Storia
Gli USA e la perdita del canale di Panama
Renovatio 21 pubblica il terzo capitolo della serie di articoli riguardo alla storia del canale di Panama, oggetto proprio in queste ore della visita del neosegretario di Stato Marco Rubio al governo del Paese mesoamericano, dove, nonostante le promesse del presidente José Mulino di resistere, è stata rivendicata la volontà del presidente americano Trump di tornare in controllo dello stretto.
La proprietà statunitense del canale di Panama venne messa in discussione durante una grande protesta antiamericana da parte degli universitari panamensi nel 1964. I tumulti scoppiarono sulle proprietà statunitensi a lato del canale dove i rivoltosi portarono la bandiera nazionale sostituendo quella a stelle e strisce. Gli scontri che seguirono portarono a ventidue morti tra i contestatori e quattro tra i soldati americani. Oltre 500 furono i feriti. Il Giorno dei Martiri, da allora diventato festa nazionale a Panama, viene considerato come il giorno in cui l’inerzia cominciò a cambiare.
Successivamente agli scontri tra gli universitari panamensi e i soldati americani a guardia del canale, cominciò a prendere forma una trattativa. Il governo di Panama voleva ridiscutere i termini dei rapporti tra le due nazioni riguardo il tema del possesso del canale e dell’ingerenza statunitense. I punti focali dell’accordo, portati avanti da Kissinger nel 1974, riguardavano la conduzione del canale, la sua proprietà e il diritto d’intervento di Washington. Nonostante la sintonia raggiunta tra le parti, nessun documento ancora in quel momento venne firmato.
Durante la presidenza Carter, il presidente stesso si incaricò di portare avanti le condizioni per la firma con il governo panamense. Senza includere nelle trattative altri senatori e non contribuendo ad una chiara informazione sul suo operato. Soltanto nell’agosto del 1977 comunicò il raggiungimento di un accordo con il governo di Panama.
La notizia fortemente inattesa causò un immediato malcontento. Oltre alla decisione di cedere una risorsa strategica di tale importanza esplosero le critiche soprattutto repubblicane per non aver incluso nessun diritto di intervento unilaterale a difesa sia del canale che delle diverse proprietà americane sulle sue sponde. La questione si concluse con un accordo successivo assieme ad un riluttante Torrijos, presidente di Panama, in cui si trovava costretto ad accettare un diritto di intervento bilaterale in caso di emergenza militare.
Lungo le sponde del canale vi erano diverse basi militari americane, tra queste aveva avuto sede la Scuola delle Americhe dal 1946 al 1984 (dal 1946 al 1963 Scuola dei Caraibi). Principale luogo di addestramento in funzione anticomunista per l’America latina, divenne di fondamentale importanza durante gli anni del piano Condor soprattutto per formare i futuri proxy da spendere nel continente.
La maggioranza dei governi sudamericani ha avuto tra le sue fila nomi usciti dalle aule panamensi: Leopoldo Galtieri, Manuel Noriega, Roberto D’Aubuisson, Vladimiro Montesinos, Manuel Contreras… Trasferita negli Stati Uniti a Fort Benning in Georgia dopo la firma del trattato, venne ripresa e rimodellata dal governo Reagan nel 1984. Nell’arco di 50 anni è stata responsabile dell’addestramento di più di 60000 soldati e in seguito della fine della guerra fredda e alle critiche sui numerosi casi di abusi dei diritti umani, venne chiusa a cavallo del nuovo millennio.
La restituzione della piena proprietà del canale allo stato di Panama era stato in quegli anni un tema fondamentale nei dibattiti tra Democratici e Repubblicani. Carter vedeva il canale come il centro della discordia con le popolazioni centroamericane. Secondo il Presidente l’assoluto controllo statunitense del passaggio interoceanico stava avvelenando le relazioni con Panama e rovinando l’immagine degli Stati Uniti in America Latina.
Il candidato alle primarie del 1976, Ronald Reagan, invece, aveva dichiarato: «l’abbiamo costruito, l’abbiamo pagato, è nostro e dovremmo dire a Torrijos e agli altri che ce lo terremo»” Il tema della perdita del Canale di Panama fu l’elemento fondamentale che trainò la vittoriosa corsa alla presidenza di Reagan congegnata da Bill Casey, futuro direttore della CIA e primo direttore nella storia statunitense a partecipare al cabinet del presidente.
Durante l’incontro del Sottocomitato della Camera sugli Affari Inter-Americani, il 2 gennaio 1982, Thomas Enders, Sottosegretario di Stato per gli Affari Interamericani, affermò: «quanto tempo ancora ci vorrà prima che i maggiori interessi strategici statunitensi – il Canale di Panama, le rotte navali, i rifornimenti di petrolio – vengano messi in pericolo?».
Il 13 marzo 1982 William Casey dichiarò come fosse molto più facile e molto meno costoso sostenere un’insurrezione piuttosto che resistervi. Secondo Casey l’imperialismo sovietico aveva due obiettivi: i pozzi di petrolio in Medio Oriente e l’istmo del Centro America. Ad un convegno a Hot Springs in Virginia dichiarò: «non è una coincidenza che oggi le undici insurrezioni in atto nel mondo supportate da Russia, Cuba, Libia e lo Yemen del Sud accadano vicino a risorse naturali o a chokepoints…»
Dal 1977 e soprattutto dal 1999 il possesso e la conduzione del canale di Panama sono rimaste saldamente in mano panamense. Gli aiuti prestati dai governi statunitensi a D’Aubuisson in El Salvador contro i rivoltosi del FMLN (Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale) e la devastante guerra sporca, o guerra a bassa intensità, messa in atto in Nicaragua contro i Sandinisti seguirono la concezione politica reaganiana del Roll Back. Operazioni coperte, destabilizzazione economica, operazioni psicologiche e campagne di propaganda furono i mezzi prediletti da Washington per raggiungere i propri scopi.
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Un attacco controrivoluzionario da parte di un proxy, supportato da una severa pressione economica e di continue dichiarazioni d’intervento militare, miravano a rovinare il bersaglio e a screditarlo verso i loro seguaci. La campagna di propaganda invece serviva a convincere l’opinione pubblica americana che, in qualche modo, l’intervento era da considerarsi come un fatto di estrema sicurezza nazionale. L’obiettivo politico dell’amministrazione Reagan, infine, era quello di dimostrare che le teorie di Brezhnev sull’invincibilità comunista erano errate.
L’approccio di Reagan al Centro America si può considerare emblematico della sua idea di promozione della democrazia nel mondo. Considerando il clima della guerra fredda agli inizi degli anni Ottanta e la storica, strategica importanza del Centro America per la sicurezza degli Stati Uniti, l’amministrazione Reagan inquadrò questi temi con la massima preoccupazione. «Per noi», disse Jeane Kirkpatrick, autrice dell’articolo «Dictatorships and Double Standards», base ideologica per la politica estera reaganiana, la regione era «molto semplicemente il luogo più importante del mondo».
La capitale panamense, trasformata la sua skyline nell’arco di due decadi e scossa negli ultimi anni dallo scandalo dei Panama papers, ha subito da qualche settimana un’ulteriore turbolenza. Quello che ormai sembrava un caso chiuso e sepolto sotto i libri di storia si sta ripresentando in una nuova veste. Le dichiarazioni di Trump sulla volontà di Washington di volersi riprendere la proprietà del canale, controllato, secondo lui, da funzionari e soldati cinesi, aprono a infinite possibilità.
Marco Dolcetta Capuzzo
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Immagine di ESA via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 3.0 OIG
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Intelligence
Le origini della CIA e la nascita delle operazioni coperte
Nel suo saggio storico Disciples lo scrittore e giornalista Douglas Waller racconta come Richard Helms (1913-2002), agente segreto e futuro direttore della CIA, spiegasse come la lega dei gentleman – come William J. «Wild Bill» Donovan (1883-1959) amava chiamarla – conteneva vari disadattati sociali e diversi annoiati uomini d’affari di Wall Street in cerca d’azione.
Secondo Helms probabilmente il servizio segreto americano OSS aveva avuto un minimo effetto sulla guerra, si sarebbe potuta vincere anche senza di esso ma nonostante questo Donovan aveva dato prova di essere un leader e un visionario. Il generale aveva avuto il merito di far conoscere il Pentagono e gli americani nel difficile mondo della guerra non convenzionale.
Con la fine della seconda guerra mondiale, il presidente Harry S. Truman (1884-1972) sciolse l’OSS. La battaglia per la gestione dell’Intelligence nel mondo tra Donovan e J. Edgar Hoover (1895-1972) si risolse in un pareggio a reti inviolate. Ne trasse vantaggio Allen W. Dulles (1893-1969) che inizialmente formò la parte più clandestina con l’aiuto di Frank Wisner (1909-1965) ed infine ne prese formale controllo diventandone direttore.
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Allen Dulles, assieme anche a suo fratello John Foster Dulles (1888-1959) che ricoprì parallelamente l’incarico di segretario di Stato con Dwight D. Eisenhower (1890-1966), concorse a determinare quasi due decenni di politica estera americana. La sua esperienza come spia però venne plasmata agli ordini di Donovan a capo dell’ufficio svizzero e come molti altri colleghi ebbe un rapporto difficile con Wild Bill nonostante la stima reciproca.
Un editorialista scrisse che Donovan aveva avuto una vita da cavaliere medievale, o forse quello che più poteva avvicinarsi per il mondo americano a quell’ideale romantico di stampo prettamente europeo. Scappato dalla povertà della comunità irlandese di Buffalo, visse gli anni del college come quarterback della squadra di football, si laureò alla Columbia in classe con Franklin Roosevelt (1882-1945), venne insignito della medaglia al valor militare per eroismo durante la Grande guerra e divenne miliardario come avvocato di Wall Street.
All’alba della seconda guerra mondiale Roosevelt gli diede l’incarico di formare i servizi segreti americani, quello che poi venne chiamato OSS. Sotto il suo comando assemblò una macchina da più di 10 mila spie, organizzazioni paramilitari, propagandisti e analisti che combatterono l’Asse ovunque nel mondo.
Donovan considerava Dulles, nell’immediato dopoguerra, la sua migliore spia. Ma allo stesso modo aveva sempre sospettato che Dulles pensasse di poter gestire meglio l’OSS di quanto non stesse facendo lui, e non a torto. Inoltre Donovan aveva sempre sospettato che Dulles pensasse di volergli prendere il posto prima o poi, e anche qui non a torto.
Allo stesso modo di Donovan, Dulles, era convinto che il fine giustificasse i mezzi ed era necessario violare le rigide strutture etiche della società per una giusta causa. Dulles reclutò le menti più brillanti, più idealiste, più avventurose d’America e le spedì in giro per il mondo a combattere il comunismo come Donovan aveva fatto per il nazismo qualche anno prima. Li accomunava lo stesso trasporto per le spericolate missioni clandestine e la stessa insofferenza per quelle che non reputavano interessanti. Nonostante non l’avrebbe mai ammesso, l’esperienza nell’OSS durante la guerra l’aveva formato per la vita.
Successivamente alla resa tedesca, Donovan mandò Dulles a Wiesbaden con l’ordine di gestire Germania, Svizzera, Austria e Cecoslovacchia. L’americano stabilì la sede centrale nella fabbrica della Henkell Trocken Champagne a Wiesbaden che, nonostante bombardata, oltre a mantenere attiva la produzione, aveva ancora le cantine sufficientemente gremite di spumante.
Dulles in Wiesbaden portò vari agenti dei servizi e organizzò un sistema di raccolta informazioni e di reclutamento di nuovi agenti esteri a tempo pieno. L’idea dell’americano era quella di mantenere l’intelligence in vita sotto al suo comando. Per questo si circondò di analisti come Arthur M. Schlesinger Jr. (1917-2007) all’epoca agente dell’OSS, vari agenti del controspionaggio e in più tutta una serie di ufficiali esperti in medicina, comunicazioni e amministrazione. Helms e Ides Van der Gracht gestivano la sezione spionaggio, dopo il rifiuto al ruolo di capo dell’intelligence di William J. Casey (1913-1987) la posizione venne affidata a Frank Wisner (1909-1965).
La conferenza di Potsdam nell’estate del 1945 sancì l’inizio della guerra fredda. La paranoia di Stalin sulla rinascita della Germania e delle elezioni libere nei Paesi dell’Est Europa andava di pari passo con la sua profonda sfiducia verso le mosse americane. Gli States non avrebbero potuto capire quel momento senza mantenere una presenza fissa in Europa. Berlino divenne il centro di gravità permanente dell’intelligence del dopoguerra e così da Wiesbaden l’ufficio venne traslocato nella capitale tedesca.
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Spiare i Russi divenne la priorità per tutta l’agenzia di Dulles a Berlino. Ma venne il giorno in cui Truman avvisò che sarebbe stata creata una nuova agenzia e che l’OSS sarebbe stata soppressa. I fondi a Berlino vennero tagliati e il morale allo stesso modo calò in maniera direttamente proporzionale al passare del tempo finché Dulles per primo non rassegnò le dimissioni e ritornò in America.
Allen Dulles ritornato alla sua carriera da avvocato non riuscì ad abbandonare l’entusiasmo per gli affari internazionali. Crebbe la sua vicinanza con Truman che gli offrì un ruolo da ambasciatore ma venne convinto dal fratello Foster a non accettare seguendo in questo modo la sua aspirazione maggiore. In seguito a un rapporto che scrisse per Truman dove delineò i problemi che stava avendo la CIA nella sua breve nuova vita, gli venne richiesto, in risposta, di gestire le operazioni clandestine.
Il passaggio successivo, dopo un breve periodo, divenne quello di ottenere il ruolo di vice direttore della CIA sotto il generale Walter Bedell Smith (1895-1961). La disciplina marziale richiesta ai suoi subordinati non si accostava al giovane Dulles con il quale nacquero diverse incomprensioni. Nel momento in cui Dwight Eisenhower divenne presidente, nominò sottosegretario il generale Bedell Smith sotto John Foster Dulles che divenne il nuovo segretario di stato.
La potenza di fuoco di John Foster consegnò in mano al fratello il ruolo tanto agognato di direttore della CIA. Bedell Smith, si oppose alla nomina di Dulles considerando la sua passione per le operazioni coperte nociva per l’agenzia e l’intera politica estera americana. Donovan, che si era speso moltissimo con «Ike» Eisenhower per ottenere la carica, allo stesso modo predisse che il suo sottoposto al tempo dell’OSS avrebbe mandato tutto all’aria.
Nonostante le gufate dei suoi ex colleghi, Allen assieme al fratello condussero per un’intera decade la politica estera americana fino all’ascesa politica di John Fitzgerald Kennedy alla presidenza e al disastro della Baia dei Porci del 1962.
Marco Dolcetta Capuzzo
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