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Storia
Nazisti in Ucraina: la guerra, la propaganda, la cecità

Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La propaganda rende ottusi. Sappiamo che i nazionalisti integralisti hanno commesso massacri abominevoli, in particolare durante la seconda guerra mondiale. Però ignoriamo quello che da trent’anni fanno alle nostre porte, in particolare la guerra civile che alimentano da otto anni. La nostra stupidità ci permette di tollerare le grida battagliere dei nostri responsabili politici schierati con questi criminali.
Quando sopraggiunge la guerra, sempre i governi ritengono necessario supportare il morale della popolazione inondandola di propaganda
La posta in gioco – la vita e la morte – è talmente elevata che il dibattito s’inasprisce e le posizioni estremiste mietono consensi. È esattamente ciò cui assistiamo in questo momento, o meglio è come stiamo cambiando. In questa partita le idee difese dagli uni e dagli altri non hanno alcun rapporto con i loro presupposti ideologici, ma con la contiguità al potere.
In senso etimologico la propaganda è l’arte di convincere, di diffondere delle idee. Nell’epoca moderna invece è un’arte che ricostruisce la realtà al fine di denigrare l’avversario ed esaltare le proprie schiere.
In Occidente si crede siano stati i nazisti o i sovietici a inventarla. Non è così: l’hanno inventata i britannici e gli statunitensi durante la prima guerra mondiale. (1)
Oggi le operazioni dal Centro di comunicazione strategica di Riga (Lettonia) (2) sono coordinate dalla nato , che individua i punti su cui agire e organizza programmi internazionali per condurre in porto i progetti.
Un esempio: la NATO ha individuato Israele come punto vulnerabile. L’ex primo ministro Benjamin Netanyahu era amico personale del presidente ucraino Volodymyr Zelensky; il successore Naftali Bennett riconosce invece la fondatezza della politica della Russia. Ha persino consigliato agli ucraini di restituire Crimea e Donbass alla Russia e, soprattutto, di denazificare il Paese. L’attuale primo ministro, Yair Lapid, è più irresoluto: non vuole sostenere i nazionalisti integralisti, che durante la seconda guerra mondiale massacrarono un milione di ebrei, ma al tempo stesso vuole mantenere buoni rapporti con l’Occidente.
Per riportarlo sulla buona strada, la NATO cerca di convincere Israele che, se i russi vincessero, Tel Aviv perderebbe la propria posizione in Medio Oriente (3). A questo scopo diffonde il più estesamente possibile la menzogna che l’Iran sarebbe un alleato militare della Russia. La stampa internazionale continua a sostenere che i droni usati in Ucraina dai russi sono iraniani, e presto lo sarebbero anche i missili a media gittata. Eppure Mosca è in grado di fabbricare da sé queste armi e non le ha mai chieste all’Iran. Iran e Russia continuano a smentire le false affermazioni degli Occidentali, ma questi, appoggiandosi alla stampa invece che alla semplice riflessione, già hanno adottato sanzioni contro i commercianti di armi iraniani. Presto Yair Lapid, figlio del presidente del Memoriale Yad Vashem, sarà assediato e costretto a schierarsi con i criminali.
I britannici dal canto loro primeggiano tradizionalmente nella mobilitazione di media in rete e nel reclutamento di artisti. L’MI6 si appoggia a 150 agenzie di stampa che operano all’interno del PR Network (4). I britannici riescono così a convincere tutte queste agenzie a diffondere le proprie accuse e i propri slogan.
Sono i britannici ad aver convinto tutti dapprima che il presidente Vladimir Putin era moribondo, poi in preda alla follia, infine messo al muro da una forte opposizione interna che presto lo avrebbe rovesciato con un colpo di Stato.
Oggi l’attività prosegue con interviste incrociate di soldati in Ucraina. Si ascoltano soldati ucraini affermare di essere nazionalisti e soldati russi dire di aver paura ma di dover difendere la Russia. Si sente affermare che gli ucraini non sono nazisti e che i russi sono conculcati da una dittatura e costretti a combattere. I soldati ucraini non sono maggioritariamente nazionalisti, nel senso di difensori della patria: sono nazionalisti integralisti, nel senso attribuito al termine dai due poeti Charles Maurras e Dmytro Dontsov (6). Non è affatto la stessa cosa.
Fu solo nel 1925 che papa Pio XI condannò il nazionalismo integralista. All’epoca Dontsov aveva già scritto Націоналізм (Nazionalismo) (1921). Maurras e Dontsov definiscono la nazione come tradizione e concepiscono il proprio nazionalismo in contrapposizione ad altri (Maurras contro i tedeschi, Dontsov contro i russi). Entrambi detestano la Rivoluzione francese e i principi di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza e denunciano instancabilmente ebrei e massoni. Ritengono la religione utile alla società, ma personalmente sembrano agnostici. Posizioni che portarono Maurras a diventare sostenitore di Pétain e Dontsov di Hitler. Quest’ultimo sprofonderà in un delirio mistico variago (variaghi, vichinghi svedesi). Il papa successivo, Pio XII, abrogherà la condanna del predecessore appena prima dello scoppio della seconda guerra mondiale. Alla Liberazione, Maurras sarà condannato per complicità con i nemici (proprio lui che era germanofobo); Dontsov invece sarà recuperato dagli anglosassoni e mandato in esilio prima in Canada, poi negli Stati Uniti.
Quanto ai soldati russi che vediamo intervistati ai telegiornali, non ci stanno dicendo di essere obbligati a combattere, ma che, a differenza dei nazionalisti integralisti, non sono fanatici. La guerra per loro è sempre un orrore, anche quando difendono i compatrioti. Ne travisiamo il senso perché ci ripetono in modo martellante che la Russia è una dittatura. Non accettiamo che la Russia sia una democrazia perché siamo convinti che un regime autoritario non possa essere una democrazia. Eppure, per citare un esempio, la Seconda Repubblica francese (1848-1852) fu una democrazia e al tempo stesso un regime autoritario.
Ci lasciamo facilmente convincere perché non conosciamo la cultura e la storia ucraine. Al più sappiamo che la Novorossia fu governata da un aristocratico francese, Armand-Emmanuel du Plessis de Richelieu, amico personale dello zar Alessandro I, che amministrò nel solco del principe Grigori Potemkin, che voleva foggiare questa regione sul modello di Atene e Roma. Una vicenda storica che spiega perché ancora oggi la Novorossia è di cultura russa (non ucraina) senza tuttavia aver mai conosciuto la servitù della gleba.
Ignoriamo le atrocità commesse in Ucraina nel periodo fra le due guerre e durante la seconda guerra mondiale e abbiamo una vaga idea delle violenze dell’Unione Sovietica.
Ignoriamo che il teorico Dontsov e il discepolo Bandera non esitarono a massacrare chi non rispondeva ai canoni del loro nazionalismo integralista, innanzitutto, in questo Paese khazaro, gli ebrei, poi i russi e i comunisti, gli anarchici di Nestor Makhno e molti altri ancora. I nazionalisti integralisti, diventati ammiratori del Führer e profondamente razzisti, sono saliti sul proscenio con il crollo dell’URSS. (6)
Il 6 maggio 1995 il presidente Leonid Kuchma andò a Monaco, nei locali della CIA, per incontrare la donna a capo dei nazionalisti integralisti, Slava Stetsko, vedova del primo ministro nazista Yaroslav Stetsko. Eletta alla Verkhovna Rada (parlamento), senza poter sedervi perché decaduta dalla nazionalità ucraina. Un mese dopo l’Ucraina adottò la Costituzione ancora oggi in vigore, che all’art. 6 dispone che «è responsabilità dello Stato preservare il patrimonio genetico del popolo ucraino» (sic).
In seguito Slava Stetsko aprì per due volte la sessione della Rada, concludendo i suoi interventi al grido di guerra dei nazionalisti integralisti: «Gloria all’Ucraina!».
L’Ucraina moderna ha pazientemente costruito il proprio regime nazista. Dopo aver proclamato nella Costituzione la difesa del «patrimonio genetico del popolo ucraino», sono state promulgate diverse leggi analoghe.
La prima accorda la tutela dei Diritti dell’Uomo solo agli ucraini, escludendo ogni straniero. La seconda definisce cosa è la maggioranza degli ucraini; la terza, promulgata dal presidente Zelensky, decide chi sono le minoranze. La furbizia consiste nel fatto che queste leggi non menzionano i russofoni, quindi, per difetto, i tribunali non riconoscono loro il beneficio dei diritti dell’uomo.
Dal 2014 una guerra civile oppone i nazionalisti integralisti alle popolazioni russofone, principalmente quelle della Crimea e del Donbass. Dopo 20 mila morti, la Federazione di Russia, applicando la propria «responsabilità di proteggere», ha lanciato un’operazione militare speciale per attuare la risoluzione 2202 del Consiglio di Sicurezza (Accordi di Minsk) e mettere fine al martirio dei russofoni.
La propaganda della NATO ci inonda con le reali sofferenze degli ucraini, ma ignora i precedenti otto anni di torture, uccisioni e massacri. Ci parla «dei valori che abbiamo in comune con l’Ucraina», ma che valori possiamo condividere con nazionalisti integralisti? E dov’è la democrazia in Ucraina?
Non siamo chiamati a scegliere gli uni o gli altri, solo a difendere la pace, quindi gli Accordi di Minsk e la risoluzione 2202.
La guerra ci fa perdere la testa. Così avviene un rovesciamento di valori e trionfano i più estremisti. Alcuni nostri ministri parlano di «asfissiare la Russia» (sic). Non ci accorgiamo di sostenere le idee contro le quali siamo convinti di combattere.
Thierry Meyssan
NOTE
1) «Le tecniche della propaganda militare moderna», di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist (Italia), Rete Voltaire, 18 maggio 2016.
2) «La campagna della NATO contro la libertà di espressione», di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist (Italia), Rete Voltaire, 7 dicembre 2016.
3) «Iran, Israele e la Russia», Voltaire attualità internazionale, n° 11, 21 ottobre 2022.
4) «La rete di propaganda di guerra anti-Russia», Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 26 marzo 2022.
4) «L’ideologia dei banderisti», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 21 giugno 2022.
6) «Ucraina: la seconda guerra mondiale non è finita», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 26 aprile 2022.
Fonte: «La guerra, la propaganda, la cecità», Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 25 ottobre 2022.
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Pensiero
«La Terza Guerra Mondiale è cominciata»: parla lo storico francese che predisse la fine dell’URSS

Lo storico francese Emmanuel Todd, che ha predetto con precisione la caduta dell’Unione Sovietica con oltre un decennio di anticipo afferma che la Terza Guerra Mondiale è già iniziata a seguito del conflitto in Ucraina. Lo riferisce il quotidiano francese Le Figaro, che ha pubblicato una densa intervista con il Todd.
«È evidente che il conflitto, inizialmente una guerra territoriale limitata, si è evoluto in uno scontro economico globale tra l’intero Occidente da una parte e la Russia, sostenuta dalla Cina, dall’altra. È diventata una Guerra Mondiale», ha dichiarato lo storico, sociologo ed antropologo, aggiungendo che «la resistenza dell’economia russa sta spingendo il sistema imperiale statunitense verso l’abisso» e che Biden deve «sbrigarsi» a salvare un’America «fragile».
Secondo Todd, che è considerato uno dei massimi intellettuali francesi, il controllo statunitense del sistema finanziario mondiale è a rischio perché la resistenza della Russia alle sanzioni economiche sta spingendo «il sistema imperiale americano verso il precipizio», con la Russia che può ancora contare sulla Cina per il sostegno monetario.
Todd dichiara che l’America «non può ritirarsi dal conflitto, non può lasciarsi andare», perché non ha una strategia di uscita e la posta in gioco è troppo alta: «ecco perché ora siamo in una guerra senza fine, in uno scontro il cui esito deve essere il crollo dell’uno o dell’altro»
Avvertimenti simili a quelli di Todd sono arrivati da politici americani come Ron Paul, dal ministro degli Esteri russo Lavrov, da deputati ed ex generali tedeschi, dal presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, dal presidente serbo Aleksandar Vucic, dal vertice ONU Antonio Guterres, dal Patriarca di tutte le Russie Cirillo, dallo stesso Donald Trump.
Todd è una figura ampiamente rispettata nell’ambito culturale francese, et pour cause. Nel 1976 nel libro La Chute finale (in italiano Il Crollo finale) aveva previsto con precisione il crollo dell’Unione Sovietica, che sarebbe avvenuto 15 anni dopo.
L’antropologo aveva altresì preconizzato la «decomposizione del sistema americano» nel libro del 2003 Dopo l’Impero, dove parlava anche di una rinascita europea. Tuttavia nel 2018 si scagliava contro UE, euro e presidenza Macron. Todd è noto anche per un libro Où sont-elles, dove attacca l’ideologia femminista e il dogma dell’oppressione patriarcale.
Geopolitica
Zelens’kyj pubblica un’altra foto di soldato con mostrine naziste

Il presidente ucraino Vladimir Zelens’kyj ha pubblicato una foto di un soldato che sfoggia un simbolo utilizzato da una famigerata unità tedesca che ha ucciso civili durante la Seconda Guerra Mondiale. Lo riporta il sito russo RT.
Non si tratta purtroppo della prima volta che soldati e paramilitari ucraini vengono fotografati mentre mostrano insegne e tatuaggi associati al nazismo, finendo poi pubblicati inavvertitamente (sì?) anche su social media e testate occidentali.
Domenica, Zelens’kyj ha pubblicato diverse foto sul suo account Instagram. Tra di esse vi era l’immagine di un soldato ucraino che riposa in una trincea.
Visualizza questo post su Instagram
La mostrina sulla spalla sinistra del soldato è simile alle insegne «totenkopf» (la «testa di morto) usate dalla 3ª divisione carri armati delle SS, un’unità d’élite famigerata per il massacro di civili in Francia e sul fronte orientale, tra cui ebrei polacchi. Il primo comandante dell’unità, Theodor Eicke, aveva gestito il campo di concentramento di Dachau prima della guerra.
«Se non fermiamo la lotta, prima o poi si ripristinerà uno stato unito e indipendente. Se non si raggiunge la vera unità, si perderà l’indipendenza», ha scritto Zelensky, lui stesso di origine ebraica, in un post che accompagnava le foto.
A maggio, lo Zelens’kyj ha condiviso l’immagine di un altro soldato con la toppa con il teschio, che è stata poi cancellata. A ottobre, il presidente ucraino è stato fotografato mentre visitava la linea del fronte ed era affiancato da una guardia di sicurezza che indossava la stessa mostrina.
Il Battiglione Azov è noto per accogliere combattenti con opinioni apertamente nazionaliste e neonaziste. Il reggimento, che fa parte della Guardia Nazionale ucraina, utilizza come simbolo ufficiale il wolfsangel (uncino del lupo), la runa utilizzata anche da due unità delle SS. L’Anti-Defamation League, controverso ente americano che dovrebbe combattere i discorsi antisemiti, elenca il totenkopf e il wolfsangel come simboli di odio.
Come riportato da Renovatio 21, «inviati» del Battaglione Azov hanno appena terminato un viaggio in Israele, invitati dall’organizzazione di un oligarca fuggito dalla Russia e riparato, grazie alle sue origini, nello Stato Ebraico.
Un altro simbolo nazista popolare riemerso con l’Azov (al punto di fare parte del logo prima del restyling pro-occidentale) è il Sonnenrad, detto anche «Sole nero» un simbolo esoterico amato dall’élite delle SS di Himmler. Il Sonnenrad in questi mesi è saltato fuori in ogni parte del mondo: era tatuato sul braccio dell’attentatore dell’ex presidente argentino Cristina Kirchner così come stampato nello zibaldone lasciato da un recente stragista statunitense.
Alla vigilia dell’operazione militare speciale, il presidente russo Vladimir Putin aveva affermato che la «denazificazione» è uno dei motivi per cui Mosca ha lanciato un’operazione militare in Ucraina quasi un anno fa. Il pensiero era stato ribadito in un discorso sul regime di Kiev definito come un insieme di «nazisti e di drogati».
Tuttavia, la palma dell’orrore orwelliano riguardo ai nazisti, ai loro simboli e ai loro crimini – crimini del presente – la vince l’operazione di risciacquo fatto dai giornali occidentali, arrivati a dimenticare o perfino a cancellare loro articoli pubblicati pochi anni prima che indicavano le milizie nazionaliste come apertamente «naziste».
Anche i social media sono, come sempre negli ultimi anni, allineati: dopo aver (ad inizio conflitto) permesso ai suoi utenti di inneggiare ad Azov e chiedere la morte dei russi anche andando contro quelli che si penserebbero essere gli «Standard della comunità», Facebook lo scorso mese ha dichiarato che il Battaglione Azov non è più pericoloso. A Mark Zuckerberg e alla sua azienda ad un certo punto era arrivata gratitudine direttamente dal presidente Zelens’kyj, che ringraziò per l’aiuto nello «spazio informativo» della guerra: un riconoscimento neanche tanto implicito dell’uso fondamentale dei social come arma bellica.
Riguardo alla storia delle origini ebraiche di Zelens’kyj, cosa che gli darebbe una sorta di infallibile lasciapassare morale per lavorare con amanti della svastica, vi fu poi lo scandalo «italiano» del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, che a Rete 4 parlò del possibile antisemitismo di alcuni ebrei. Un tema che ha una sua letteratura cui Renovatio 21 ha dedicato un lungo articolo di analisi.
Immagine screenshot da Instagram, modificata
Militaria
Ci tocca la guerra di Crosetto. Aerospaziale

Il ministro della Difesa Guido Crosetto a molti fa simpatia. Perennemente sorridente, altissimo, il capo limpido e riflettente, conquista tutti quando prende in braccio Giorgia Meloni, guadagnandosi la similitudine, latrice dei suoi simpatici meme, con il bonario orco Shrek.
Il Crosetto, considerato tra i soggetti che tirano le fila di Fratelli d’Italia, non è di puro sangue missino: quando c’era Almirante, lui sorrideva dentro la DC. Fu a capo del movimento giovanile democristiano in Piemonte, e, a 25 anni (!), consigliere economico del presidente del Consiglio dei Ministri Giovanni Goria, quello che Forattini disegnava solo con capelli, barba e baffi e dietro il niente. Non c’è da dimenticare che nel 2001 e 2006 è eletto con Forza Italia, nel 2008 con il PdL. Sono gli anni, lo ricordiamo più avanti, dell’amore Berlusconi-Putin.
È forse perché lontano anni luce dai missini, e inserito nell’establishment già ragazzino nella prima Repubblica, che può permettersi di cantare Bella Ciao con Fiorello (personaggio dei cui figli la Meloni, secondo la leggenda, fece la baby-sitter). Forse per questo si muove con questa bizzarra libertà nell’atroce ora presente, dove l’incubo atomico – il lettore lo abbia capito o no – cala anche sull’Italia, con la sua bella finestra di Overton termonucleare spalancata.
Lo scambio via social tra Crosetto e Dmitrij Medvedev dice tante cose.
«Il ministro della Difesa italiano ha definito la fornitura di veicoli blindati e di altre armi all’Ucraina un modo per evitare la Terza Guerra Mondiale. “Se dovesse scoppiare una terza guerra mondiale, non salveranno i carri armati e nemmeno i jet da combattimento. Sicuramente tutto sarà in macerie» ha scritto sul suo fondamentale canale Telegram l’ex presidente della Federazione Russa.
«Non ci sono molti sciocchi nelle strutture di potere europee», aveva esordito Medvedev, asserendo che si tratterebbe di un caso speciale. «Редкий чудак на букву “м”». Un gioco di parole difficile da tradurre: «raro chudak [eccentrico] con la lettera “M”». Mudak, in lingua russa sta a significare, cercando di tradurre, l’insulto coprologico o fallocefalo che rivolgiamo alle persone che si comportano o pensano male. Tranquilli: i media italiani hanno tutti tradotto «raro eccentrico» o «raro sciocco».
Si trattava di una risposta alle poco precedenti dichiarazioni di Crosetto, il quale durante un evento a Roma, aveva detto che «la Terza Guerra Mondiale inizierebbe nel momento in cui carri armati russi arrivassero a Kiev e ai confini d’Europa. Fare in modo che non arrivino è l’unico modo per fermare la Terza Guerra Mondiale».
Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Medvedev, che è l’uomo che parla di guerra atomica da mesi e al contempo si diverte su Twitter con Elon Musk, ha risposto a suo modo.
Tuttavia anche il cittadino italiano ed europeo, sincero e democratico e con un minimo di hard disc cerebrale funzionante, dovrebbe stropicciarsi gli occhi, Crosetto cosa sta dicendo?
Crosetto si ricorda che a inizio conflitto c’erano 65 chilometri di carrarmati russi arrivati praticamente a Kiev?
Il più grande ingorgo militare della storia – immaginatevi l’autostrada da una città italiana all’altra, pena solo di tank fermi – eppure se lo sono scordati tutti – compresi i ministri della Difesa.
Ancora peggio: nessuno, giornale o ministro, all’epoca si domandò come mai, ad una certa, l’immane colonna di mezzi corazzati fece retromarsh. Qui si può aprire una voragine di speculazioni nella quale non vogliamo entrare (c’era un accordo in dirittura d’arrivo, disatteso poi come sempre dall’Occidente? Oppure si era deciso di prolungare la guerra per provocare la questione energetica in Europa?) ma di cui chi ci informa e ci governa mai si è interessato. Al massimo, adesso, ti rispondono che è stato per la valorosa controffensiva ucraina, magari supportata dal cielo dal Fantasma di Kiev. Eccerto.
Se Crosetto ha ragione, significa che la Terza Guerra Mondiale è già partita lo scorso febbraio. Diciamo pure che potrebbe essere vero.
Tuttavia, ha ragionissima Medvedev: la Terza Guerra Mondiale non sarà combattuta con i tanki. Nella fase ulteriore vedremo gli aerei, vedremo i missili ipersonici – la cosa che, come abbiamo ripetuto mille volte su Renovatio 21, ogni nemico della Russia dovrebbe temere di più – vedremo missili nucleari intercontinentali a testata atomica, come quello che la NATO chiama «Satan», e che la Russia ha mostrato in un video di recente. Di qui, un’apocalisse di rovine, radiazioni, ecatombi di esseri umani.
Circola sul web questo video, che non posso verificare, di carrarmati italiani fermi su un treno in una stazione, forse Treviso. La gente sulle chat si dispera: ci tocca la guerra di Crosetto? Il video, con la vocetta automatica degli annunci ferroviari in sottofondo, è surreale, anche se non quanto l’episodio dei vigili che in Campania in autostrada (!) fermano e multano i camion caricati mezzi blindati per Kiev, una storia che qualcuno suppone potrebbe essere un segnale di qualche malumore ai vertici delle nostre forze armate riguardo la fornitura sconsiderati di armi al regime Zelens’kyj, che ora prosegue con la consegna dei nostri sistemi antiaerei SAMP-T, «dono» alla causa ucraina che lascia sguarnito il nostro Paese, ha notato qualche militare.
Ebbene, nessuno di questi carri può fare la differenza, visto che la guerra totale sarà una guerra aerospaziale.
L’aeronautica russa proprio per questo nel 2015 ha cambiato nome: ora si fa chiamare Vozdushno-kosmicheskie sily, «le forze aerospaziali» della Federazione Russa. Abbiamo visto pure la creazione da parte di Trump di una Space Force che si aggiunge all’aviazione USA (un atto per qualche ragione subito deriso addirittura con una serie Netflix).
Lo spazio è fondamentale per l’Ucraina, che tira avanti grazie al segnale dei satelliti Starlink donati da Elon Musk. Satelliti che la Russia, con armi antisatellite (dette ASAT), con avveniristici laser e altro, potrebbero cominciare a tirar giù – anche di questo, su questo sito abbiamo parlato.
Insomma, la guerra aerospaziale è già qui, è il nostro ministro della Guerra (antico impudico nome del ministero della Difesa) dovrebbe essere la persona giusta. Perché il Crosetto, erede di una famiglia di industriali metalmeccanici piemontesi, nel 2014 diventa presidente dell’AIAD, Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza, un ramo di Confindustia. Sempre nel 2014, diviene senior advisor di Leonardo, la vecchia Finmeccanica, un colosso mondiale del settore aerospazio.
La memoria ci va indietro, ai tempi in cui Medvedev, presidente della Federazione Russa, veniva a Milano e prendeva il cappuccino da Zucca in Galleria (peraltro il cappuccino più buon del pianeta). Ci ricordiamo dei tempi in cui, il Silvio Berlusconi capo dell’allora partito di Crosetto al potere, era partito questo potente partenariato aerospaziale tra Italia e Russia: si chiamava Superjet (SJI), era la joint venture fatta da Alenia Aermacchi (confluita nel 2016 in Leonardo-Finmeccanica) con la Sukhoi, la storica azienda russa che fa aerei civili e anche caccia militari come l’SU-27, che la NATO chiama Flanker.
La Superjet italorussa creò il SSJ100, un aereo di linea da 100 posti per i voli regionali. Il cittadino che non ha cancellato la memoria RAM potrebbe addirittura ricordare che Medvedev e Berlusconi avrebbero provato il SSJ-100. Addirittura, ci svolazza nella memoria una foto dentro alla carlinga: Silvio, Dmitrij e pure Vladimir Putin, allora premier in staffetta.
Era il 2010. Dov’era Crosetto? Era sottosegretario di Stato al Ministero della Difesa. Ah.
E che fine ha fatto Superjet, frutto della partnership tra Italia e Russia? Nel 2016 Leonardo ha ceduto alla Sukhoi il 41% della propria partecipazione azionaria, mantenendo un 10%. Nel 2022 emerge che le sanzioni hanno colpito la società che ha base a Tessera, la zona aeroportuale di Venezia: il ministero delle Finanza manda la Guardia di finanza e congela beni per 150 milioni, tra cui 5 aerei. Leggiamo che il Comitato di Sicurezza finanziaria del ministero dell’Economia avrebbe fatto scattare l’operazione contro una «società è inserita nella black list e colpita dalla sanzioni UE alla quale sono riconducibili i beni della Superjet International».
Insomma, anche qui, «ce lo chiede l’Europa». Aggiungiamo che il congelamento dei conti ha fatto sì che ad aprile 2022 la società dichiarasse di non poter pagare gli stipendi ai 144 dipendenti cassintegrati, pure disponendo di liquidità in banca. Voilà che si aggiungono le proteste dei sindacati: avete presente, quelli del green pass e del «Nuovo Ordine Mondiale», letteralmente. E via.
Mille cose, ovviamente, ci sfuggono in questo quadro. L’Italia, con il Giappone, ospita la rara produzione extra-USA del caccio multiruolo di 5ª generazione Lockheed Martin F-35. Il primo esemplare «italiano» del nuovo, controverso aero da combattimento è stato battezzato nel 2015 a Cameri, uscito dagli hangar di assemblaggio di Finmeccanica-Alenia Aermacchi. Sempre loro.
Insomma, sono usciti i russi perché dovevano entrare gli americani? Possiamo solo fare degli ipotesi. Del resto vi potrebbe sovvenire che ad un certo punto, anche l’uomo che portò l’Italia nel cuore della Russia (e non solo per l’aerospazio: per il gas e financo forse per le banche) fu defenestrato di botto. Berlusconi detronizzato dalla tecnocrazia eurorobotica di Monti, era il 2011.
A Silvio andò bene: ad un altro suo «amico», che completava l’asse Roma-Mosca spingendolo in Africa, toccò invece una rivolta che distrusse il suo Stato (con ramificazioni di violenza ancora presenti e danno continuo all’interesse nazionale italiano) e infine il linciaggio sanguinario della sua persona: ricorderete tutti la tragica fine di Gheddafi.
Cercarono di farlo anche con Putin: abbiamo dimenticato anche le pressioni immani che fecero nel 2012 sulle elezioni russe. Fu la volta in cui, sul palco della Piazza Rossa con gli spogli che gli avevano riassegnato la presidenza, Putin ebbe le gote rigate dalle lacrime – era il freddo, disse.
Quello che riuscì con l’Italia e la Libia, insomma, non riuscì con la Russia. Le conseguenze del raid di decapitazioni internazionali del 2011 sappiamo cosa portò: un’ondata massiva di immigrazione in tutta Europa (in Italia in particolare, ma non solo), un vero progetto di alterazione della popolazione, qualcosa che stiamo vedendo ora avvenire anche in USA con il confine meridionale oramai «aperto» dall’amministrazione Biden.
Ricordiamo: di lì a poco, avrebbero pure rimosso un papa, per metterne uno che proprio quel piano avrebbe portando avanti con pervicacia e malvagità – quello, e i piani successivi, come quelli basati sull’mRNA.
La Russia è rimasta immune a tutto questo. Quello che vediamo è solo la conseguenza della resistenza di Mosca al mondialismo infame.
Ci tocca la guerra di Crosetto, forse. Ma non è che sia di Crosetto: l’hanno decisa molto sopra di lui, e della Meloni. Il problema è che né lui, né Giorgia, hanno qualcosa da eccepire.
Se sarà, non sarà una guerra di carrarmati, gas sanzioni. Sarà una guerra aerospaziale e termonucleare, ipersonica.
Per questo, a differenza del ministro, non abbiamo voglia di sorridere e cantare col Fiorello. Neanche un po’.
Roberto Dal Bosco
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