Bizzarria
Ecco il raduno degli orrendi puffi
Una piccola cittadina francese è riuscita nel suo terzo tentativo di stabilire un record mondiale Guinness, ospitando un raduno di 3.076 persone vestite da Puffi.
La città di Landerneau, nella regione francese della Bretagna, aveva già tentato due volte di stabilire il record mondiale per il maggior numero di persone vestite da Puffi, ma non era riuscita a raggiungere il record di 2.762 persone, stabilito in Germania nel 2019.
La città ha fatto il suo terzo tentativo domenica, con il sostegno ufficiale della Paramount Pictures, in vista dell’uscita del film I Puffi, prevista per il 18 luglio.
L’evento si è rivelato come uno dei più inquietanti episodi di cosplay di massa della storia recente.
I Puffi furono creati dal fumettista belga Pierre Culliford, detto Peyo, nel 1958. In francese vengono chiamati «Schtroumpfs». Da allora tormentano generazioni di bambini con le loro storie cretine – ma c’è da considerare anche il danno dell’antica sigla cantata da Cristina d’Avena, con quel ritornello «noi puffi siam così… lalalalalà» che fatto ascoltare ripetutamente in un luogo chiuso potrebbe essere usato come strumento di tortura, per cui dovrebbe essere proibito alla luce della legge sul reato di tortura introdotta dal governo Gentiloni (legge n.110/2017).
Come perorato da Renovatio 21, anche il cosplay andrebbe proibito per legge anche in Italia, così come ha fatto la Cina di Xi Jinpingo.
Vi sono teorie secondo cui lo scandaloso uomo blu che durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi sembrava prendersi gioco di Cristo nell’ultima cena non aveva tale colorazione per assomigliare al dionisiaco Shiva, ma per ricordare proprio un puffo.
A quel punto Renovatio 21 ricordò le possibili origini massoniche degli orrendi gnometti celesti. Anni fa lo studioso sardo Antonio Soro scrisse in un libro che la storia degli strani ometti blu (alti su per giù / tre mele o poco più) altro non è se non una metafora della massoneria. Le prove a carico della tesi non sono poche: I puffi fanno la loro prima comparsata in una pubblicazione del 1958, dove sono alla ricerca di un flauto magico, che come noto è il titolo dell’opera iper-massonica di Wolfgango Amedeo Mozart.
In questa visione, il Grande Puffo altro non è che il Gran Maestro, mentre «Gargamella prete/rabbino è implacabile cacciatore della sapienza massonica, perché la sua tradizione non possiede più quella conoscenza capace di rinnovare l’uomo, di trasfigurare la banale realtà ilica in dorata realtà pleromatica. Egli combatte la massoneria ma allo stesso tempo ne ha bisogno, deve carpirne i segreti da tradurre in una pastorale, per non perdere la base dei fedeli».
C’è qui un tema omo-esoterico da non sottovalutare: Gargamella, scrive il saggio I Puffi, la «vera» conoscenza e la massoneria (2015), cerca di distruggere la loggia puffesca dall’interno rompendone l’equilibrio originale fondato sull’androginia – o meglio, sull’assenza della donna. Tutti sappiamo, del resto, che sull’omosessualità dei puffi, questa comunità di soli maschi che girano a petto nudo, esistono barzellette, anche divertenti. Gargamella reintroduce la dicotomia sessuale naturale nell’Eden puffesco: inventa puffetta e la manda a destabilizzare, con la natura dei due sessi, una società puramente omofila.
I lettori di Renovatio 21 conoscono le teorie riguardo a quanto accade in Francia, con la storia secondo cui l’omotransessualismo sarebbe stato favorito per volere dell’élite massonica, legata al mito templare e quindi alla figura androgina del Bafometto, che alcuni dipingono come un caprone a cui dovevan baciare iniziaticamente il membro.
I puffi, si dirà, non sono francesi, sono belgi. Ma qui, davanti alla vastità di cose che potremmo dire sul terreno sui cui sorge la capitale UE, ci fermiamo.
Ma tanto basta per detestare le malefiche creature blu sempre di più, e la rima non è voluta, ma guai a chi la rifiuta.
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Immagine screenshot da YouTube
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Adolf Hitler vince ma cambia nome
Adolf Hitler Uunona, 59 anni, consigliere regionale namibiano da venti anni in carica, ha annunciato che rinuncerà ufficialmente al secondo nome «Hitler» dopo essere stato rieletto per il quinto mandato consecutivo nel distretto di Ompundja (regione di Oshana).
Membro del partito al potere Swapo, Uunona ha sempre goduto di un largo consenso locale nonostante il nome che, a livello internazionale, genera inevitabilmente sconcerto. Gli elettori della sua circoscrizione lo hanno costantemente premiato per il suo impegno nella lotta anti-apartheid e per i risultati concreti ottenuti sul territorio.
«Ho già provveduto a cancellare “Hitler” dai miei documenti ufficiali», ha dichiarato ai media namibiani. «D’ora in poi voglio essere chiamato semplicemente Adolf Uunona».
Il lettore di Renovatio 21 sa che la faccenda dell’Hitler negro è risalente.
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L’ex Hitler ha spiegato che ilpadre gli impose quel nome decenni fa senza conoscerne il peso storico né i crimini associati al dittatore nazista; per lui, all’epoca, era semplicemente un nome tedesco abbastanza diffuso nell’ex colonia dell’Africa sud-occidentale tedesca (1884-1915). Solo crescendo il consigliere prese coscienza del macabro retaggio e cominciò a dissociarsene pubblicamente.
«Ho sempre chiarito di non condividere in alcun modo l’ideologia nazista», ha ribadito il già Hitler. «Il mio impegno politico è radicato nella liberazione della Namibia e nello sviluppo delle nostre comunità rurali». In privato, familiari e collaboratori lo chiamano da tempo soltanto «Adolf», un’abitudine che ora desidera estendere a ogni contesto ufficiale.
Il caso richiama la complessa eredità coloniale tedesca in Namibia, dove nomi di origine teutonica restano relativamente comuni. Proprio in quel periodo (1904-1908) le truppe tedesche perpetrarono il genocidio degli Herero e dei Nama, un capitolo storico ancora poco noto a livello globale. Tuttavia, il fatto che esistano nel Paese africani bambini chiamati come il famigerato dittatore nazionalsocialista prova che forse la storia degli orrori coloniali non è esattamente conosciuta, o sentita, dalle popolazioni indigine.
Nonostante l’attenzione mediatica internazionale, lo Hitler namibiano continua a dominare le urne: nelle recenti elezioni locali ha nuovamente stravinto a Ompundja con un margine schiacciante. Per i suoi elettori, il curriculum di vent’anni di servizio concreto – strade, acqua, scuole e sostegno alle famiglie – pesa infinitamente più di un nome che il consigliere ha deciso di lasciarsi definitivamente alle spalle.
Renovatio 21 ritiene che si tratti di un caso in cui qualcuno potrebbe gridare alla frode elettorale: uno vota Hitler, e poi si trova uno qualsiasi, anzi un Uunona. È giusto?
Il cittadino sincero-democratico deve porsi a questo punto la domanda: se la democrazia vuole Hitler, perché toglierlo? Cioè, non è che lo si toglie, semplicemente, gli si cambia nome…
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L’enigma dell’italofonia delle bici giapponesi
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Corrispondente di Renovatio 21 da Tokyo
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