Sorveglianza
La Nuova Zelanda chiede ai cittadini di denunciare i dissidenti politici come «terroristi»
Il servizio di intelligence per la sicurezza della Nuova Zelanda ha pubblicato un bollettino in cui si afferma che chiunque abbia opinioni politiche dissidenti è stato «radicalizzato» e chiede al pubblico di denunciare i propri amici e familiari se mettono in dubbio le narrazioni del governo.
Le motivazioni per la denuncia di conoscente «quindi potrebbero essere le misure COVID prese dal governo, o potrebbero essere altre politiche interpretate come violazione dei diritti, e talvolta è quello che descrivo come un “pasticcio bollente” di ideologie e credenze alimentate da ideologie e credenze alimentate da teorie del complotto» ha detto ai media il capo dell’Intelligence neozelandese Rebecca Kitteridge.
New Zealand has gone full police state????
Anyone with a different POV is an enemy.New Zealand govt booklets being released telling the public that if they suspect their friends or family are opposing govt policies, incl COVID measures, they should be reported as terrorists
???? pic.twitter.com/SdBDk2P8Ux
— Wall Street Silver (@WallStreetSilv) December 17, 2022
A fine ottobre lo NZSIS, l’Intelligence per la sicurezza nazionale, aveva pubblicato la «prima guida per identificare segni di estremismo violento». In fondo alla pagina web di presentazione vi erano tutti i recapiti per la delazione.
Lo sviluppo non è una sorpresa nel Paese dove la leader goscista Jacinda Ardern, immancabilmente legata al WEF di Davos, aveva dichiarato con tranquillità che l’obbligo vaccinale avrebbe creato una società a due livelli, con una seria A formata quindi da cittadini vaccinati e la serie B formata da bambini non vaccinati.
In altre occasioni aveva proclamato che «non ci sarà una fine al programma di vaccinazione». Già due anni fa erano state segnalate in Nuova Zelanda le «strutture di quarantena» per i contagiati COVID e per i loro famigliari.
Come riportato da Renovatio 21, la Ardern è riuscita a mettere in lockdown la popolazione anche per un singolo caso. Il grottesco totale si raggiunse quando la premier chiese ai cittadini di non parlare con i vicini. Alla riapertura, fece scalpore la sua dichiarazione riguarda alla possibilità di fare «incontri intimi fino a 25 persone».
A luglio, in un involontario riferimento diretto a 1984 di George Orwell, la Ardern era arrivata a dire che il cittadino deve considerare come «unica fonte di verità» il suo governo: «a meno che tu non lo senta da noi, non è la verità…scartate qualsiasi altra cosa».
New Zealand’s PM Jacinda Ardern stating only government information can be trusted.
Right out of 1984.
“Dismiss anything else, we will continue to be your single source of truth”#COVID19 pic.twitter.com/nWJnRgpQrp
— Bernie's Tweets (@BernieSpofforth) July 15, 2021
In settimana la Nuova Zelanda è stata teatro dell’allucinante caso del bambino a cui genitori è stata tolta la patria potestà perché volevano che fosse operato con trasfusioni di donatori non vaccinati.
Anche la Chiesa cattolica nel Paese è oramai profondamente mutata, al punto che è stato detto che i suoi vescovi sono «apostoli del gender».
Dopo un referendum di due anni fa, nel 2021 in Nuova Zelanda è stata inoltre legalizzata l’eutanasia, e vi è qualcuno che sostiene che il procedimento sarebbe disponibile anche per i pazienti COVID.
Il Paese ha inoltre bandito totalmente l’uso del tabacco per i nati dopo il 2008.
Per quanto riguarda il tema della delazione, chiediamo al lettore di non scordarsi che esso era nella mente e nei programmi di alcuni politici durante il biennio pandemico. Dobbiamo ricordare, e non dimenticare mai, quando il ministro Speranza andò da Fabio Fazio a dire che avrebbero fatto i controlli nelle case per evitare «le feste», aggiungendo anche che si sarebbero avvalsi delle «segnalazioni» – cioè delle delazioni dei vicini.
#divieto #festeprivate#Fazio: chi controlla?#Speranza: aumenteremo i controlli, ci saranno SEGNALAZIONI
????
Finisce male 'sta storia
????????♀️#CTCF pic.twitter.com/u5sG2GgAMn— Adriana Spappa (@AdrianaSpappa) October 11, 2020
Tale soluzione da implementare via DCPM, che avrebbe trasformato l’Italia in uno Stato di polizia, fu fortunatamente evitata, per paradosso, dalla polizia stessa, secondo la ricostruzione del quotidiano Il Riformista.
«È stata la polizia e il ministero delle polizie a evitare che l’Italia diventasse uno stato di polizia dove uomini in divisa possono entrare a qualunque ora nelle abitazioni private» scrisse il giornale.
«Per andare a vedere che succede presso privati, non possono essere usate le norme esistenti, quelle che autorizzano le perquisizioni per la ricerca di armi, esplosivi e latitanti» avrebbe scritto in una nota il Direttore generale della Pubblica Sicurezza Franco Gabrielli. «Le eccezioni all’articolo 14 della Carta sono possibili “solo nei casi e nei modi stabiliti dalla legge e nel rispetto delle garanzie”. La restrizione del diritto, ovvero le perquisizioni di privati sono possibili solo se trovano fondamento in fonti primarie (leggi e non DPCM) e autorizzate dalla magistratura»
Per eseguire i controlli anti-party domestici, quindi, «il Parlamento dovrebbe dichiarare lo stato di guerra e conferire al governo i poteri necessari per farvi fronte».
Era l’ottobre 2020. Il Conte bis non se la sentì di arrivare a tanto. Tuttavia questo non vuol dir niente: l’idea di poter entrare in casa della gente è partita. E l’idea che sia lo stesso cittadino a dover far la spia per lo Stato – roba da STASI, e oltre – pure è avviata. In tutto il mondo.
Sorveglianza
La nuova legge di Berlino consente alla polizia di installare spyware nelle case
La polizia di Berlino potrà introdursi clandestinamente nelle abitazioni private per installare spyware, dopo che giovedì il Parlamento regionale (Abgeordnetenhaus) ha approvato a larga maggioranza una drastica revisione della legge sulla polizia della capitale.
Il testo, sostenuto dalla grande coalizione CDU-SPD e votato a favore anche dall’AfD, attribuisce alle forze dell’ordine poteri di sorveglianza fisica e digitale senza precedenti.
Tra le novità più invasive: se l’accesso remoto non è tecnicamente impossibile, gli agenti potranno forzare fisicamente l’ingresso in casa di un sospettato per collocare software spia; sarà inoltre consentito l’hacking legale di smartphone e computer per intercettare le comunicazioni in tempo reale. Le bodycam potranno essere attivate anche all’interno di abitazioni private qualora si ritenga che una persona sia in pericolo grave e imminente.
La riforma, approvata giovedì, amplia inoltre la videosorveglianza negli spazi pubblici: raccolta massiva di dati telefonici di tutti i presenti in una determinata area, lettura automatica delle targhe, contrasto ai droni, impiego di riconoscimento facciale e vocale su immagini di telecamere, e utilizzo dei dati reali della polizia per addestrare sistemi di intelligenza artificiale. I critici denunciano il rischio di abusi e una pesantissima compressione della privacy.
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La senatrice SPD agli Interni Iris Spranger ha difeso la norma: «Con la più grande riforma della legge sulla polizia di Berlino degli ultimi decenni, stiamo creando un significativo vantaggio per la protezione dei berlinesi», ha dichiarato. «Stiamo fornendo alle forze dell’ordine strumenti migliori per combattere il terrorismo e la criminalità organizzata».
A Berlino nel 2024 sono stati registrati oltre 539.000 reati, in aumento rispetto all’anno precedente; sono cresciuti anche i delitti violenti, le aggressioni e la violenza domestica. Le autorità segnalano un incremento preoccupante di crimini commessi da giovani e migranti, mentre più della metà dei reati resta senza colpevole identificato.
Dall’approvazione della legge le proteste non si sono fermate. Durante il dibattito parlamentare, il deputato dei Verdi Vasili Franco ha definito il testo «la lista dei desideri di uno Stato autoritario di sorveglianza». Le associazioni per i diritti civili parlano di «un «massiccio attacco alle libertà civili», mentre la campagna NoASOG ha dichiarato: «Ciò che viene spacciato per politica di sicurezza è in realtà l’istituzione di uno stato di sorveglianza autoritario».
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Immagine di Lear 21 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Sorveglianza
Perquisita la casa di un professore tedesco per un tweet che criticava l’ideologia woke
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Sorveglianza
Il nuovo presidente della Bolivia vuole la blockchain per combattere la corruzione
Il presidente eletto della Bolivia, Rodrigo Paz, punta a combattere la corruzione nel governo boliviano attraverso la tecnologia blockchain.
Paz ha sconfitto il rivale Jorge Quiroga con il 54,5% dei voti contro il 45,5% e assumerà la carica l’8 novembre. Con un messaggio centrista e favorevole al mercato, Paz ha vinto il ballottaggio di domenica, ereditando un’economia provata dalla carenza di carburante e dalla limitata disponibilità di dollari statunitensi, come riportato dall’AP. Per gli esperti del settore delle criptovalute, il programma di governo di Paz include due proposte specifiche legate alle risorse digitali e alla blockchain.
La prima proposta prevede l’uso della blockchain e degli smart contract negli appalti pubblici. Il programma ufficiale del Partido Demócrata Cristiano de Bolivia per il 2025 promette l’adozione di tecnologie blockchain e contratti intelligenti per eliminare la discrezionalità negli acquisti statali, con l’obiettivo di ridurre la corruzione automatizzando alcuni processi contrattuali.
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La seconda iniziativa consente ai cittadini di dichiarare le criptovalute in un nuovo fondo di stabilizzazione valutaria, sostenuto da un programma di regolarizzazione delle attività che include esplicitamente le criptovalute. Secondo il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, tali fondi servono a stabilizzare la valuta e a coprire importazioni essenziali in caso di scarsità di dollari. L’inclusione delle criptovalute permette al governo di tassarle o convertirle rapidamente in valuta forte, senza detenere token volatili.
Paz adotta un approccio pragmatico alle criptovalute, senza essere un sostenitore estremo del Bitcoin. La sua piattaforma considera la blockchain uno strumento anticorruzione e le criptovalute dichiarate come parte di un’iniziativa una tantum per capitalizzare un fondo di stabilizzazione valutaria. Non ci sono indicazioni di politiche per adottare il Bitcoin a livello nazionale, conservarlo nelle riserve o legalizzarne l’uso al dettaglio.
A giugno 2024, la Banca Centrale della Bolivia ha revocato il divieto sulle transazioni in criptovalute, autorizzando canali elettronici regolamentati e segnalando una modernizzazione dei pagamenti, scrive Cointelegraph. Nei mesi successivi, il volume medio mensile di scambi di asset digitali è raddoppiato rispetto alla media dei 18 mesi precedenti, secondo la banca.
Il cambiamento si è riflesso nell’economia reale. A ottobre 2024, Banco Bisa ha introdotto la custodia di USDT per le istituzioni, un primato tra le banche boliviane. A marzo, la compagnia petrolifera statale YPFB ha esplorato l’uso di criptovalute per le importazioni di energia, in un contesto di carenza di dollari. A settembre, i distributori locali di marchi automobilistici come Toyota, Yamaha e BYD hanno iniziato ad accettare USDT, segno di una crescente sperimentazione tra i commercianti.
Il 31 luglio, la banca centrale ha firmato un memorandum con El Salvador, definendo le criptovalute un’«alternativa valida e affidabile» alla valuta fiat e impegnandosi a collaborare su strumenti politici e di intelligence per modernizzare i pagamenti e promuovere l’inclusione finanziaria.
La banca ha riportato che i volumi mensili di scambio di criptovalute hanno raggiunto i 46,8 milioni di dollari al mese, con un totale di 294 milioni di dollari da inizio anno al 30 giugno.
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Immagine di Parallelepiped09 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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