Persecuzioni
Pakistan, cristiano torturato in carcere per «confessare» la propria blasfemia
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Imran Rehman si trova in carcere da due mesi per una denuncia contro di lui relativa a un post pubblicato su WhatsApp. La moglie: «da quando lo hanno arrestato mia figlia non può andare a scuola». Sempre più spesso in Pakistan i social network vengono utilizzati per costruire accuse false di blasfemia contro famiglie appartenenti alle minoranze religiose.
Imran Rehman, un cristiano di 32 anni padre di due bambine, è stato torturato nel carcere di Lahore dove si trova da due mesi con l’accusa di aver postato materiale blasfemo su un gruppo WhatsApp. A denunciarlo è la madre di Imran, Nargis Bibi, che lo ha visitato nei giorni scorsi. Alla donna il figlio ha raccontato di aver subito violenze per estorcere una confessione. È inoltre sottoposto a una forte pressione mentale essendo rinchiuso in una stanza del carcere dove quattro prigionieri su sei soffrono di ritardo mentale.
Contro Imran è stata presentata una denuncia il 14 settembre ed è stato subito arrestato dal dipartimento sui crimini informatici della Federal Investigation Agency.
La moglie di Imran, Komal Mushtaq, ha dichiarato che Imran è innocente ed è accusato ingiustamente per blasfemia. «Da quando è stato arrestato – ha raccontato – mia figlia di quattro anni non ha potuto frequentare la scuola e dare da mangiare a mia figlia di due anni è diventato difficile, perché lui era l’unico a portare a casa il pane».
L’avvocato Abdul Hameed Rana ha affermato che il caso contro Rehman è una palese violazione delle norme, in quanto non si può registrare un caso contro una persona senza emettere un avviso di garanzia e senza coinvolgere l’accusato nelle indagini, consentendogli di difendersi.
Inoltre come sottolinea Ashiknaz Khokhar, attivista per i diritti umani, i media digitali e i social network in Pakistan sono diventati sempre di più una fonte per lanciare false accuse di blasfemia che prendono di mira le minoranze religiose.
Le leggi sulla blasfemia e quella sulla prevenzione dei crimini elettronici del 2016 vengono usate impropriamente per limitare la libertà di espressione, di pensiero, di coscienza e di religione, come dimostrano – oltre al caso di Imran Rehman – quelli di Shagufta Kiran e Zafar Bhatti.
Quest’ultimo, ad esempio, è il condannato per blasfemia da più tempo accusato: si trova in carcere dal luglio 2012 ed è stato condannato a morte nel gennaio 2022. Le accuse – fondate su elementi non provati – hanno completamente rovinato la vita anche ai familiari degli accusati.
Joseph Jansen, presidente di Voice for Justice, ha commentato che le attuali leggi sulla blasfemia non garantiscono un processo equo e la libertà religiosa: l’accusatore gode dell’impunità nonostante la presentazione di prove e testimonianze false. Sono incompatibili con gli standard internazionali sui diritti umani. A questo si aggiunge poi il fatto che atti di violenza della folla con il pretesto dell’accusa di blasfemia vengano giustificati adducendo come ragione la debolezza del sistema giudiziario.
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Immagine di Trevor Patt via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)
Cina
App cattolica rimossa dall’AppStore cinese
Hallow, una delle applicazioni di preghiera più popolari sull’AppStore, non può più essere scaricata in Cina, dopo che i suoi contenuti sono stati dichiarati «illegali» dai Mandarini Rossi. Una decisione che indica un certo nervosismo del regime cinese di fronte alla crescita del cristianesimo spesso visto come una minaccia per il regime in carica.
Hallow rappresenta, secondo il suo ideatore Alex Jones, 18 milioni di download in più di 150 Paesi, 500 milioni di preghiere, 200.000 recensioni a «cinque stelle». Questo strumento dedicato alla trasmissione delle preghiere cattoliche è addirittura diventato l’applicazione numero uno nell’AppStore sei anni dopo il suo lancio nel 2018, e finora tollerato dalle autorità cinesi.
Ma la storia si complica nel primo trimestre del 2024, quando il saggista George Weigl viene avvicinato da Alex Jones che gli chiede di poter trasmettere alcuni passaggi della sua biografia su Papa Giovanni Paolo II, con l’aiuto di Jim Caviezel, attore e regista divenuto un’icona del cattolicesimo in America.
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Così verrà trasmessa nell’estate del 2024 la serie Giovanni Paolo II Testimone della Speranza, arricchita dalle meditazioni guidate da mons. James Shea, presidente della Holy University-Marie de Bismarck (Nord Dakota, Stati Uniti).
Unico lato negativo, ma significativo per il regime comunista cinese: la serie evoca il ruolo del papa polacco nel crollo del comunismo nel suo Paese, con le conseguenze che conosciamo in Europa. Tanto da spaventare i censori fedeli al pensiero del Grande Timoniere, che si sono affrettati a dichiarare il contenuto «illecito» e si sono affrettati a bloccare l’applicazione a partire dal 15 luglio.
«Continueremo a cercare di servire i nostri fratelli e sorelle in Cristo Gesù che sono in Cina nel miglior modo possibile attraverso il nostro sito e i contenuti dei nostri social media, e soprattutto con le nostre preghiere», ha detto Alex Jones alla Catholic News Agency, astenendosi dal dire cautela dal commentare le ragioni del ritiro della sua domanda.
L’atteggiamento delle autorità cinesi rivela una certa eccitazione? È quanto sostiene George Weigl dalle colonne del National Catholic Register: «I controlli sociali sempre più invadenti del regime mostrano una popolazione più spaventata che entusiasta per il modello sociale promosso da Xi Jinping».
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«Il dinamismo della democrazia di Taiwan è un rimprovero vivente all’affermazione secondo cui i cinesi possono essere governati solo in modo autocratico. E nonostante la repressione e la persecuzione, il cristianesimo cinese continua a crescere, anche se il regime stringe la sua presa su di esso», sottolinea il saggista.
Per non parlare della depressione economica che regna in Cina, dove gli operatori economici esitano a investire, della crisi immobiliare che dura da tre anni, dell’innalzamento dell’età pensionabile: tanti temi che potrebbero mettere in discussione la legittimità e la governance del Partito Comunista Cinese.
Da parte di Santa Marta il tono è più ottimista. Sull’aereo che lo riportava da Singapore, il 12 settembre, il Papa ha dichiarato: «Sono soddisfatto del dialogo con la Cina. Il risultato è buono. (…) È un grande Paese, ammiro la Cina, la rispetto. È un Paese che ha una cultura antica, una capacità di dialogo per comprendere se stesso, che va oltre i diversi sistemi di governo che ha conosciuto». Ma anche in diplomazia il metodo Coué [autosuggestione terapeutica, ndt] ha i suoi limiti…
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine screenshot da YouTube
Persecuzioni
Una chiesa canadese va a fuoco per la terza volta in una settimana
A massive fire has destroyed the historic Notre Dame des Sept Allégresses Church in Trois-Rivières, Canada.
Since 2021, over 100 churches in Canada have been burned or vandalized. pic.twitter.com/U7C5qfwbvj — Harrison Faulkner (@Harry__Faulkner) October 4, 2024
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Come riportato da Renovatio 21, anche la Francia sta vivendo un’impennata di chiese bruciate, a partire dalla sua cattedrale principale, Notre Dame a Parigi, dove il mistero continua: l’estate scorsa al mistero dell’incendio di Notre Dame si è aggiunta la storia del capo della ristrutturazione, Jean-Louis Georgelin, trovato morto vicino a un passo di montagna nel Sud-Est della Francia. Il decesso dell’uomo è stato definito come «incidente». Poche settimane fa è stato il turno della cattedrale gotica di Rouen, andata a fuoco come tanti altri luoghi di culto, talvolta apertamente attaccati, talvolta finiti in fiamme senza che vi sia prova di dolo. Il calcolo fatto è che la Francia stia perdendo un edificio religioso ogni due settimane. In India, un altro luogo in cui i roghi delle chiese sono meno misteriosi di quelli francesi, solo negli scorsi mesi sono stati bruciati più di 15 luoghi di culto cristiano. Chiese bruciate sono state registrate anche in Pakistan negli ultimi giorni. In Birmania l’esercito brucia regolarmente le chiese dei villaggi ritenuti ribelli. L’esercito della giunta si è distinto per far divorare dalle fiamme i luoghi del culto cattolico, cosa lamentata anche dagli arcivescovi locali.Another church been burned by some scum.
This is the historic Blessed Sacrament Parish church in Regina, Saskatchewan. That’s over 80 churches in Canada now. pic.twitter.com/Quw4cVKDpE — Kirk Lubimov (@KirkLubimov) February 11, 2024
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Persecuzioni
Pakistan, medici rifiutano di curare anziano gravemente malato perché cristiano
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La vicenda è avvenuta all’Ospedale civile di Sahiwal, nel Punjab. Secondo quanto denuncia Yousaf Masih Gill, al genitore i dottori hanno rifiutato un intervento chirurgico urgente per motivi di natura confessionale. Una sanitaria ha affermato: «Se avessi saputo prima che lei è cristiano, non avrei toccato suo padre». La protesta della famiglia e le scuse della direzione sanitaria.
Un nuovo episodi, dai risvolti drammatici, di intolleranza a sfondo confessionale avvenuto all’Ospedale civile di Sahiwal, nel Punjab, evidenzia una volta di più le discriminazioni di cui sono vittime le minoranze in Pakistan.
I medici del nosocomio, cui dovrebbe essere affidato il compito di salvare vite umane, si sono resi protagonisti di un fatto di negligenza grave sul piano clinico oltre che di odio verso altri concittadini solo per la fede praticata. A denunciare la vicenda è Yousaf Masih Gill, il cui padre seriamente malato e in lotta per la vita è stato oggetto di un trattamento «non professionale e discriminatorio» dei sanitari.
Secondo il racconto dei fatti avvenuti il primo ottobre scorso da parte di Yousaf Masih, una dottoressa musulmana dell’ospedale avrebbe fatto una dichiarazione agghiacciante alla famiglia in cerca di aiuto: «se avessi saputo prima che lei è cristiano, non avrei toccato suo padre». Questo commento, carico di pregiudizi religiosi, riflette un terribile livello di discriminazione che viola non solo l’etica professionale ma anche i diritti umani fondamentali.
Il figlio ha quindi aggiunto che quando lui e la sua famiglia sono entrati nella stanza del medico, sono rimasti scioccati nel trovare tutti i colleghi impegnati in una partita di Parchisi (Ludo) durante l’orario di servizio. Alla disperata ricerca di aiuto, Yousaf Masih ha infine chiesto loro di occuparsi del padre gravemente malato, ma gli è stato risposto con disprezzo: «stiamo giocando. Lo controlleremo più tardi». Questo palese disinteresse per la vita di un paziente rivela un’estrema negligenza e un grave abuso della responsabilità sul piano professionale.
All’esterno del nosocomio vi era anche Babu Nadeem, catechista cattolico, fratello di Yousaf Masih, che ha promosso un capannello di protesta insieme ad altre decine di persone, quando ha saputo che al padre era stato negato l’intervento chirurgico.
«Mio padre sta lottando con la morte e deve sopportare un dolore e un’agonia immensi, ma il comportamento dei medici è scortese nei confronti dei pazienti. Veniamo negli ospedali – prosegue – per le nostre cure mediche e crediamo di poter essere trattati senza alcuna discriminazione, perché persone di ogni religione o etnia si recano negli ospedali per medicine, visite o esami».
«Abbiamo assistito a un comportamento molto deludente – accusa – dei nostri medici solo perché siamo cristiani. Ciò non è assolutamente accettabile, chiedo a tutti voi di unirvi a noi e di alzare la voce contro questo comportamento insoddisfacente dei medici, in modo che non osino trattare male altri come stanno facendo noi. L’operazione di mio padre –conclude – è rimasta in sospeso, ma noi continueremo a protestare finché la nostra voce non sarà ascoltata e saremo trattati con equità».
Dopo la protesta, ieri l’ufficiale sanitario dell’ospedale ha visitato la famiglia in difficoltà e si è scusato per il comportamento palesemente poco professionale dei medici, assicurando loro un migliore trattamento e garantendo l’intervento chirurgico per il padre. Il medico legale ha chiesto loro di predisporre i globuli rossi e scorte di sangue per l’intervento del padre, che dovrebbe poi essere operato entro i prossimi giorni.
L’attivista per i diritti umani Ashiknaz Khokhar ha dichiarato ad AsiaNews che i cristiani continuano a subire persecuzioni e discriminazioni diffuse in quasi tutti i settori della vita.
«Nelle scuole e nelle università, gli studenti cristiani spesso incontrano pregiudizi e bullismo e vengono emarginati per la loro fede. E anche negli ospedali la situazione non è migliore e, come emerso in alcuni incidenti tragici del recente passato, i cristiani sono soggetti a negligenza e a trattamenti parziali da parte del personale medico».
Infine, anche nelle istituzioni governative e semi-governative ai cristiani «vengono spesso negate pari opportunità, subendo discriminazioni sistematiche nelle assunzioni, promozioni e diritti fondamentali».
«Questo pregiudizio generale» conclude Ashiknaz «crea un ambiente di disuguaglianza che rende difficile per i cristiani prosperare e vivere con dignità in Pakistan».
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