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Dalla guerra civile alla «guerra biotica»

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Nei primi anni Novanta uscì un libro del filosofo marxista Robert Kurz intitolato Il collasso della modernizzazione. In esso si rifletteva su cosa sarebbe successo al mondo dopo la fine del blocco socialista.

 

«Il mondo unitario e unificato, infine realizzato e generalmente riconosciuto (…) si rivela nell’orrenda visione di una guerra civile planetaria (Weltbuergerkrieg) in cui non vi saranno più fronti riconoscibili, ma solo una cieca esplosione di violenza ad ogni livello».

 

Kurz non aveva torto: in quei mesi, si assisteva al massacro yugoslavo, di fatto una guerra civile di violenza inaudita basata su una matrice etnica fino a poco prima totalmente impensabile.

«Il mondo unitario e unificato, infine realizzato e generalmente riconosciuto (…) si rivela nell’orrenda visione di una guerra civile planetaria (Weltbuergerkrieg) in cui non vi saranno più fronti riconoscibili, ma solo una cieca esplosione di violenza ad ogni livello»

 

Tuttavia, l’analisi psico-politica dello studioso tedesco voleva andare ancora più a fondo.

 

«Quando uomini, popoli, regioni e stati si accorgeranno che mai più gli si ripresenterà l’occasione di essere vincenti e che, continuando a perdere, saranno infine privati di ogni possibilità accettabile di vita, finiranno col rovesciare il tavolo da gioco e sputare su tutte le regole della cosiddetta Civiltà».

 

Il Kurz insomma prevedeva l’arrivo di una fase di caos sanguinario, quella che il filosofo Réné Girard, nella sua teoria riguardo La violenza e il sacro, chiama «crisi sacrificale».

 

Il mondo sazio avrebbe generato quantità di conflitti che avremmo chiamato «guerre civili», ciascuna tendente verso la barbarie. Non era un pensiero inesatto: a quei tempi vi era la pioggia di sangue sui Balcani (che si protrasse, tra un disastro ONU-NATO e l’altro, per un decennio) ma anche l’Algeria, che dimentichiamo tutti: centinaia di migliaia di morti; bambini, maestre di scuola, donne di Paese, monaci massacrati nel modo più belluino dagli stessi jihadisti che avrebbero affinato l’apprendimento della pragmatica della violenza iniziato con gli sgozzamenti di soldati sovietici in Afghanistan per finire con il granguignolesco circo stragista dell’ISIS della metà degli anni 2010. Non dimentichiamo, del resto, che il libro-guida del jihadismo si chiama Idarat at-Tawahhus, cioè «la gestione della barbarie». (Per inciso: lo sto traducendo, da diversi anni, e spero di finire il lavoro entro pochi mesi).

Barbarie e guerra civile, quindi, sono sfere che nell’ultimo secolo sono finiti quasi per coincidere

 

Barbarie e guerra civile, quindi, sono sfere che nell’ultimo secolo sono finiti quasi per coincidere; il tardo successo del filone revisionista di Pansa sui partigiani crudeli ne è una testimonianza. Il messaggio era semplice, nonostante il tabù imposto dalla Repubblica «nata dalla Resistenza» (e dalla magica manina di James Jesus Angleton, vabbè), anche la «guerra civile» seguita all’8 settembre fu di fatto un momento di estrema barbarie, da tutte le parti. I corpi appesi di Mussolini e della Petacci lo stanno a significare benissimo: la guerra civile è regressione nel primordiale, nel tribale, nel ferale.

 

Kurz avanzava con la sua teoria per trovare il respiro di insurrezione marxista: la guerra civile, storicamente, ha riguardato ceti superiori, con le masse proletarie solo recentemente chiamate alla mobilitazione. Bisogna che questa guerra civile sfoci in una rivoluzione, pensavano i vecchi-nuovi comunisti, bisogna che ne esca la dittatura del proletariato che aspettiamo da secoli, visto che quella che abbiamo vista realizzata in mezzo mondo non possiamo dire a voce alto che non c’è piaciuta tantissimo…

 

Tutti coloro che hanno studiato Marx oggi sono servi del capitale globale – sia da questa parte del muro, che dall’altra, dove i leader politici (per esempio, in Albania) sono invitati al banchetto di nozze di George Soros

Sono passati tanti anni da questo libro, e da queste idee.

 

Tutti coloro che hanno studiato Marx oggi sono servi del capitale globale – sia da questa parte del muro, che dall’altra, dove i leader politici (per esempio, in Albania) sono invitati al banchetto di nozze di George Soros.

 

Il marxismo è rivendicato come la base di movimenti sintetici come Black Lives Matter, sostenuto apertis verbis da miliardari e multinazionali sfruttatrici. La «guerra civile» che è consentita ora ai neri, con imposizione della barbarie a intere aree urbane americane, è applaudita dai politici progressisti sul libro paga della Silicon Valley e i miliardari della finanza.

 

Quindi, la «guerra civile planetaria», questo universo di barbarie perpetua che ci prometteva il filosofo marxista dopo la fine del Patto di Varsavia, si è realizzata in forma di cartapesta: una scenografia intercambiabile, finta, poco profonda, buona per un teatrino che tenga impegnati gli allocchi.

La «guerra civile planetaria», questo universo di barbarie perpetua che ci prometteva il filosofo marxista dopo la fine del Patto di Varsavia, si è realizzata in forma di cartapesta: una scenografia intercambiabile, finta, poco profonda, buona per un teatrino che tenga impegnati gli allocchi

 

O forse non è del tutto così.

 

In realtà, è da tanto tempo che su Renovatio 21 ve lo ripetiamo: si prepara un movimento di contrazione non pacifica della società. Il nostro consorzio umano era stato polarizzato in modo mai visto dapprima per tramite social media: la politica lo sa bene, e l’effetto massimo di quanto sto dicendo è stato Donald Trump, che portò ad una divisione dell’elettorato (e dei media, e degli enti statali) che creò gruppi incapaci anche solo di comunicare fra lodo.

 

Poi è venuta la pandemia. Il gap qui  si è aggravato in modo molto più profondo, e su una linea completamente nuova: non più su un piano politico e civile, ma su un piano biotico. È la vita biologica stessa delle persone – il bios – che adesso è il dato rilevante per le fazioni contrapposte.

 

Poi è venuta la pandemia. Il gap qui  si è aggravato in modo molto più profondo, e su una linea completamente nuova: non più su un piano politico e civile, ma su un piano biotico. È la vita biologica stessa delle persone – il bios – che adesso è il dato rilevante per le fazioni contrapposte

Io ho fatto il vaccino, perché tu no?

 

Io mi proteggo con la mascherina dalla minaccia biologica del millennio, perché tu no?

 

Io accetto le modificazioni cellulari per tramite dell’mRNA, perché tu no?

 

Io sono disposto a rinunziare alla mia privacy sanitaria, perché tu no?

 

Io ho sterilizzato mio figlio, perché tu no?

 

Sono tutte domande che strisciano, più o meno evidenti, sotto ogni discorso pubblico e privato, quando si parla di obblighi, di rischi, di no-vax, questo indicibile, inspiegabile cancro sociale che a nessuno salta in mente di definire, come una volta, «dissidenti», né tantomeno con il (brutto) termine giuridico che vi sarebbe pronto per la bisogna, «obiettori».

I no-vax, questo indicibile, inspiegabile cancro sociale che a nessuno salta in mente di definire, come una volta, «dissidenti», né tantomeno con il (brutto) termine giuridico che vi sarebbe pronto per la bisogna, «obiettori»

 

Ciò che divide ora la popolazione è un dato biologico, non etnico. Ciò che crea insiemi di contrasto all’interno della società, non è un’ideologia, ma una biopolitica.

 

Come visibile a chiunque, una delle due fazioni gode non solo dell’appoggio dello Stato, ma anche di tutto il sistema sovranazionale (OMS, Bill Gates, Big Tech, Big Pharma etc.) che di fatto elargisce ordini e prebende alle élite statali. Lo Stato moderno, dunque, non ha nessuna intenzione di placare lo scontro in seno al suo stesso corpo.

 

L’idea che può avere quindi l’Autorità, forte di un sostegno popolare che non ha avuto in altri periodo , quindi, può essere una e una sola: il sacrificio del segmento ritenuto sbagliato. L’annichilimento della minoranza tossica. La cancellazione del gruppo difforme – le cui idee, come il virus, sappiamo quanto siano contagiose.

 

I calcoli li hanno già fatti: se i dissidenti sono il 30%, come dice qualcuno, cancellandoli otteniamo comunque una situazione che consente la sopravvivenza del sistema.

Ciò che divide ora la popolazione è un dato biologico, non etnico. Ciò che crea insiemi di contrasto all’interno della società, non è un’ideologia, ma una biopolitica

 

È in base a questo conto che i social vi stanno censurando e buttando fuori: come ogni altro sistema (le scuole, gli ospedali, le chiese) hanno già accettato l’idea di fare a meno di voi, perfino del vostro portafogli, e continuare sereni con la massa bovina di chi non si pone problemi e obbedisce in cambio di una brucata qua e là, fino al giorno in cui (appunto) non le mucche non si portano al macello.

 

Voi, che disturbate la ruminazione della mandria e per di più la spaventata con questa storia del macellaio, siete in realtà un problema di cui sbarazzarsi – gli conviene non solo politicamente, ma anche economicamente. E conviene allo Stato che ha come unico sistema operativo la filosofia dell’utilitarismo: massimo godimento dei più tramite accettazione di eventuali sacrifici delle minoranze.

 

Non stupiamoci quindi, se lo Stato, tra gli applausi di chi fa la coda all’hub della siringa genica, ha affidato il processo biopolitico principale in atto ai militari

C’è più di una motivazione valida e concreta, quindi, per sbarazzarsi di voi.

 

Non stupiamoci quindi, se lo Stato, tra gli applausi di chi fa la coda all’hub della siringa genica, ha affidato il processo biopolitico principale in atto ai militari. Abbiamo sentito sui giornali ogni sorta di linguaggio guerresco, con discorsi sulla «caccia ai non vaccinati», e i no-vax «da stanare» etc. Sì, si tratta proprio di un’operazione militare, perché di fondo il manovratore sa che il quadro in arrivo è un quadro di scontro, e quindi ci ha messo i soldati, cioè degli uomini armati.

 

Perché sono in parecchi che, come noi, non si arrenderanno mai, preferendo – sul serio – la morte piuttosto che bruciare il granello d’incenso alla Necrocultura pandemica, alla sua dittatura biosecuritaria, ai suoi farmaci transumanisti.

In parecchi non si arrenderanno mai e non bruceranno il granello d’incenso alla Necrocultura pandemica, alla sua dittatura biosecuritaria, ai suoi farmaci transumanisti

 

«Si prepara una guerra civile, e voi lo sapete» avevano scritto i soldati francesi ai loro politici in una strana lettera qualche settimana fa.

 

Noi la pensiamo un po’ più articolatamente: Si prepara una guerra biotica, e nessuno lo ha ancora capito bene.

 

Per cui, cari lettori, stiamo vicini. Prepariamoci all’urto. Sarà tremendo, anzi, lo è già. Già ora vediamo gli effetti devastanti, sulle vite e sulle famiglie di tanti, del DL 44, la prima vera legge di discriminazione biologica di questo conflitto.

 

Si prepara una guerra biotica, e nessuno lo ha ancora capito bene

Ma ricordatelo sempre: nella guerra biotica planetaria, non siamo noi quelli dalla parte della barbarie.

 

Non siamo noi che facciamo i bambini a pezzi per farci le pozioni.

 

Non siamo noi che imponiamo al prossimo di divenire cavia di un esperimento scientifico.

 

Ricordatelo sempre: nella guerra biotica planetaria, non siamo noi quelli dalla parte della barbarie

Non siamo noi ad aver riempito le terapie intensive per svuotarle senza nessuna autopsia.

 

Non siamo noi che abbiamo cremato i resti di esseri umani senza che nessuno potesse piangerli.

 

Non siamo noi che abbiamo impedito alla gente di vivere, lavorare, abbracciarsi, pregare – per mesi.

 

Noi siamo la Civiltà, la Civiltà della vita – e per essa vale la pena di combattere fino a che avremo il cuore che batte

Non siamo noi quelli che, nemmeno per un istante, pensano alla violenza, pensano a chiamare i militari.

 

Noi siamo la Civiltà, la Civiltà della vita – e per essa vale la pena di combattere fino a che avremo il cuore che batte.

 

 

Roberto Dal Bosco

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Necrocultura

«L’ideologia ambientalista e neomalthusiana» di Vaticano e anglicani: Mons. Viganò sulla nomina del re britannico da parte di Leone

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Vale la pena di riprendere le parole dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che ha scritto su X un testo indicando i veri temi dietro all’assegnazione di una cattedra permanente nella basilica papale a Re Carlo III d’Inghilterra, capo de facto della Chiesa anglicana.

 

«L’incontro tra il capo della chiesa sinodale e il capo della chiesa d’Inghilterra avrà come punto culminante una preghiera ecumenica per la cura del Creato nella Cappella Sistina, all’insegna della retorica ambientalista del “grido della terra” e della “conversione ecologica”» scrive monsignore.

 

«Le due autorità supreme delle proprie rispettive “chiese” si riconoscono entrambe nell’ideologia ambiententalista e neomalthusiana del World Economic Forum e dell’Agenda 2030, ed è su questa nuova religione che è impostato il dialogo tra sinodali e anglicani».

 

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«A confermare la sua continuità con l’ecumenismo conciliare, Leone offrirà a Carlo un “seggio” (con la targa “Ut unum sint”) nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, già teatro dell’indizione del Vaticano II e da allora tempio dell’ecumenismo indifferentista conciliare e sinodale».

 

«La Fede Cattolica è la grande assente, e non a caso: sarebbe imbarazzante per Leone ricordare i Martiri cattolici massacrati dal monarca poligamo, a cominciare da John Fisher e Thomas More. Immaginate Papa Clemente VII che offre uno scranno in una Basilica Papale a Enrico VIII…» conclude Viganò, ricordando la storica nequizia anticristiana della malvagia monarchia britannica.

 

Proprio così: il re britannico, ora celebrato dalla Chiesa cattolica, occupa un trono che, dal XVI secolo, dopo lo scisma provocato dal crudele Enrico VIII, ha perseguitato ferocemente i cattolici, giustiziando e scorticando fedeli e sacerdoti (con la loro pelle sono stati rilegati libri ancora oggi esposti) e costringendoli alla clandestinità.

 

Vogliamo nominare uno degli eroi di questo disastro storico e metastorico: Guido Fawkes, il cattolico che tentò di far esplodere Westminster (definito, secondo una nota battuta della politica britannica, «l’ultimo uomo entrato lì con buone intenzioni») per restaurare un governo cattolico. Tradito, Fawkes fu catturato, torturato e squartato, con le sue parti inviate ai quattro angoli del regno, nonostante avesse accettato le condizioni del re.

 

Ancora oggi, ogni 5 novembre, in Inghilterra si bruciano le effigi di Fawkes – un re-enactement chiarissimo del rogo dei cattolici. Per ragioni che sembrano legate a logiche dello Stato Vaticano non dissimili a quelle attuali, il simbolo di Fawkes non è stato adottato dai cattolici, ma da gruppi pseudo-anarchici, grazie alla rielaborazione del fumettista Alan Moore nella celebre graphic novel, poi film di discreto successo, V per Vendetta.

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Tuttavia, non si tratta solo di storia antica: ciò che dovrebbe indignare i cattolici è l’appartenenza della dinastia Windsor alla «Cultura della Morte», che promuove – tramandata di generazione in generazione, da Filippo a Carlo, a Guglielmo (che predica la lotta alle famiglie numerose) ed Enrico (che andà all’ONU a criticare la sentenza della Corte Suprema USA che defederalizzava l’aborto) – la riduzione della popolazione e un’avversione verso l’umanità.

 

L’arcivescovo ricorda la connessione di ambientalismo e malthusianesimo, che sono cifre ideologiche tramandate geneticamente nella famiglia reale inglese. Malthus, come Darwin, sono stati creati dal potere di Albione per giustificare la violenza sfruttatrice usata dall’Impero britannico sul mondo: se gli uomini sono animali, e sono pure troppi, tanto vale procedere con la massima crudeltà possibile. Le carestie genocide in Irlanda e in India sono figlie di questo pensiero, di questa volontà di dominio satanico sul mondo.

 

Vogliamo ricordare, in questo sens, il padre di Carlo, il principe Filippo, tra i fondatori del WWF e frequentatore di antiche edizioni delle conferenze Bilderberg, il quale si espresse in estrema chiarezza quando dichiarò di volersi reincarnare in un patogeno di modo da uccidere milioni di persone, eliminando quanta più popolazione possibile per il bene dell’ambiente. Un’idea portata avanti strenuamente dal Carlo, che con il Cambiamento Climatico pare avere pure qualche lucroso affare.

 

Dietro la facciata ecologista, gli Windsor (che non sono britannici e non si chiamano Coburgo Gotha: Windsor è il nome di un villaggio inglese scelto per il rebranding del loro casato germanico, ad usum del popolino anglofono) si rivelano diacronici sostenitori di quella che su Renovatio 21 chiamiamo Necrocultura: una vera e propria Famiglia della Morte. Basta pensare ai casi di Alfie Evans, Charlie Gard, Indi Gregory e molti altri di cui non sapremo mai il nome. Cosa fecero i reale per salvare questi bambini, anche quando le questioni divennero internazionali (con tanto del tentativo, a pensarci bene davvero grottesco, della Repubblica Italiana di dare la cittadinanza ad Alfie per farlo espatriare e poterlo curare).

 

I bambini, il popolo tutto, per il malvagio potere britannico possono essere sacrificati nell’utilitarismo più mostruoso e assassino del «bestinterest». Del resto, l’utilitarismo è un’altra invenzione filosofica degli inglesi, realizzata sempre all’altezza della sanguinaria conquista imperiale. Il pensiero di Geremia Bentham, come quello di Malthus e più tardi di Darwin, a questo serviva: a disumanizzare il mondo e a rendere possibili sacrifici di minoranze, e persino maggioranza, nel nome del principio del massimo godimento distribuito a certuni dallo Stato. Il sistema sanitario del Regno, con il boost dei giudici della Corona trucidatori di bambini, è improntato a questa logica assassina e genocida.

 

La storia di Carlo, come noto ma spesso ignorato, non è priva di ombre: dalla controversa morte della principessa Diana ai milioni ricevuti dalla famiglia Bin Laden in buste di plastica. Un anno fa è emerso che nel 1983 l’allora principe di Galles aveva accettato un premio da un veterano nazista, una laurea honoris causa presso l’Università dell’Alberta, in Canada, dove, oramai sappiamo abbondano i rifugiati ucronazisti.

 

Del resto, una certa passione per la svastica eravi tra gli Windsor, se pensiamo ad Edoardo VIII e alla sua simpatia per Adolfo Hitler, che, secondo gli storici, una volta conquistata la Gran Bretagna aveva in programma di ripiazzarlo sul trono come un Quisling incoronato.

 

La missione del casato della Necrocultura va oltre, e rivela pagine storiche dense per quanto dimenticate: dalle proto-vaccinazioni dei reali con i relativi danni, all’uccisione del re per eutanasia di re Giorgio (bisnonno di Carlo), dai sospetti di fecondazione artificiale ante-litteram da cui sarebbe nata Elisabetta, all’ambientalismo stragista di Filippo (che, tenetelo sempre a mente, ha fondato il WWF, organizzazione ora proibita in Russia…), dai discorsi di Guglielmo figlio di Carlo sulla sovrappopolazione, agli attacchi contro gli USA che defederalizzano l’aborto fatti da principe Enrico dallo scranno ONU… la lista è pressoché infinita, e davanti a tutto questo cadono le illazioni su Jack lo Squartore.

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Del re Carlo, tanto a lungo «principe» in prima linea per la successione, vanno ricordate anche l’amicizia e le donazioni milionarie di Armand Hammer, enigmatico petroliere americano (per alcuni spia del KGB): quando nel 1988 la piattaforma petrolifera Piper Alpha della Occidental Petroleum esplose a 200 miglia da Aberdeen, causando 160 morti, il futuro re si affrettò a difendere Hammer, che ne uscì indenne. La dinastia Hammer, miliardari ebrei americani di origini russe, vicini al Cremlino per motivi poco chiari, meriterebbe un’indagine a parte, soprattutto dopo le accuse contro il nipote, la star di Hollywood Armie Hammer, che includono presunti stupri e insinuazioni su perversioni cannibalistiche.

 

Non va dimenticata l’amicizia personale con Jimmy Savile, popolare DJ e conduttore britannico che, secondo accuse emerse dopo la sua morte nel 2011 ma già vociferate da decenni, avrebbe abusato di circa 400 ragazze in scuole e istituzioni psichiatriche di cui era benefattore.

 

Di recente, forse l’episodio che ha messo in luce la maligna natura della corona britannica è stato il ritratto ufficiale del re presentato nel maggio 2024, un’immagine dai toni infernali, realizzata da un artista noto per collage con riviste pornografiche.

 

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Nel frattempo, l’odierno malvagio re britannico a Roma riceve il plauso pure dei parlamentari italiani.

 

In un momento di profonda umiliazione per il popolo italiano, nel suo discorsone alle Camere il re rammentò a tutti l’«importanza» del supporto inglese a Garibaldi, che poi andava ospite dagli inglesi. Chi conosce la vera storia dell’Italia unita non può che sorridere, nell’amarezza più profonda: il re sbatte in faccia agli italiani il fatto che, con il Risorgimento (fiancheggiato e ideato dai britannici), la penisola è divenuta uno Stato vassallo di Londra.

 

Ora, a infeudarsi con l’infernale potere di Albione non vi è solo la Repubblica Italiana, ma persino il papato.

 

Una conclusione che, per chi conosce la storia del mondo e della tradizione cattolica, può sembrare sconvolgente, e impone meditazioni di grande profondità.

 

Vogliamo lasciar andare i pensieri ricordando l’affresco sull’abside di Chiesa di San Paolo dentro le Mura– la principale chiesa degli anglicani ed episcopaliani a Roma.

 

Immagine di Luca Aless via Wikimedia CC BY-SA 3.0

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L’imponente mosaico fu disegnato dal pittore preraffaellita Edward Burne-Jones, e ha tema apocalittico, con Cristo assiso sul trono della Gerusalemme Celeste. È un Cristo imberbe, dai tratti piuttosto femminili. I Santi sotto Nostro signore hanno i volti di mecenati e personaggi legati all’edificazione della chiesa, mentre a destra vi è il gruppo più interessante, quello dei cristiani a cavallo, dove Sant’Andrea ha il volto di Abramo Lincoln, San Patrizio è il generale Ulysses S. Grant, e San Giacmo è… sì, lui, il terrorista massone anticristiano, ladro di cavalli e marito di bambine, epperò tanto utile agli inglesi, Giuseppe Garibaldi.

 

È la «chiesa militante», secondo gli scismatici di Albione.

 

Immagine CC0 via Wikimedia

 

Sì, per loro Garibaldi è un santo. Chi frequenta quella chiesa adora Cristo sotto l’immagine santificata di colui che più di altri combattè il Regno Sociale di Cristo.

 

C’è, tuttavia, un dettaglio ancora più esplicito: a fianco di Cristo, nel mosaico si vedono delle nicchie dove sono disposti gli angeli. Vediamo qui Uriele che regge il sole, Michele che appare maestoso in armatura, Gabriele reca il giglio dell’Annunciazione, Chemuel, l’angelo del Graal, stringe nella mano sinistra il calice sacro, Zophiel sorregge la luna.

 

Tuttavia, alla destra del signore, la nicchia è enigmaticamente vuota. Fu un fedele della chiesa, una volta che la visitati anni fa, a spiegarmene il significato.

 

«Quello è il posto per l’angelo Lucifero» mi disse, quasi compiaciuto di questa teologia sovvertritrice.

 

Ora, Lucifero, lo sappiamo bene, non è invitato solo nelle chiese anglicane di Roma.

 

Roberto Dal Bosco

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Necrocultura

Materialismo e Necrocultura: il disastro italiano nelle relazioni personali

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In un mondo dove la nostra religione cristiana sembra un accessorio sempre meno presente nelle nostre vite e i cattolici italiani sono in drastico calo e non conoscono più la loro fede, prende sempre più corpo una società fondata sul materialismo, una società che inneggia direttamente alla Necrocultura e a una visione orizzontale della vita, senza avere quella percezione verticale di trascendenza e spiritualità che ha caratterizzato, fino a qualche decennio fa, le precedenti generazioni.   Possiamo osservare un gretto materialismo individualista, dove tra i meno giovani, quando ci si confronta nell’ordinario, si tende a porre l’accento su quel primo obiettivo (e spesso come fosse un vanto) che è la posizione sociale e lavorativa, che viene misurata in quello che percepiamo in busta paga a fine mese.   È sempre più raro affermarsi nella nostra comunità per quello che effettivamente facciamo, per una prospettiva di crescita umana, culturale o spirituale. Conta solo il danaro che illude di essere migliori del prossimo. Una visione effimera, che colma, all’atto pratico, i nostri desideri più bassi quali le vacanze, la bella macchina, un abito firmato, un orologio o un gioiello, ma di certo non riempie in alcun modo il vuoto morale e culturale che ci portiamo dentro. 

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Il materialismo della quotidianità sfocia anche nell’egoismo tradotto nell’individualismo «devo avere il diritto di vivere la mia vita» o del «devo rifarmi una vita». Quante volte abbiamo udito queste frasi che ci risuonano fin troppo spesso durante la pausa caffè con i nostri colleghi o seduti per un irrinunciabile aperitivo. Di fatto poi la vita ci pone dinanzi a delle responsabilità familiari. Gli obblighi morali verso nostra moglie, verso i figli e gli altri familiari.    Non vorrei addentrarmi nel discorso della disgregazione delle unioni sentimentali – che oggi più che mai ci appare come una nuova normalità – ma mi limito a citare i dati ISTAT relativi all’anno 2023: 139.887 matrimoni e 82.392 separazioni. Lascio a voi stilare la percentuale, ma il «diritto» a «rifarsi una vita» evidentemente è ben più forte del cercare di mantenere unita la famiglia.    Di contro abbiamo un «femminismo sfrenato» che urla le proprie libertà appoggiando incondizionatamente il «diritto all’aborto», in quanto sostiene che sia più importante il vivere in libertà la vita della donna, che la vita del figlio che brevemente si porta in grembo. Le istituzioni oggi avvallano questi «desideri», come in Inghilterra, dove il reato di aborto è stato definitivamente abrogato, capitolo recente dell’ascesa del gius-edonismo, «il diritto al piacere» prima di ogni altra cosa, caposaldo dell’utilitarismo.   L’utilitarismo si esprime anche in quella ricerca di felicità effimera tramite prolungamenti di una «movida» che non esiste più (parlo soprattutto della generazione dei quarantenni e cinquantenni), di «diversamente giovani» che tentano di allungare un periodo della loro esistenza che giocoforza appartiene al passato, perché è figlio di un’altra età oramai tramontata, che aveva la sua massima espressione in quegli anni leggeri e spensierati.   Riprodurre fasi giovanili della vita da over quaranta potrebbe risultare patetico e anacronistico, ma orde di cinquantenni sembrano non arrendersi e riempiono locali e bar dove si beve, si balla e si tenta una sorta di socializzazione – che, va detto, altrimenti è sostituita dai social network con la loro narrazione deviata della realtà, una visione patinata della realtà che si basa sull’invidia e il risentimento per il prossimo, ostentando in reel e stories foto di un effimero benessere.   Quel benessere deve essere perseguito a ogni costo e nel perseguirlo scorgiamo una società ipocrita nel suo professare carità e benevolenza nei confronti dei deboli e dei fragili, ma non accettando le difficoltà della vita.   Sempre più frequentemente – in una società che vive un inverno demografico senza precedenti e destinata inesorabilmente ad invecchiare – ci troviamo alle prese con l’anzianità dei nostri cari, i quali necessitano di compagnia, di affetto e di cure.   Nel 2022 il 2,6% degli ultra sessantacinque ha usufruito di un servizio residenziale all’interno di una RSA e un altro 3,2% ha ricevuto Assistenza Domiciliare Integrata (ADI). Se consideriamo gli over settantacinque siamo rispettivamente al 4,6% e al 5,3% di persone che sono state assistite. Dal 2017 al 2022 siamo passati dalle 296 mila persone con oltre sessantacinque anni residenti in RSA alle 362 mila.    In Italia, la solitudine degli anziani rappresenta una vera e propria emergenza sociale sottaciuta e nascosta, che con il passare degli anni rischia un sensibile peggioramento. Al momento, dati alla mano, circa 2,5 milioni di persone oltre i settantaquattro anni vivono da sole, una condizione che riguarda ben il 40% di essi. Viste le condizioni e il trend, i dati sono destinati a crescere nei prossimi anni.   Evidentemente molti figli o nipoti preferiscono le loro libertà, la loro indipendenza, la loro «crescita sociale», piuttosto che vivere o fare compagnia ai propri cari.   Troppe volte gli anziani appaiono come un peso, un ostacolo ai nostri desideri, un impiccio alla soddisfazione dei nostri effimeri egoismi. L’egoismo come ragion d’essere; «io voglio vivere la mia vita», «pretendo di vivere la mia vita», oscurati da qualsiasi afflato di bontà e carità verso il prossimo.   La disumanità che ci vede lasciare «i fragili» abbandonati a loro stessi, senza una telefonata, senza una visita, senza una carezza, senza una parola di conforto. Tutto questo in una società «moderna e inclusiva» è del tutto inaccettabile, ma evidentemente l’inclusività non deve ledere le libertà personali.    Coloro che oggi non si prendono cura dei propri nonni o dei genitori, domani che invecchieranno anche loro, chi li aiuterà e li sosterrà? Ci sono forti possibilità che il problema non gli si ponga, in quanto l’eutanasia, o meglio la «dolce morte» o il suicidio assistito – secondo la neo lingua del politicamente corretto – gli venga in soccorso.

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Uno Stato illuminato come il Canada si fa portabandiera della nuova necropolitica sociale e i dati ufficiali del governo ci mostrano che circa la metà dei cittadini che non sono malati terminali, desideravano porre fine alla propria vita tramite il suicidio assistito autorizzato dallo Stato (che laggiù chiamano MAiD), perché affermavano di sentirsi soli.   L’Europa si allinea agli echi d’oltreoceano, tanto che in il presidente del più grande fondo sanitario belga, Christian Mutualities (CM), ha chiesto una soluzione radicale al problema dell’invecchiamento della popolazione, dichiarando ai media che alle persone stanche della vita dovrebbe essere permesso di porvi fine.   Come riportato da Renovatio 21, in Olanda invece, il rapporto annuale per il 2023 dei comitati regionali di revisione dell’eutanasia (RTE), identificano un aumento del 4% delle eutanasie rispetto al 2022. Va ricordato che in quel Paese il termine eutanasia comprende l’iniezione letale e suicidio assistito. I 9.068 decessi rappresentano il 5,4% del totale dei deceduti.   Quando non siamo più utili a questo schema sociale, possiamo tranquillamente morire. Ce lo insegna bene il rock n’ roll, che nel corso delle ultime decadi ci ha educato con il suo spirito falsamente libero e ribelle. Le «vecchie cariatidi musicali», quando divengono anacronistiche per stare su un palco e non possono più gozzovigliare a loro piacimento, ecco che decidono di farsi un bel funerale laico prima della morte, che sia indotta o naturale   «Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto chi può far perdere nella Geenna e anima e corpo» (Mt 10, 28).   Sempre con maggior enfasi la Necrocultura prolifera sui social con numerosi post della «generazione di mezzo» che esaltano l’eroismo di chi ha deciso di mettere fine alla propria vita. Una magnificazione della morte in antitesi con la nostra religione che ci dice che la morte non è altro che un passaggio verso la vita eterna.    Francesco Rondolini

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Gender

Pedofilo omosessuale ottiene un bambino tramite maternità surrogata. Bisogna stupirsi?

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La rete si scalda per un caso che cala un tris considerevole: matrimonio gay, pedofilia, utero in affitto. Si aggiungerebbe, in questo caso, anche il crowdfunding. Lo riporta LifeSite.

 

Un coro di indignazione è esploso sui social media statunitensi dopo che è stato rivelato che un omosessuale registrato come molestatore sessuale dopo essere stato condannato per abusi sessuali su un giovane adolescente, è riuscito a ottenere un bambino tramite maternità surrogata.

 

L’uomo che ha «sposato» un altro uomo è descritto come un molestatore sessuale di primo livello in Pennsylvania, condannato per «abuso sessuale su minori» e «possesso di materiale pedopornografico». All’epoca insegnante di chimica al liceo, l’uomo era stato arrestato nel 2016 per numerose «esplicite richieste e conversazioni sessualmente esplicite» con uno studente sedicenne, dopo che era stato scoperto per aver inviato 20 foto di nudo e un video sessualmente esplicito di se stesso.

 

Lo scandalo è esploso dopo che la coppia ha condiviso un video in cui festeggiava le feste con il bambino nato da madre surrogata durante il suo primo anno di vita.

 

Il giornalista cittadino Derek Blighe ha pubblicato il video su X, osservando: «a meno che non accada un miracolo, questo bambino non ha quasi nessuna possibilità di avere una vita normale».

 

Il post di Blighe è stato visualizzato ben oltre 11 milioni di volte.

 

 

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«Come fanno dei degenerati malati come questi a ottenere l’approvazione per diventare tutori di un bambino?» ha chiesto l’attivista contro la presenza di transessuali nello sport Riley Gaines. «Per quanto mi riguarda, chiunque sia coinvolto nel processo di approvazione dovrebbe essere in prigione».

 

 

«Concepire un bambino con l’intenzione di affidarlo a una famiglia senza madre per farlo crescere da queste due creature», ha scritto il commentatore cattolico youtuber Matt Walsh su X. «Assolutamente orribile. Una malvagità indescrivibile».

 

 

Secondo quanto scrive Lifesite, non solo la coppia è riuscita ad ottenere il bambino nonostante i trascorsi sessuali criminali dell’uomo, ma pare che abbiano utilizzato l’app di crowdfunding GoFundMe per aiutarlo.

 

«È stato rivelato che una coppia gay che ha finanziato tramite crowdfunding il proprio percorso di maternità surrogata ora ha la custodia di un bambino, nonostante uno dei partner (…) sia stato condannato per reati sessuali su minori, sfruttando una scappatoia della Pennsylvania per la maternità surrogata che aggira le restrizioni statali sull’adozione per i predatori registrati», ha riportato Right Angle News Network su X.

 

«Orribile», ha scritto l’attivista pro-life Lila Rose, fondatrice di LiveAction. «Dopo la diffusione virale di un video di due uomini che baciavano un neonato acquistato tramite crowdsourcing, fecondazione in vitro e madre surrogata, gli investigatori di internet hanno scoperto che uno degli uomini era un molestatore sessuale registrato».

 

 

«Non è richiesto alcun processo di verifica per la maternità surrogata. Chiunque abbia soldi può comprare un bambino», ha detto Rose. «Non solo questo bambino è stato privato di una madre intenzionalmente, ma non sono stati messi in atto meccanismi di sicurezza per proteggerlo. I bambini non sono merci».

 

«Vietate la maternità surrogata», ha aggiunto la Rose.

 

La deputata repubblicana degli Stati Uniti Anna Paulina Luna ha chiesto al procuratore generale della Pennsylvania: «perché a questo molestatore di bambini è consentito adottare un bambino?»

 

«Il fatto che quest’uomo stia sfruttando una scappatoia che consente l’adozione tramite maternità surrogata, pur essendo un molestatore sessuale registrato, è disgustoso. Dovrebbe essere FUORILEGGE», ha dichiarato.

 

«Non mi interessa chi sei, qual è la tua razza o il tuo genere: se sei un molestatore sessuale registrato, non ti dovrebbe essere permesso di avvicinarti ai bambini, figuriamoci adottarli», ha detto la Luna.

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Renovatio 21 considera che lo stupore si addice solo a chi fino ad ora ha tenuto gli occhi chiusi: tutti i nodi della Necrocultura sono collegati l’uno con l’altro in modo istituzionalizzato grazie allo Stato moderno: con il diritto all’aborto si crea il diritto alla fecondazione in vitro (che uccide molte più bambini dell’aborto, ma che grazie a questo sono finalmente considerati come sacrificabili), con il matrimonio gay si crea giocoforza il «diritto» alla maternità surrogata, con il «diritto al gender» si apre all’istituzionalizzazione di ogni possibile devianza (come visibile ai gay pride), con l’erosione progressiva di vari tabù: si ricordano gli ammiccamenti a certe manifestazioni riguardo ai bambini delle famiglie normali.

 

Aggiungiamo che, se fosse vero che l’omosessualità proviene dall’assenza della figura paterna (come sosteneva Sigmund Freud), l’ondata presente è stata creata dalle leggi sul libero divorzio – un’altra legge teratogenetica che andrebbe abolita quanto prima, ma siete dei folli se sperate che i pro-vita dell’establishment provino a dirlo e a farci una battaglia.

 

A Renovatio 21, invece, abbiamo proprio intenzione di farlo: combattere la Necrocultura in maniera integrale, senza nessun compromesso, e con tutta la forza che abbiamo.

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