Persecuzioni
I cristiani sempre più perseguitati
La fondazione cattolica di diritto pontificio, Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), ha appena pubblicato il suo rapporto annuale sulla persecuzione dei cristiani nel mondo per l’anno 2021, dal titolo «Perseguitati più che mai – Rapporto sui cristiani perseguitati per la loro fede, 2020-2022».
Il primo dato del rapporto è chiaro: nel 75% dei Paesi studiati, l’oppressione o la persecuzione dei cristiani è aumentata rispetto all’anno precedente.
In Africa, la situazione dei cristiani è peggiorata in tutti i paesi presi in esame, e stanno aumentando le prove di un forte incremento della violenza genocida da parte di attori non statali, compresi i jihadisti.
La grande minaccia: gli islamisti
I cristiani del continente affrontano la minaccia del crescente islamismo. Gruppi come Boko Haram (Nigeria) e lo Stato Islamico della provincia dell’Africa occidentale (ISWAP) stanno ancora cercando di stabilire califfati nella regione del Sahel, con un proprio wali (governatore) e una struttura governativa.
Lo Stato islamico nel Grande Sahara (ISGS) ha regolamentato pesantemente eventi sociali come i matrimoni. Nel giugno 2021, i combattenti dell’ISGS hanno giustiziato cinque civili cristiani, sequestrati a un posto di blocco tra il Mali e il Niger.
In Mozambico, Al-Shabab ha intensificato la sua campagna di terrore, uccidendo cristiani, attaccando villaggi cristiani e bruciando chiese.
Il jihadismo sta scuotendo lo stato di diritto in Nigeria: rapimenti, sacerdoti uccisi e attacchi mortali a chiese sempre più regolari. Tra gennaio 2021 e giugno 2022 sono stati uccisi più di 7.600 cristiani. Il presidente dell’Associazione cristiana del Nigeria, ha affermato che c’era un programma pianificato per «spazzare via il cristianesimo».
Due gravi incidenti hanno fatto notizia a livello internazionale. La prima è la lapidazione e cremazione della 25enne Deborah Samuel nel maggio 2022 per aver condiviso messaggi «blasfemi» su WhatsApp. Ma anche il micidiale attentato alla chiesa di San Francesco Saverio a Owo, nello stato di Ondo, durante la messa della domenica di Pentecoste, che ha provocato almeno 40 morti.
Persecuzioni da parte dei governi
In Sudan, dopo il colpo di stato militare che ha estromesso Omar Al-Bashir che era favorevole all’islamismo, il nuovo governo non ha mostrato segni di miglioramento. Ha fatto imprigionare sacerdoti, ha accusato una coppia di adulterio perché il marito si era convertito al cristianesimo e ha operato arresti per apostasia.
Le truppe eritree ed etiopi hanno attaccato il clero e le chiese nella regione del Tigrè. Le truppe eritree sono accusate di aver condotto una campagna di «pulizia culturale» di natura etnica, e di aver partecipato a massacri di cristiani etiopi, come quello di Aksum, e alla distruzione di antichi monasteri ed edifici religiosi.
In Medio Oriente, la continua migrazione ha acuito la crisi che minaccia la sopravvivenza di tre delle comunità cristiane più antiche e più grandi del mondo, situate in Iraq, Siria e Palestina.
Ci sono segnali che in alcune parti del Medio Oriente la situazione dei cristiani sia peggiore che sotto Daesh (ISIS). Il calo è più marcato in Siria dove, in un decennio, i cristiani sono passati da 1,5 milioni (il 10% della popolazione) nel 2011, a forse 300mila. Dopo le esplosioni del 4 agosto 2020 a Beirut, che hanno colpito il quartiere cristiano, la sopravvivenza a lungo termine della comunità cristiana in Libano è in questione.
In Iraq, la comunità è passata da 300.000 nel 2014 a soli 150.000 nella primavera del 2022. In alcune aree, la comunità non è altro che l’ombra di se stessa. Tuttavia, l’Iraq è l’unico ad aver visto un miglioramento: è stato intrapreso un programma che prevede la ricostruzione di città e villaggi cristiani, case, scuole, chiese e altre strutture pubbliche.
Cristiani visti come cittadini inferiori
Ma la minaccia estremista persiste in tutta la regione. Una ripresa del jihadismo potrebbe infliggere un colpo mortale alla cristianità, perché il numero dei fedeli è diventato molto basso, ma anche perché la loro fiducia è molto fragile: per molti di loro l’attrazione della migrazione è quasi irresistibile.
Questo desiderio di partire è amplificato in un contesto culturale che rimane ostile ai cristiani. Trattati come cittadini di seconda classe, discriminati a scuola e sul posto di lavoro, salari bassi o disoccupazione spingono molti di loro a cercare una vita fuori dal Paese.
Questa minaccia è reale. Quasi 75 anni dopo la costituzione dello Stato di Israele, i cristiani in Cisgiordania sono scesi dal 18% a meno dell’1%. I continui attacchi di frange hanno portato i vertici della Chiesa a parlare di «tentativo sistematico di cacciare la comunità cristiana da Gerusalemme e da altre parti della Terra Santa».
Cala la libertà di praticare la propria religione nei Paesi che aderiscono alla Sharia
In Arabia Saudita e altrove, manca la volontà politica di sostenere gli impegni costituzionali per la libertà religiosa. L’adesione alla Sharia prevale sui requisiti legali riguardanti i diritti di tutti. In questi Paesi i cristiani sono una minoranza silenziosa e invisibile. Questi paesi proibiscono ancora la costruzione di chiese, l’esposizione pubblica di croci e altri simboli cristiani, così come l’importazione di Bibbie e altri testi cristiani.
In Asia, l’autoritarismo di stato è stato il fattore determinante nell’aggravarsi dell’oppressione contro i cristiani in Birmania (Myanmar), Cina, Vietnam e altrove. Nel peggiore dei casi, la libertà di religione e di coscienza viene soffocata, come in Corea del Nord.
Altrove in Asia, il nazionalismo religioso ha portato a una crescente persecuzione dei cristiani in Afghanistan, India e Pakistan in particolare.
Persecuzione di Stato
A vari livelli, da un inasprimento delle limitazioni in Vietnam a un divieto quasi totale in Corea del Nord, l’autoritarismo di stato limita – persino soffoca – la possibilità dei credenti di praticare liberamente il loro culto. I tentativi del governo di regolamentare la pratica della fede sono caratteristici di un certo numero di paesi asiatici.
La Cina continua a vessare e tentare di controllare cristiani e altri gruppi religiosi che non accettano la linea ufficiale del Partito Comunista: è il Paese più restrittivo dal punto di vista religioso.
In Birmania l’esercito ha ripreso i suoi attacchi contro i cristiani, dopo una pausa durante l’amministrazione di Aung San Suu Kyi. Sebbene la giunta in precedenza avesse promosso il buddismo come norma sociale del Paese, ora sta perseguitando pagode e chiese, così come chiunque sia percepito come contrario al colpo di stato del 2021.
Anche il nazionalismo religioso ha svolto un ruolo importante nella repressione. L’Afghanistan è il più grande oppositore, con i talebani che impongono una rigida interpretazione della Sharia alla società. Anche le Maldive applicano rigidamente l’Islam, negando persino la cittadinanza ai non musulmani. In questi due Paesi è praticamente impossibile stimare la popolazione cristiana.
Nello Sri Lanka gruppi nazionalisti hindutva e buddisti hanno preso di mira i cristiani e i loro luoghi di culto, coinvolgendo anche la polizia, arrestando fedeli o interrompendo le funzioni religiose. Le vittorie politiche dei partiti religioso-nazionalisti – Podujana Peramuna in Sri Lanka e Bharatiya Janata Party (BJP) in India – rafforzano e incoraggiano questi atteggiamenti.
In Pakistan, i cristiani e i membri di altre fedi non musulmane sono vulnerabili nella società e corrono un rischio maggiore di molestie, arresti e violenze, inclusi rapimenti, percosse e stupri. Le credenze religiose maggioritarie sono considerate la norma e il Pakistan deve essere uno stato musulmano.
La strumentalizzazione della pandemia contro i cristiani
Durante le restrizioni dovute alla pandemia, la filiale locale del Saylani Welfare International Trust non ha distribuito cibo alle famiglie cristiane povere nel distretto di Korangi a Karachi (Pakistan), poiché le ONG islamiche non hanno aiutato i non musulmani quando l’aiuto è arrivato dalle offerte della Zakat, l’elemosina religiosa dei seguaci dell’Islam.
Le violazioni statali della libertà religiosa durante la pandemia di coronavirus andavano da quelle intenzionali ma draconiane a quelle calcolate e decisamente repressive.
Lo Sri Lanka rientra nella prima categoria: cristiani e musulmani hanno protestato contro l’obbligo della cremazione per chi è morto, o si sospettava che fosse morto, a causa del COVID-19, una misura che andava ben oltre le raccomandazioni dell’OMS e si opponeva alle tradizionali norma di sepoltura delle due comunità.
Nel frattempo, il Vietnam ha usato il coronavirus come pretesto per reprimere i credenti e ha fatto di almeno una comunità cristiana un capro espiatorio per la diffusione del virus a Ho Chi Minh.
Conclusione
Nel periodo in esame, la persecuzione dei cristiani ha continuato ad aggravarsi nei principali Paesi interessati. Il nazionalismo religioso e l’autoritarismo hanno intensificato i problemi dei fedeli, compreso il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan, che ha spinto cristiani e altre minoranze a tentare una fuga disperata.
La violenza sistematica e un clima di controllo hanno fatto sì che in paesi così diversi come la Corea del Nord, la Cina, l’India e la Birmania, l’oppressione dei cristiani sia aumentata.
Altrove, l’escalation della violenza – spesso intenzionata a cacciare i cristiani – a fatto subite delle campagne di intimidazione, orchestrate da attori militanti non statali.
L’Africa è particolarmente preoccupante a questo proposito, poiché l’estremismo minaccia comunità cristiane precedentemente forti. In Nigeria e in altri paesi, questa violenza supera chiaramente la soglia del genocidio.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Immagine di All India Christian Council via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)
Persecuzioni
Bangladesh, cristiani nell’incertezza dopo il golpe
La Chiesa cattolica ha appena decretato la chiusura, per un periodo indefinito, di tutti gli istituti scolastici di sua proprietà a Dhaka e dintorni. Una decisione che fa seguito alle minacce che le associazioni studentesche – che hanno appena rovesciato il potere in carica – pongono alle minoranze religiose.
«Gli studenti irrompono nelle nostre scuole e ci minacciano; chiedono che rendiamo loro conto delle nostre finanze e che sospendiamo alcuni membri del corpo docente». Jyoti F. Gomes, uno dei leader del Bangladesh Catholic Education Board, l’ente che gestisce l’istruzione cattolica nel Paese, lancia l’allarme all’agenzia di informazione UCA News.
Consapevole del pericolo che grava sugli studenti ma anche sul personale docente – laico e religioso – l’arcivescovo di Dhaka, monsignor Bejoy N. D’Cruze, è stato costretto a prendere una decisione dolorosa: chiudere gli istituti scolastici controllati dal Chiesa nella capitale e nella sua regione.
In una lettera del 25 agosto, scritta per il governo, il presule ha inoltre invitato le autorità a garantire la tutela delle scuole cattoliche del Paese. Le scuole riapriranno quando «tutti i malintesi» tra la Chiesa e i movimenti studenteschi saranno stati «dissipati».
Una formula cauta che nasconde in realtà la profonda preoccupazione delle gerarchie ecclesiastiche di fronte all’atteggiamento ostile dei movimenti studenteschi nei confronti delle minoranze religiose. Per la cronaca, il cattolicesimo rappresenta circa lo 0,3% dei 160 milioni di abitanti del Paese.
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La chiusura delle scuole cristiane è avvenuta poco più di due settimane dopo la caduta del governo di Sheikh Hasina, avvenuta il 5 agosto. La cosiddetta «Iron Begum» ha dovuto fuggire dal suo Paese per rifugiarsi nella vicina India, deposta dopo la dura repressione da lei ordinata contro le manifestazioni studentesche.
Questi ultimi protestavano contro il sistema delle quote di lavoro nel servizio pubblico, accusato di penalizzare la maggior parte di loro. Secondo l’Agence France Presse riportata da Le Monde e Le Figaro, «più di 700 persone, tra cui giovani studenti e bambini, sono state uccise dal 16 luglio».
I rivoltosi hanno anche accusato Sheikh Hasina di aver truccato le elezioni e di aver deviato le istituzioni gestite dallo stato a suo vantaggio e a quello della Lega Awami – il partito politico su cui contava per governare.
Una rivoluzione guidata vigorosamente da una coalizione, Studenti contro la discriminazione, che a sua volta emana da Ganatantrik Chhatra Shakti – Forza democratica studentesca – una «formazione politica nata nove mesi prima delle rivolte», ricorda Le Monde.
Questa nuova formazione afferma di voler rompere con la politica finora perseguita nel paese e di non avere alcuna affiliazione con i partiti esistenti, ma la sua colorazione la colloca a sinistra dello spettro politico.
Per garantire una transizione, il premio Nobel per la pace nel 2006 Muhammad Yunus, 84 anni, è stato scelto dal presidente Mohammad Shahabuddin, dai leader dell’esercito e dagli studenti per formare un governo ad interim che attualmente fatica a riportare la calma.
Perché, poiché le strade appartengono a loro, gli studenti hanno creato un clima di terrore, dando la caccia a coloro che ritengono si siano compromessi con il regime caduto: le minoranze religiose, in particolare i cattolici ma anche gli indù, sono le prime a subire il peso di questo clima di purificazione che nessuno sa dove potrebbe portare il Paese nelle settimane a venire.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Asivechowdhury via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Persecuzioni
Un’altra chiesa va a fuoco in Francia
In un’intervista rilasciata al sito di informazione nazionale BFM.TV, padre Sébastien Roussel, parroco locale, ha dichiarato: «siamo riusciti a salvare ciò che era più importante, il tabernacolo, le sante Ostie». Padre Roussel, chiamato sul posto non appena i pompieri raggiunsero la chiesa in fiamme, ottenne il permesso di entrare nell’edificio in fiamme per impossessarsi delle opere d’arte più importanti. «Non c’erano opere storiche elencate», ha raccontato in seguito a La Voix du Nord. «Ma volevo evacuare il Santissimo Sacramento! E anche il busto reliquiario di San Cornelio». Si è riusciti a salvare diverse statue, tra cui una della Madonna davanti alla quale i fedeli locali andavano a pregare. A causa delle fiamme, non è stato possibile a spostare la Via Crucis recentemente restaurata, ma pare che non abbia subito molti danni. Nella Francia scristianizzata, la chiesa dedicata all’Immacolata Concezione aveva continuato a celebrare la messa ogni domenica. Il giorno prima dell’incendio, vi avevano partecipato una congregazione di 300 persone. Un uomo, J.V., è stato arrestato lunedì sera e interrogato dalla polizia. L’individuo, 38 anni, che in precedenza aveva incendiato o tentato di incendiare ben 15 chiese ed era stato dichiarato colpevole di 10 attacchi a proprietà ed edifici cattolici, era stato rilasciato dalla prigione solo di recente. Secondo il quotidiano regionale La Voix du Nord, l’uomo era stato precedentemente condannato a tre anni di prigione nel 2019 per aver incendiato la chiesa di Equihen-Plage vicino a Boulogne-sur-Mer nella stessa parte della Francia settentrionale. È stato rilasciato all’inizio del 2021 e ha immediatamente incendiato altre otto chiese nella regione. Questi e altri attacchi alla proprietà lo hanno portato a essere nuovamente condannato a 3 anni e mezzo dopo essere stato dichiarato colpevole di «furto e distruzione». Durante il processo, l’individuo ha spiegato di aver preso di mira le chiese «perché tutti i preti sono indicatori» (come i pedofili condannati vengono chiamati dai loro compagni di prigionia in Francia). È stato nuovamente liberato a condizione che si sottoponesse a sorveglianza socio-giudiziaria con trattamento psicologico e psichiatrico obbligatorio per tre anni. L’uomo, o che viveva in una casa famiglia al momento del suo ultimo arresto, è ora nuovamente sospettato di incendio doloso di una chiesa cattolica. Il procuratore pubblico locale Mehdi Benbouzid ha offerto in una dichiarazione pubblica martedì mattina una serie di dettagli relativi al sospettato e alla sua lunga fedina penale, aggiungendo che era «noto per simili atti di distruzione tramite incendio» e che un’incriminazione per «distruzione tramite incendio con mezzi pericolosi per motivi legati alla religione». Ciò colloca chiaramente l’incidente nella categoria dell’odio «anticristiano», o «razzismo» come viene legalmente chiamato in Francia: si tratta di uno sviluppo interessante, poiché il sistema giudiziario nomina raramente il «razzismo» anticristiano nelle accuse pubbliche (anche quando i sospettati lo indicano chiaramente come movente per i loro reati), a differenza dei casi in cui vengono prese di mira altre comunità religiose, come i musulmani. Dal 2017, una nuova legge francese ha stabilito che quando «razzismo» e «discriminazione» motivano un reato penale, devono essere considerati come circostanza aggravante L’«Alleanza generale contro il razzismo e per il rispetto dell’identità francese e cristiana», nota come AGRIF, presenterà una richiesta come parte civile al processo per rappresentare gli interessi dei cattolici nella misura in cui l’incendio doloso è stato commesso perché la chiesa di Saint-Omer, che secondo la legge francese è una proprietà dello Stato, è stata attribuita al culto cattolico. L’AGRIF è legalmente qualificata per intraprendere azioni giudiziarie in tali casi. Molte fonti cristiane, conservatrici e nazionaliste hanno sottolineato il fatto che il sospettato, pur avendo dimostrato nel corso degli anni di essere un recidivo multiplo e di costituire ovviamente un pericolo per il patrimonio cattolico della sua parte di Francia, è stato ripetutamente autorizzato a commettere nuovi attacchi: questo è in effetti uno dei motivi per cui la polizia lo ha preso di mira come possibile piromane nell’ultimo caso e l’arresto è stato effettuato entro 24 ore dall’incendio. Considerato innocente fino a prova contraria, l’uomo ha una documentazione pubblica delle sue preferenze e interessi personali sui suoi account social. Francese di nascita, segue siti di musica rap e sesso, oltre a informazioni su «popoli perseguitati» come palestinesi e neri. Secondo l’Observatoire du Patrimoine Religieux, un’associazione senza scopo di lucro che tiene d’occhio il patrimonio religioso in Francia, 27 chiese sono state danneggiate da incendi in Francia nel 2023 e 12 nei primi sei mesi di quest’anno. Molti di questi incendi sono dovuti a cause accidentali, ma in diversi casi la colpa è stata di piromani. Come riportato da Renovatio 21, in precedenti incidenti, giovani satanisti locali sono stati giudicati colpevoli di incendio doloso e di altri atti di vandalismo anticristiano. Sono stati perpetrati anche attacchi islamici. Solo di recente, nella notte tra il 14 e il 15 luglio, una chiesa del XIX secolo con una struttura metallica nel XIV arrondissement di Parigi, Notre-Dame-du-Travail (Nostra Signora del Lavoro), è stata ricoperta di graffiti ostili, tra cui «Sottomettetevi ad Allah, infedeli, pregate 5 volte al giorno» e “Bast … Gesù, un solo dio Allah». Anche l’organo della chiesa è stato distrutto. Un odore di fuoco quando l’edificio è stato aperto dal custode il 15 luglio ha dimostrato che era stato tentato un incendio doloso. Ancora peggio, una statua della Vergine Maria è stata trovata in un lavandino in una stanza accanto alla chiesa con un coltello da cucina conficcato nel collo e iscrizioni blasfeme. La laicità e l’odio anticristiano, qualunque ne sia l’ispirazione, stanno facendo sentire la loro presenza in modo sempre più pesante in Francia, scrive LifeSite. Il numero di atti anticristiani è in aumento, con quasi 1.000 incidenti ufficialmente registrati nel 2023, il 90 percento dei quali ha come obiettivo chiese o cimiteri, secondo il Ministero degli Interni francese. La maggior parte degli atti antireligiosi in Francia sono rivolti a obiettivi cristiani, principalmente cattolici, seguiti dagli attacchi contro gli ebrei, con obiettivi musulmani molto più indietro, sebbene le ultime due categorie comprendano una quota maggiore di attacchi contro le persone, secondo le statistiche ufficiali. Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato la chiesa di Saint-Martin-des-Champs a Parigi fu attaccata con una bomba molotov. A inizio 2023, piromani hanno tentato di bruciare fino a tre chiese nella capitale francese di Parigi, ha riferito la radio polacca TVP, aggiungendo che uno degli incendiari era un marocchino di 25 anni. Secondo i dati dell’unità centrale di Intelligence criminale francese, solo nel 2018 sono stati registrati 877 attacchi a luoghi di culto cattolici in tutto il Paese. Si tratta di un incremento quasi di un ordine di grandezza: 129 chiese erano state vandalizzate nel 2008. Il calcolo fatto è che la Francia stia perdendo un edificio religioso ogni due settimane. Pochi mesi fa un incendio è scoppiato presso la cattedrale gotica di Rouen. Le immagini della scena non possono che ricordare un altro incendio devastante scoppiato nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi nel 2019. Anche quell’incendio era scoppiato durante i lavori di ristrutturazione e aveva finito per distruggere l’iconica guglia di Notre Dame Come riportato da Renovatio 21, l’estate scorsa al mistero dell’incendio di Notre Dame si è aggiunta la storia del capo della ristrutturazione, Jean-Louis Georgelin, trovato morto vicino a un passo di montagna nel Sud-Est della Francia. Il decesso dell’uomo è stato definito come «incidente».FRANCE
Immaculate Conception Church in Saint Omer is the latest church to go up in flames The bell tower collapsed in the fire pic.twitter.com/VRkbiF3O42 — Catholic Arena (@CatholicArena) September 2, 2024
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Persecuzioni
Recrudescenza di atti anticristiani in Europa
Le azioni criminali motivate dall’odio anticristiano e perpetrate sul suolo europeo sono in aumento dall’inizio del 2024. Una tendenza che rileva l’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione nei confronti dei cristiani in Europa (OIDAC-Europe), una ONG con sede a Vienna, in Austria.
Il 22 agosto 2024, mentre la Chiesa celebrava il Cuore Immacolato di Maria, OIDAC-Europa ha partecipato alla Giornata internazionale in memoria delle vittime di violenza a causa della religione o della fede.
La giornata si è conclusa con un comunicato stampa tranquillizzante del Segretario generale delle Nazioni Unite, in cui Antonio Gutierrez ha deplorato che «in tutto il mondo, gli individui e le comunità si trovano ad affrontare la violenza basata sulla religione o sulle convinzioni», secondo il servizio di informazione Vienna. Un modo per sorvolare sul fatto che i cristiani generalmente pagano il prezzo più alto per la persecuzione religiosa.
A ristabilire una verità evidenziata dai dati, è intervenuta a fine giornata Anja Hoffmann, membro di OIDAC-Europe, che ha ricordato «il rapporto annuale 2022/2023 pubblicato dalla sua organizzazione» e al quale questo sito ha dedicato un articolo a dicembre 2023: si evidenzia un «aumento dei crimini d’odio anticristiani del 44%», riferisce Omnes Mag.
Il direttore esecutivo ha citato dati più recenti che verranno utilizzati nel futuro rapporto annuale: la situazione dei cristiani in Europa appare sempre più precaria, dal momento che «venticinque casi di violenza fisica diretta e tentativi di omicidio contro cristiani a causa della loro fede» sono stati oggetto di una segnalazione a Oidac-Europe, riferisce il sito di informazione religiosa Omnes.
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«I Paesi del continente europeo dove questi attacchi sono più numerosi sono Regno Unito, Francia, Spagna, Italia, Germania, Polonia e Serbia», cita lo stesso sito: la prova che l’insicurezza, lungi dall’essere un semplice sentimento vissuto dai cristiani, è diventata una realtà per coloro che professano la fede in Gesù Cristo.
Contrariamente a quanto si crede, il capo di OIDAC-Europa insiste sul fatto che la maggior parte degli abusi anticristiani sono «perpetrati da membri di piccoli gruppi di estrema sinistra, femministe o membri radicalizzati della comunità LGBT».
E da notare che queste azioni criminali stanno diventando quasi «normali», data la pubblicità che viene loro data sui social network, e questo nella totale impunità.
Anja Hoffmann sottolinea infine che le azioni risalenti all’OIDAC sono solo la punta dell’iceberg, «le poche risorse di cui disponiamo e la mancanza di mezzi messi a disposizione per denunciare atti anticristiani, suggeriscono che questo problema resta largamente sottovalutato», cita sempre Omnes.
Tra le misure proposte, l’OIDAC chiede ai media in Europa di trasmettere meglio i crimini d’odio anticristiani: un pio desiderio, per quanto riguarda i media di servizio pubblico in Francia, di fare un esempio, dove il trattamento di temi legati alla Chiesa e al cristianesimo lascia qualcosa a desiderare, per usare un lieve eufemismo.
Un’altra misura sarebbe quella di «rivedere la legislazione che discrimina i credenti», anche questa sembra difficile da realizzare al momento. Infine, l’OIDAC «sottolinea la necessità di formare i cristiani a difendere la loro fede in modo informato e ad aiutarli a comprendere meglio i loro diritti», il che richiederebbe una revisione della catastrofica formazione nella dottrina cristiana che prevale dal Concilio Vaticano II.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Guilhem Vellut via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic; immagine tagliata.
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