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Geopolitica

Zakharova: «gli Stati Uniti vogliono che il conflitto in Ucraina duri almeno fino al 2025»

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I documenti sull’approvvigionamento di armi degli Stati Uniti mostrano che Washington intende alimentare il conflitto in Ucraina per almeno altri tre anni, ha dichiarato alla stampa la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.

 

Zakharova ha quindi sottolineato che il presidente ucraino Vladimir Zelens’kyj dovrebbe tenerne conto quando valuta il futuro del suo Paese.

 

«Washington ha in programma di alimentare le ostilità in Ucraina almeno fino alla fine del 2025. Ecco quali sono i loro piani, a giudicare dai documenti, che non nascondono a nessuno», ha detto il diplomatico russo ai giornalisti durante una conferenza stampa giovedì.

 

Zakharova si riferiva a un contratto per il National Advanced Surface-to-Air Missile Systems (NASAMS) di Raytheon, che il Pentagono ha annunciato la scorsa settimana. L’esercito americano acquisterà hardware per l’Ucraina per un valore di 1,2 miliardi di dollari, secondo l’annuncio, con una data di completamento stimata per la fine di novembre 2025.

 

Gli Stati Uniti, che si sono impegnati a fornire assistenza militare a Kiev «per tutto il tempo necessario» per sconfiggere la Russia, in precedenza fornivano questo tipo di sistema antiaereo alle truppe ucraine. I consiglieri del presidente Vladimir Zelens’kyj dovrebbero parlargli della tempistica degli appalti, suggerisce la portavoce, in modo che non prometta alla sua gente che il conflitto sarà finito l’anno prossimo, come ha fatto questa settimana.

 

«Washington ha piani diversi. Ci sono molti soldi da appropriarsi indebitamente» attraverso i programmi di aiuto all’Ucraina, ha affermato la Zakharova ha affermato che l’assistenza occidentale era «una maratona di corruzione» che va dalla Casa Bianca a Kiev e ritorno e porta profitto a truffatori su scala globale.

 

Il portavoce della diplomazia russa ha quindi affermato che Zelens’kyj dovrebbe guardarsi le spalle, considerando la visita della scorsa settimana in Ucraina di Victoria Nuland, una visita che Zakharova ha definito «un presagio di tragici shock, causati dal sanguinoso putsch orchestrato da Washington» del 2014.

 

«Potrebbe essere in preparazione un nuovo colpo di stato di palazzo o qualche altro rimpasto. Credo che il regime di Zelens’kyj, che ha ripetutamente messo alla prova la pazienza di Washington, abbia alcune cose da considerare», ha osservato, aggiungendo che agli Stati Uniti non importava chi fosse al potere a Kiev.

 

Un’altra volta che la Nuland passò per Kiev decise il governo post-Maidan, come registrato nella sua conversazione telefonica con l’ambasciatore USA a Kiev Pyatt poi trapelata ai media, quella in cui disse, con franchezza anche invidiabile, «Fuck the EU».

 

La Nuland del resto non si fa pregare quando c’è da dichiarare cambiamenti violenti.

 

In udienza al Senato riguardo ai biolaboratori USA in Ucraina ammise tutto. La sua sincerità le fece vincere un invito a Mosca da parte della Duma – il Parlamento russo – così da spiegarsi. Pare tuttavia che la Victoria, il cui nonno, un sarto ebreo che di cognome faceva Nudelman, scappò dalla Bessarabia, non abbia raccolto.

 

Come riportato da Renovatio 21, c’è anche quel video in cui, mesi fa, annunciava in conferenza stampa che il Nord Stream 2 sarebbe stato terminato nel caso la Russia avrebbe invaso l’Ucraina. Taac.

 

Quindi, seguendo la Zakharova, chiediamoci: cosa è andata a dire la Nudelman a Zelens’kyj e alla sua banda?

 

C’entra qualcosa il segnale distensivo con Mosca arrivato immediatamente dopo, con il quale il Cremlino libera la spilungona cestista lesbica alla marijuana in cambio del mitico trafficante d’armi russo Viktor Bout?

 

 

 

 

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Geopolitica

Trump annuncia attacchi terrestri in Venezuela «presto»

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che gli USA potrebbero avviare «molto presto» operazioni terrestri contro presunte reti di narcotraffico collegate al Venezuela, dopo aver quasi completamente interrotto i flussi di stupefacenti via mare. Caracas ha respinto con forza ogni accusa di legami con i cartelli della droga.

 

Parlando venerdì con i giornalisti alla Casa Bianca, Trump ha annunciato che il traffico di droga marittimo legato al Venezuela è calato del 92%, sostenendo che le forze americane stanno «eliminando la droga a livelli mai visti prima». «Abbiamo bloccato il 96% degli stupefacenti che arrivavano via mare», ha precisato, per poi aggiungere: «Presto le operazioni inizieranno anche sulla terraferma».

 

Il presidente statunitense non ha tuttavia fornito indicazioni su eventuali obiettivi o sull’estensione di tali azioni.

 

Da settembre le forze USA hanno intensificato sensibilmente la presenza militare nei Caraibi e nel Pacifico orientale, conducendo oltre 20 interventi contro imbarcazioni sospette di traffico di droga e causando la morte di decine di persone. Trump ha affermato che queste operazioni hanno salvato decine di migliaia di vite americane, impedendo l’ingresso di narcotici nel Paese.

 

Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha sempre rigettato le accuse di Trump su presunti rapporti tra Caracas e i narcocartelli, sostenendo che Washington utilizzi la campagna antidroga come pretesto per destabilizzare e rovesciare il suo governo.

 

Come riportato da Renovatio 21, Maduro, che avrebbe offerto ampie concessioni economiche agli USA per restare al potere, sarebbe stato oggetto di un tentativo di rapimento tramite il suo pilota personale.

 

Il Venezuela ha stigmatizzato il rinforzo militare come violazione della sovranità e tentativo di golpe. Il governo venezuelano starebbe cercando appoggio da Russia, Cina e Iran. Mosca ha di recente riaffermato la sua alleanza con Caracas, esprimendo pieno sostegno alla leadership del Paese nella difesa della propria integrità. Mosca ha accusato il mese scorso Washington di preparare il golpe in Venezuela.

 

Questa settimana le autorità statunitensi hanno sequestrato anche la petroliera Skipper al largo delle coste venezuelane, una nave cargo che secondo gli USA trasportava petrolio dal Venezuela e dall’Iran. Le autorità di Caracas hanno condannato l’operazione definendola «furto manifesto» e «pirateria navale criminale».

 

Come riportato da Renovatio 21, nel frattempo, la Russia – da tempo alleata stretta del Venezuela – ha rinnovato pubblicamente il suo sostegno a Maduro. Secondo il Cremlino, il presidente Vladimir Putin «ha espresso solidarietà al popolo venezuelano e ha ribadito il proprio appoggio alla ferma determinazione del governo Maduro nel difendere la sovranità nazionale e gli interessi del Paese dalle ingerenze esterne». I due leader hanno inoltre confermato l’impegno a dare piena attuazione al trattato di partenariato strategico siglato a maggio.

 

Trump nelle scorse settimane ha ammesso di aver autorizzato le operazioni CIA in Venezuela. Di piani CIA per uccidere il presidente venezuelano il ministro degli Interni del Paese aveva parlato lo scorso anno.

 

Come riportato da Renovatio 21, Maduro aveva denunciato l’anno scorso la presenza di mercenari americani e ucraini in Venezuela. «Gli UA finanziano Sodoma e Gomorra» aveva detto.

 

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Geopolitica

La Slovacchia «non sosterrà nulla» che contribuisca a prolungare il conflitto in Ucraina

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Il primo ministro slovacco Robert Fico ha annunciato che la Slovacchia si opporrà a qualsiasi misura che permetta di impiegare i beni russi congelati per fornire armi all’Ucraina, mettendo in guardia sul fatto che ulteriori sostegni militari non farebbero che protrarre l’«insensata uccisione quotidiana di centinaia di migliaia di russi e ucraini».   In seguito all’escalation del conflitto nel 2022, gli alleati occidentali di Kiev hanno bloccato circa 300 miliardi di dollari di asset della banca centrale russa, in gran parte depositati nell’UE. Da quel momento è divampata una disputa tra i Paesi intenzionati a usare tali fondi come collaterale per un «prestito di riparazione» a favore di Kiev e quelli che si oppongono fermamente. La decisione finale spetterà ai membri dell’UE nel voto previsto per la prossima settimana.   Fico, da sempre critico del piano, ha illustrato la propria posizione in dettaglio in una lettera inviata all’inizio della settimana al Presidente del Consiglio europeo António Costa. In un post su X pubblicato venerdì, ha riferito di aver poi avuto un colloquio telefonico con Costa, durante il quale ha ribadito il suo rifiuto all’invio di armi a Kiev. Fico ha dichiarato di aver avvertito che proseguire con i finanziamenti prolungherebbe le ostilità e accrescerebbe le vittime, mentre Costa «ha parlato solo di soldi per la guerra».   «Se per l’Europa occidentale la vita di un russo o di un ucraino non vale un cazzo, non voglio far parte di un’Europa occidentale del genere», ha affermato Fico. «Non appoggerò nulla, anche se dovessimo restare a Bruxelles fino al nuovo anno, che comporti il sostegno alle spese militari dell’Ucraina».  

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Vari Stati membri dell’UE hanno manifestato riserve sul programma di prestiti, evidenziando rischi di natura legale e finanziaria. Secondo Politico, venerdì Italia, Belgio, Bulgaria e Malta hanno sollecitato la Commissione europea a considerare opzioni alternative al sequestro degli asset, quali un meccanismo di prestito comunitario o soluzioni temporanee. Obiezioni sono arrivate anche da Ungheria, Germania e Francia.   Venerdì la Commissione Europea ha dato il via libera a una norma controversa che potrebbe prorogare indefinitamente il congelamento dei beni russi, qualificando la materia come emergenza economica e non come misura sanzionatoria. Questo passaggio è interpretato come propedeutico all’attuazione del «prestito di riparazione», in quanto permette decisioni a maggioranza qualificata invece che all’unanimità, eludendo così i veti dei Paesi dissidenti.   Mosca ha stigmatizzato come illegittimo ogni tentativo di appropriarsi dei suoi asset. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha affermato questa settimana che, con il programma di «prestiti di riparazione», l’Europa sta adottando un comportamento «suicida». Riferendosi al voto di venerdì, ha etichettato l’UE come «truffatori».

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Orban come John Snow

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Il principale negoziatore russo Kirill Dmitriev ha paragonato il primo ministro ungherese Vittorio Orban al personaggio di Jon Snow della serie Il Trono di Spade, raffigurandolo come l’unico baluardo a difesa del diritto europeo mentre l’UE procede al congelamento a tempo indeterminato degli asset sovrani russi.

 

In un post su X pubblicato venerdì, Dmitriev ha lodato lo Orban per aver «difeso il sistema legale e finanziario dell’UE dai folli burocrati guerrafondai dell’Unione», sostenendo che il leader ungherese stia lottando per «ridurre la migrazione, accrescere la competitività e ripristinare buonsenso, valori e pace».

 

Dmitriev ha allegato una sequenza tratta dalla celeberrima «Battaglia dei Bastardi», una delle scene più memorabili della fortunata serie. Il frammento mostra Jon Snow, isolato sul campo di battaglia, che estrae la spada mentre la cavalleria della Casa Bolton gli si avventa contro. Nella saga, i Boltoni sono noti per la loro crudeltà e spietatezza, mentre Snow è dipinto come un condottiero riluttante che antepone il dovere all’ambizione personale, spesso a caro prezzo.

 

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Venerdì, Orban – che in numerose occasioni ha criticato duramente le politiche conflittuali dell’UE nei confronti della Russia – ha accusato Bruxelles di «violentare il diritto europeo», riferendosi alla decisione che ha permesso all’Unione di bypassare il requisito dell’unanimità per prorogare le sanzioni sugli asset sovrani russi, valutati in circa 210 miliardi di euro. Mosca ha bollato il congelamento come «furto», minacciando azioni legali in caso di confisca da parte dell’UE.

 

In un altro post, Dmitriev ha attaccato il segretario generale della NATO Mark Rutte, paragonandolo al Re della Notte, il principale antagonista di Game of Thrones, che guida un esercito di non-morti ed è completamente privo di empatia.

 

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Il paragone è arrivato in risposta alle dichiarazioni di Rutte, che ha accusato la Russia di «riportare la guerra in Europa» e ha invitato i membri della NATO a prepararsi a un conflitto su scala paragonabile a quelli affrontati dalle generazioni passate. Il Dmitriev ha quindi affermato che Rutte «non ha famiglia né figli» e «desidera la guerra», aggiungendo però che «alla fine prevarrà la pace».

 

Dmitriev, figura chiave negli sforzi per risolvere il conflitto in Ucraina, ha fatto eco alle critiche del ministro degli Esteri ungherese Pietro Szijjarto, che aveva accusato Rutte di «alimentare le tensioni belliche».

 

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