Geopolitica
Von der Leyen contro l’indecisione tedesca in Ucraina: «Date loro tutte le armi necessarie»
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si è recata a Kiev per incontrare il presidente Volodymyr Zelens’kyj per la prima volta da quando l’Ucraina ha ottenuto lo status di candidato all’UE a giugno.
«Molte cose sono cambiate. L’Ucraina è ora un candidato all’UE», ha detto la Vond der Leyen in un post sui social media. Era il suo terzo viaggio in assoluto nel paese devastato dalla guerra dall’inizio dell’invasione a febbraio. «Discuterò con Zelensky e [il primo ministro] Denys Shmygal di come continuare ad avvicinare le nostre economie e le nostre persone mentre l’Ucraina avanza verso l’adesione».
«Il processo di adesione è sulla buona strada. È impressionante per la velocità, la determinazione, la precisione con cui stai procedendo», ha detto von der Leyen in una conferenza stampa, incurante del fatto che altri leader europei come il presidente francese Emmanuel Macron avevano affermato che è probabile che ci vorranno anni o addirittura «decenni» prima che l’Ucraina sia ammessa come membro .
«Abbiamo già stanziato 150 milioni di euro per garantire che gli sfollati interni qui in Ucraina abbiano un riparo», ha detto a proposito delle discussioni incentrate sui rifugiati ucraini diretti all’inverno.
«Voglio essere molto chiara, le sanzioni sono qui per restare» aveva dichiarato la presidente della Commissione al Parlameno Europeo prima di dirigersi verso la capitale ucraina.
L’alta eurocrate tedesca è arrivata a dire che Vladimir Putin dovrebbe essere portato davanti a un tribunale penale internazionale per crimini di guerra.
Durante i commenti di giovedì ai media, la Von der Leyen ha quindi chiesto ai Paesi occidentali di fornire all’Ucraina tutti gli aiuti alla difesa che sta chiedendo in mezzo alla tanto propagandata controffensiva a Est e Sud.:
«L’Ucraina dovrebbe ottenere tutto il materiale militare di cui ha bisogno» ha dichiarato, riporta Bloomberg.
Tale esortazione parrebbe un aperto rimprovero alla suo Paese, di cui peraltro aveva ricoperto (con qualche controversia) il ruolo di ministro della Difesa: la Germania.
Le pressioni della Van der Leyen vanno in aiuto della carica antirussa come il ministro degli Esteri del governo Scholz, la verde Annalena Baerborck, che recentemente aveva detto che avrebbe sostenuto l’Ucraina anche contro il volere dei suoi stessi elettori.
Ora «il ministro degli esteri tedesco sta esortando il cancelliere Olaf Scholz a decidere se fornirà all’Ucraina altri carri armati», scrive Euronews.
«In un’intervista al quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung pubblicata giovedì, il ministro degli Esteri Annalena Baerbock ha affermato che, sebbene una tale decisione possa essere presa solo congiuntamente dalla coalizione tripartita di governo tedesca e dai suoi partner internazionali, dovrebbe essere presa rapidamente».
«Nella fase decisiva in cui si trova attualmente l’Ucraina, non credo che sia una decisione che può essere ritardata a lungo», avrebbe detto la Baerbock, mettendo fredda alla decisione del Cancelliere.
Nel quadro in cui si insinuano le pressioni della Baerbock e della Von der Leyen, Kiev vorrebbe ricevere carri armati tedeschi Leopard-2, ma Berlino ha finora respinto quella richiesta fornendo altre armi, inclusi obici e armi antiaeree semoventi.
Scholz di recente si è vantato che le armi già fornite dalla Germania sono state «decisive» nella riconquista dei territori nell’oblast’ di Kharkov. Tuttavia questa settimana Berlino è stata ancora oggetto di aspre critiche, in particolare dal ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.
«Segnali deludenti dalla Germania mentre l’Ucraina ha bisogno di Leopard and Marder – per liberare le persone e salvarle dal genocidio», ha twittato il Kuleba e ha affermato senza mezzi termini: «Non un solo argomento razionale sul perché queste armi non possono essere fornite, solo paure e scuse astratte. Di cosa ha paura Berlino che Kiev non ha?».
Il Kuleba probabilmente è allo scuro del fatto che una fetta immensa di cittadini, sindaci, industriali tedeschi chiedono il gas russo, e che il governo di Berlino, che non lo fa arrivare, si prepara ad un autunno di rivolte da reprimere.
Nel frattempo, secondo Bloomberg, l’amministrazione Biden starebbe preparando altri «600 milioni di dollari o giù di lì» per aiuti alla difesa per l’Ucraina.
Geopolitica
Hamas accetta l’accordo di cessate il fuoco
Hamas ha accettato la proposta di cessate il fuoco avanzata dai mediatori egiziani e del Qatar, ha detto lunedì ad Al Jazeera un portavoce del gruppo. L’annuncio è arrivato poco dopo che Israele ha ordinato l’evacuazione della città di Rafah in vista di un assalto pianificato da tempo.
Il leader di Hamas Ismail Haniyeh ha avuto telefonate con il primo ministro del Qatar Sheikh Mohammed bin Abdul Rahman Al Thani e il ministro dell’Intelligence egiziano Abbas Kamel, informandoli «dell’approvazione da parte del movimento Hamas della loro proposta riguardante l’accordo di cessate il fuoco», ha detto il gruppo in una dichiarazione ad Al Jazeera.
I dettagli della proposta non sono ancora stati resi pubblici. Hamas ha precedentemente chiesto che qualsiasi cessate il fuoco fosse permanente e includesse il ritiro di tutte le truppe israeliane dall’enclave palestinese assediata. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha rifiutato di fornire queste garanzie, avvertendo la scorsa settimana che Israele non permetterà ad Hamas di rimanere al potere a Gaza e invaderà Rafah con o senza un accordo di cessate il fuoco.
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Netanyahu, tuttavia, ha affermato che Israele è pronto per una pausa temporanea nei combattimenti per consentire lo scambio di ostaggi israeliani con prigionieri palestinesi.
Il primo ministro israeliano minaccia da diversi mesi di lanciare un’invasione di terra di Rafah, una città nel sud di Gaza che attualmente ospita circa 1,4 milioni di palestinesi sfollati da altre parti del territorio. Nonostante la condanna di Stati Uniti, Unione Europea e decine di altri Paesi, lunedì l’esercito israeliano ha ordinato ai civili di lasciare Rafah, avvertendo che di lì a poco avrebbe colpito la città con «forza estrema», scrive RT.
Non è chiaro se la minaccia di invasione abbia influenzato la decisione di Hamas di accettare la proposta di cessate il fuoco. Nonostante l’insistenza di Netanyahu nell’entrare a Rafah, altri funzionari israeliani hanno suggerito che Hamas potrebbe evitare un’invasione accettando la tregua temporanea di Israele.
Non è inoltre chiaro se l’accordo proposto da Egitto e Qatar abbia il sostegno di Israele. Un anonimo funzionario israeliano ha detto a Reuters che Hamas ha accettato una versione «ammorbidita» dell’offerta iniziale dello Stato degli ebrei, che includeva conclusioni «di vasta portata» che Israele non avrebbe sostenuto.
Secondo le autorità sanitarie palestinesi, il bilancio delle vittime della ritorsione israeliana nell’enclave si avvicina a 35.000 persone uccise dalle forze israeliane.
Come riportato da Renovatio 21, il ministro israeliano Itamar Ben Gvir ha minacciato di far cascare il governo Netanyahu, di cui è membro con il suo partito ultrasionista Otzma Yehudit («Potere ebraico») qualora l’esercito israeliano non entrasse a Rafah.
«Il Primo Ministro ha ascoltato le parole, ha promesso che Israele entrerà a Rafah, ha promesso che la guerra non sarebbe finita e ha promesso che non ci sarebbero stati accordi dissoluti» ha dichiarato il ministro sionista il ministro sionista a seguito di un incontro chiesto ed ottenuto con il premier, avvenuto peraltro dopo un mostruoso incidente d’auto che ha coinvolto in Ben Gvir.
«Penso che il primo ministro capisca molto bene cosa significherebbe se queste cose non si verificassero», ha detto il ministro.
Come riportato da Renovatio 21, il ritorno al potere Netanyahu è dovuto al boom del partito sionista Otzma Yehudit. Il ministro del patrimonio culturale Amichai Eliyahu, che appartiene al partito sionista, ha dichiarato la disponibilità di nuclearizzare la Striscia di Gaza.
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Il Ben Gvir da ministro l’anno scorso ha vietato le bandiere palestinesi, mentre quest’anno un altro membro del partito ha minimizzato riguardo gli sputi degli ebrei contro i pellegrini cristiani (un’«antica tradizione ebraica»), mentre sul territorio si moltiplicano gli attacchi e le profanazioni ai danni dei cristiani e dei loro luoghi in Terra Santa.
Come riportato da Renovatio 21, in un altro editoriale Haaretz scriveva che «il governo di Netanyahu è tutt’altro che conservatore. È un governo rivoluzionario, di destra, radicale, messianico che ha portato avanti un colpo di Stato e sogna di annettere i territori».
Il Ben Gvir era tra i relatori del grande convegno sulla colonizzazione ebraica di Gaza, celebrato con balli sfrenati su musica tunza-tunza.
Come gli accordi con Hamas si concilino con l’estremismo giudaico al governo non è dato sapere, ma lo scopriremo a breve.
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Immagine di Council.gov.ru via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Zelens’kyj: gli ucraini sono il popolo eletto di Dio. Mosca: «overdose di droga»
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Geopolitica
La Colombia rompe i rapporti con Israele
Il governo colombiano ha ufficialmente notificato all’ambasciatore israeliano la fine delle relazioni diplomatiche e l’intenzione di ritirare il personale correlato, ma ha deciso che i servizi consolari dovrebbero essere mantenuti sia a Tel Aviv che a Bogotá, secondo il Ministero degli Esteri.
Il presidente Gustavo Petro ha annunciato la decisione di farlo il 1° maggio, con effetto dal 2 maggio, perché l’assalto israeliano a Gaza costituisce un «genocidio».
Bolivia e Belize hanno interrotto le relazioni con Israele all’inizio della guerra, mentre Cile e Honduras hanno richiamato i loro ambasciatori da Israele.
Come riportato da Renovatio 21, il presidente venezuelano Maduro ad inizio anno aveva dichiarato che Israele ha lo stesso sostegno occidentale di Hitler. Il Nicaragua è andato oltre, attaccando anche i Paesi «alleati» dello Stato ebraico come la Repubblica Federale Tedesca, portando Berlino davanti alla Corte Internazionale per complicità nel genocidio di Gaza.
In Sud America Israele sembra godere del favore parossistico – definito «chiaro ed inflessibile sostegno» – del presidente argentino Milei, uomo consigliato da rabbini che sarebbe in procinto di «convertirsi» al giudaismo, che ha addirittura fatto partecipare l’ambasciatore israeliano ad un gabinetto di crisi del governo di Buenos Aires, destando scandalo nella comunità diplomatica del suo Paese.
Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il Milei ha definito il presidente colombiano Petro «assassino terrorista», provocando così l’espulsione di tutti i diplomatici argentini da Bogotá.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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