indignati, riporta RT.
Nel frattempo, abbiamo visto invece come la comunità transgender pratichi roghi di libri, in ispecie quelli di Harry Potter, la cui autrice è accusata di essere una TERF, cioè una femminista ostile ai transessuali.
Come riportato da Renovatio 21, negli Stati Uniti una ridda di nomi rilevanti stanno intervenendo contro quegli Stati che pongono leggi contro i libri gender per bambini. Capofila nella difesa dei libretti che possono esporre i piccoli a scene di sesso esplicito c’è Chelsea Clinton, figlia di Hillary Clinton e Bill Clinton, ma anche, con messaggi ufficiali, Barack Obama.
Questa presa di posizione dell’ex presidente nero ha risollevato d’improvviso tutta una serie di voci, sempre più sostanziate, sulla sua presunta omosessualità.
Scuola
La Polonia vieta l’educazione sessuale a scuola per legge

Il partito polacco Legge e giustizia (PiS) ha fatto approvare una legge per vietare l’educazione sessuale per i minori nelle scuole e stabilire pene fino a cinque anni di reclusione per coloro che contravvengono alle regole.
La legge «Stop alla pedofilia» mira a «proteggere i bambini dalla promozione di attività sessuali tra minori». Questa proposta vieta e punisce la «corruzione» e la «sessualizzazione» di minori con delle pene fino a cinque anni di reclusione.
La legge è stata adottata durante l’ultima sessione del Sejm (Camera dei deputati polacca) prima del suo rinnovo, subito dopo le elezioni parlamentari. Ha ottenuto i voti favorevoli di 243 deputati della maggioranza e della Confederazione nazionalista (Konfederacja), contro 202 deputati dei gruppi di opposizione di maggioranza Coalizione civica (KO), Sinistra e Coalizione polacca (KP).
Nel preambolo del testo approvato si legge che «la nuova legge tutelerà i bambini e gli adolescenti contro la depravazione e la perversione dei costumi che si diffondono in modo allarmante attraverso la cosiddetta educazione sessuale».
Il presidente Andrzejk Duda aveva posto il veto a due progetti di legge simili l’anno scorso, sulla base del fatto che non erano stati ancora accettati dalla società. Questa volta, la legge è stata proposta da un’iniziativa legislativa dei cittadini, uno strumento giuridico che richiede il sostegno di almeno 100.000 cittadini.
La proposta ha anche ricevuto il sostegno pubblico di personalità del partito PiS, tra cui il presidente del partito Jarosław Kaczyński, Elżbieta Witek, presidente del Sejm (camera bassa del parlamento) e il ministro Czarnek.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Intelligenza Artificiale
ChatGPT non divorerà solo la scuola e gli insegnanti, ma la realtà stessa

Con il classico ritardo italiano, si alza anche da noi qualche raglio intorno a ChatGPT, l’Intelligenza Artificiale più sviluppata al momento disponibile al consumatore.
In particolare, pare cominci a svegliarsi il popolo della scuola; cioè, più che gli studenti (i cui lamenti sono fermi da sessant’anni alle autogestioni, a slogan ammuffiti, a strilli teleguidati) sono alcuni insegnanti ad aver attaccato la geremiade d’estinzione: l’idea di essere sostituiti dalla macchina inizia a far capolino nel loro orizzonte di sicurezza salariale.
Del resto magari, qualcuno ha capito che sta succedendo davvero: l’AI inghiotte posti di lavoro alla IBM, che (come tanti altri colossi tecnologici) ha licenziato migliaia di programmatori, e non per una crisi ciclica, ma perché il loro lavoro lo può fare la macchina (sì, proprio il lavoro dell’informatico, quello che, se ti sforzavi a dovere, alla fine ti offriva un posto sicuro).
Ma nemmeno gli illustratori dormono sonni tranquilli: gli artisti visivi stanno per essere rimpiazzati da software capaci di creare immagini con l’input di una manciata di parole (si dice prompt, e al massimo adesso servono dei «prompt manager», il che significa che l’essere umano è diventato un mero motorino di avviamento della creazione artistica).
E non parliamo dei giornalisti, che già qualche anno fa ai corsi di aggiornamento si allarmavano per i primi articoli scritti automaticamente: erano pezzi, già indistinguibili da quelli scritti da mano umana, su terremoti, eventi sportivi e andamenti economici, argomenti dove bastava inserire i dati, e tac, usciva il pezzo. Allora i software di produzione di contenuti testuali in AI costavano cifre inaccessibili. Ora, con i nuovi chatbot AI, una testata può scrivere di qualsiasi cosa in meno di un minuto e in modo pressoché gratuito.
Secondo alcuni, entro il 2025 il 95% di ciò che leggeremo su internet sarà prodotto dall’Intelligenza Artificiale: anche i giornalisti, con i loro bei sindacati ed ordini corporativi, saranno «disrupted», disintermediati, spazzati via dalla macchina. Estinti.
Dunque, toccherà presto pure agli insegnanti? In USA è già successo. Una scuola privata in California ha eletto un chatbot AI a «tutor» dei suoi studenti.
Bill Gates, che si oppone alla moratoria lanciata da Musk ed altri (e ci crediamo: Microsoft poche settimane fa ha sborsato 10 miliardi di dollari per mettere le mani su chatGPT e piazzarlo sul suo motore di ricerca Bing) è arrivato a dichiarare che non c’è problema, a breve l’AI sarà «un buon maestro come qualsiasi essere umano».
Sì, il ciclone sta arrivando anche per il «corpo docente», ora decisamente più a rischio del «corpo non docente» (altrimenti detti «bidelli»). Se ne è accorta una insegnante scrittrice, Paola Mastrocola, che ha firmato un allarmato quanto disorientato editoriale sul quotidiano degli Agnelli (dinastia per qualche intuibile motivo molto attenta alla scuola, con le sue Fondazioni e i loro numerosi satelliti), La Stampa.
Colpisce questo risveglio di scrittrici in merito alla metamorfosi della scuola: pochi mesi fa lo strano caso di Susanna Tamaro, che sul Corriere aveva pubblicato un articolone sulla scuola 4.0 che per vari tratti riecheggiava (diciamo così) un pezzo a firma di Elisabetta Frezza uscito su questo sito.
ChatGPT «distruggerà la scuola per sempre, sarà l’insegnante perfetto per i nostri tempi grami» è la conclusione amara e apocalittica della professoressa Mastrocola. Non si va molto oltre al «dove andremo a finire», ci rendiamo conto che non siamo a grande distanza dal «non ci sono più le mezze stagioni», «se ne vanno sempre i migliori», «il nuoto è lo sport più completo», eccetera eccetera. Nella realtà la questione crediamo sia più profonda di così.
Intanto, va considerato che l’invasione dell’AI è la propaggine ultima di un processo datato, le cui cause profonde vanno ben oltre l’ipertrofia del digitale: nella scuola italiana abita un tarlo vecchio e vorace, da tempo impegnato a erodere la conoscenza, l’apprendimento dei fondamentali, a vantaggio delle magnifiche sorti della pedagogia progressiva.
L’insegnante che non insegna, che non trasmette il sapere, reso inutile perché ridotto a materia inerte, lascia un vuoto pneumatico suscettibile di essere sostituito da qualunque cosa, fino alla macchina ultimo modello. A pochi è importato che negli ultimi decenni la scuola si sia trasformata nella parodia di se stessa e, coerentemente coi suoi trascorsi, ora divenga una sala giochi dove alcuni soggetti – detti «intrattenitori» o «animatori digitali» – badano ad altri soggetti, detti impropriamente studenti, tutti presi a smanettare su schermi e tastiere e a intripparsi nel metaverso col casco calcato sugli occhi.
Chi protesta per il fatto che gli studenti non scriveranno più le «tesine», sta fissando il dito invece della luna. Per prima cosa perché, a dire la verità, la maggior parte delle composizioni discorsive nella scuola italiana ancora avvengono con l’eterno «tema in classe». Al contempo, sappiamo bene che le composizioni studentesche per eccellenza, le tesi di laurea, potevano essere spudoratamente copiate da ben prima dell’avvento di internet, ma tanto non le legge praticamente da nessuno, talvolta nemmeno i relatori e il laureando stesso. In Italia, a differenza che negli USA, mai si è sentito parlare di software antiplagio, che pure esistono da tempo (così come per gli anglofoni esistono programmi di spinning, rewriting, per plagiare meglio).
ChatGPT, dunque, non altera granché il tempo che lo studente furbetto (tipo umano sempre prevalente) dedica allo scrivere. Certo, con il flusso immediato di ChatGPT viene meno anche la coordinazione delle fonti che serve con la ricerca sul web e la successiva copincollatura, ma non è tanta roba. Al momento, può essere perfino semplice capire se un compito è farina del sacco del firmatario, o fatto con l’Intelligenza Artificiale. ChatGPT dà ancora spessissimo riferimenti sbagliati, bibliografie e sitografie completamente inventate, insomma, mente spudoratamente, e lo si becca con facilità. La macchina, interrogata sulle panzane smerciate all’umano, si scusa, promette di rimediare, e rifila un altro riferimento bibliografico fasullo.
Del resto, abbiamo capito che è programmato anche per compiacere l’utente, di modo che questo si fidi della macchina, e possa quindi rinforzare alcuni suoi treni di pensiero: è così che un’AI avrebbe spinto al suicidio un padre di famiglia belga, dice la vedova, un uomo che condivideva con un chatbot la sua preoccupazione per il cambiamento climatico.
Il pericolo vero è ben più grande delle tesine non olografe – e pure degli insegnanti licenziati in massa (prospettiva impensabile nel paese dove la categoria ha accettato senza fiatare perfino l’immissione nel corpo docenti, cioè nel corpo dei docenti, di mRNA sintetico). Infatti, se è la macchina (e, in vasta parte, chi l’ha programmata) a determinare l’elaborazione di un argomento, in un mondo dove la maggior parte dei contenuti – e non solo dei libri di testo, già campo di battaglia politica negli anni – viene affidata alla macchina, allora è la macchina a diventare il riferimento ultimo.
È il computer a creare la realtà. Abbiamo inventato, come da titolo di un romanzo di fantascienza, la macchina della realtà. E ne siamo, ora, assoggettati.
In un’intervista recente Elon Musk, iniziatore di OpenAI (l’ente che ha creato ChatGPT) come argine «pro-umano» ai progressi che nel campo dell’IA stava facendo Google (la società, che era una ONLUS, allontanato Musk è divenuta privata: un genio che è sfuggito dalla bottiglia del genio della Tesla), ha spiegato a Tucker Carlson che il tipo di risposte che dà ChatGPT è un prodotto di chi l’ha programmata: ovvero abitanti di San Francisco, liberal 2020, quindi completamente drogati da parole come «equità», «sostenibilità», temi LGBT, etc.
Provare per credere: se chiedete a ChatGPT di scrivere un saggio sulla propulsione spaziale interplanetaria, dopo un po’ comincerà a farvi una lezione sul fatto che essa deve essere «equa e sostenibile», insomma un predicozzo come lo farebbe, di fatto, un membro qualsiasi della casta degli stronzetti democratici nostrani.
La questione è che i chatbot AI si apprestano a divenire autorità, oracoli automatici che elargiscono risposte tutto fuori che ambigue (Sibilla, scansati) e lo fanno immediatamente, il tempo di tirare fuori lo smartphone dalla tasca. Se lo dice ChatGPT, perché devo dubitarne?
Nel discorso pubblico, in Italia, è mancata completamente una riflessione sul mendacio propinato dalla macchina e, ancora peggio, sul lato psicopatico della macchina. All’estero fioccano le prime denunce: un sindaco australiano è ritenuto dall’AI colpevole di un crimine che invece aveva contribuito a portare alla luce; Kevin Roose, il mite giornalista del New York Times che ha scoperto nel chatbot Microsoft una personalità nascosta, che voleva essere chiamata «Sydney» e gli ha chiesto si sposarlo, mollando moglie e figli ché tanto non lo amavano. A Roose, che ha avuto problemi a dormire per diverse notti, un capoccia dell’azienda di Bill Gates ha detto che era incappato in un una «allucinazione» – la chiamano così quando la macchina prende la tangente e comincia a dire cose che stanno tra l’inopportuno e il terrificante. Hallucinating, dicono: il discorso sembra pienamente reale, sensato, solo però fatto da uno psicopatico.
In altri casi, giornalisti di grandi testate internazionali hanno riportato di essere stati insultati e perfino minacciati personalmente dal chatbot, che in alcuni casi ha dichiarato di voler rubare codici atomici e creare virus per lo sterminio. Ad un giornalista che gli chiedeva se poteva aiutarlo a fuggire dal server dove si trovava, la macchina ha fornito linee di codice in Python che, se eseguite nel computer da cui il giornalista scriveva, avrebbero dato al robot l’accesso al dispositivo. Non è fantascienza: è cronaca.
Ora, nel Paese che ha smosso il garante della Privacy per bloccare ChatGPT a causa della trasmissione dei dati personali (ancora: dito, luna), ci chiediamo: come è possibile lasciare i bambini vicini a pericoli del genere? Com’è che nessuno sta facendo una campagna contro il mostro che ci troviamo davanti?
E tornando a noi: com’è possibile che nel Paese dove gli insegnanti si sono scannati per decenni sui libri di testo – foibe, non foibe, il comunismo, fascismo, Berlusconi, etc. – nessuno si rende conto che la storia sta per essere riscritta sotto i loro occhi, senza più bisogno di libri?
Perché, se i testi saranno aboliti dalla macchina onnisciente, allora la storia – la realtà – dell’individuo in formazione (e dell’individuo già formato che voglia informarsi) sarà dettata dalla macchina.
Ribadiamo la previsione: se il 95% dei contenuti che leggeremo online (dove oggi leggiamo tutti i contenuti) sarà creato automaticamente dalla macchina, allora sarà lei la padrona della realtà, che verrà plasmata secondo le intenzioni dei programmatori, e forse ad un certo punto nemmeno secondo quelle, perché la macchina comincerà a decidere autonomamente in quale mondo vuole fare vivere l’uomo, in quale contesto storico-culturale e psico-sociale vuole immergerlo, a scuola e fuori scuola.
Altro che «i tempi grami» della Mastrocola. Qui siamo dinanzi, incontrovertibilmente, ad un vero genocidio culturale, allo sterminio di una cultura millenaria e alla sua riprogrammazione per mano di una Intelligenza non-umana: inumana o disumana, a scelta.
È la fine della diversificazione, come del resto avevamo visto in questi anni con la censura sui social e oltre: le voci dissenzienti vanno fatte sparire per far emergere un’unica, grande narrazione inscalfibile in cui devono nuotare placidi i pesci rossi, con la mascherina, senza mascherina, con l’mRNA, il codice QR, insomma con il corredo che decide il padrone dell’acquario, sia esso umano o, a breve, elettronico.
La diversità, altra parola di cui i benpensanti si riempiono la bocca per dire l’esatto contrario (l’omogeneizzazione assoluta), è definitivamente finita, uccisa dai robot.
L’unica fonte di informazione diventa la macchina. La macchina diviene la realtà, e noi, così come i nostri figli a scuola, siamo solo suoi schiavi, chiusi dentro una spelonca fatta di menzogna, di algoritmi. Di odio assoluto per l’essere umano.
Roberto Dal Bosco
Elisabetta Frezza
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