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Gender

Educazione sessuale: la farsa e la vergogna

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Questo non è un articolo, questo è uno sfogo. Perché non se ne può più.

 

Negli ultimi giorni impazza la polemica (una gigantomachia) sull’impiego del fondo da mezzo milione di euro che la legge di bilancio – accogliendo un emendamento proposto dal segretario di Più Europa Luca Magi ed evidentemente votato anche da più di qualcuno nella maggioranza – avrebbe stanziato per promuovere nelle scuole corsi di educazione sessuale e affettiva e salute sessuale.

 

Da qualche lustro a questa parte, con furia crescente, l’argomento sesso è diventato l’ossessione di tutti i benpensanti: radicali e clericali, estremisti e moderati.

 

Insomma, non sei una bella persona se non sali sul carro degli educatori aggiornati per i quali il sesso sta sopra ogni cosa e, soprattutto, rappresenta la prospettiva principe da inculcare il prima possibile a incolpevoli scolaretti in erba e poi, con virtuosismi all’altezza delle bassezze con cui già si stordiscono in rete, a ragazzini per lo più incapaci di intendere e di volere perché ignoranti di tutto il resto.

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È tragicamente esilarante osservare lo scontro in atto tra squadre di titani che manco si accorgono di portare acqua allo stesso identico mulino, ma strillano e si insolentiscono a vicenda. Come i proverbiali cecàti che fanno a pietrate.

 

Quelli del governo tuonano: «nessuno spazio nella scuola, né oggi né mai, per chi vorrebbe propagandare l’ideologia gender», e si premurano persino di rassicurare le mamme e i papà che l’educazione sessuale è nelle loro mani e non in quelle «di docenti politicizzati ed esperti esterni». Sorge spontanea la domanda: ma costoro dove vivono?

 

Qualcuno infatti dovrebbe spiegare al roboante onorevole incaricato di arringare il Parlamento come le scuole, tutte, siano invase da invasati che vi trovano praterie indifese da colonizzare perché nessuno ha più il coraggio di mettersi di traverso se non sussurrando piano piano all’orecchio del dirigente che, forse, sarebbe più adeguato evitare la promozione del sadomaso e fermarsi al capitolo precedente del prontuario.

 

Qualcuno dovrebbe anche riferire al gagliardo onorevole che il contagio della carriera alias corre ovunque indisturbato, dal momento che se non l’abbracci hai l’anello al naso o sei rimasto nel Medioevo, e invece oggi ogni virgulto deve decidere in libertà di cambiarsi il nome se per caso si sente altro da sé, perché il sesso è un’opinione.

 

Qualcuno dovrebbe far sapere inoltre, all’onorevole tonitruante, che i genitori e i docenti che hanno ancora la forza di guardare in faccia lo sfacelo sono completamente disarmati davanti all’onda di piena che ormai travolge ogni singola scuola con lezioncine desolanti di desolanti esperti certificati, reclutati a occupare fette sempre più estese dell’orario curricolare.

 

Qualcuno, se può, avvisi l’onorevole. Anche se basterebbe perlustrasse lui stesso la vetrina di qualche scuola a caso, per vedere a chi sono appaltati questi benedetti corsi, generalmente a scatola chiusa perché l’appaltatore si chiama «esperto» e degli esperti ci si deve fidare. Si accorgerebbe che il circo è gestito dalle associazioni più improbabili, come quelle composte «da professionist3 (non è un errore di battitura, ndr) della salute» che si autoqualificano come «queer, trans, neurodivergenti, non monogame, kinky», e chi non sa cosa significhi kinky è caldamente invitato ad andarlo a vedere.

 

In ogni caso, sappia l’onorevole che nel nostro piccolo possiamo fornirgli tonnellate di materiale degradante spacciato per programma educativo.

 

Ma torniamo alla gigantomachia.

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Sempre la maggioranza di governo, fingendo di non conoscere la realtà delle cose (o non conoscendola proprio: non si sa delle due quale sia l’ipotesi peggiore) cerca di tenere insieme la capra con i cavoli e decide che quei fondi, già approvati su iniziativa di Più Europa, saranno destinati a formare i docenti «in via prioritaria sulle tematiche della fertilità maschile e femminile, con particolare riferimento all’ambito della prevenzione dell’infertilità»; e solo in via subordinata serviranno alla salute sessuale e alla educazione sessuale.

 

Pensano in tal modo, e probabilmente a ragione, di tacitare gli strilloni in servizio permanente dalla galassia sedicente pro-life e clericale, i quali esulteranno perché finalmente abbiamo un governo che incentiva le nascite e non saranno sfiorati dall’idea che l’unico business pro vita che tira, nell’ora presente, è quello della vita sintetica: vale a dire provette per tutti (compresi i diversamente praticanti di cui sopra), commercio di gameti, selezioni e manipolazioni genetiche – ossia l’industria della riproduzione artificiale. Che è esattamente il traguardo auspicato dai tifosi del sesso alternativo a quello fertile secondo le insuperabili leggi della biologia; è esattamente agli antipodi del miracolo della vita.

 

Intanto l’opposizione, anch’essa fingendo di non capire un tubo (o davvero non capendolo), si strappa i capelli e grida all’operazione sporca della maggioranza, alla sconcertante retromarcia frutto di una «politica manipolatrice votata a soddisfare la fissazione sessuofobica di certa destra».

 

Insomma una sceneggiata, un manicomio a cielo aperto conteso tra (stando alle accuse incrociate) maniaci sessuali da una parte e sessuofobi dall’altra.
E non è finita. Infatti, nel mentre che quelli litigano (o fingono di litigare), il titolare del dicastero dell’istruzione firma nientemeno che un protocollo di intesa coll’intraprendente genitore – originale interprete del lutto – della povera Giulia, diventato d’improvviso fondazione.

 

Il fine dell’accordo tra il ministero della pubblica (si ribadisca: pubblica) istruzione e la neonata fondazione privata in sfolgorante carriera sarebbe quello di avviare una collaborazione «per la definizione di progettualità» volte ad «affermare la cultura del rispetto verso ogni persona e in particolare verso le donne» tra studentesse e studenti delle scuole di ogni ordine e grado. Il che, come abbiamo visto, significa una cosa tanto semplice e chiara, quanto demenziale: convincere i maschi a sentirsi colpevoli di essere maschi, cioè ad essere fatti sbagliati.

 

Non che si tratti di una trovata nuova. Ricordiamo che, a ridosso del tragico fatto di cronaca e sulla spinta dell’inusitato clamore mediatico montatoci intorno, lo stesso titolare dello stesso ministero si era lanciato – sempre in applicazione (bisogna riconoscere, creativa) della logica della capra e dei cavoli, ovvero del diavolo e dell’acqua santa – nell’impresa surreale di piazzare una suora e una lesbica a capo dei programmi di educazione al rispetto e affettiva nelle scuole italiane. Ma siccome fu linciato da destra e da sinistra, dall’alto e dal basso, si rimangiò subito l’ideona.

 

Ancora, ben prima, ricordo anni fa quel mio figlio allora liceale che, dopo una delle istruttive psicolezioni della psicoesperta arruolata dalla scuola, tornò a casa comunicando la fine dell’epoca in cui uno nato maschio poteva provare a corteggiare una fanciulla (tipo regalandole un fiore, o dicendole che è bellissima, letteralmente) perché, nel nuovo orizzonte rispettoso di tutte di tutti e di tutt*, i gesti classici del corteggiamento sono inclusi d’ufficio nell’elenco delle offese capaci di integrare forme di implicita violenza nei confronti della destinataria, addestrata fin dalla culla e fino alla nausea a rivendicare la parità e l’uguaglianza, con le conseguenze del caso.

 

Non era un’iperbole, i maschi lo sanno. E in effetti, stando così le cose, si sentiva davvero la mancanza del nuovo protocollo Cecchettin.

 

Ma in democrazia, si sa, decidono i sondaggi e, come ci informano i giornaletti di regime, «il 78% dei giovani vorrebbe una maggiore presenza dell’educazione sessuale a scuola, che è considerata troppo ingessata sui programmi». Ma guarda tu che sorpresa. L’argomento è decisivo quasi quanto la preghiera di Lilli Gruber dal pulpito televisivo: «Per favore, politici, date l’educazione sessuale come materia obbligatoria nelle scuole italiane». Amen.

 

Come che sia, risultato della gigantesca operazione è che a scuola entrano esemplari di ogni genere a pontificare senza alcun controllo di sesso e dintorni, e di mille altre scemenze assortite, al riparo del loro patentino di esperti. Qualcuno nei palazzi, a buoi scappati, ricordandosi di aver vinto le elezioni con la promessa – tra le altre – di arginare la follia genderista, cerca tardivamente di metterci una pezza con la storia buffa del contrasto all’infertilità, ben sapendo che in ogni caso i rinforzi arrivano dalle retrovie col protocollo Cecchettin.

 

Ma ci chiediamo: tra tutti questi signori che, berciando e straparlando, decidono le sorti dei figli altrui, davvero a nessuno passa per la testa l’ovvia considerazione – peraltro dimostrata sia empiricamente sia scientificamente – che l’overdose di sesso ammannito in tutte le salse sortisca l’effetto paradosso di uccidere il desiderio e, in abbinata alla criminalizzazione dell’universo maschile, finisca per castrare in via definitiva una generazione intera? Si può dire vergognatevi tutti?

 

Anche perché in questo miserando teatrino fanno tutti finta di non sapere (o davvero non sanno?) che la scuola italiana – dove ormai si fa tutto fuorché scuola – versa in uno stato comatoso. E i poveri scolari arrivano alla maggiore età senza saper impugnare la penna, senza essere in grado di articolare una frase minima grammaticalmente corretta e munita di senso compiuto; di comprendere il significato di parole eccedenti un repertorio sempre più scarno (e sempre più squallido); di afferrare periodi complessi; di usare più di un modo verbale diverso dall’indicativo e di un tempo diverso dal presente; di distinguere un soggetto da un predicato, un aggettivo da un pronome. L’italiano letterario è diventato di fatto una lingua straniera, la geografia e la storia sono state abolite, la matematica non va oltre i test a crocette.

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La devastazione è sotto gli occhi di chiunque, eppure non si trova nulla di meglio da fare che incrementarla con carichi sempre nuovi di stronzate scolastiche vestite in ghingheri e accompagnate dalla colonna sonora di slogan precotti e irriflessi, quegli stessi che girano in TV e nei social che rintronano là fuori.

 

Il pretesto truffaldino di tenere la scuola al passo con i tempi – barbarie incluse – rimpinzandola di paccottiglia balorda e svuotandola del sapere, delle discipline e del ragionamento, serve a privare irreparabilmente le nuove generazioni delle chiavi di accesso a uno sterminato patrimonio culturale e spirituale sedimentato lungo un passato grande e maestro; un tesoro che per questa via viene correlativamente e fatalmente lasciato morire.

 

Invece è proprio entrando lì dentro che si impara il rispetto per le cose umane, levigato dal lungo flusso della vita e di un’esperienza tramandata, e immortalato in opere eterne; ed è precisamente questo il servizio fondamentale, e insostituibile, che una scuola degna del suo nome è chiamata a onorare.

 

Impedire a chi ci succede l’accesso a queste stanze è un crimine di portata epocale della cui responsabilità in molti porteranno il peso.

 

Elisabetta Frezza

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Gender

«La guerra allo sport femminile è finita»: Trump che vieta ai transessuali di partecipare delle competizioni delle donne

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Il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che vieta agli uomini, compresi quelli che si «identificano» come donne, di partecipare agli sport femminili al fine di «proteggere le opportunità per le donne e le ragazze di competere in sport sicuri e leali».   «La guerra allo sport femminile è finita», ha dichiarato il presidente, tra applausi e urla di gioia.   Durante la cerimonia, attorniato da donne, ragazze e bambine atlete, Trump ha parlato dei record femminili infranti dai transessuali, come quelli nel sollevamento pesi o quelli del ciclismo, con un caso particolare citato in cui un transessuale ha vinto una competizione con cinque ore di anticipo sulla seconda classificata, una donna vera.  

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La scena nella Sala Est della Casa Bianca mercoledì, dove il presidente era affiancato da decine di donne e atlete che aspettavano questo momento si è posta come un netto contrasto con la raffica di immagini di attivisti transgender osceni e uomini vestiti con abiti e trucco femminili della precedente amministrazione. Di fatti, il Biden nel suo primo giorno in carica, quando firmò un ordine esecutivo che difendeva la possibilità degli studenti di competere negli sport in base alla loro percepita «identità di genere».   Tra la folla che sosteneva Trump, spiccava l’ex nuotatrice universitaria Riley Gaines che, come ha sottolineato lo stesso presidente, è stata in prima linea nella battaglia per tenere gli uomini fuori dall’atletica femminile scolastica e professionistica.   Gaines è diventato un’attivista popolare dopo aver «perso» contro un uomo, William «Lia» Thomas, in un campionato di nuoto della National Collegiate Athletic Association (NCAA) nel 2022.  

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«D’ora in poi lo sport femminile sarà riservato solo alle donne», ha affermato Trump, mettendo in guardia le istituzioni educative: «se permettete agli uomini di prendere il controllo delle squadre sportive femminili o di invadere i vostri spogliatoi, sarete indagati per violazioni del Titolo IX e metterete a rischio i vostri finanziamenti federali».   Approvato nel 1972, il Titolo IX è stato promulgato per proibire la discriminazione basata sul sesso nelle scuole che ricevono finanziamenti federali. Negli ultimi anni, i democratici hanno distorto il suo intento originale per includere maschi e femmine confusi sul genere sotto il suo ombrello.   «Negli ultimi anni, molte istituzioni educative e associazioni sportive hanno permesso agli uomini di competere negli sport femminili», osserva l’ordine esecutivo, opportunamente intitolato «Tenere gli uomini fuori dagli sport femminili». «Questo è degradante, ingiusto e pericoloso per le donne e le ragazze e nega loro pari opportunità di partecipare ed eccellere negli sport competitivi».   «Come hanno riconosciuto alcune corti federali, “ignorare le verità biologiche fondamentali tra i due sessi priva le donne e le ragazze di un accesso significativo alle strutture educative”», scrive il testo dell’Executive Order.   «Pertanto, la politica degli Stati Uniti è quella di revocare tutti i fondi destinati ai programmi educativi che privano le donne e le ragazze di eque opportunità sportive, il che si traduce nella messa in pericolo, nell’umiliazione e nel silenzio delle donne e delle ragazze e nella loro privazione della privacy».   «Sarà inoltre politica degli Stati Uniti opporsi in senso più ampio alla partecipazione competitiva maschile negli sport femminili, per una questione di sicurezza, correttezza, dignità e verità».   La direttiva del presidente si estende oltre le scuole e le leghe sportive degli Stati Uniti, fino alle prossime Olimpiadi estive del 2028 che si terranno a Los Angeles.   Trump ha autorizzato il Segretario di Stato Marco Rubio a informare il Comitato Olimpico Internazionale che «l’America rifiuta categoricamente la follia transgender. Vogliamo che cambino tutto ciò che ha a che fare con le Olimpiadi e con questo argomento assolutamente ridicolo».   Ha inoltre ordinato al capo della Sicurezza Nazionale Kristi Noem di «negare tutte le domande di visto presentate da uomini che tentano di entrare fraudolentemente negli Stati Uniti identificandosi come atlete donne per cercare di entrare ai Giochi».   Come sa il lettore di Renovatio 21, la battaglia di Trump contro il transessualismo sportivo è risalente. Ancora quattro anni fa, appena persa la Casa Bianca, ad un evento pubblico dichiarò che «gli atleti trans uccideranno lo sport femminile».   Nel 2022, in un discorso divenuto virale, Trump ha proposto di diventare «il più grande allenatore di basket femminile della storia» qualora potesse convincere il campione dei Los Angeles Lakers LeBron James a scendere in campo per lui.   Secondo il sito SheWon.org, i transessuali avrebbero vinto centinaia di titoli negli sport femminili. La pagine web mostra centinaia di nomi di atlete superate in gara da transessuali in ben 29 discipline sportive: ci sono ciclismoatleticasollevamento pesinuoto, canottaggio, corsa campestre, golf, sci alpino, sci nordico, skateboard, surf, biliardo, perfino il poker.

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Oltre all’ovvio vantaggio che un maschio biologico ha chiaramente sulle donne in sport come il nuoto o il sollevamento pesi, i principali esperti medici concordano sul fatto che gli atleti transgender hanno un vantaggio ingiusto rispetto alle donne biologiche anche dopo essersi sottoposti a una terapia di soppressione del testosterone.   Come riportato da Renovatio 21, il transessualismo sta divenendo un problema in quantità impressionanti di discipline praticate dalle donne: abbiamo visto casi per il nuoto, la maratona, il ciclismo, la BMX, l’hockey, il sollevamento pesi, il basket…   Come riportato da Renovatio 21ad aprile 2023 la Gaines era stata aggredita da una torma di attivisti trans inferociti durante un suo evento programmato all’Università di Berkeley.   Problemi si sono avuti anche in sport di combattimento come la boxe, dopo un caso avvenuto ad un torneo nello Stato della Georgia, la Federazione statunitense di jiu-jitsu ha emanato una proibizione di competizione per i transessuali maschi negli eventi femminili.   Come riportato da Renovatio 21, in uno degli episodi più impressionanti, un professore universitario 50enne ha gareggiato contro nuotatrici adolescenti in una competizione a Toronto.   Mentre sempre più record femminili vengono stabiliti da transessuali, si moltiplicano i casi di atlete che si rifiutano di competere contro transessuali, talvolta per protesta, talvolta temendo per la propria sicurezza.

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Ministro contro sacerdote spagnuolo che ha negato la comunione a un politico omosessuale: rischia il processo. Sotto tiro anche le terapie di conversione

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Un prete cattolico in Spagna potrebbe dover affrontare accuse penali per aver negato l’Eucaristia ad un politico apertamente omosessuale. Lo riporta il sito cattolico The Pillar.

 

Negare la Comunione «è contrario alla Costituzione spagnola», ha affermato la ministra socialista per l’Uguaglianza Ana Redondo in un’intervista a gennaio, sostenendo che la Chiesa cattolica «non può, anche in assenza di una legge specifica, essere sottratta alle regole costituzionali, al principio di uguaglianza e di non discriminazione dell’articolo 14».

 

«Non puoi discriminare un cittadino LGTBI e chiedergli di scegliere la sua fede o la sua condizione sessuale», ha aggiunto. «Questo è chiaramente discriminatorio e spero che ci sarà una sfida», nel senso di un’azione legale..

 

La Redondo ha risposto a una dichiarazione del sindaco socialista della cittadina di Torrecaballeros nella provincia di Segovia. L’11 gennaio, Ruben Garcia de Andres ha scritto su X che il suo parroco gli aveva negato la Santa Comunione a causa della sua relazione omosessuale pubblica.

 

Garcia ha affermato che gli è stata negata l’Eucaristia «a causa della mia condizione sessuale e della convivenza con il mio partner».

 

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L’uomo omosessuale ha quindi accusato parti della Chiesa cattolica segoviana di «omofobia» e ha lamentato che «per la Chiesa di Segovia, la primavera di Francesco non è arrivata».

 

Il Garcia ha lasciato intendere che Papa Francesco avrebbe disapprovato la negazione della Santa Eucaristia in questo caso, dato il suo passato sostegno all’agenda omotransessualista, incluso il permesso di «benedizione» per le coppie dello stesso sesso .

 

The Pillar riporta che un’altra coppia omosessuale ha denunciato che lo stesso sacerdote, padre Felicien Malanza Munganga, originario del Congo, le ha negato la Santa Comunione.

 

In una dichiarazione pubblicata il 12 gennaio, il Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE) ha chiesto al nuovo vescovo di Segovia di «porre fine alla discriminazione basata sull’orientamento sessuale nella Chiesa di Segovia». Il PSOE ha accennato a possibili azioni legali, affermando che «la legislazione del nostro Paese ha caratterizzato i crimini d’odio basati sull’orientamento sessuale e siamo convinti che questa situazione finirà alla radice, poiché nessuno vuole percorrere quella strada».

 

La diocesi di Segovia ha pubblicato una dichiarazione in risposta al PSOE, affermando che il sacerdote non ha agito in modo «omofobo e discriminatorio».

 

«In ottemperanza al suo ministero e seguendo le regole della Chiesa universale sulla ricezione della Santa Comunione», dice la nota, il sacerdote è stato costretto a negare la Comunione alle persone dello stesso sesso che vivono in forma matrimoniale, cosa che può accadere anche tra persone eterosessuali senza vincolo matrimoniale».

 

«Non si tratta di omofobia o discriminazione, poiché la Comunione non viene negata a causa della condizione omosessuale, ma per difendere il carattere sacro dell’Eucaristia», prosegue la dichiarazione.

 

La diocesi ha affermato che la richiesta del PSOE di Segovia è un «giudizio diffamatorio» e una «ingerenza inammissibile negli affari interni della Chiesa, nonché un attacco alla libertà religiosa garantita dalla Costituzione».

 

«I cattolici sanno che per ricevere l’Eucaristia, siano essi omosessuali o eterosessuali, sono richieste alcune condizioni oggettive di moralità, e la Chiesa ha l’autorità di negare la Comunione quando queste non vengono rispettate, soprattutto se ciò provoca scandalo tra i fedeli, come è accaduto nei casi di Segovia».

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La Chiesa cattolica ha sempre proibito agli individui impenitenti di ricevere la Comunione, secondo le parole di San Paolo, che scrive nella prima lettera ai Corinzi: «Cosicchè chi mangi il pane o beva il calice del Signore indegnamente, sarà reo del corpo e del sangue del Signore» (1Cor 11, 27).

 

Il paragrafo 915 del Codice di Diritto Canonico stabilisce che «devono essere allontanati dal ricevere la Divina Eucaristia coloro che sono pubblicamente indegni».

 

La Chiesa in Spagna potrebbe essere perseguitata legalmente anche per altri motivi a causa del suo insegnamento e della sua pratica apostolica sul matrimonio e sulla famiglia, scrive LifeSite.

 

Il ministro spagnolo per l’uguaglianza Redondo ha anche detto nell’intervista che avrebbe incontrato il vescovo spagnolo per discutere la questione di sette diocesi spagnole accusate di sostenere la «terapia di conversione» per gli omosessuali, che è illegale e punibile con una multa in Spagna. Molte diocesi hanno negato tale accusa e hanno affermato di aver semplicemente tenuto colloqui con persone precedentemente coinvolte in attività omosessuali.

 

Il ministro Redondo ha affermato che si aspetta che la Corte costituzionale spagnola «chiarisca in una sentenza in che misura ciò incide sul principio di uguaglianza e non discriminazione». «Non esiste alcuna legge che proibisca le regole ecclesiastiche, ma queste regole ecclesiastiche devono essere interpretate secondo la Costituzione e secondo il principio di uguaglianza», ha affermato.

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Immagine di Wamba Wambez via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

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Trump firmerà un ordine esecutivo che vieta ai trans di entrare nell’esercito

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Il presidente Donald Trump dovrebbe firmare oggi degli ordini esecutivi che licenzieranno sia le persone che si identificano come «transgender», sia i programmi «Diversità, equità e inclusione» (DEI) delle forze armate statunitensi.   L’attivista Charlie Kirk di Turning Point USA ha riferito su X che il Presidente metterà al bando «i membri transgender in servizio e i programmi DEI militari».   «Le persone che combattono gravi malattie mentali non hanno posto nell’esercito», ha aggiunto Kirk. «Fate in modo che aiutino e che escano dalle forze armate».   Il New York Post ha riferito oggi che il Dipartimento della Difesa dovrà elaborare e attuare la nuova politica dopo che il Presidente avrà firmato l’ordine. Il Post ha citato un documento della Casa Bianca che «annuncia l’ordine sui soldati transgender» e che recita «La coesione unita richiede alti livelli di integrità e stabilità tra i membri del servizio» e che non dovrebbe esserci «nessuna sistemazione per niente di meno che resilienza, forza e capacità di resistere a richieste fisiche straordinarie».   «Gli individui che non sono in grado di soddisfare questi requisiti non possono prestare servizio nell’esercito. Questo è il caso da decenni».

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Sottolinea inoltre l’ovvio riguardo alla cosiddetta operazione di «cambio di sesso»: «possono volerci almeno 12 mesi prima che un individuo completi i trattamenti dopo l’operazione di transizione, che spesso comporta l’uso di narcotici pesanti. Durante questo periodo, non sono fisicamente in grado di soddisfare i requisiti di prontezza militare e necessitano di cure mediche continue. Ciò non favorisce la distribuzione o altri requisiti di prontezza».   Il Post ha anche citato una statistica del 2014 che suggeriva che anche allora c’erano circa 15.500 militari statunitensi che si identificavano come «transgender».   Nel suo primo giorno in carica quest’anno, il presidente Trump ha revocato un ordine esecutivo del regime di Biden che consentiva alle persone con identità di genere incerte di arruolarsi nell’esercito.   L’ordinanza di Biden ha reso «politica degli Stati Uniti garantire che tutti i [cosiddetti] individui transgender che desiderano prestare servizio nell’esercito degli Stati Uniti e possono soddisfare gli standard appropriati possano farlo apertamente» e senza presunte «discriminazioni», revocando la decisione del primo mandato del presidente Trump di vietare alle persone con confusione di genere di arruolarsi nell’esercito.   Il presidente in carica ha anche revocato altri ordini di Biden su transgenderismo e omosessualità, tra cui diversi relativi a «identità di genere» e «orientamento sessuale».   Il presidente Trump ha anche reso una politica del governo degli Stati Uniti quella di far sì che esistano solo due sessi, maschile e femminile.

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Immagine di pubblico dominio CCo via Flickr
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