Pensiero
Gandhi era un razzista. Tirate giù la sua statua!

Chiediamo ai jihadisti del nuovo Politicamente Corretto di leggere quanto segue, perché riguarda sicuramente l’idolo indiscusso Mohandas Karamchand Gandhi, detto anche, dalla strana vulgata che lo ha innalzato a «santo» del XX secolo, «Mahatma» Gandhi.
«Mahatma» significa in sanscrito «grande anima», un nomignolo stranamente più consono ad un leader religioso che ad un capo politico.
La «grande anima» quando era ancora un avvocato nel Sudafrica coloniale, ebbe a parlare, usando proprio questi termini, dei «kaffir» (parola sudafricana fortissimamente spregiativa per indicare la popolazione nera), i quali «hanno la sola ambizione di accumulare un certo numero di mucche per comprarsi una moglie e vivere il resto della loro vita nell’indolenza e nella nudità».
Per Gandhi gli africani «hanno la sola ambizione di accumulare un certo numero di mucche per comprarsi una moglie e vivere il resto della loro vita nell’indolenza e nella nudità»
Egli usava con passione la parola kaffir., una parola per la quale oggi nell’Africa meridionale si può rischiare molto.
È bizzarro e pregno di significato: era un insulto che usavano i bianchi per gli analfabeti neri, ma al contempo è la brutta parola araba con cui i musulmani, in India, si possono riferire agli hindu: significa infatti «infedeli».
Gandhi, come noto, proveniva da una famiglia bramina visnuita, una cultura che non è solita incorporare elementi islamici.
«È riguardo al mescolamento dei kaffir [parola dispregiativa sudafricana per definire i neri, ndr] con gli indiani che devo confessare che ho le sensazioni più forti»
Nel 1904, scrisse ad un ufficiale sanitario a Johannesburg chiedendo che il Consiglio «ritirasse i kaffir» da una baraccopoli poco salutare chiamata «Coolie Location», dove un gran numero di africani viveva al fianco degli indiani. «È riguardo al mescolamento dei kaffir con gli indiani che devo confessare che ho le sensazioni più forti».
Lo stesso anno scrisse che a differenza dell’africano, l’indiano non aveva «danze di guerra, né beve birra kaffir». Quando la città costiera di Durban fu colpita da una pestilenza nel 1905, Gandhi scrisse che il problema sarebbe persistito fintanto che gli indiani e gli africani fossero stati «messi assieme indiscriminatamente all’ospedale».
Alcuni sudafricani hanno sempre accusato Gandhi di aver con il governo coloniale britannico nella promozione della segregazione razziale
Alcuni sudafricani hanno sempre accusato Gandhi di aver con il governo coloniale britannico nella promozione della segregazione razziale, sostiene la BBC.
Ashwin Desai, autore del libro In The South African Gandhi: Stretcher-Bearer of Empire, dice che «Gandhi credeva nella fratellanza ariana. Ciò consisteva in bianchi e indiani messi più in alto degli africani su una scala civile. In questo senso era un razzista. Nella misura in cui metteva africani fuori dalla storia o desiderava unirsi ai bianchi nella loro sottomissione, egli era un razzista».
«Gandhi credeva nella fratellanza ariana. Nella misura in cui metteva africani fuori dalla storia o desiderava unirsi ai bianchi nella loro sottomissione, egli era un razzista» dice lo storico
E per «Fratellanza ariana» l’uomo divenuto poi famoso per l’indipendenza dell’India intendeva proprio quella cosa là.
Nel 1893 Gandhi scrisse al parlamento della colonia britannica del Natal: «mi azzardo a sottolineare che sia gli inglesi che gli indiani provengono da un ceppo comune, chiamato indo-ariano. Una convinzione generale sembra prevalere nella colonia secondo cui gli indiani sono un po’ meglio, se non del tutto, dei selvaggi o dei nativi dell’Africa».
«Mi azzardo a sottolineare che sia gli inglesi che gli indiani provengono da un ceppo comune, chiamato indo-ariano» scriveva Gandhi
Gandhi «ha sostenuto più tasse sui poveri africani e ha chiuso un occhio sulla brutalità dell’Impero sugli africani» dice Desai.
Il disprezzo per i neri da parte del Mahatma era totale, incontrovertibile.
In una lettera di petizione del 1895, Gandhi espresse anche la preoccupazione che una posizione giuridica più bassa per gli indiani si poteva tradurre in una degenerazione, al punto che gli indiani «dalle loro abitudini civili, sarebbero degradati alle abitudini dei nativi aborigeni, e in una generazione quindi, tra la discendenza degli indiani e i nativi, ci saranno pochissime differenze nelle abitudini, nei costumi e nel pensiero».
Gandhi «ha sostenuto più tasse sui poveri africani e ha chiuso un occhio sulla brutalità dell’Impero sugli africani»
In pratica, Gandhi era un precursore dell’Apartheid. Né più né meno.
Non è una novità per chi conosce l’India, dove la popolarità del «Mahatma» non è esattamente granitica come è presso i babbei occidentali, dove il mito di Gandhi è stato debitamente impacchettato e distribuito prima dai protestanti, poi dai cattolici e dai pacifisti.
In pratica, Gandhi era un precursore dell’Apartheid. Né più né meno.
E il razzismo non è l’unico aspetto controverso del personaggio. Il giudice della Corte Suprema IndianaMarkandey Katju lo detto apertis verbis: «Gandhi è stato un agente britannico che ha recato grande danno all’India».
L’emersione del pensiero profondamente razzista di Gandhi ha fatto sì che un campus universitario in Ghana rimuovesse la sua statua.
L’emersione del pensiero profondamente razzista di Gandhi ha fatto sì che un campus universitario in Ghana rimuovesse la sua statua
Ora, cari talebani dell’antirazzismo, visto che anche l’Italia abbonda di statue di Gandhi – ce ne sono a Roma, Genova, Vicenza, Firenze – ci chiediamo: cosa aspettate a chiederne l’abbattimento?
Avete bisogna di un’ulteriore consulenza storico-politico-religiosa? Renovatio 21 si offre.
Ora, visto che anche l’Italia abbonda di statue di Gandhi, ci chiediamo: cosa aspettate a chiederne l’abbattimento?
Fateci iniziare a raccontarvi un po’ di cose su Gandhi – o anche di Mandela, che fingeva di ignorarne il pensiero razzista pur conoscendolo benissimo – e davvero garantiamo spettacolo.
PS La diffusissima citazione di Gandhi contro i vaccini è probabilmente un falso.
PER APPROFONDIRE
Pensiero
Dugin: la guerra per il nuovo ordine è dinanzi a noi

Renovatio 21 pubblica questo scritto di Aleksandr Dugin apparso su Arktos.
Il nuovo ordine mondiale multipolare non è scolpito nella pietra ed è improbabile che venga accettato pacificamente, ma è destinato a prendere forma attraverso un conflitto intensificato, ricordando come i cambiamenti storici siano decisi dall’imprevedibile svolgimento della guerra.
Un cambiamento nell’ordine mondiale avviene solitamente attraverso la guerra. Molto raramente coloro che detengono il potere globale sono disposti a rinunciarvi volontariamente. Resistono fino alla fine, finché non vengono distrutti e ridotti in rovina. Lo stesso vale senza dubbio oggi.
Naturalmente, nella storia accadono diversi colpi di scena. Pertanto, si potrebbe solo ipoteticamente aspettarsi, sperare o almeno desiderare che i leader occidentali rinuncino volontariamente alla loro egemonia. Ma qualcosa mi dice che è improbabile che ciò accada. E se non accade, allora ci sarà la guerra. Questa guerra è già in corso: la guerra in Ucraina, le guerre in Medio Oriente. Ma non è ancora in pieno svolgimento. Finora, è solo un presagio dell’enorme, fondamentale guerra che sarà combattuta per la ridistribuzione della sovranità reale tra le forze che oggi vengono demarcate.
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Oggigiorno diciamo spesso: guardate, il mondo multipolare è qui, il mondo non è più unipolare, ci sono i BRICS, c’è una «grande umanità», e così via. Tuttavia, possiamo vedere che l’egemonia del sistema unipolare è ancora forte. Questo nonostante il fatto che sia in declino, e nonostante la sua colossale crisi interna, l’implosione piuttosto che l’esplosione della società occidentale e dell’intera civiltà occidentale, sia chiaramente in fermento. Ma, in un certo senso, nonostante il vettore di questa onda discendente, l’egemonia occidentale è ancora più forte del multipolarismo.
Siamo onesti: è ancora in grado, ad esempio, di rimodellare la situazione e l’equilibrio di potere nello spazio post-sovietico. Sappiamo che i globalisti operano in Ucraina, Moldavia, nel Caucaso meridionale e in Asia centrale da tre decenni. Ma glielo abbiamo permesso. E ora, nonostante la divisione dell’Occidente in due o addirittura tre forze – i globalisti, l’UE, Trump e il MAGA – sono comunque riusciti a imporre la forza alle elezioni in Romania, sostituendo candidati sgraditi ai globalisti, uccidendo diverse decine di candidati di Alternativa per la Germania, insabbiando il tutto come «incidenti» e, infine, sono riusciti a imporre la forza alle elezioni in Moldavia. Allo stesso tempo, la guerra in Ucraina è in corso. L’Occidente non si ritira ed è molto difficile per noi ottenere una vittoria decisiva.
È troppo presto per dire che il mondo unipolare occidentale non esiste più. Esiste, anche se in agonia.
E, naturalmente, è molto probabile che se il mondo unipolare non crollerà semplicemente nel prossimo futuro, tutto questo sfocerà in una grande guerra.
Non sono sicuro di dove si svolgerà questa guerra , se nell’Oceano Pacifico contro la Cina o contro l’India, in Medio Oriente, o se ci coinvolgerà direttamente.
È del tutto possibile che tutto inizi da noi. Pertanto, ciò che sta accadendo in Ucraina potrebbe essere l’inizio di una guerra più grande e temibile.
Con le nostre armi nucleari, i nostri territori, la nostra identità storica e la nostra capacità di concettualizzare i processi mondiali, la Russia è qualche passo avanti alla Cina. La Cina sta diventando solo ora una vera potenza globale. Questa è una nuova qualità, un nuovo stato per lei. Non c’è garanzia che i cinesi gestiranno questa situazione. Eravamo una grande potenza mondiale nel XX secolo (una delle due) e nel XIX secolo (una delle tante). La grandezza della Cina risale all’antichità. Senza dubbio, la Cina è oggi uno degli Stati di primo ordine più importanti, uno dei due o tre che governano il mondo. Ma questa è un’esperienza nuova per la Cina contemporanea. Deve ancora prepararsi a questo, e qui si possono commettere molti errori. Abbiamo un’esperienza molto viva in questo campo, ed è per questo che la Russia è il principale ostacolo per i globalisti e il loro principale nemico. Pertanto, noi, e nessun altro, siamo i principali partecipanti a questa guerra, i principali conduttori del raggio luminoso della storia mondiale. Siamo noi che costruiamo il mondo multipolare.
Se una Terza Guerra Mondiale possa essere evitata in queste circostanze è un grande interrogativo. Per ora, l’unica opzione proposta per evitarla è la capitolazione, ovvero la deliberata cessazione anticipata della guerra, alzando bandiera bianca e arrendendosi alla mercé dei vincitori. Ma il riconoscimento deliberato della sconfitta non significa la fine della guerra. Siamo ancora pieni di volontà e di forza, e ci stiamo dirigendo verso la Vittoria, non verso la sconfitta.
Pertanto, se una grande guerra può essere evitata solo con la sconfitta, allora questo non è il nostro caso, e in tal caso la guerra non può essere evitata. Ma se ci sarà o meno la guerra non dipende da noi. Dipende da come il mondo unipolare che la sta organizzando sceglierà il nuovo livello di escalation.
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Nel complesso, concordo con l’analisi secondo cui non possiamo evitare una grande guerra mondiale. Una guerra del genere coinvolgerà la Cina, e molto probabilmente l’India, l’intero Medio Oriente, il mondo islamico. Allo stesso tempo, naturalmente, avrà ripercussioni in Africa e in America Latina, dove si stanno formando due coalizioni: quella dei sostenitori dell’unipolarismo e quella dei sostenitori del multipolarismo.
Pertanto, prove mostruose attendono l’umanità. Stanno già accadendo, noi siamo già dentro di esse. Ciò che abbiamo ora sembrerà un gioco da ragazzi rispetto a ciò che ci aspetta. Naturalmente, come ogni persona normale, non me ne compiaccio né mi rallegro. Ma le guerre scoppiano praticamente sempre quando le persone dicono di non volere la guerra.
Le guerre non dipendono dal fatto che le persone le vogliano o meno. C’è una certa logica nella storia a cui è praticamente impossibile eludere.
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Immagine della Diocesi di Ekaterinodar via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Pensiero
La società del ricatto, della censura e della schedatura di massa. Renovatio 21 intervista Marcello Foa

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Pensiero
Mons. Viganò: l’élite sovversiva ha infiltrato gli Stati

L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha partecipato all’appello per la liberazione di Reiner Fuellmich, avvocato tedesco molto attivo durante la catastrofe pandemica.
Sua Eccellenza ha riportato le parole del suo appello, visibile anche in video, in un post su X.
«Una pericolosa élite sovversiva è riuscita a infiltrarsi ai più alti livelli delle istituzioni e dei governi occidentali per attuare il piano criminale dell’Agenda 2030» scrive monsignore.
«In molti Stati autoproclamatisi “democratici”, le voci che denunciano questo colpo di Stato globale vengono messe a tacere attraverso la censura, l’intimidazione, la psichiatrizzazione e persino l’arresto».
«Tra le vittime del regime totalitario che si sta affermando silenziosamente in Europa, Canada, Australia e altre nazioni vassalle delle Nazioni Unite, della NATO, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del Forum Economico Mondiale (tutte entità private finanziate dagli stessi poteri) c’è l’avvocato Reiner Fuellmich, ingiustamente imprigionato e ancora in attesa di un giusto processo. Il suo crimine è aver osato dire la verità in un mondo di menzogne criminali» dichiara prelato.
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«Invito i Cattolici e tutte le persone di buona volontà ad alzare la voce in difesa dei perseguitati dal regime globalista. Non è l’avvocato Fuellmich che dovrebbe essere in prigione, ma coloro che hanno commesso il più grande crimine contro l’umanità: Anthony Fauci, Bill Gates, Klaus Schwab, George Soros, Ursula von der Leyen, Albert Bourla, e tutti i loro complici ed emissari, soprattutto quelli che ricoprono cariche istituzionali».
«Liberate Reiner Fuellmich!»
Reiner Fuellmich è un avvocato tedesco, nato nel 1958 a Brema, noto per la sua carriera come specialista in diritto dei consumatori e processuale, con esperienza sia in Germania che in California. Ha studiato legge all’Università di Gottinga e all’Università della California a Los Angeles, ottenendo un dottorato in diritto medico e farmaceutico.
Dal 1985 al 2001 ha lavorato come assistente di ricerca presso il centro di studi sul diritto medico e farmaceutico dell’Università di Gottinga, e ha insegnato in università tedesche ed estoni su temi come il diritto bancario e internazionale privato.
Nel luglio 2020, Fuellmich è diventato uno dei fondatori e portavoce del Comitato Investigativo Corona (Stiftung Corona Ausschuss), un’organizzazione non governativa con sede in Germania, insieme ad altri avvocati. Il comitato ha condotto audizioni con esperti per indagare su «crimini contro l’umanità» legati alla gestione della pandemia, sostenendo che si trattasse di uno «scandalo» orchestrato da governi, OMS e case farmaceutiche.
L’avvocato Fuellmich ha promosso l’idea di un processo stile Norimberga contro figure come Anthony Fauci, Bill Gates e Ursula von der Leyen, raccogliendo fondi e costruendo una rete di oltre 1.000 avvocati a livello internazionale. Fuellmich ha anche guidato un partito politico in Germania, stimato all’8% di consenso in alcuni sondaggi.
Nel settembre 2022, è stato accusato di aver sottratto fondi del comitato attraverso fatturazioni gonfiate per i suoi servizi legali.
Fuellmich ha respinto le accuse come «politicamente motivate» per sabotare il comitato. Un mandato di arresto è stato emesso nel marzo 2023 mentre era in Messico con la moglie; è stato estradato e arrestato all’arrivo a Francoforte il 15 maggio 2023.
Come riportato da Renovatio 21, quattro anni fa Fuellmich aveva intervistato il cardiologo texano Peter McCullough, che aveva accennato a «infertilità e cancro come possibili conseguenze del vaccino». Nel 2021 l’avvocato ricevette dal gruppo Doctors for COVID Ethics una lettera di confutazione all’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) che metteva in guardia rispetto ai vaccini genici sperimentali.
Attualmente Fuellmich, 66 anni, è detenuto in custodia cautelare nel carcere di Rosdorf (Bassa Sassonia), in un penitenziario di massima sicurezza. Il processo per frode e appropriazione indebita è in corso, ma i suoi sostenitori lo descrivono come «prigionia politica» e «persecuzione» per le sue critiche alla gestione pandemica.
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